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gli attori della progettazione integrata di filiera: natura e funzionamento la progettazione integrata ha come elemento distintivo, rispetto alle proce-

Nel documento L'approccio integrato nel PSR 2007/2013 (pagine 32-35)

1. misure di sistema Rientrano in questa categoria le misure rivolte al ca pitale umano (111, 114 e 115) alla cooperazione per lo sviluppo di nuo

2.2.2 gli attori della progettazione integrata di filiera: natura e funzionamento la progettazione integrata ha come elemento distintivo, rispetto alle proce-

dure di finanziamento tradizionale, la condivisione delle strategie di intervento da parte di un partenariato costituito da soggetti di diversa natura.

la partnership, rappresentativa degli interessi e degli obiettivi di una plu- ralità di soggetti, per contribuire alla piena riuscita dell’obiettivo iniziale, sigla un accordo e si candida a realizzare investimenti attraverso l’utilizzo delle misure presenti nel PSR.

nell’ambito dei progetti di filiera, il partenariato rappresenta la dimensione sociale e relazionale del progetto: attraverso il partenariato, infatti, si rendono di- sponibili le informazioni e le risorse, permettendo agli attori coinvolti un migliore impiego delle proprie, sia in termini finanziari sia di competenze e mezzi impiegati, raggiungendo così i propri obiettivi, che in linea teorica coincidono con quelli di sviluppo del progetto di filiera (Marcianò et al., 2008). in definitiva, il capitale finan- ziario e fisico potenzialmente disponibile con il finanziamento del PiF si coniuga, attraverso il partenariato, in reti di relazioni all’interno della filiera che accrescono il capitale sociale che trova nello stesso partenariato il proprio mezzo di espres- sione e di azione.

l’ampiezza e la composizione della partnership tende a condizionare forte- mente il progetto e la sua attuazione. i soggetti che si aggregano per dar vita ad un PiF sono innanzitutto imprenditori agroalimentari singoli o associati. Gli obiettivi della progettazione integrata di filiera sono di natura imprenditoriale, è pertanto normale che il nucleo aggregativo iniziale sia formato da imprese che attraverso lo

strumento tentano di razionalizzare i propri rapporti e avviano una strategia di svi- luppo comune. è altrettanto naturale che l’idea di presentare il progetto comune nasca in un “ambiente ristretto”, tra soggetti che normalmente collaborano tra di loro. Ma, poiché, la filiera per sua definizione non si esaurisce nelle fasi di produ- zione agroalimentare, diventa necessario coinvolgere, a seconda dell’obiettivo che si propone il progetto, tutta una serie di attori le cui attività non sono strettamente identificabili come agroalimentari, ma che partecipando al progetto potrebbero fa- vorire il raggiungimento degli obiettivi.

la natura di questi soggetti terzi varia a seconda dei bandi regionali. le Regioni che prevedono uno schema d’intervento a “regia locale” prevedono par- tenariati composti solo da imprese, intendendo la filiera come un accordo teso a vincolare i rapporti tra i soggetti coinvolti direttamente nel processo produttivo. l’unica eccezione riguarda gli enti di ricerca che, attraverso progetti di cooperazio- ne attivati con la misura 124, possono entrare a far parte del partenariato.

Dove prevale la “regia regionale” si prevede, invece, la partecipazione an- che di soggetti pubblici (per esempio enti locali e pubblici, Camere di commercio, università e istituti di ricerca, Consorzi di Bonifica, ecc.) al fine di stimolare la cooperazione e l’interazione tra soggetti con funzioni diverse che operano nello stesso contesto. in questo caso, al PiF viene attribuita una funzione di stimolo alla costruzione di capitale sociale tesa a creare un’atmosfera di condivisione e coope- razione tra le istanze imprenditoriali e quelle socioeconomiche dell’area coinvolta dal progetto. il PiF ha l’obiettivo di facilitare processi di governance territoriale, ponendo l’attenzione sulla coerenza tra l’individuazione degli obiettivi di sviluppo rurale e le effettive esigenze degli attori locali.

