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Prosodia, metrica e musica nelle Leys d’Amors

Il presente contributo nasce in limine all’edizione, appena licenziata, della re- dazione lunga delle Leys d’Amors antico-provenzali.1 Come in ogni lavoro di una

certa mole, restano in sospeso numerose questioni sulle quali permangono dubbi interpretativi o che meriterebbero più approfondite indagini: tra queste particolar- mente significative mi sembrano quelle relative alla prosodia ed alle sue implica- zioni metriche e musicali, trattate nei primi tre libri della redazione lunga in prosa (LdA1), ma anche, seppure in maniera meno dettagliata, nella seconda redazione in prosa (LdA2) e nella versione metrica intitolata Flors del gay saber (Flors).2

Nei trattati tolosani la descrizione dell’accento è scandita nella sostanza in due fasi: la prima riguarda l’accento latino e la seconda quello romanzo.3 L’ac-

cento latino è suddiviso in agutz e circumflex (ai quali è attribuito un temps loncz definito come aiustamens de dos breus), detti accen principal, contrapposti al

greus, o no principals, cha ha minor durata; alla base vi è la trasposizione letterale

della terminologia latina, divenuta usuale da Prisciano in poi, ma non esattamente il senso di essa, del resto problematico nelle stesse fonti che sono tarde e preoccu-

1. In corso di stampa presso le Edizioni del Galluzzo, Firenze. Questa edizione è stata com- pletata e avviata alla stampa nell’ambito del progetto The Last Song of the Troubadours. Linguistic

Codification and Construction of a Literary Canon in the Crown of Aragon, xiv-xvth Centuries (Eu-

ropean Research Council, FP 7 2009-2013-240170). Fornisco di seguito i dati bibliografici e relativi alla tradizione manoscritta dei tre trattati tolosani: Leys d’Amors, redazione lunga in prosa (LdA1), mss. Toulouse, Bibliothèque Municipale, 2884, già Toulouse, Académie des Jeux Floraux, 500.007, e Barcelona, Arxiu de la Corona d’Aragó, Sant Cugat del Vallès, 13 (edizioni gAtIen-ARnoult

1841-1843 sul ms. di Toulouse, gonFRoy 1981, parziale, sul ms. di Barcellona, e FedI c.s. sui due

mss.); Flors del gay saber, redazione in versi (Flors), mss. Barcelona, Biblioteca de Calalunya, 239 e Montserrat, Abadia de Montserrat, 862, frammenti (edizione AnglAde 1926 sul ms. di Barcello-

na); Leys d’Amors, versione breve in prosa (LdA2), ms. Toulouse, Bibliothèque Municipale 2884, già Toulouse, Académie des Jeux Floraux, 500.006 (edizione AnglAde 1919-20).

2. Si avverte che le citazioni sono tratte per LdA1 dall’edizione in c.s. a cura della sottoscritta (nel presente contributo anche con rimando all’edizione gAtIen-ARnoult 1841-1843), per LdA2

da AnglAde 1919-20, per le Flors da AnglAde 1926.

3. In LdA1 la trattazione è così articolata: dopo l’esposizione di concetti generali (I 85-88) segue la descrizione dell’accento latino, con norme ed eccezioni (I 89-97); infine viene l’accento romanzo (I 98). In LdA2 (II 53-62) compaiono i medesimi concetti, ma la trattazione dell’accento latino, che nelle Flors (1118-1274) manca del tutto, è assai più breve.

pate da un lato della congruenza con la metrica greca, dall’altro dei rapporti con la realtà contemporanea, dove il senso della quantità sillabica si andava perdendo, se non era già del tutto scomparso, a favore di una scansione ritmica che presto accoglierà il principio dell’isosillabismo. Tale definizione denota inoltre forti im- plicazioni con la prassi musicale del canto sacro monofonico, come dimostra il fatto che nel passo dedicato alla definizione dell’accento si citi a corollario un graduale («lo respos Benedicta et venerabilis»), funzionale, mutatis mudandis, a descrivere la maior demora de votz che caratterizza la sillaba tonica:

