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Profili della regolazione di AGCM

Nel documento Finanza e Territorio (pagine 62-67)

Grafico 12. Indebitamento delle imprese 1999q1-2013q

8. Profili della regolazione di AGCM

A partire da un decennio a questa parte la tutela del consumatore ha acquistato una sorta di centralità quale obiettivo primario di AGCM, trasversalmente rispetto a tutti i settori di mercato e, tra questi, ovviamente, anche nel mercato del credito e degli intermediari finanziari.

Per riassumere questo percorso potremmo utilizzare due riferimenti: il primo di carattere giuridico e di teoria generale; il secondo legato ad un comparto specifico della disciplina di riferimento.

Sul primo. Una certa visione dell’azione antitrust induce a leggere la (pur indiscussa) centralità del consumatore quale destinatario della tutela della concorrenza, in termini tali da assicurare al consumatore una forma di tutela indiretta. Non si tratterebbe tanto di riconoscere al consumatore, quale conseguenza della repressione degli illeciti antitrust (artt. 101 e 102 TFUE; artt. 2 e 3 della legge n. 287/1990) la titolarità di un diritto soggettivo perfetto e autosufficiente, quanto di affermare che la garanzia di un mercato aperto ed efficiente fornisce al consumatore un beneficio indiretto, anche se non per questo poco efficace. La logica sarebbe questa: se la concorrenza nel mercato funzionerà, le condizioni per i consumatori saranno (tendenzialmente) le migliori possibili a condizioni date.

E’ però prevalsa una logica diversa, visibile sia nel processo di sviluppo del dibattito e della riforma comunitaria in tema di private enforcement sia nella giurisprudenza nazionale sui danni derivanti da altrettanti illeciti antitrust

18 Cfr. Cass., sez. I, 25 febbraio 2009, n. 4587; In senso analogo, Id., 20 febbraio 2015, n. 3458. 19 Così definito da S. AMOROSINO, Funzioni e poteri della Consob “nouvelle”, cit., 137.

20. Essa tende ad attribuire al consumatore un diritto soggettivo pieno e

derivato dalle norme antitrust: queste ultime, pur assumendo come oggetto solo i comportamenti delle imprese, vorrebbero anche assicurare direttamente al consumatore una libertà di scelta dei prodotti sulla quale, invece, il comportamento anticoncorrenziale inciderebbe di per sé in modo negativo.

Veniamo al secondo riferimento, adesso. Immediatamente dopo il periodo storico nel quale AGCM aveva assunto le competenze in materia antitrust nei confronti delle banche, sostituendosi a Banca d’Italia, la stessa AGCM ha acquisito per effetto della novella degli artt. artt. 18 e ss. del d.lgs. n. 206/2005, codice del consumo, disposta nel recepimento della direttiva 2005/29/CE, la nuova competenza sulla repressione delle pratiche commerciali scorrette. L’Autorità ha così di molto valorizzato, anche con parallele scelte organizzative e di comunicazione mediatico-istituzionale, questa forma diretta di tutela del consumatore. Inoltre, mentre sino a quel punto la repressione delle condotte di pubblicità ingannevole (competenza ristretta e originaria dell’Autorità assimilabile a quella così ex novo conferita) si era svolta sul piano della repressione di singole e circoscritte condotte individuali, invece con le pratiche scorrette si sono puniti dei comportamenti seriali e collettivi, verso la pluralità dei consumatori come corpo sociale. Sicché nel reprimere e vietare pratiche ingannevoli di tipo generale, l’Autorità ha finito per elaborare altrettante regole di comportamento per gli operatori. La tutela del consumatore si è così coniugata ad una accentuata propensione regolatoria di stampo consumeristico.

Questa visione, volta alla tutela diretta della classe dei consumatori, ha trovato uno spazio significativo anche in un altro istituto, quello delle c.d. decisioni con impegni, disciplinate dall’art. 14-ter della legge n. 287/1990, introdotto dal d.l. n. 223 del 2006. L’Autorità, per un lungo periodo (che sembra registrare negli ultimissimi anni una controtendenza) ha elevato le decisioni con impegni a strumento (quasi) ordinario di soluzione dei procedimenti avviati per l’accertamento di illeciti antitrust. E questo è accaduto anche in materia bancaria 21. Sicché, optando per l’assunzione di impegni di comportamento delle

imprese (o di associazioni di imprese) anziché per l’applicazione di sanzioni, l’Autorità ha spostato l’asse della sua azione dalla dimensione sanzionatoria a quella regolatoria. E questo con una certa ampiezza di scelte riguardo al contenuto degli impegni medesimi.

