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II. L’incontro standard con la Russia: l’Idealtypus “scrittore italiano in Urss”

II.6 I programmi e gli accompagnatori

Seguendo itinerari prestabiliti e secondo programmi delineati, il viaggio in Urss deve rappresentare per la maggior parte dei viaggiatori stranieri un percorso istruttivo di messa in mostra del paese agli occhi dell’Occidente. Il visitatore da parte sua dovrà necessariamente sottostare alle direttive di guide e accompagnatori e, qualora venga reso possibile dalle autorità, potrà avanzare personali richieste di visita. Da una disamina dei resoconti di viaggio non emergono spazi di azione ampli per il viaggiatore che ha in mente di osservare e raccontare aspetti peculiari della realtà

155Lagorio 1989: 11-12.

156 La volontà di conoscere una realtà più autentica sembra stare a cuore anche a Siviero, seppure il suo viaggio in Urss avesse una valenza diversa rispetto a quello di scrittori come Lagorio. Pur dovendo perseguire lo scopo della restituzione delle opere d’arte italiane trafugate dai russi durante la guerra, Siviero sembra un viaggiatore qualunque di quegli anni, curioso di capire la Russia sovietica (Cfr. Siviero 1960: 40-41).

89 sovietica. Come si è visto, l’esempio di giornalisti come Rossi e Emanuelli rappresentarono i casi più emblematici. Nel capitolo del libro sull’Urss di Quarantotti Gambini, intitolato significativamente La normalità sovietica, lo scrittore pare tuttavia smentire i racconti di molti colleghi:

E’ sempre appassionante andare e venire a piedi, senza che nessuno vi guidi, per una città sconosciuta. In Russia lo è ancor più, perché, alla soddisfazione di vedere tante cose nuove, si aggiunge la meraviglia di poterle scoprire da soli, girando di propria iniziativa, o addirittura a zonzo, frammischiandosi coi passanti, perdendosi tra la folla nei grandi magazzini, nei mercati o nella metropolitana, entrando nei negozi e uscendone per il solo piacere di sapere che cosa vi si vende e quali sono i prezzi, e sostando infine nei giardini, ove indugiano donne anziane con bimbetti – nonne che portano a passeggio i nipotini – e ove qualche pensionato legge, in piedi davanti alle tabelle su cui vengono affissi i giornali, o seduto al sole su una delle lunghe ed eleganti, veramente imperiali, panchine bianche.

Il poter girare nelle città sovietiche tutti soli, senza che nessuno badi a voi (anzi, addirittura, senza che nessuno mostri di notarvi come straniero), è veramente una sorpresa. Non avevamo sentito dire che si deve sempre uscire attruppati, in comitive guidate, e che non si può muovere un passo fuori dal gruppo senza venire richiamati? Ciò accade ai viaggiatori di classe turistica, che vengono condotti in giro tutti assieme in torpedone (come in ogni paese del mondo, del resto), e che prendono i pasti tutti nello stesso locale alla stessa ora; ma non ai viaggiatori della classe di lusso. Chi compia nell’URSS un viaggio individuale – seppure in compagnia di alcuni amici – pagando la tariffa di lusso, oltre a godere negli alberghi e nei ristoranti di un trattamento corrispondente, e oltre a disporre per tre ore al giorno di una macchina a lui riservata, nonché, nei momenti in cui gli faccia comodo (e sono molti), di una guida -interprete anch’essa adibita esclusivamente a lui, può andare e venire del tutto solo dove meglio gli piaccia, di giorno come di notte, secondo i propri programmi o a capriccio.

Di tale possibilità ho approfittato molto largamente; e devo ad essa la sensazione piena – in contrasto con molti racconti altrui – della larga e pullulante normalità della vita sovietica, alquanto grigia in superficie, al nostro sguardo, ma vivace nel fondo. Né inferno né paradiso, come vorrebbero alcuni opposti e vieti luoghi comuni; ma normalità. […].157

Nella notazione delle diverse modalità di affrontare un viaggio in Urss, lo scrittore delinea già una sociologia del viaggiatore dell’Unione Sovietica, per il quale è prevista una diversificazione di trattamento basata su varie condizioni. I privilegi dei quali lo scrittore si fregia di godere sono quelli, a suo dire, legati alla condizione di appartenenza alla “classe di lusso”, viaggiatori che

rappresentavano per l’Urss opportunità di guadagno con il cambio della valuta straniera.158