Accens es regulars melodia o tempramens de votz le quals estay principalmens en una sillaba. Melodia, so es cans melodios o plazens sonoritatz, per lo qual melodios can o plazen sonoritat tota dictios, en quan que es votz, es segon dever pronunciada amb elevatio oz am depressio, so es a dire naut o bas. Et entendatz can melodios qu’om fay legen e pronuncian, non ges del can de musica, quar aquel regularmen no te ni garda accen, segon que podetz vezer en lo respos Benedicta et venerabilis, quar mays trobaretz de ponhs en lo -ta, que es breus naturalmen, que en lo Be- ni en lo -dic-, quan que l’accens principals sia en aquela sillaba -dic-. Aquo meteysh podetz vezer en lo vers d’aquel meteysh respos que comensa Virgo, quar en lo -go trobaretz gran re de ponhs et en lo Vir-, on es l’accens principals, non trobaretz mas .I. Et

aquest cans qu’om fay en accen quan lieg o pronuncia es apelatz cans per alcuna semblansa, quar enayssi co hom eleva la votz fortmen quan canta, ayssi meteysh en la sillaba on cay le principals accens eleva hom la votz mays e plus fortmen, fazen maior demora de temps que no fay en deguna de las autras sillabas. Enquaras pot esser ditz cans per alcuna autra semblansa, quar en ayssi coma us cans melodios acordans e ben pauzatz es plazens e gracios per auzir, enayssi meteysh es cauza agradabla e plazens auzir los motz e las paraulas ben pauzadas, ben pronunciadas et accentuadas segon lor dever.

(LdA1 I 86)4

Se la definizione interpreta con ogni probabilità il modello di Pietro Elia,5

in maniera diretta o indiretta, l’esposizione segue una scansione originale che combina diverse fonti latine, tra cui spicca il Catholicon di Giovanni Balbi;6 ma

quel che più ci interessa è il parallelo con il contesto musicale. In base ad una prima verifica condotta sul Liber Usualis, per il responsorio citato si osserva esat- tamente la situazione descritta: sulla sillaba TA di Benedicta e su GO di Virgo

4. gAtIen-ARnoult (1841-1843, I: 58).

5. Cfr. AVAlle (1992: 427), che utilizza il testo di thuRot (1868: 393): «Accentus est mo-

dulatio vocis in communi sermone ususque loquendi. Hoc autem dicitur propter cantilenas, ubi accentum non servamus», in un contesto che però non mi sembra del tutto congruente con il passo in questione, essendo focalizzato sulla negazione della «congruenza tra musica (profilo musicale) e poesia (struttura accentuativa degli enunciati verbali)» (ibid.).

6. A tal proposito come fonte risulta particolarmente significativa il Catholicon di Giovanni Balbi, che rielabora Prisciano. Si veda ad esempio Catholicon II, f. 7vb: «Tres autem sunt accentus, scilicet acutus, gravis et circumflexus. Acutum fit per elevationem vocis, ut in prima sillaba huius nominis dominus. Gravis fit per inclinationem vocis, ut patet in media et ultima sillaba huius nomi- nis dominus. Circumflexus autem fit partim per elevationem et partim per inclinationem vocis, ut patet in penultima huius infinitivi amare».

all’inizio del versiculo sono presenti articolati melismi: in tal senso va dunque intesa l’espressione mays de ponchs, cioè più puncti, ovvero neumi composti da più note, con riferimento alla prassi della notazione quadrata.

L’analogia tra la musica e la prosodia è innescata evidentemente dal tentativo di rendere conto, alla maniera dei modelli latini di riferimento, non solo dell’espo- sizione della citazione appena prodotta ma della stessa etimologia di accentus.7

Ciò produce un parallelo del tutto inedito (benché fondato sulla prassi del canto gregoriano) tra l’innalzamento della voce nell’intonazione della melodia e quello (unito certo all’intensità, anche se qui non è specificato) delle sillabe toniche nel

7. Si veda soprattutto il Catholicon, II, f. 7ra-b: «Accentus est regularis modulatio vocis facta in significativa pronunciatione principaliter adiacens uni sillabe. Regularis dicitur ad differentiam metrice modulationis et mellice, quae accentum non confacit regularem. Adiacet autem accentus principaliter uni sillabe, quamvis supram ipsum totalis dictio iudicetur. Et dicitur accentus ab acci- nendo, idest ad significandum aliquid canendo, quamvis accentus ad hoc inventus est, ut significa- tionem dictionis melius distinguatur». Significativo anche ISIdoRo, Etymologiae, I 18 1, «Accentus,

qui Graece prosodia dicitur, ex Graeco nomen accepit. Nam Graece πρός, Latine ‘ad’, ᾠδή Graece, Latine ‘cantus’ est. Hoc enim nomen de verbo ad verbum expressum est. Latini autem habent et alia nomina. Nam accentus et tonos et tenores dicunt, quia ibi sonus crescit et desinit».

