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III CONDIZIONAMENTO DI SUPERFICI POLIMERICHE TRAMITE PROCESSI FISIC

III.1 Progettazione e realizzazione di un impianto di Flame treatment su scala di laboratorio

Questo trattamento fisico consente una modifica morfologica e chimica delle superfici polimeriche attraverso un processo termo-chimico.

Dalla letteratura sono stati identificati i principali parametri di processo del flame treatment che sono:

• rapporto di miscela (ossigeno-combustibile); • portata totale dei gas;

• velocità di passaggio del campione sulla fiamma; • tempo totale del trattamento;

• distanza del campione.

Lo schema di funzionamento ed una immagine dello strumento di Flame Treatment, realizzato nel corso di questa attività, è mostrato in Figura III.7 (a) e (b).

(b)

Figura III.7 (a) Schema del Flame treatment: a bombole di propano ed ossigeno, b valvole a spillo, c flussimetri di precisione, d valvole di sicurezza antiritorno di fiamma, e camera di premiscelazione, f

ugello, g parete di allumina che scorre ortogonalmente l’asse fiamma-campione, h disco portacampioni, i sensore magnetico, l tachimetro, M motore. (b) immagine dello strumento di

attivazione.

Tenendo conto che i materiali polimerici hanno una bassa temperatura di fusione (circa 100 °C), si è ritenuto opportuno focalizzare l’attività su una fiamma ossigeno-propano invece che ossigeno-acetilene poiché la temperatura a cui arriva la fiamma è più bassa (2.700 °C invece di 3.200 °C). I due gas vengono miscelati in una camera di premiscelazione a monte dell’ugello, come mostrato in figura III.7.

Per quanto riguarda il rapporto di miscela, all’aumentare della quantità di ossigeno nella miscela ossigeno–propano, la fiamma si modifica come riportato nella Figura II.8 e assume un comportamento ossidante.

Figura III.8 cambiamento dell’aspetto della fiamma all’aumentare del rapporto di miscela O/C. Nei processi di attivazione tramite flame è necessario avere fiamme ossidanti (tipo 4).

La regolazione del rapporto di miscela è stata risolta applicando dei flussimetri di precisione sulle due linee dei gas, prima della camera di premiscelazione. In particolare sulla linea dell’ossigeno è stato applicato un flussimetro Dwyer in vetro borosilicato con cassa in acciaio inossidabile (flow rate 24 lpm), accuratezza di ± 5% @ 70°F e 14,7 psi ed errore di ripetibilità di 0,25%. Per la linea di propano è stato impiegato un flussimetro Dwyer in vetro borosilicato con cassa in acciaio inossidabile (flow rate 6,3 lpm), accuratezza di ± 2% @ 70°F e 14,7 psia ed errore di ripetibilità di 0,25% (Figura III.9).

Figura III.9 controllo del rapporto di miscela tramite flussimetri di precisione.

Poiché i flussimetri erano calibrati in aria, è stato necessario effettuare una calibrazione tenendo conto dei gas di processo utilizzati.

La calibrazione è stata effettuata secondo la metodologia che prevede la valutazione del tempo impiegato a far sostituire l’acqua contenuta in un matraccio graduato da 1,5 lt rovesciato ed immerso parzialmente in un contenitore di acqua con il gas utilizzato. Noto il tempo di svuotamento dell’ acqua dal matraccio e la sua capacità, è stato possibile identificare la portata per un definito valore di pressione a monte.

Questo processo è stato effettuato per differenti livelli dei flussimetri e per differenti pressioni.

Di seguito sono riportate le curve di calibrazione dei due flussimetri di propano ed ossigeno a differenti pressioni (Figura III.10).

(a)

(b) (c)

Un altro parametro fondamentale in tale processo è il tempo di passaggio del campione sulla fiamma. Tale parametro è particolarmente critico poiché se il campione polimerico dovesse essere esposto per un tempo particolarmente lungo alla fiamma, si potrebbe fondere. Il tempo di passaggio del campione sulla fiamma è stato ingegnerizzato tramite un disco di alluminio alla cui periferia vengono alloggiati i campioni polimerici; tale disco ruota con una velocità che viene monitorata tramite un tachimetro digitale e può essere controllata tramite un circuito elettronico autoassemblato collegato ad un motorino elettrico DC Maxtor che aziona un asse a cui è calettato il disco portacampioni. Di seguito si riporta un disegno esplicativo di quanto descritto.

(a)

(b)

Figura III.11 controllo della frequenza di esposizione alla fiamma. (a) disco rotante su cui sono montati i campioni polimerici. (b) rappresentazione di due differenti frequenze (cicli caldo-freddo) a

Dalla figura III.11 è evidente che facendo variare la velocità di rotazione del disco, è possibile variare la frequenza del ciclo riscaldamento-raffreddamento a cui è soggetto il campione. È da sottolineare che la frequenza del ciclo varia da polimero a polimero a seconda della temperatura di fusione del materiale.

Per quanto concerne il tempo di trattamento, è stato necessario trovare un metodo per controllare in modo preciso l’interazione fiamma campione e quindi l’ istante iniziale e finale della prova. Il problema principale che è stato riscontrato, è stato quello relativo alla fase iniziale di accensione della fiamma durante la quale c’è un transitorio in cui la fiamma viene portata ad un ben preciso rapporto di miscela e nella fase finale di spegnimento della fiamma. Per ovviare a tale inconveniente è stata realizzata una parete che scorre su una guida ortogonalmente all’asse fiamma-campione (Figura III.7). Tale parete è realizzata da piastrelle di allumina che hanno un elevatissimo punto di fusione e un basso coefficiente di dilatazione termica. Tipicamente tale parete interrompe l’interazione fiamma-campione e viene rimossa nell’istante in cui inizia la prova e, al termine del trattamento, ritorna nella condizione iniziale. In tal modo è possibile definire gli istanti iniziali e finali del test. In figura III.12 sono riportati due tempi di trattamento alla stessa frequenza di rotazione del disco portacampione.

Figura III.12 controllo accurato del tempo totale del trattamento tramite schermo di allumina.

Per quanto concerne la distanza tra la fiamma e il campione, essa è stata definita come la distanza tra i campioni posizionati sul disco portacampioni e il punto di emissione della miscela combusta di ossigeno e propano. Al fine di variare la distanza, l’ugello e la camera di premiscelazione sono stati alloggiati su un guida scorrevole su due binari. Una microcamera posta a 45° rispetto alla verticale consente di acquisire una immagine della posizione tra ugello e superficie, mediante analisi di immagine è possibile stabilire con precisione la distanza dell’ugello.

Attraverso questo impianto è possibile riprodurre, su scala di laboratorio, tutti i parametri di processo comunemente usati negli impianti di fiammatura industriali. Tuttavia secondo quanto riportato in letteratura, il controllo dei parametri di processo e soprattutto l’influenza del loro valore sull’attivazione dei materiali, è tutt’ altro che risolta. Infatti su scala industriale si procede per trial&error fino ad identificare una impostazione dei parametri di processo ritenuta ottimale, mentre dal punto di vista di ricerca scientifica, sono presenti numerose attività nelle quali questa problematica viene risolta tipicamente con una analisi monovariata sui singoli parametri di processo. Si può affermare pertanto, che a tutt’oggi la tecnica di attivazione non è stata ancora investigata adeguatamente ed ottimizzata.

III.2 Studio sperimentale per l’identificazione e la valutazione dei