la funzione del partenariato, al tempo stesso, è quella di essere un sog- getto facilitatore nell’accesso al finanziamento e nella realizzazione del progetto. Garantisce una intermediazione nei rapporti con la Pubblica amministrazione, esercitando un ruolo di sussidiarietà e di vicinanza con il territorio, cosa che la struttura amministrativa difficilmente riesce a fare, se non con un aggravio di costi, peraltro spesso realizzabile solo nelle realtà più consapevoli del proprio ruolo e delle proprie funzioni. Da quest’ultimo fattore dipende anche il ruolo de- cisionale che viene “delegato” al partenariato rispetto alle attività di animazione e attuazione del PiF.

in quanto alle funzioni attribuite al partenariato, esso assume un ruolo cru- ciale poiché diventa il soggetto rappresentativo degli interessi delle filiere e dei territori, il soggetto che si interfaccia con l’amministrazione regionale e che gesti- sce i rapporti tra i vari soggetti aderenti al progetto di filiera.

allo stesso, anche se con sfumature più o meno diverse, sono affidati i se- guenti ruoli:

- promuovere la partecipazione degli operatori della filiera attraverso attivi- tà di animazione e manifestazioni d’interesse;

- elaborare e presentare il Progetto integrato di Filiera;

- assicurare il coordinamento e la realizzazione degli interventi.

il partenariato deve nominare un soggetto capofila cui fa capo la responsa- bilità degli adempimenti previsti, fatta eccezione per quelli di diretta responsabilità dei singoli beneficiari. alcune Regioni prevedono che il partenariato sia un sogget- to con natura giuridica spingendo, di fatto, all’aggregazione soggetti singoli in un unico soggetto societario, consortile o cooperativistico, che sintetizzi i differenti interessi e la strategia che lega gli operatori nel progetto.

altre Regioni, soprattutto quelle che presentano una forte presenza di soggetti operanti nel settore agricolo già cooperanti, lasciano che le funzioni di gestione del progetto siano esercitate o da un soggetto capofila chiaramente in- dividuato o da partenariati temporanei (ati o atS) il cui raggio di azione tende a restringersi alla durata dell’accordo di filiera. la spinta aggregativa dei PiF è, in questo caso, molto più debole e potrebbe rivelarsi esclusivamente finalizza- ta all’ottenimento del contributo che, nell’ambito della progettazione integrata, presenta condizioni di accesso più favorevoli ed un processo selettivo che segue dinamiche differenti da quelle utilizzate per la selezione dei beneficiari singoli delle misure del PSR.

alla base del PiF c’è un accordo o contratto8 tra i partner di progetto vinco-

lante per tutti i soggetti sottoscrittori e che, in genere, contiene i seguenti elementi: - le finalità, l’oggetto e le operazioni che si intende realizzare e che concor-

rono a definire i contenuti generali del progetto integrato di filiera; - i quantitativi complessivi di prodotto cui il contratto è riferito e che parteci-

panti diretti e partecipanti indiretti si impegnano a mantenere per tutta la durata del contratto;

- i rapporti all’interno della filiera in relazione ai poteri di rappresentanza, agli impegni riguardanti la realizzazione del singolo intervento in rapporto al progetto di filiera, alle responsabilità reciproche delle parti;

8 nell'allegato 2 è riportato uno schema tipo di contratto di filiera, utilizzato nelle Marche e in emilia Romagna, al fine di chiarire la portata di tali accordi e gli impegni che essi sanciscono.

- i vincoli che legano tra loro i diversi sottoscrittori del contratto di filiera in relazione agli obblighi di vendita e di acquisto ed eventualmente ai para- metri di prezzo legati alla qualità delle produzioni;

- modalità di gestione delle eventuali riduzioni di aiuto in caso di mancato rag- giungimento degli obiettivi del progetto di filiera e del relativo contenzioso. la durata minima dell'accordo varia dai tre ai cinque anni dalla conclusio- ne degli investimenti. Punto caratterizzante di tali accordi è l’impegno a reperire o conferire la materia prima quantificata nell’accordo di filiera per almeno una quantità minima dalle imprese agricole partecipanti, attraverso conferimenti o ac- quisti e cessioni risultanti dal medesimo accordo.

l’accordo può disciplinare ulteriori elementi oltre a quelli obbligatori, quali l’eventuale commercializzazione e distribuzione del prodotto finito, la sussistenza di garanzie, anche di tipo economico, le clausole di recesso e di subentro, non- ché ogni altro aspetto ritenuto rilevante per il perseguimento delle finalità e degli obiettivi dell’accordo stesso.

Nel documento L'approccio integrato nel PSR 2007/2013 (pagine 32-35)