parlato, che risultano chiaramente più lunghe nella pronuncia. È evidente come nel parallelo instaurato vi sia una imbarazzante confusione tra i concetti di durata della sillaba (demora de votz) e di innalzamento musicale della voce (elevatios

de votz) associati all’accento intensivo romanzo. Ma tutto verrà chiarito nel corso

della trattazione. Infatti il nucleo del ragionamento resta sul piano della prosodia anche laddove si definisce l’accento che noi denominiamo tonico (principals), contrapposto alla modalità esecutiva che caratterizza le sillabe atone (dotate di

accens no principals o greus) in rapporto alla durata sillabica, o temps:

Aquest temps es demora de pronunciacio a l’accen aiustada. E devetz saber que cascu- na dictios ha solamen .I. accen principal e plus non deu haver, de quantas que sillabas

sia. Et apelam accen principal cel per cuy es regida, formada e iutiada tota la dictios, et en aquel fay hom maior demora, so es maior alongamen de votz que no fay en los autres accens greus. […] E aquest accens greus ha .I. temps breu solamen, et es temps

breus aquel en lo qual es engenrada una votz o una sillaba en tan que plus breumen no·s pot engendrar a fi que aquesta sillaba oz aquela votz se puesca salvar, oz en aytan co tu poyrias leu dire una letra d’una sillaba, coma a o coma b o coma c. E l’accens principals ha .I. temps lonc, e no vol als dire loncz temps si no aiustamens de dos breus,

quar aytan punha hom a pronunciar .I. accen principal coma dos no principals, so son

dos greus. Et enayssi si tu accentuas dominus, ayta leu has pronunciadas las doas der- rieyras sillabas, so es -minus, coma la premiera, so es assaber aquel -do.

(LdA1 I 87)8

L’espressione chiave, più volte utilizzata, demora de votz («mora pronun- ciationis», secondo Pietro Elia che reinterpreta Prisciano9) indica chiaramente

che gli estensori dei trattati tolosani sono pervenuti con sistematica chiarezza alla conclusione che ogni sillaba sulla quale cada l’accento (anche quello lati- no, definito comunemente musicale, ma certamente dotato di un tratto intensivo accessorio, per quanto, almeno in origine, non fonologicamente rilevante) abbia maggior durata dell’atona, indipendentemente dalla sua lunghezza.10

Che tali riflessioni non siano occasionali è dimostrato anche dalla definizione di quelle che la linguistica moderna denomina sillabe lunghe e extralunghe, dette «dictios retardivas o motz retardius o sillabas retardivas», con evidenti ricadute metrico-prosodiche, come si legge di seguito:

8. gAtIen-ARnoult (1841-1843, I: 59).

9. Summa super Priscianum, 111,41 (ReIlly 1993): «Tempus est autem mora pronunciationis

ipsi accentui adiacens».

10. In particolare si osserva che l’accento può trovarsi su una sillaba lunga o breve indiffe- rentemente, e che l’unico criterio di cui si dispone per giudicare della natura della vocale latina si desume della versificazione, cfr. LdA1 I 91 5: «[…] ges l’accens principals no’s assetiatz tostemps en sillaba longa, ni·l no principals sobre breu, an trobaretz motas sillabas alcunas vetz en una dictio longas e breus en versifiadura, que l’accens principals sera en la bre[u] e non ges en la longa, e·l no principals en la longa e no en la breu» (gAtIen-ARnoult 1841-1843, I: 70). Anche se non applicata

direttamente all’accento romanzo, si può stabilire una connessione fra intensità e sonoritatz: «[…] aquel temps ques han mays [li accen principal] que·l greus lor dona maior sonoritat, la quals sono- ritatz se fay tostemps per elevatio, quar maior demora de votz fay maior sonoritat […]», LdA1 I 90

(gAtIen-ARnoult 1841-1843, I: 66). In precedenza solo Jofre de Foixà aveva fatto un’affermazio-

ne comparabile, all’inizio del capitolo dedicato all’accento nelle Regles de trobar: «Accent es con hom agusa la votz e la rete pus en una sillaba que en altra» (ed. MARShAll 1972: 66).

