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Sono veram en te p reoccu p ato di dover p re n d ere l a p a ro la dopo o ra­ tori c o sì brillanti co m e il Prof. Azzi e il Prof. T a llarico . Son o un freddo uom o d el Nord c h e in m ateria di o ratoria non può ce rta m en te com p e­ tere co l prof. Azzi e co l prof. T allarico . L a m ia p a ro la s a r à s c a rn a e vi p rego in antìcip o di volerm i scu sa re . V i prego a n c h e di volerm i scu ­ s a re s e qu ello c h e and rò d icen d o non p otrà e s s e re a ll'alte zza, d al punto di v ista tecnico, di qu anto c o s ì brillan tem en te h a esp osto il prof. Azzi. S e la E co lo g ia a g ra ria h a un trentennio di esp erienze, di studi, di rice rch e, l'E co lo g ia a n im a le co m in cia a fa re i prim i p a ssi. A vrei voluto com p letare la m ia relazion e con l a p roiezione di a lc u n e d iap ositiv e m a non potrò farlo per difficoltà di ord ine tecn ico. E p a sso sen z'altro a lla relazion e c h e mi è sta ta affidata.

Definizioni, scopi e limiti dell'Ecologia Zootecnica.

P ossiam o definire l'E co lo g ia zooten ica co m e q u e lla p arte d e ll'e co ­ lo g ia c h e stud ia le relazioni tra g li a n im ali dom estici, n e lla form a, n elle funzioni e n el com portam ento, ed il loro am bien te. In qu est'u ltim o si intende com p reso a n c h e l'uom o, sotto gli asp etti so cia le , produttivo ed econom ico. Le notizie ch e p o ssed iam o n e l cam p o d e ll'e c o lo g ia d eg li a n i­ m ali d om estici sono s c a rs e e fram m entarie. L a s te s s a esp re ssio n e « e c o ­ lo g ia zo o tecn ica » è sta ta introdotta molto di re ce n te (Bettini, 1948). S u c­ ce ssiv a m en te e s s a è sta ta a c c e tta ta d a altri (W right, 1954). A rgom enti p rin cip ali di studio d ell'E co lo g ia zo o tecn ica sono:

a) Il clim a e la su a cla ssifica z io n e m ed ian te esp ressio n i sem plici, m a com p rensive, ch e a b b ia n o v a lo re di confronto d al punto di vista d e lla b io lo g ia a n im a le ed a i fini d ell'allev am e n to e d elle produzioni;

b) A re a per a r e a e sp e cie p er sp ecie, le relazioni fra le condizioni clim atich e e la form a e le funzioni (fisiologiche ed econ om ich e) d egli an im ali dom estici;

c) Per interpretare correttamente le cause di tali relazioni, l'azio­ ne, diretta e m ediata, dei singoli fattori climatici (radiazione, tem pera­

tura, umidità, ecc.) sulla forma e sulle funzioni animali;

d) I risultati della introduzione di anim ali di ciascuna specie nelle diverse aree omo- ed eteroclimatiche;

e) L'adattabilità degli anim ali di u n a specie o razza ad a ree cli­ matiche diverse. Dal punto di vista degli studi ecologici, svolgono una fondam entale funzione integratrice specialm ente la fisiologia del clim a e la genetica.

Scopo ultimo dell'Ecologia zootecnica dovrebbe essere quello di determ inare l'im portanza dell'azione (diretta e mediata) del clima sulle caratteristiche degli animali, e quindi le caratteristiche più favorevoli, relative a forma ed a funzione, che gli anim ali di u n a determ inata spe­ cie dovrebbero avere nelle diverse condizioni climatiche, nonché l'ad a t­ tabilità dei diversi tipi attuali a produrre in am bienti climaticam ente •diversi.

Ovviamente, in questa sede non sa rà possibile che accennare molto som m ariam ente ai diversi problemi ecologici dell'allevam ento, per mo­ tivi di tempo e di opportunità. E siccome il tempo disponibile non con­ sente neppure un cenno schematico a tutti i problemi anzidetti, dopo u n a breve som m aria sintesi passerem o senz'altro ad illustrare come alcune relazioni fra le condizioni am bientali e le forme e le funzioni degli anim ali realm ente esistono e, quindi, come è importante che essi siano conosciute n ella valutazione e n ella scelta degli anim ali d a alle­ vare in u n a zona determ inata.

C om e il clim a influenza g li anim ali.

