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La situazione del sistema bancario italiano nell’attuale contesto europeo

Nel documento Finanza e Territorio (pagine 107-112)

C OMMISSIONE DI V IGILANZA SUI F ONDI P ENSIONE

2. La situazione del sistema bancario italiano nell’attuale contesto europeo

2.1. Livello di capitalizzazione

I risultati da poco resi pubblici dalla BCE sull’Asset Quality Review (AQR) sono importanti per quanto riguarda la patrimonializzazione delle nostre banche. A prescindere dalle polemiche sull’opportunità di evidenziare la situazione al 31 dicembre 2013 anziché quella successiva agli aggiustamenti praticati nel 2014, rimane il fatto che “solo” due banche italiane risultano avere un leggero surplus di mezzi propri regolamentari.

Ai nostri fini il fatto va letto come un allarme: allo stato attuale, la capitalizzazione del sistema bancario italiano non è in grado di aumentare significativamente i prestiti perché non dispone di mezzi propri da mettervi a fronte. L’argomento oggi non è bruciante perché da parte delle imprese non emerge una vivace domanda di credito; ma se mai si preannunciasse la sospirata ripresa con la sua conseguente domanda di credito, dove troveremo i mezzi propri necessari per mantenere il livello di capitalizzazione richiesto? Si noti che non è un problema di liquidità e cioè di raccolta, visto che la BCE si accinge a fornirne in abbondanza e a condizioni estremamente convenienti ma, è un problema di “capitale”, di “mezzi propri” che secondo la BCE oggi sono appena sufficienti a sostenere gli attivi bancari in essere (oltretutto notevolmente appesantiti in termini di RWA in conseguenza all’enorme quantità di crediti in sofferenza o di dubbia qualità).

2.2. Composizione dell’attivo

Ci si domanda se questa circostanza sia caratteristica del sistema bancario europeo o se rappresenti una tipicità delle banche italiane. In effetti, i seguenti dati possono indurre a pensare che l’attivo delle banche italiane rispetto a quelle dei principali Paesi europei è sbilanciato sugli impieghi a clientela, visto che è composto da impieghi a clientela non bancaria per oltre il 61%, contro una media EU del 45% e solo del 35% e 32%, rispettivamente, per Germania e Francia.

Figura 2. - Il peso dei prestiti a clientela

Fonte: ABI, Rapporto sul sistema bancario europeo, settembre 2014.

Ed, inoltre, ci induce a pensare che il nostro sistema risenta, sotto questo punto di vista, del fatto di non avere nel suo ambito grandi banche d’investimento, intendendosi (sempre secondo il citato rapporto) quelle banche universali che dispongono di significativi attivi e ricavi “non” derivanti dalla sola attività di prestito.

La stessa informazione ci viene confermata dalla Figura 3 che evidenzia come le “attività” finanziarie di mercato (e quindi titoli e derivati), rappresentino una parte ridotta dell’attivo rispetto alle banche degli altri Paesi del confronto (26% contro il 42% e 37%).

A questo proposito è utile ricordare che, ai sensi della regolamentazione, le attività finanziarie assorbano complessivamente meno capitale dei prestiti.

Figura 3. - Il peso delle attività finanziarie

Fonte: ABI, Rapporto sul sistema bancario europeo, settembre 2014. 2.3. Composizione delle attività finanziarie

Possiamo, inoltre, cercare di capire di che tipologia siano le “attività finanziarie di mercato” delle banche italiane rispetto a quelle europee.

Figura 4. - Il peso dei titoli di Stato

Risulta evidente che nell’ambito delle attività finanziarie di mercato le banche italiane investono principalmente in titoli di stato (53% del totale contro una media europea del 25%) e meno in titoli al fair value e soprattutto derivati (v. Figura 5).

Figura 5. - Il peso degli altri strumenti derivati

Fonte: ABI, Rapporto sul sistema bancario europeo, settembre 2014. 2.3. Il ruolo (limitato) dei derivati

A questo punto sembra necessario chiedersi perché in Italia l’attività in derivati sia sostanzialmente minore di quella europea (45% contro il 63%).

Qui, a mio avviso, è necessario chiamare in causa la relazione fra la struttura del sistema industriale e quella del sistema finanziario italiano.

Con una semplice e forse troppa disinvolta osservazione, si può leggere la seguente Figura 6 come l’evidenzia di una relazione fra l’esistenza di un sufficiente numero di grandi imprese e lo sviluppo e la presenza di grandi banche d’investimento (nel senso europeo di corporate banking). Pare, infatti, ragionevole che ci sia una “domanda evoluta di servizi finanziari innovativi” (ovviamente espressa principalmente “delle grandi imprese” attive su scala internazionale) che spinge le banche a sviluppare la qualità, la sofisticazione e la natura dei propri servizi.

Figura 6. - Relazione tra grandi imprese e offerta bancaria

Fonte: ABI, Rapporto sul sistema bancario europeo, settembre 2014.

Se quindi volessimo considerare il fenomeno dei “ ‘derivati’ come l’espressione della domanda dei servizi di copertura” (contro i rischi di tasso, I.R. Swaps, i rischi di cambio, Forex swaps e/o i rischi di credito - CDS’s) da parte delle grandi imprese che operano nei mercati internazionali, potremmo dedurre che l’attività delle banche italiane sia condizionata dai tradizionali “impieghi” alle imprese di taglio medio piuttosto che dai più moderni servizi di “copertura” su cui si sono “spostate” le attività delle banche di UK, Francia, Germania trainate dalla domanda delle loro grandi imprese.

Purtroppo, per le nostre banche, i tradizionali “prestiti” diretti alle imprese, sono considerati dal regolamentatore più rischiosi (poiché difficili da “garantire”) dei servizi di copertura che sono invece considerati bilanciabili essendo facilmente negoziabili e quindi compensabili sui mercati secondari.

Ne consegue che il modello tradizionale, in termini di risk-weighting (e quindi RWA), è più oneroso di quello moderno e che quindi l’Italia e le sue “piccole” banche hanno un assorbimento di capitale (in termini di RWA) sul totale attivo significativamente superiore a quelle europee ed, in particolare, a quelle francesi e tedesche (v. Fig.7) (50% contro 27% e 26% di Francia e Germania).

Figura 7. - L’attivo ponderato

Fonte: ABI, Rapporto sul sistema bancario europeo, settembre 2014.

In sintesi, le banche italiane sono onerate di “troppi prestiti che assorbono troppo capitale” e quindi il problema (una volta risolto quello, oggi prioritario, delle sofferenza) sarà quello di liberarsi dei vecchi prestiti per liberare capitale da riutilizzare per far fronte ai nuovi prestiti.

Nel documento Finanza e Territorio (pagine 107-112)