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Profili comparatistici

Nel documento La Tutela penale del consumatore di farmaci (pagine 152-156)

Prendendo spunto dalle riflessioni enucleate nel paragrafo precedente, è oppor- tuno effettuare un confronto con la normativa europea attualmente esistente nel settore, al fine di svolgere alcune considerazioni circa le possibilità di riforma riguar- danti la normativa a tutela del consumatore di farmaci, quale si rinviene nel Codice Penale agli artt. 440, comma 3, 442, 443, 445 e 452.

I rischi sovraindividuali, insiti nello svolgimento di attività produttive pericolo- se, sono storicamente fronteggiati dai legislatori europei, fondamentalmente, secondo due distinte direttrici politico-criminali: il modello tedesco, da un lato, e il metodo di incriminazione adottato dal legislatore francese, dall’altro. Il primo paradigma è seguito, oltre che dalla codificazione tedesca, da quella italiana, spagnola e portoghe- se; il secondo caratterizza, accanto all’esperienza francese, quella anglo-americana.

a) In merito al sistema tedesco, si può osservare che, in esso, l’attenzione si è progressivamente spostata dall’incriminazione di comportamenti rischiosi per la collettività, a quella di condotte caratterizzate da pericolosità comune riferita a beni giuridici dei singoli individui, c.d. pericolo comune di danno individuale, con ciò creando notevoli difficoltà di delimitazione rispetto alla classe di reati contro l’incolumità individuale. Il legislatore tedesco si è allineato, in tale operazione, ad una concezione individualistica e qualitativa di pericolo comune, in base alla quale quest’ultimo comprende i casi in cui il soggetto attivo mette in pericolo una persona, non come singolo e determinato individuo ma come rappresentante della comunità, cosicché le figure delittuose previste finiscono con l’assumere la veste di reati contro “il prossimo”, ossia un singolo indeterminato. Non mancano, peraltro, ipotesi riferen- tisi ad un modello quantitativo, nelle quali si punisce il cagionamento di gravi pre- giudizi alla salute di un numero elevato di persone.

I profili della legislazione tedesca meritevoli di essere valorizzati, nella pro- spettiva di riforma del codice italiano, sono, da un lato, l’impiego di fattispecie pre- miali, correlate a condotte di recesso o di rimozione del pericolo e, dall’altro, l’utilizzo di soluzioni atte a far fronte alle recenti ed allarmanti fenomenologie colle- gate al progresso tecnologico.

Al modello descritto è riconducibile anche il codice penale spagnolo, caso em- blematico in cui lo schema proposto crea alcuni problemi applicativi. La disciplina dei “delitti contro la sicurezza collettiva” rispecchia la presa d’atto, da parte del legislatore di questo Paese, circa l’esistenza di forme evolute di aggressione ai beni fondamentali della persona. Conseguenza di ciò è che il catalogo delle incriminazioni si estende a comprendere tutte le manifestazioni offensive di rilievo collettivo, sia di tipo qualitativo che quantitativo, fino a divenire “contenitore” di molteplici e multi- formi reati di pericolo, concreto e astratto. Tratto comune è il rischio creato per la vita o la salute di una generalità indeterminata di persone; sennonché la giustapposi- zione di interessi, non sempre riconducibili ad una reale dimensione unitaria, provoca un deficit strutturale, caratterizzato dalla non delimitabilità degli interessi sottesi alla disciplina.

b) Tratti diversi rispetto al modello appena descritto, presenta lo schema di ma- trice francese, che si caratterizza per il mantenimento, nell’ambito dei reati contro il patrimonio, del complesso di fattispecie di danneggiamento qualificato dall’insor- genza di un danno o di un pericolo per le persone. Ancor oggi, tale legislazione è ancorata all’idea che le condotte debbano valutarsi solo per le lesioni specificamente arrecate alle singole vittime, rifiuta il concetto di pericolo comune e inquadra il rischio per le persone nella disciplina dedicata ai danneggiamenti di cose altrui, distinta a seconda che essi provochino o meno riflessi sugli individui. Si osservi, però, che le istanze di tutela, che accomunano i diversi sistemi giuridici europei, hanno indotto da ultimo il legislatore francese ad introdurre alcune fattispecie a spiccata funzione preventiva rispetto alle offese alla vita e all’incolumità fisica, ove il soggetto attivo violi consapevolmente regole cautelari.

Stessa impostazione ha il diritto penale anglo-americano che distingue tra dan- neggiamenti pericolosi e danneggiamenti semplici, a seconda che dalla condotta tipica origini o meno un pericolo per la vita o l’integrità fisica di una persona.

In linea generale, si può osservare che, nel panorama delle codificazioni euro- pee, un dato tendenzialmente comune, alle discipline che tutelano il bene della sicu- rezza collettiva, è quello di prescindere dal fatto che la fonte di pericolo entri effetti- vamente in contatto con singoli individui: l’irrilevanza della presenza o meno di oggetti di tutela, nel raggio di azione della condotta, è il riflesso dell’indicazione generica del bene protetto.