Nel frattempo, lo sviluppo dell’operato sul fronte delle pratiche scorrette e

20 Mi riferisco alla notissima Cass., sez. un., 4 febbraio 2005, n. 2207. Su questi profili sia

consentito il rinvio al mio Concorrenza, istituzioni e servizio pubblico, Milano 2010, 112 ss.

21 Si ricordano i seguenti casi: I773 – Consorzio Bancomat – Commissioni; I724 – Commissione

Interbancaria pago bancomat; I725 – Accordi interbancari “RIBA-RID-BANCOMAT”; I661, Accordi interbancari ABI-GO.GE.BAN.

la sua spiccata propensione regolatoria ha provocato, proprio nel campo dei mercati finanziari, una sovrapposizione con Consob, la quale ha reso necessario al tempo l’intervento di un noto parere del Consiglio di Stato volto a regolare il problema del bis in idem 22. Un problema questo che, nel volgere di pochissimo

tempo, si è esteso anche agli altri regolatori di settore, generando dapprima una soluzione effettivamente piuttosto penalizzante per le competenze di AGCM disposta dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2011 e poi un nuovo intervento riformatore nel 2014 volto a dirimere le sovrapposizioni ed oggi registrato all’art. 27, comma 1-bis, del codice del consumo. L’articolo 1, comma 6, lettera a), del d.lgs. n. 21 del 2014, ha introdotto siffatto comma 1-bis, secondo il quale: “Anche nei settori regolati, ai sensi dell’art. 19, 3° comma, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una PCS, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all’AGCM, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo acquisito il parere dell’Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza dell’Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una PCS. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze”. Va detto, però, che anche quest’ultima norma sembra ben lontana dall’aver risolto il problema della convergenza e moltiplicazione di azioni regolatorie nei vari campi di intervento dei regolatori.

Va altresì ricordato il divieto di interlocking directorates inserito dall’art. 36 del d.l. n. 201/2011, a carico di chi opera al vertice dei mercati del credito, assicurativo e finanziario rispetto alla imprese concorrenti. Questa disposizione, che a sua volta ha prodotto la produzione di ulteriori linee guida, sarebbe dovuta servire a sciogliere intrecci di incarichi gestionali aventi asseriti effetti anti- concorrenziali. Però è stata criticata in dottrina e considerata un “clamoroso

overshooting”, perché queste regole di incompatibilità tra banche e assicurazioni,

più che favorire la concorrenza, verrebbero a creare compartimentazioni settoriali e forme di dipendenza di gruppo; come nel caso dei sindaci che, non potendo assumere cariche in banche concorrenti, divengono sostanzialmente i sindaci del gruppo bancario di riferimento, con inevitabile diminuzione del grado effettivo di indipendenza 23.

Infine, la propensione regolatoria dell’azione di AGCM talora si arricchisce anche di comportamenti interventi non tipizzati, come quelli attraverso i quali l’Autorità, pur soprassedendo sull’avvio di una istruttoria antitrust (verosimilmente perché si dubita della sua fondatezza) fornisce comunque

22 Il caso è stato trattato da Cons. Stato, sez. I, parere 3 dicembre 2008, n. 3999/2008. 23 Così P. MONTALENTI, La corporate governance, cit., 10 e 11.

indirizzi alle imprese, esercitando una sorta di moral suasion la cui forza di persuasione è quantomeno proporzionale alla portata dei poteri sanzionatori di cui l’Autorità dispone.

Anche in questo caso, il quadro d’insieme sembra testimoniare, nel segno di una visione finalistica dell’azione istituzionale, una considerevole “virata regolatoria” dei compiti dell’istituzione e quindi una proliferazione della quantità delle regole, non senza visibili fenomeni di duplicazione delle attività di vigilanza nei confronti delle imprese. A questo si aggiunga una tendenziale (e statisticamente dimostrabile) spinta alla chiusura dei procedimenti sanzionatori con l’accertamento di un illecito, anziché con l’accertamento negativo; anche se è da dirsi che nell’ultimo periodo si registrano delle indicazioni di segno parzialmente diverso.

Bettina Campedelli

SOMMARIO: 1. Lo scenario attuale. Peculiarità del modello Italiano: le imprese. - 2. Lo scenario attuale. Peculiarità del modello Italiano: il sistema finanziario. - 3. L’evoluzione delle relazioni finanza-territorio: lo scenario possibile

1. Lo scenario attuale. Peculiarità del modello Italiano: le imprese

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