Muoversi in autonomia, esulare per quanto possibile dai programmi, può consentire agli scrittori di guardare direttamente, senza l’ausilio di maestri istruiti a facilitare la veicolazione di una certa immagine dell’Urss. A viaggio terminato Emanuelli, magari solo per appagare in parte il proprio senso di frustrazione per un paese che si è dimostrato poco accogliente nei suoi confronti, fa una considerazione sulla presunta libertà di osservazione della quale ha goduto nei primi giorni del suo

soggiorno moscovita:

Mi consolo pensando che se mi avessero dato sin dal primo giorno una guida, se avessero accolto tutte le mie richieste, avrei avuto anch’io sott’occhio una immagine dell’Unione Sovietica oramai convenzionale. Ripensando a quanto scrivono tali visitatori stranieri, ma comunisti od ufficiali, posso ora constatare che dicono la verità: dicono quel che

157 Quarantotti Gambini 1963: 232-233. Siviero fornisce una spiegazione dettagliata della gestione del turismo degli stranieri in quegli anni nell’Unione sovietica, smentendo lo scrittore istriano sulla supposta maggiore libertà di movimento da parte di coloro che non siano ospiti di una qualche organizzazione sovietica, in un’atmosfera di controllo costante, forse più discreto, ma sempre presente (cfr. Siviero: 1960: 84-85).

90 hanno loro fatto vedere e sentire e mangiare. Sempre le stesse cose, le stesse voci, in una parola lo stesso piatto: di qui quell’aria di asfissiante monotonia e di “veritiero falso”.159

Nonostante qualche sporadico strappo nella compatta realtà sovietica, che il viaggiatore può pensare di cogliere in episodi e dialoghi captati per le strade, la condizione di isolamento che grava sugli stranieri, limitando i contatti diretti con le persone, non consente di entrare addentro la vita quotidiana della gente, persino per coloro che da anni vivono stabilmente in Urss (cfr. Emanuelli 1953: 70)

Levi ricorda le sue passeggiate solitarie per Mosca, lasciata ogni tanto la fedele guida ai suoi impegni intellettuali (1976: 138-141). Persino Dal Fabbro che si trova costretto a viaggiare all’interno di una composita compagnia di compagni, della quale fanno parte il musicista Pestalozza, l’industriale Olivetti e il capo del gruppo, il sindaco di Modena, “Vecchio comunista, che ha passato molti anni nelle carceri fasciste” (1967: 20), rivendica il proprio diritto di svincolarsi dagli impegni ufficiali e riuscire a vagare finalmente solo per Mosca:

Dopo un’ora alla Sovietica, vengono a dirmi che tra poco si tornerà alla Università, per uno spettacolo o un concerto tenuto dagli studenti. La mia ribellione è immediata e dichiaro, senza addurre nessuna giustificazione, che non intendo unirmi a loro. Per meglio liberarmi del peso monumentale e didattico della troppo lunga vi sita, mi sono poi avventurato da solo per Mosca, a piedi per la Via di Leningrado, un boulevard costantemente percorso da grandi autocarri, sino alla stazione ferroviaria Bieloruscaia. […] Dall’attigua stazione della Metropolitana sono partito, contando cinque, sei, sette fermate, prima di scendere, per assicurarmi il ritorno al punto di partenza. […] Uscito nella strada, mi trovai in una periferia ancora urbana, a un crocicchio; poche persone passavano in fretta. Presi a destra, sentendomi per un attimo un cittadino di Mosca, ma sùbito dopo uno straniero che soltanto un bambino poteva mettere in imbarazzo.160

I programmi “inderogabili” di visita prevedevano solitamente un giro per ammirare i monumenti e le attrattive delle città: a Mosca la piazza Rossa e il mausoleo di Lenin, S. Basilio, i magazzini Gum, le Montagne di Lenin, l’Università, la metropolitana, l’esposizione di agricoltura, la casa dei Rostov, dove aveva sede l’Unione degli Scrittori. Nei dintorni di Mosca inoltre, molti scrittori chiedevano di visitare il monastero di Zagorsk, dove potevano assistere ai riti della Chiesa ortodossa. L’altra tappa topica, Leningrado, contemplava sempre una passeggiata lungo la prospettiva Nevskij, visita pure qui ai monumenti principali della città, in seguito alla quale spesso lo scrittore tipo rievocava la storia della fondazione da parte di Pietro il Grande, il carattere europeo dell’antica Pietroburgo rispetto all’orientale Mosca, il rapporto della capitale del nord con l’Europa e il ricordo della rivoluzione legato al Palazzo d’Inverno, allo Smol’nyj, e all’incrociatore Aurora. Le due maggiori città della Russia vengono inevitabilmente messe a confronto nelle architetture e nei caratteri, con tocchi descrittivi che tendono a sottolineare la preferenza per l’una o l’altra. Soprattutto scrivendo di