E iaciaysso que regularmen sia vertatz que la sillaba on cay l’accens principals ha .I.

temps lonc e la sillaba on cay l’accens no principals .I. temps breu, enpero si dreytu-

rieramen volem regardar la demora qu’om fay en las sillabas, maior demora trobaras en una sillaba que en autra d’u meteysh accen, o sia principals o no principals, quar, si la sillaba es diptongada, es ades maiors la demora que en la plana, coma vay, cay,

fay, iriey, viuriey, ioy, Aymeric, aytal, payri, mayrina, Peyronela, veyrial et ayssi dels

autres. Et ades aytals sillabas diptongadas son plus longas quan termeno en una con- sonan e pueysh plus longas quan termeno en doas consonans, o ses diptonge en doas oz en tres consonans […]. Ayssi meteysh entendatz de las autras sillabas diptongadas o termenans en motas consonans […]. E devetz saber que aytals dictios coma quays,

naysh, peysh, ab h o ses h, vayrs, marcs, francs, fortz, loncz, bels, sans apelam dic-

tios retardivas o motz retardius o sillabas retardivas, quar vezetz que retardo la votz e la pronunciacio, qu’om no las pot leugieyramen pronunciar. E quant hom ne pro- nuncia en .I. bordo mays de tres, ses meia d’una o de doas sillabas o dictios planas,

coma e, o, ara, cara, bela, adonx engendro .I. vici qu’om apela collizio, que vol dire

aspra e dezacordabla contencios de sillabas, coma si hom dizia: «Philips es bels reys, blanx, frescz, nautz, / larcz, francz, iustz, fortz, castz et azautz» […].

(LdA1 I 88)11

Inoltre, stante la distinzione, per l’ambito romanzo, tra vocale plenissonans e se-

missonans, ovvero semiaperta e semichiusa, sempre nello stesso luogo si precisa che

le sillabe toniche plenissonan hanno una durata maggiore delle toniche semissonan: […] en qual que manyera termeno aytals sillabas, o en comenssamen, o en lo mieg, o en la fi, ab accen principal, o no principal, fazen comparatio de principal a principal e de no principal a no principal, que totz temps trobaras la sillaba plus longa can la vocals principals es plenisonans que si es semisonans […] quar adonx cant es pleni- sonans hom fay maior hyat e maior so e mays cove obrir la boca, e per consequens es maiors la demora que quant es semisonans […].

(Ib.)

Che il tratto innovativo sia solidamente fondato sulla precettistica latina è con- fortato anche dalla definizione di sillaba (benché canonica da Dionisio il Trace in poi) e di dittongo (che ricorda soprattutto Prisciano), termine, quest’ultimo, che compare inoltre per la prima volta in ámbito romanzo:

Sillaba votz es literals Segon los ditz grammaticals En .I. accen pronunciada

4 Et en .I. trag d’un’alenada.

(LdA1 I 68 3)12

Diptonges es aiustamens De doas vocals essems fazens En una sillaba lor forsa,

4 Quar am sa par l’autra s’amorsa. Djptonges conjonnh et acaba

11. gAtIen-ARnoult (1841-1843, I: 62-64).

Doas vocals en una sillaba En la qual, segon lor dever, 8 Cascuna rete son poder.

(LdA1 I 21 2)13

Al v. 4 della definizione di sillaba interpreto alenada nel senso di ‘emissio- ne di voce’, segnalando la lezione primitiva levada, ‘elevazione’, che probabil- mente è stata corretta in quanto facilior (risente della definizione dell’accento come elevatios de votz); del resto la stessa fonte latina avvalora la revisio- ne («Syllaba… sub uno accentu et uno spiritu indistanter profertur», secondo Prisciano)14. Decisamente rimaneggiata la definizione di dittongo: vengono ag-

giunti al dettato originale i vv. 5-8; al v. 1 la lezione precedente per aiustamens era enlassamens; al v. 2 invece di essem fazens si leggeva sostenens; il v. 4 suonava E per si cascuna s’esforsa. Sebbene le variazioni non siano sostanziali, denotano senza dubbio il desiderio di ottenere la massima chiarezza nell’espo- sizione di concetti propedeutici alla discussione relativa alla natura dell’accen- to che segue di lì a poco.

Se per il latino soccorre la terminologia in uso all’epoca, per la lingua ro- manza la definizione di accento risente dello sforzo di adattare denominazioni non coniate espressamente per essa: si riprende il tema della lunghezza e della brevità, ma si sottolinea l’importanza dell’elevazione e della depressione della voce nella pronuncia, per cui sulla sillaba tonica potrà cadere un accens loncz se segue un’atona, oppure un accens agutz in fine di parola:

Tres accens havem en romans, en autra maniera que en lo lati, so’s a ssaber lonc e greu et agut, e degun temps no trobaretz segon romans accen principal en lo comensamen de dictio, si donx la dictios no es de doas sillabas. […]. E per aysso, enayssi cum l’accens principals, apelatz agutz, es pauzatz en lo comensamen de dictio segon lati, enayssi segon romans es pauzatz en la fi, so es en la derriera sillaba […]. L’accens loncz es aquel, segon romans, qu’es tostemps assetiatz en la penultima o en la primiera sillaba cant la dictios es de doas sillabas […]. L’accens greus, segon qu’es estat dig dessus, non ha mays .I. loc ques autre, quar en cascuna sillaba pot estar, exceptat aquela

on cay l’accens principals […]. Quals dictios han accen lonc e quals agut, aysso pot haver cascus per usatge.E devetz saber que totz accens agutz es loncz, mas l’accens loncz non es agutz, quar be vezetz que deguna cauza no pot esser aguda que no sia longa, mas ges tota cauza longa non es aguda. En quals locz deu hom gardar accen, aysso poyretz vezer enios can tractem dels bordos, so es dels versetz.

(LdA1 I 98)15

13. gAtIen-ARnoult (1841-1843, I: 20).

14. Per la sillaba si veda Institutiones, II 44 1-4 (ora in CGL): «Syllaba est comprehensio litera- rum consequens sub uno accentu et uno spiritu prolata; abusive tamen etiam singularum vocalium so- nos syllabas nominamus. Possumus tamen et sic definire syllabam: syllaba est vox literalis, quae sub uno accentu et uno spiritu indistanter profertur». Per il dittongo Institutiones, I 37 13-15: «Diphthongi autem dicuntur, quod binos phthongos, hoc est voces, comprehendunt. Nam singulae vocales suas vo- ces habent». Cfr. anche Lluís d’Averçó, Torcimany, I 10 1: «Silhaba es comprensio de letras deguda, ço es ordonada, e sots un esprit et un accent proferta, o pronunciada. O, en altra manera, silhaba es veu literal, la qual jus un accent e un esprit es pronunciada», CASAS hoMS (1956, I: 60).

Al tipo circumflex latino si sostituisce dunque il loncz, che possiede le mede- sime proprietà, e si accoglie termine e significato per il greus. Diversa è invece la caratterizzazione dell’agutz, che in latino, conformemente alle caratteristiche osser- vate per questa lingua, non si trova in fine di parola se non nei monosillabi,16 mentre

in romans (ovvero in area galloromanza) caratterizza l’ultima posizione. Significa- tivo che l’interesse sia rivolto alla ricaduta delle definizioni sulla prassi versificato- ria e si faccia appello all’uso per conoscere l’esatta collocazione dell’accento.

Se la distinzione tra acuto e grave è comune a molta della trattatistica latina, riecheggiata in parte da quella occitana, l’accens loncz prima dei dottrinari tolo- sani è attestato solo nel Doctrinal de trobar di Raimon de Cornet, la cui attività è legata, come è noto, alle origini del Concistori del Gay Saber. Tra gli altri possia- mo citare Terramagnino da Pisa, che nella Doctrina d’Acort accenna all’agutz e al greus,17 e le Regles di Jofre de Foixà, dove è un capitolo dedicato all’accento,

che però parla in realtà della rima.18 Raimon de Cornet, invece, nella sua esposi-

zione individua un accens agutz, definito ‘lungo’ e collocato in ultima posizione («Accens agutz es loncs / En la fi, con “adoncs / Hostals, mayzos, paretz, / Ro- mans, Guilhem, cozetz”», vv. 257-58); poi, più avanti, dopo aver accennato ad un

breus accens dai caratteri non molto chiari,19 descrive il loncz:

Lonx accens breu requier Sillaba de derrier,

Mas am votz pueys demanda La penultima granda. Vec te·n ysehmples: “quatre, Peyra, taula, debatre”». (vv. 269-74)

La penultima granda è senza dubbio la sillaba su cui cade l’accento, seguita dall’ultima breve, ovvero atona; per quanto la trattazione sia asistematica e limitata, 16. LdA1 I 91: «Vers es be que aquest accens pren loc et assetiamen segon la longueza o la breveza de las sillabas, parlan de longueza o de breveza segon art de versifiar per aquesta maniera: quar tug li mot d’una sillaba, coma rus, ius, thus, fons, pons sian lonc o breu segon versifiadura, tostemps han lor accen principal agut reguralmen, e dizem reguralmen per alcunas exceptios que pauzarem enjos. E tug li mot de doas sillabas regularmen han l’accen principal en la primiera, quant que las fassa breus o longas artz de versifiar, coma deus, fortis, amat, dixit, legit, virtus. Tug li altre mot reguralmen, de quantas que sillabas sian, han lor accen principal en la penultima, si longa es naturalmens, coma natura. Si breus es, l’accens principals es en la denan penultima, sia longa o