Un aspetto differenziale, dal punto di vista teleologico, che le codificazioni de- gli altri Paesi europei presentano rispetto all’assetto italiano è dato dalla circostanza che in molte di esse, compresa quella tedesca, il legislatore ha mantenuto la tutela dell’altrui patrimonio nell’orbita repressiva del pericolo comune. Si può osservare, a tal proposito, che un’opzione in questo senso può essere meritevole di accoglimento, anche nel nostro sistema penale, purché accompagnata da un’adeguata differenzia- zione sul piano del trattamento sanzionatorio.

Approssimativamente riconducibili alle nostre figure delittuose di “comune pe-

ricolo mediante frode” sono le numerose fattispecie di rischio, per lo più non concre-

to, previste dalla maggior parte delle legislazioni europee per contrastare e prevenire le aggressioni alla salute collettiva. È proprio in tale settore, che si avverte, in modo evidente, l’influenza del diritto comunitario su quello nazionale364.

Ciò si percepisce, in particolare, con riferimento alle contravvenzioni contenute nella normativa complementare, rappresentata dal D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219,

Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano. Da tale corpus emerge,

con evidenza, la politica comunitaria volta a controllare i rischi scaturenti da c.d. “ignoto tecnologico”, attraverso la creazione di un nuovo rapporto tra regolazione e funzione amministrativa, ove la prima demanda alla seconda il compito di emanare provvedimenti autorizzativi di attività, ritenute rischiose in relazione agli interessi primari indicati nel paragrafo precedente, sulla base della valutazione delle peculiari- tà proprie delle singole realtà produttive e dei pericoli in esse insiti e, soprattutto, in connessione all’evoluzione delle tecnologie disponibili, per far fronte agli stessi.

In questo contesto, il diritto europeo dimostra una propensione volta a sostene- re la centralità della funzione amministrativa, in tutte le sue potenzialità. Si sottoline- a, però, che anche quando l’esecuzione degli obblighi imposti dal diritto comunitario

e, oggi, direttamente da quello nazionale, per il tramite del D.Lgs. 219/2006, avviene per mezzo delle amministrazioni nazionali, come l’AIFA, queste sono fortemente condizionate dal sistema europeo ed appaiono, in parte, “organi comuni” dell’ordi- namento sovra-nazionale che, nel caso specifico, fa capo all’EMEA, Agenzia euro- pea dei medicinali.

Il modello delle agenzie contribuisce, comunque, all’evoluzione del processo di integrazione amministrativa europea, evidenziando al contempo la diffusione di organismi ad alta specializzazione tecnica. A quest’ultimi è, quindi, affidato il risk

assessment, ossia la valutazione scientifica del rischio correlato allo svolgimento di

attività, quali la produzione e la commercializzazione di farmaci, mentre il risk

management, ossia la gestione del rischio e tutte le decisioni ad esso attinenti, anche

quelle riconducibili alla politica del principio di precauzione, altro punto fermo della strategia comunitaria in materia, sono demandate ai vertici politici.

In riferimento alle fattispecie contravvenzionali del Codice Comunitario e alla disciplina cautelare dallo stesso proposta, è interessante l’effettuazione di un con- fronto con il sistema di common law, proprio degli Stati Uniti. L’attività di regola- zione dei pericoli da c.d. ignoto tecnologico si caratterizza, in tale contesto, per l’affiancarsi al ruolo svolto dallo Stato, che si limita a scegliere e bilanciare gli inte- ressi da tutelare, dell’opera intrapresa da organismi amministrativi indipendenti, che perseguono lo scopo di garantire le c.d. regole del gioco, ponendosi in una posizione di neutralità e dando vita, così, ad un sistema di risk regulation. Quest’ultimo si caratterizza per il ruolo svolto da queste agenzie, che effettuano sia il risk assessment che il risk management: è evidente che l’indipendenza, che è propria di quest’ultime, implica anche maggiori poteri rispetto agli organismi tecnici che contraddistinguono il nostro sistema giuridico.

Volendo effettuare un confronto diretto tra il sistema di civil law italiano e quello appena descritto, si può affermare che esistono alcune convergenze, eviden- ziate dalla progressiva responsabilizzazione, nel nostro sistema giuridico, dei soggetti privati nella gestione dei pericoli da incertezza scientifica, fenomeno prodotto anche per mezzo del D.Lgs. 219/2006. La valorizzazione del ruolo dei privati e, in partico- lare, delle imprese produttrici e dei singoli imprenditori commerciali, messo in luce dal modello della co-gestione, descritto nel capitolo precedente è, senza dubbio,

prova di tale nuova tendenza. Tuttavia ciò non può essere letto come l’incipit di un percorso che ha, quale obiettivo, l’integrale sostituzione del ruolo dei pubblici poteri, in quanto la funzione da essi svolta è ancora predominante nella regolazione, nella gestione e nel controllo dei rischi derivanti da c.d. ignoto tecnologico365.

Nel documento La Tutela penale del consumatore di farmaci (pagine 152-156)