Nell'ambito dell'am biente fisico, il fattore di gran lunga più -im­ portante neH'influenzare gli anim ali di u n a specie e la loro distribuzione è il clima. L'azione del clim a è diretta e m ediata. L'azione diretta ri­ g u a rd a particolarmente:

a) Gli scam bi di calore tra l'organism o e l'am biente; gli elementi

del clim a che influenzano tali scam bi vengono detti « termici » e sono la radiazione solare (diretta, diffusa e riflessa), la tem peratura dell'aria, l'umidità dell'aria ed i movimenti deU'aria;

b) L'azione specifica di determ inate lunghezze d'ond a (come ad esem pio nell'ultravioletto, quelle che sono responsabili d ella formazione fotocfiimica d ella vitam ina D e dell'azione eritemica);

c) La variazione n ella lunghezza dell'intervallo giornaliero di luce (fotoperiodo) che influenza specialm ente la funzione riproduttiva;

d) La variazione nella pressione barom etrica con l'altitudine e in particolare d ella pressione parziale dell'ossigeno, che influenza la funzione respiratoria;

e) L'azione m eccanica (o di altra natura) delle meteore.

L'azione del clim a è m ediata tram ite la vegetazione (che tanta parte h a neH'alimentazione degli anim ali domestici erbivori), l'a c q u a d 'a b b e ­ verata come quantità, qualità e distribuzione, i parassiti e le infezioni. La tem peratura m edia an n u ale diminuisce dall'equatore al polo di circa 0° 6C per ogni grado di latitudine e diminuisce pure di 0° 6C per ogni cento m. di altitudine. Essa è tuttavia influenzata an che d a altri fattori, p er cui le isoterme annuali non seguono i paralleli, chè' anzi talora se ne discostano alquanto (come nell'Europa Nord-Occiden­ tale, a ca u sa d ella corrente del Golfo). Al livello del m are la tem pera­ tura oscilla tra i 26° e i 29°C nella fascia intertropicale, fra i 21° e i 15° nelle regioni subtropicali e tem perate calde, intorno ai 10°C in quelle tem perate fredde, ed è inferiore ai 4° - 5°C. in quelle artiche ed antartiche.

L'umidità dell'aria espressa come tensione di vapore dim inuisce esponenzialm ente con la tem peratura. E' quindi più elev ata ai tropici e tende a diminuire con l'aum entare d ella latitudine e dell'altitudine. A 45° N e al livello del m are h a un valore medio annuo di circa 9 mmHg e dim inuisce m ediam ente di 0,3 mmHg .ogni grado di a u ­ mento della latitudine e di circa 0,4 mmHg ogni 100 m di altitudine. In questo senso i climi tropicali (compresi quelli detti aridi) sono più umidi di quelli temperati. Come è stato già m esso in luce (Bettini, 1946) dal pun­ to di vista fisiologico ed ecologico è la tensione di vapore quella che in­ teressa. Il criterio dell'um idità relativa non h a significato fisiologico per l'anim ale, è fonte di confusione e dovrebbe essere definitivamente a b ­ bandonato. Grosso modo la tensione di vapore v a ria d a 4 a 12 mmHg nelle zone tem perate fredde a 12-22 in quelle tropicali di bassopiano.

Ai lìmiti superiori deH'atmosfera l'intensità della radiazione solare è m aggiore alle latitudini più basse, per la m aggiore altezza m edia m assim a del sole. Attraversando la troposfera e incidendo sulla super­

ficie terrestre, e ssa subisce diverse trasformazioni: energia nelle sintesi endotermiche dei vegetali, tem peratura dell'aria e del suolo, calore latente di evaporazione, energia dinam ica dei venti, ecc. Attraversando l'atm osfera la radiazione solare subisce u n a estinzione che riguarda tutte le lunghezze d'onda, dovuta all'assorbim ento d a parte dell'aria p u ra e secca, del vapor d 'a c q u a e delle impurità. Parte dell'energia rag ­ giante si trasforma in energia cinetica m olecolare del mezzo assor­ bente. La tem peratura atmosferica è la semplice espressione del li­ vello termico di tale energia. L'intensità dell'azzurro del cielo e l'o p a ­ cità dell'atm osfera sono in relazione alla m isura dell'estinzione delle lunghezze d 'o n d a visibili, dovuta essenzialm ente al vapor d 'a c q u a ed al pulviscolo. Di conseguenza, a parità di altezza m edia m assim a del sole e di nebulosità, la radiazione è più intensa sul m are ed aum enta con l'altitudine. E' minima nelle zone continentali e desertiche.