159 Emanuelli 1953: 22-23.

91 Leningrado, gli scrittori tendevano a rievocare la grande letteratura russa dell’ottocento e a ricordare i nomi più noti di scrittori e poeti, visitandone spesso le case museo. In alcuni rari casi il visitatore faceva anche una gita per visitare i dintorni di Leningrado, in genere Petergof e l’antico Carskoe Selo. Venivano incluse quindi visite presso alcune istituzioni culturali, oltre l’università e le scuole, case della cultura oppure biblioteche. Inoltre, per fornire un esempio dell’organizzazione del lavoro, orgoglio sovietico, poteva essere prevista la visita a una qualche fabbrica oppure officina e ad un kolchoz. Soprattutto nelle visite delle campagne, il visitatore era sottoposto ad un rituale d’accoglienza che, oltre a includere le solite spiegazioni tecniche infarcite di dati legati alla produzione e previsioni di crescita, veniva omaggiato con regalie donate alla fine di lauti banchetti. Molti di questi convivi erano organizzati in maniera tale che il visitatore avesse la sensazione di un’improvvisazione, al fine di mostrare il carattere accogliente del popolo russo che apriva le proprie abitazioni e non aveva nulla da nascondere.

A seconda degli incontri appositamente studiati ed organizzati per ciascuno scrittore, poteva inoltre essere prevista una visita in qualche residenza di campagna, appartamento privato, aula universitaria o club di cultura, dove di solito l’intellettuale italiano aveva conversazioni riguardanti la propria attività letteraria e ascoltava i racconti sulle novità culturali in Unione Sovietica.

Non mancavano momenti di intrattenimento, rappresentati da serate ufficiali, partecipazione a festeggiamenti da calendario sovietico, visioni di film e di spettacoli teatrali, nonché una serata al circo.

Tenuto conto che quel che interessava maggiormente ogni scrittore era gettare uno sguardo alla vita non ufficiale, non va sottovalutato il ruolo svolto dalle guide nelle modalità di contatto del viaggiatore straniero con la realtà sovietica. La guida rappresenta l’intermediario tra il viaggiatore e l’immagine del paese, e al suo ruolo è demandata la funzione di corretto svolgimento del piano di visite e indirizzo delle modalità di osservazione dell’ospite. Nella sua panoramica su I pellegrinaggi politici degli intellettuali italiani, Di Nucci evidenzia alcuni tratti che contraddistinguevano il lavoro degli accompagnatori e che sono rilevabili dai racconti di molti viaggiatori, da Cardarelli ad Alvaro, da Moravia a Piovene. In particolar modo, scrivendo del viaggio di Alvaro e delle sue visioni di scene di povertà estrema lungo le regioni del Volga, Di Nucci rimarca la “sfrontatezza” della guida dello scrittore nel camuffare, anche rozzamente, la realtà (cfr. 1988: 625; Alvaro 2004: 136). Completa quindi il quadro l’aggiunta di altri elementi che rientravano nel profilo di queste guide:

Oltre che a raccontar bugie, le guide svolgevano altri due compiti: 1) impedire che i visitatori assistessero a qualunque spettacolo che gettasse un’ombra sulle «conquiste del socialismo», cioè vedessero, tanto per dire, un quartiere povero o delle case fatiscenti o un gruppo di mendicanti per le strade; 2) agire, in talune circostanze, come dei veri e propri

92 poliziotti, e cioè fare in modo che non avvenissero incontri non programmati tra i comuni cittadini e gli ospiti stranieri.161

Al di là delle funzioni “poliziesche” svolte dalle guide, Di Nucci riflette sul ruolo di promotrici dell’Urss e di addetti a favorire un soggiorno indimenticabile nel paese del bolscevismo.

