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Protagonisti e dinamiche della giustizia nel Cinquecento veneziano

3.1 «Iuxta ritum offici»: le ritualità dei tribunali della laguna

FORME DI FIDEIUSSIONI DE NON OFFENDENDO

Nel primo capitolo sono state affrontate le questioni del sistema giuridico repubblicano e del suo rapporto con il diritto comune alla luce dei riti processuali ed è stato presentato il panorama istituzionale della giustizia criminale veneziana allo scopo di fornire il quadro complessivo entro cui la violenza patrizia, oggetto di studio di questa prima parte della ricerca, fu convogliata per essere gestita e depotenziata dei suoi effetti socialmente dirompenti. Questo terzo capitolo intende rimanere nell‟alveo del processo criminale veneziano per evidenziare, in relazione al Cinquecento, una serie di aspetti relativi alla connessione tra sfera legale e conflitto. L‟attenzione è rivolta nei confronti di protagonisti, momenti e dinamiche caratterizzanti l‟amministrazione della giustizia: il primo paragrafo analizza alcune figure e momenti processuali ed il loro ruolo all‟interno die due principali tribunali della laguna, cioè la Quarantia e il Consiglio dei Dieci.

Si è già discusso brevemente delle principali caratteristiche del rito inquisitorio del Consiglio dei Dieci, in particolar modo della segretezza che lo circondava e dell‟esclusione dell‟avvocato difensore. In altre parole, il Consiglio dei Dieci appariva chiuso su sé stesso nel momento di amministrare la giustizia. Le procedure della Quarantia erano di opposto tenore: l‟impianto processuale combinava aspetti inquisitori e accusatori, le sedute erano pubbliche e contraddistinte dall‟alternanza delle orazioni di Avogadori e avvocati difensori, che dibattevano sopra i capitoli di accusa e quelli difensivi in un vero e proprio contradittorio tra le parti. La Quarantia era allora un organo giudiziario aperto e già questa divergenza era tutt‟altro che irrilevante.325

In età comunale la Quarantia aveva anche importanti funzioni legislative oltre che giudiziarie, che vennero perse nei secoli a favore della specializzazione in quest‟ultimo ambito. In seguito all‟aumento della mole del lavoro nel basso Medioevo avvenne una prima scissione tra Quarantia Civile e Criminale, nel 1441, cui ne seguì una seconda a fine secolo, a causa dei numerosi appelli provenienti dalla Terraferma, da cui derivò la Quarantia Civile Vecchia e

325 Per un raffronto tra riti giudiziari di Consiglio dei Dieci e Quarantia si veda G. Buganza, La complessità

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Nuova. Un sistema di rotazione nelle cariche giudiziarie tra le Quarantie si concludeva con la partecipazione, pur senza capacità di voto, alle sedute in Senato. L‟importanza originaria di questo tribunale si rifletteva anche nella composizione della Signoria, in cui erano presenti, oltre al Doge e ai suoi sei Consiglieri, i tre Capi dei Quaranta.326

Esaminare le ritualità impiegate nella Quarantia significa anche focalizzare l‟attezione di nuovo sugli Avogadori e sul ruolo che essi ricoprivano all‟interno di questo tribunale. Le loro attività erano fondamentali già nella fase iniziale del processo: essi poteva infatti agire ex officio o su querela, ma anche su delegazione da parte della Signoria.327 Per poter far catturare un individuo, o farlo proclamare nel caso in cui non si riuscisse a trovarlo, gli Avogadori dovevano tuttavia porre parte in Quarantia, come stabilito nel dicembre 1413, quando, in accordo con una precedente delibera del 1368, si vietò loro di ottenere d‟ora in poi la facoltà di far catturare potenziali rei dalla Signoria e dai Consiglieri Ducali. Solo in casi di estrema gravità gli Avogadori potevano procedere in tal senso, in quanto le circostanze non permettevano di temporeggiare.328 Una volta approvata la cattura, la proclamazione doveva aver luogo a voce alle scale di Rialto e, al di fuori di Venezia, nei luoghi consueti e non «per literas», come stabilito nel settembre 1425.329

Gli Avogadori potevano condurre infine i processi in Quarantia, Senato e Maggio Consiglio, ma nel XVI secolo appare evidente che nelle ultime due assemblee veneziane venivano celebrati solo processi dal sapore squisitamente politico, mentre delitti e violenze erano

normalmente sottoposte al giudizio della Quarantia.330 Gli Avogadori godevano anche di alcuni

ambiti giurisdizionali da esercitare senza necessariamente ottenere l‟approvazione della Quarantia, che possiamo osservare grazie ai registri del notatorio dell‟ufficio, in cui erano annotate le quotidiane incombenze svolte. Queste gettano luce sul funzionamento dell‟organo e, tra le altre cose, su alcuni aspetti finora sconosciuti circa il coinvolgimento degli Avogadori nella gestione della conflittualità veneziana. Seppur frammentarie fino alla seconda metà del XVI secolo, queste fonti ignorate dalla storiografia si rivelano preziose per comprendere diversi aspetti dell‟amministrazione della giustizia in laguna, ma in questa sede sarà sufficiente segnalare i dati più rilevanti.