La piovosità può v ariare d a oltre 2000 mm nelle zone calde ed umide tropicali a meno di 250 mm in quelle desertiche. V a notato che la caratteristica fondam entale di queste ultime, come di quelle su b a­ ride, non è tanto nè l'elevato livello della tem peratura (le tem perature invernali dei deserti asiatici e nord-africani possono scendere al di sotto dello zero), e neppure il basso livello della piovosità, m a piuttosto la di­ stribuzione stagionale delle piogge, che determ ina lunghi periodi sicci­ tosi e la rarefazione o l'assenza totale della vegetazione erbacea.

Inseriamo ora l'anim ale nel suo mezzo: l'am biente fisico. Possiamo considerarlo anzitutto, dato che produce calore, come u n a « m acchina term ica », analog ia am m essa fino d a quando fu dimostrato che la com­ p ie‘a ossidazione delle sostanze nutritive degli alimenti in u na bom ba calorim etrica e neH'organismo anim ale produce la stessa quantità di calore. Ovviamente, la nutrizione h a anche un aspetto qualitativo — in quanto l'organismo richiede minerali, vitamine, am inoacidi ed acidi grassi essenziali all'edificazione ed a lla conservazione dei tessuti — m a tale aspetto ora non ci interessa. Come n ella m acchina termica, anche nell'anim ale è possibile stabilire un rapporto fra il contenuto iniziale e quello finale in energia del « combustibile » d a una parte, ed il lavoro prodotto ed il calore dissipato dall'altra. Una differenza, fra le due « m acchine », è d a ta dal fatto che, nell'organismo, al posto di processi di degradazione dell'energia relativam ente semplici, vi è u n a serie di reazioni fisico-chimiche enormemente com plessa, le quali avvengono essenzialm ente a tem peratura costante (metabolismo intermedio).

L'animale produce calore m ediante il metabolismo. Dovendo svol­ gere le sue attività vitali ad u n a tem peratura costante, esso deve es­

sere in equilibrio con l'am biente termico che lo circonda. I fattori ch e regolano gli scam bi di calore fra l'organism o e l'am biente sono:

a) la radiazione, ossia quel fenomeno per cui gli scam bi di ener­ gia term ica sono indipendenti dal mezzo e dipendono soltanto d a lla n a ­ tura e d a lla tem peratura assoluta delle superfici radianti; la superficie del corpo anim ale emette e riceve energia radiante per cui il bilancio netto può essere negativo o positivo;

b) la conduzione, che consiste nel trasferimento di calore d a u n corpo a d un altro senza trasferimento fisico di m ateria; le perdite (o gli acquisti) p er questa via avvengono soprattutto attraverso le parti d ella superficie del corpo a contatto con corpi solidi e, a parità di con­ dizioni, sono proporzionali alla conducibilità term ica di questi ultimi; l'organism o può perdere o acquistare calore per q uesta via per cui il bilancio netto può essere negativo o positivo;

c) la convezione, che dipende d a lla presenza di un mezzo fluido fra gli oggetti a d iversa tem peratura e dai movimenti delle molecole di questo dagli oggetti più caldi a quelli più freddi; gli scam bi di calore per questa via, a parità di condizioni, aum entano con l'aum entare dei movimenti del mezzo e di quelli del corpo: l'organism o può perdere o acquistare calore p e r cui il bilancio netto può essere negativo o posi­ tivo;

d) l'evaporazione dell' a c q u a per la via cutanea e per q u e lla polmonare; per questa via l'organism o può soltanto perdere calore. In definitiva l'anim ale produce calore col metabolismo (M), può p er­ dere o acquistare calore per conduzione-convezione (C), e per ra d ia ­ zione (Ft), e perde calore per evaporazione-convezione (E). Allora p e r l'equilibrio termico del sistem a deve essere

M ± C ± R - E = 0

Se non vi è equilibrio, ossia se il bilancio termico è positivo o negativo, si h a un riscaldam ento od un raffreddamento del corpo d e­ nunciati d a un aum ento o d a u n a diminuzione d ella tem peratura fuori dai limiti fisiologici. L'equilibrio può essere alterato d a cause varie in relazione alle condizioni dell'anim ale e del mezzo. Fra le prime, assai importante è il livello produttivo che comporta u n a produzione di c a ­ lore tanto più grande quanto più esso è elevato e che, negli anim ali a fortissima produzione può essere perfino dell'ordine di grandezza di 6-7 volte il metabolismo di base.

