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Dalla proprietà della terra alle New Properties: cenni sulla riforma della politica agricola comune

Nel documento Il diritto reale europeo uniforme (pagine 198-200)

FUNZIONE SOCIALE E NUOVI BEN

12 Dalla proprietà della terra alle New Properties: cenni sulla riforma della politica agricola comune

La riforma della politica agricola comune realizzatasi mediante il regolamento n. 1782 del 2003 e attuato in Italia col d.m. 5 agosto 2004, rappresenta il passaggio dalla politica comunitaria che incentivava la produzione alla politica di sostegno del reddito.

Tale regolamento prevede i fini dell’azione comunitaria quali la sanità pubblica, la salute delle piante, degli animali, dell’ambiente e il benessere degli animali (art. 4), inoltre impone agli Stati membri di far si che tutte le terre, anche e soprattutto quelle non più produttive siano tenute in buone condizioni agronomiche e ambientali (art. 5).Detto regolamento prevede la distribuzione di un incentivo comunitario indipendentemente dalla produzione agricola riconoscendolo a chi non produca niente ma si impegna nel mantenere il terreo i buone condizioni ambientali purché abbia degli ettari ammissibili. Se non vengono osservati i “criteri di gestione

      

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obbligatori” viene ridotto il pagamento dell’incentivo, la cui distribuzione è affidata ai singoli Stati.

Questo regolamento ha la finalità di rendere gli Stati partecipi della gestione dei contribuiti, in applicazione del principio di sussidiarietà, con la volontà di frenare il pericola della sovrapproduzione. Nell’attuale definizione di attività agricola rientrano oltre i tipici temi della produzione, dell’allevamento, della coltivazione dei prodotti agricoli anche tutte le attività che sono finalizzate a mantenere la terra in buone condizioni ambientali e agronomiche e quindi anche la sola attività di manutenzione del terreno496 che comporta la possibilità che il proprietario resti inerte rispetto al

bene.

Tale situazione era stata introdotta anche in Italia con la novella all’art. 2135 del c.c. che recepisce una nuova definizione di “attività agricola”497in cui compare un nuovo

elemento costituito dall’attività volta alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale.

La riforma ha comportato rilevanti conseguenze circa lo Statuto della libertà d’impresa e della proprietà privata. Rispetto alla libertà dell’imprenditore e di particolare pregio osservare come per la prima volta sia stata prevista la libertà di non produrre che fa da contrappeso alla solita imposizione di obblighi di produzione. Al fine di valutare la ricaduta del regolamento sullo Statuto proprietario è necessario riferirsi allo stesso nonché al Decreto Ministeriale attuativo in tema di titoli all’aiuto.

      

496 Art. 2, lett. c): “ai fini del presente regolamento si intende per “attività agricola”: la produzione,

l’allevamento o la coltivazione di prodotti agricoli, comprese la raccolta, la mungitura, l’allevamento e la custodia degli animali per fini agricoli, nonché il mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche e ambientali ai sensi dell’art. 5”.

497 L’art. 1 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228 dispone che “L’art. 2135 del codice civile è sostituito

dal seguente: “E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse . Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività diretta alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre e marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano a oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità come definite dalla legge.

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Il regolamento agli artt. 43 e 44 e il D.M. all’art. 6 descrivono il titolo all’aiuto, ossia il titolo giuridico che insieme alla disponibilità di ettari ammissibili cioè, dei terreni di una minima estensione ai fini della pratica agricola, rappresenta il titolo al pagamento dell’incentivo. Titolare di questo diritto all’aiuto è colui che abbia percepito pagamenti diretti per l’esercizio dell’impresa agricola nel periodo di riferimento e che voglia continuare a beneficiare di ciò anche su terreni diversi da quelli per cui ha percepito il beneficio. I titoli all’aiuto riconosciuto all’imprenditore e non già al proprietario del terreno e che non vengono utilizzati per esercitare il diritto al pagamento tornano alla riserva e possono circolare con o senza terra498.

La dottrina si è interrogata circa la qualifica da attribuire al titolo all’aiuto, alcuni ritengono che l’automaticità del riconoscimento del titolo in presenza dei presupposti configuri un diritto soggettivo che implica l’assenza di discrezionalità amministrativa. Per altra dottrina il titolo all’aiuto non attribuisce automaticamente il diritto al pagamento che è subordinato all’accertamento di requisiti oltre che al bilanciamento tra posizioni giuridiche soggettive che, tutte meritevoli, impattano con la scarsità di fondi che non consente la soddisfazione di tutte le richieste. Secondo tale tesi la posizione giuridica soggettiva è affievolita tanto da poter essere qualificata quale interesse legittimo e quindi, in ultima analisi sottoposta a una discrezionalità amministrativa.

Un’altra corrente dottrinaria distingue coloro che già in passato hanno goduto di aiuti comunitari rispetto a quanti non l’abbiano fatto, cioè coloro i quali facciano richiesta di tali incentivi dopo l’entrata in vigore del regolamento, assumendo che per i primi il riconoscimento sarebbe automatico mentre per gli altri si verserebbe nella situazione dell’interesse legittimo. I titoli o diritto all’aiuto circolano con o senza terra ma in caso di affitto o cessione d’azienda devono circolare insieme a un numero minimi di ettari ammissibili499.

      

498 A. Moscarini, op. cit., p. 169

499 Art. 46, comma 2: “”i diritti all’aiuto possono essere trasferiti a titolo oneroso o mediante qualsiasi

altro trasferimento definitivo con o senza terra. L’affitto o altri tipi i cessione sono consentiti soltanto se al trasferimento dei diritti all’aiuto si accompagna il trasferimento di un numero equivalente di ettari ammissibili”.

Nel documento Il diritto reale europeo uniforme (pagine 198-200)