[…] dedurre, sulla base di alcuni indizi, le intenzioni, i desideri e le voglie dei visitatori in modo che fosse possibile soddisfarli in pieno. Di solito era un compito agevole, perché il viaggiatore occidentale liberal costituiva una sorta di «tipo ideale», che era stato accuratamente studiato in ogni aspettativa, in ogni reazione, in ogni vezzo. Talvolta, tuttavia, c’erano degli intoppi, degli imprevisti, delle situazioni eccezionali da risolvere. Ed era in quelle circostanze che le guide, solitamente delle fanciulle molto graziose, rivelavano tutto il potere di cui disponevano, e che era così grande che talvolta sembravano delle vere e proprie fate morgane.162

Pur corrispondendo a verità le considerazioni generali dello studioso, esse non esauriscono il quadro organizzativo della complessa macchina sovietica dell’accoglienza. Le guide-interpreti difatti venivano scelte e assegnate in base alle diverse tipologie di viaggiatore. Inoltre, potevano verificarsi casi di difficoltà di reperimento di persone conformi alle esigenze e caratteristiche dell’ospite. La conoscenza della lingua di scambio e l’irreprensibilità politica della persona erano criteri di base che ciascuna guida doveva possedere. Spesso però venivano meno quelle competenze proprie legate all’esperienza e persino ad una certa indole e propensione della persona: Cardarelli descrive l’inadeguatezza della guida fornita dalla Voks nei suoi compiti di benvenuto dell’ospite (1954: 111); Emanuelli racconta dell’ingenuità di una donna sicuramente al suo primo servizio (1953: 24). Il resoconto di Alvaro è ricco di annotazioni che ritraggono i modi di agire delle diverse accompagnatrici che si sono succedute nel corso dei suoi spostamenti per l’Urss. Seguito e tenuto sotto controllo da una “governante” guida all’inizio del suo viaggio verso il Volga, lo scrittore riferisce il suo stato di viaggiatore in ostaggio nelle mani di questa signora che detiene nella sua borsetta titoli di viaggio, documenti, denaro e il piano di visite dello straniero. Tenuta anche all’indottrinamento dello scrittore, la donna bacchetta e imbonisce il suo protetto.

Adopera dapprincipio le maniere brusche: che io stia tranquillo, ammonisce, non faccia delle storie, la segua in tutto senza capricci; alla fine del nostro viaggio farà un rapporto sul mio contegno a chi di dovere. Ho passo libero dappertutto, gl’impiegati si fanno in quattro per servirla. Quando trova qualcosa che non la soddisfa minaccia di denunziare il fatto alla Ghepeù. Ha una cabina accanto alla mia. In genere in Russia, nei vagoni letto, mettono insieme facilmente uomini e donne, data la uguaglianza dei sessi; noi stranieri siamo dispensati da cotesto principio. Prima della partenza la mia guida mi fa una breve lezione di propaganda sul marciapiede della stazione, e spera di fare di me, al termine del viaggio, un perfetto comunista.163

161 Di Nucci 1988: 626.

162 Ibid.: 638. 163 Alvaro 2004: 134.

93 Temute nel loro ruolo di collegamento tra il viaggiatore e l’apparato di controllo, la famigerata ma mai pronunziata “Ghepeù”, le guide rappresentano degli ammonimenti viventi per i cittadini sovietici: “[…] nei miei riguardi tutti hanno un certo timore della mia guida; sanno che questa a un

certo momento cava fuori il suo taccuino e scrive diligentemente” (Alvaro 2004: 160).164 Il controllo

è presente in ogni istante della vita sovietica, dove ciascun cittadino è chiamato a vigilare ed eventualmente intervenire laddove si evidenziano delle storture. Alvaro, consapevole del consolidato sistema di delazione nel paese, incoraggiato e sollecitato dall’alto, racconta un altro fatto esemplificativo:

Io mi resi esattamente conto del controllo che ogni cittadino può esercitare sull’altro in un’occasione molto semplice. Un mio amico italiano mi aveva prestato a Mosca la sua automobile guidata da un autista russo al suo sevizio. Vi salii con la guida che doveva condurmi la prima volta per la città, e parlavo con lei di cose del tutto lontane dal mondo sovietico. L’autista, che vedeva ora costei per la prima volta, si volse dopo un poco e l’ammonì: “Compagna, sarà bene che parli lei, e faccia il suo dovere di guida; il signore ha già parlato abbastanza. È lei che deve fare la propaganda, non lui”. La povera donna si ricompose, e tremando di questo inaspettato incidente mi chiede scusa, e cominciò la sua lezione.”165

Imbattersi casualmente in situazioni imprevedibili, come l’episodio dei tre vecchi allo stremo della fame e degli stenti, getterà un’altra guida dello scrittore calabrese nella più totale disperazione. “La mia guida mi tirò dietro a sé dandomi il braccio, e sentii che tremava presa da un panico più forte di lei: lo stesso panico che prende i bambini davanti a un fenomeno che non misurano intero, ma che sanno essere la morte” (Alvaro 2004: 56). La visione ha forse scosso le credenze della donna nel propagandato paradiso sovietico oppure, più verosimilmente, teme di andare incontro a severe misure nei suoi confronti, ben sapendo dell’occhio vigile di chi guarda e giudica, cosicché tutto si svolga secondo le indicazioni date?