V is it a a d u n 'A z ie n d a A g ri c o la n e ll a P ia n a d i B a tt ip a g li a

Ai fini tecnici dell'allevam ento l'adattam ento al caldo è assai più importante dell'adattam ento al freddo ed è uno dei requisiti più fon­ damentali degli anim ali che devono vivere e produrre nelle zone tro­ picali, subtropicali e tem perate calde. Da questo punto di vista esistono differenze importanti, entro un a specie, fra gli anim ali « tem perati » e gli anim ali « tropicali ». L'anim ale tem perato è adattato, come forma e come funzione, a conservare il calore più che a disperderlo, m entre per l'animale tropicale è vero il contrario. Il livello produttivo, che comporta un aumento di produzione di calore, può interferire in modo più o meno marcato suH'adattam ento degli anim ali temperati ai climi caldi. Dal punto di vista d ella tolleranza al calore, per i bovini l'isoterm a di 21° C è quella che grosso modo costituisce il limite fra i bovini tem perati e gli altri. M a è d a ritenere che i bovini delle aree tem perate fredde si trovino in condizioni non ottimali, dal punto di vista termico, anche ar temperature inferiori a i 21° C. E' d a aggiungere inoltre che quello anzidetto è un criterio puram ente orientativo, perchè la tem peratura va esam inata anche in relazione all'am piezza delle variazioni giornaliere e stagionali. Mentre nelle zone um ide di bassopiano (particolarmente in quelle marittime) e a lle altitudini tropicali l'am piezza m edia m ensile è di 3-4°C, nelle zone calde desertiche può essere di 16-26°C fra il m ese più caldo e quello più freddo. Anche le variazioni giornaliere possono essere diverse: nei tropici caldi umidi le variazioni di tem peratura fra il giorno e la notte sono modeste mentre nei deserti le ore più calde del giorno possono essere pressoché intollerabili e le ore più fredde possono essere vicino a zero. Ciò dice che la tem peratura m edia an ­ nuale d a sola non costituisce un criterio soddisfacente per stabilire l'a ­ dattabilità di u n a zona ad un certo tipo di anim ale m a dovrebbero es­ sere note anche le escursioni giornaliere e stagionali. Per l'adattam ento al caldo, escursioni giornaliere elevate possono rendere tollerabili tem­ perature m edie più elevate di altre più b asse, a d escursione minore, in in relazione al periodo di ristoro nelle ore più fredde. Così a d esempio è stato dimostrato con esperienze in cam era clim atica che u n a esposi­ zione giornaliera di' 6 ore a tem peratura di 40 °C non è d ann o sa per la produzione lattea se nelle altre ore del giorno i bovini godono di condizioni di effettivo ristoro, m entre u n a tem peratura costante di 30 °C

influisce negativam ente sull'appetito, ’SuH'utilizzazioìne degli alimenti

e sulla produzione. La tem peratura di 40° per i bovini si deve consi­ derare tem peratura limite. I bovini non potrebbero resistere per 3 o 4 giorni consecutivi a d u n a tem peratura costante di 40°.

L eggi clim atich e

Senza addentrarci nel cam po d ella fisiologia e nepp u re in quello delle complesse relazioni tra produzione, acquisti e perdite di calore d a u na parte, e peso, m isure lineari e m isure di superficie dall'altra, basti in questa sede accennare al fatto che, a p arità di condizioni, nelle specie omeoterme le perdite di calore sono proporzionali a lla superfi­ cie del corpo (ammesso che la tem peratura am biente sia inferiore a q uella cutanea). Quindi più g rande è l'anim ale (maggiore il suo vo­ lume), e minore relativam ente è la su a superficie. Di conseguenza nei climi freddi la grande mole può essere utile per ostacolare le perdite di calore, mentre nei climi caldi può essere vero il contrario. Secondo la cosiddetta « legge clim atica » di Bergmann (1847), entro una spe­ cie om eoterm a la mole tende a v ariare nello stesso senso d ella lati­ tudine (ossia tende ad aum entare dall'equatore al limite polare). Noi non discutiam o il valore di questa legge nell'am bito delle specie sel­ vatiche, argom ento che non ci compete. Ma nelle specie domestiche, salvo particolari condizioni le quali forse non dipendono tanto d al­ l'azione diretta degli elem enti termici del clim a quanto d a altri fattori, come la nutrizione (ad esem pio i climi caldi ed umidi determ inano co­ stantem ente pigmeismo, non nanism o come afferma qualcuno) non sem bra trovare generale conferma nel cam po degli anim ali domestici, dove le caratteristiche d ella conformazione e specialm ente lo sviluppo delle estrem ità nonché quello di particolari appendici e strutture può alterare notevolmente le relazioni tra mole e superficie del corpo. Ed appunto in relazione a ciò nel cam po degli anim ali domestici sem bra avere m aggiore significato la legge clim atica di Alien (1877) secondo la quale, entro u n a specie omeoterma, lo sviluppo delle parti periferi­ che deH'orgariìsmo tende a d aum entare col diminuire della latitudine.-