Le tecniche dell’accoglienza si affinano con il passare dei decenni e con l’aumento degli arrivi dei viaggiatori, soprattutto nel nuovo clima di apertura seguito alla morte di Stalin e al periodo della distensione. Uno dei nomi maggiormente ricorrenti nei resoconti degli scrittori italiani fra gli accompagnatori di quegli anni è quello di Georgij Samsonovič Brejtburd, lo Stjopa o Stepàn Gheòrghievič Naùmov, “il buon Virgilio” di Levi, accompagnatore anche di Moravia, Malaparte, Piovene, Siviero, e probabilmente uno degli interpreti della delegazione della quale faceva parte Dal Fabbro, nelle cui pagine compare scritto come “Naumof” (cfr. 1967: 35).

Levi lo descrive nella sua maestria nel parlare la lingua italiana e la profonda conoscenza della letteratura del belpaese. Sempre solerte e indaffarato, spesso in ansia a ché il viaggio dello scrittore si svolga in maniera inappuntabile, è l’ombra che segue e spesso precede i passi dell’ospite illustre.

164 Un altro episodio raccontato da Alvaro descrive il clima di terrore di quegli anni (vd. 2004: 160). 165 Ibid.: 143.

94 Per Levi la guida sente un’ammirazione sconfinata, e lo asseconda nei rari momenti di insofferenza o soffre quando le cose non vanno come dovrebbero andare. La familiarità del tono con il quale lo scrittore torinese scrive del “suo Stjopa”, riferendo anche dei momenti di debolezza fisica o psicologica dell’uomo, avvicina molto la figura al lettore, che arriva a percepire la sua umanità di individuo, al di là delle funzioni ufficiali di cui è investito.166

La ricerca di A. Reccia aiuta ancora una volta a comprendere il ruolo istituzionale di primo ordine rivestito proprio da Brejtburd all’interno dell’apparato burocratico sovietico dedicato ai rapporti culturali con gli stranieri. Nella suddivisione piramidale delle diverse Sezioni della Inostrannaja komissija, ciascuna assegnataria di un singolo paese, la figura del consulente era alla base del lavoro di raccolta e riordino dei materiali del paese del quale era responsabile.

Le sezioni dei singoli paesi avevano il compito di fornire materiali utili alla compilazione della documentazione del settore di appartenenza, che per l’Italia era quello che raggruppava i paesi democratici. Si tratta in generale di rapporti e piani di lavoro per gli organi superiori della commissione e per l’Unione degli scrittori, destinati a uso interno, circa le produzioni editoriali di libri di letteratura e gli scambi con gli intellettuali. In particolare, il materiale del Se ttore paesi democratici consiste in corrispondenze, notizie culturali, convegni (fascicoli 52, 57, 63, 72, 97), viaggi di stranieri in Urss e di sovietici in Occidente (fascicoli 41, 104, 106, 138), referti informativi sui singoli scrittori stranieri ospiti in Urss, così come ritratti bio-bibliografici, rassegne dei giornali sovietici con notizie relative ai viaggi in Urss degli scrittori stranieri (fascicoli 50, 54, 67) o anche rassegne stampa internazionali sulla letteratura sovietica (fascicoli 267, 272). Il settore aveva anche la responsabilità degli affari burocratici e amministrativi che riguardavano gli scambi, come ad esempio le pratiche dei visti o i compensi agli stranieri legati alle vendite dei loro libri e alla pubblicazione di articoli su riviste in Urss (fascicoli 48, 117, 127, 128, 129). Tutte le informazioni potevano poi giungere sia alla direzione centrale della Inostrannaja komissija, sia all’Unione degli scrittori, sia al Ministero della cultura, tutti organi che avevano il privilegio di una relazione diretta con il Comitato centrale del Pcus.

Alla base di questa piramide le singole sezioni erano sotto la responsabilità dei consulenti, funzionari incaricati di gestire la relazione diretta con istituti, organizzazioni, case editrici e singoli rappresentanti dell’intelligencija dei rispettivi paesi.167

Per oltre un ventennio dunque Brejtburd sarà il consulente dei rapporti con l’Italia, impegnandosi

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