Particolarm ente importante, dal punto di vista dell'adattam ento al clima, è la copertura del corpo, intesa come n a tu ra del mantello, spes­ sore del tegumento e pigmentazione della pelle e del pelo. Come è noto, il mantello dei Mammiferi è costituito fondam entalm ente di due tipi di fibre: quelle di copertura o restiformi, che formano il cosiddetto « mantello esterno », a funzione protettiva, e quelle lanose che costi­ tuiscono il « mantello interno » a funzione termoregolatrice. Lo sviluppo di questo ultimo v a ria inversam ente alla tem peratura am biente, e alle tem perature elevate tende a sparire com pletam ente (legge clim atica di Wilson, 1854). La lunghezza del pelo di copertura è notevolmente in­ fluenzata d a lla piovosità. Nelle zone a d alta e prolungata piovisità il

pelo tende ad essere lungo, mentre nelle zone caldo-aride il pelo diviene assai corto. La lunghezza del pelo interessa gli scam bi di calore in quqmto d a e ssa dipende lo spessore della « cam era d 'a ria » fra la pelle e il pelo, strato coibente che ostacola le perdite di calore per con­ duzione convezione ed anche p er evaporazione. Lo spessore d ella pelle deve essere esam inato in relazione agli scam bi di calore, agli ectopa­ rassiti e alla vegetazione (piante xerofile spinose). Per quanto è noto esso dipende essenzialm ente dall'intensità della radiazione (Bonsma, 1940). La pigm entazione della pelle, nell'uomo come negli anim ali do­ mestici, tende a d aum entare col diminuire della latitudine. Dal punto di vista termico ciò apparentem ente sem bra un paradosso in quanto la pelle pigm entata assorbe u n a m aggiore quantità di radiazione e quindi di calore, di quella depigm entata. M a il problem a in realtà è assai più complesso. Anzitutto, agli effetti dell'assorbim ento e della ri­ flessione della radiazione solare è più importante il colore del pelo di quello della pelle; in secondo luogo la pigmentazione della pelle h a una funzione protettiva nei riguardi di alcune lunghezze d'ond a dan ­ nose (come quelle dell'ultravioletto, ed altre a d azione fotosensibiliz- zante). Secondo la legge climatica di Sloger (1833), entro u na specie om eoterm a la pigmentazione è più intensa nei climi caldi ed umidi ri­ spetto a quelli freschi ed asciutti, m a nelle zone calde aride regredisce verso il rosso ed il giallo (pigmentazione desertica).

Azioni indirette d el clim a.

L'azione indiretta più importante del clima in quanto cap ace di influenzare la distribuzione degli anim ali di una certa specie, riguarda l'influenza della piovosità sulla vegetazione, come quantità, qualità e distribuzione nel corso dell'anno. La piovosità non influenza soltanto la mole e la conformazione degli anim ali, m a bensì anche la loro densità, le abitudini ed il modo di p ascolare (e quindi anche lo sviluppo dei loro mezzi di locomozione) nonché lo sviluppo e la struttura dell'apparecchio digerente. Dove la vegetazione è rarefatta, o stagionale, gli anim ali bradi devono percorrere lunghe distanze n ella ricerca del cibo. In questo senso si spiegherebbe la lunghezza degli arti degli anim ali er­ bivori dei deserti e delle zone aride in generale. L'interpretazione non sem bra del tutto soddisfacente, perchè in tal caso tutti gli anim ali erbi­ vori nom adici e migranti (com presa la renna) dovrebbero av ere gli arti molto lunghi. A nostro avviso, l'interpretazione può essere anche un'al-

tra, e cioè che dove il terreno è più o meno nudo la radiazione riflessa dal terreno è forte e a ssa i m aggiore che dove il terreno è ricoperto di vegetazione. Allora gli anim ali allontanano m aggiorm ente il tronco dal suolo allungando gli arti e si appiattiscono trasversalm ente in modo d a ridurre la quantità di radiazione ricevuta.

Altri adattam enti sono quelli che riguardano la forma del piede in relazione alla n atura del suolo (come il piede dei drom edari e dei bat-

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