326 G. Zordan, L‟ordinamento giuridico veneziano. Lezioni di storia del diritto veneziano con una nota bibliografica, Padova 1980, pp. 82-83; Viggiano, Giustizia, disciplina cit., p. 833; Finlay, La vita politica cit., pp. 97-98, 103-104.

327 Cozzi, Repubblica di Venezia cit., 103-104.

328 Maggior Consiglio, reg. 21, c. 230 v.-231 r.

329 Ivi, b. 22, 71 r.

330 Si prenda ad esempio il caso delineato in A. Viggiano, Il processo al capitano generale da mar Antonio Grimani

„ruina de' Christiani‟, „rebello de' Venetiani‟ (1499-1500), in Y. Bercé (a cura di), Les procès politiques (XIVe - XVIIe siècle), Roma 2007, pp. 251-272.

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I primi due registri disponibili sono quelli degli anni 1511-1512 e 1533. I successivi risalgono agl‟anni Cinquanta, momento in cui i registri diventano continuativi. Questi contengono atti degli Avogadori pertinenti sia la giustizia civile che quella criminale. Iniziando l‟analisi dai tratti in comune, nel notatorio sono registrate le citazioni ad comparendum dell‟avversario, sia nella litigiosità civile che in caso di querele criminali. A titolo d‟esempio, nel marzo 1511 il patrizio Francesco Michiel, capitano di Motta, citò a presentarsi nell‟officio dell‟Avogaria il nobile Alvise Morosini di Michele, mentre il nobiluomo Vincenzo Trevisan del defunto Melchiorre fu convocato a presentare le proprie difese in tribunale sopra l‟esposto presentato agli Avogadori da Alvise, strazzarolo.331 Più in generale, gli atti registrati rappresentano momenti interlocutori di diversi tipi di procedimento legale.

Ci sono citazioni finalizzate ad ottenere il pagamento per una prestazione fornita, come quello richiesto da Girolamo Rizzo di Zaccaria nei confronti di numerosi nobili.332 Sono presenti molti precetti, cioè comandamenti degli Avogadori, di vario tipo; alcuni erano legati alla competenza di supervisione e controllo di cui l‟ufficio era rivestito: a fine marzo 1511 all‟Auditore Nuovo Pietro Morosini fu ingiunto di trasmettere un processo formato dai Signori di Notte sopra un denuncia sporta dal patrizio Giovanni Barbarigo, ma l‟Auditore rispose negativamente, affermando che la causa fosse di natura civile, quindi di sua competenza, e invitò gli Avogadori a citarlo in consiglio se fossero di diverso avviso. Nel novembre 1558 l‟Avogaria cercò invece di intromettere un salvacondotto e nel dicembre successivo una sentenza emessa a Creta.333

Per quanto riguarda la conflittualità civile, sonno annotati alcuni momenti cruciali come la scelta degli avvocati da parte degli attori in giudizio ed eventuali dispute circa l‟assegnazione degli stessi avvocati.334 Si riscontrano pure ricusazioni di giudici in processi civili e ingiunzioni

di rinunciare all‟avocazione di una causa,335 ingiunzioni di presentare specifici documenti o di

non alterarli,336 citazioni a rispondere come testimone sopra i capitoli di una querela o a presentare le proprie difese sempre in risposta ad una denuncia data in ufficio.337 Anche questioni pubblicamente sensibili, dotate di un impatto potenzialmente forte sulle fortune delle

331 Avogaria, b. 2053, cc. non numerate, Die xiii marti, die dicto [14 marzo 1511]. Altri esempi di generiche citazioni ad comparendum, con annessa pena pecuniaria in caso di mancata presentazione in ivi, die dictum [1 aprile 1511]; b. 2054, c. 8 v.; b. 2057, cc. non numerate, die 17 septembris [1558], die dicti [16 dicembre 1558].

332 Ivi, b. 2053, die ultimo martii [1511].

333 Ivi, 31 martii [1511]; b. 2057, die dicto [26 novembre 1558]; 1558 die primo decembris. Su ruolo degli Auditori Nuovi e loro rapporti con gli Avogadori si veda Viggiano, Governanti e governati cit., pp. 146-177.

334 Avogaria, b. 2053, die 17 Maii [1511], die suprascripti [14 febbraio 1512]; b. 2054, cc. 1 v., 2 v.; b. 2057, die

x octobris 1558, die 4 decembris 1558.

335 Ivi, b. 2053, die secundo maii [1511]; b. 2054, c. 5 v.

336 Ivi, b. 2053, die dictum [1 aprile 1511]; b. 2054, die 2 novembris [1558], die 9 decembris et fuit die 7 dicti [1558].

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parti in causa, trovavano sbocco o comunque transitavano per l‟Avogaria: così la richiesta, formulata nel settembre 1558, da parte della moglie del conte Manfredo di Collalto di riottenere la sua dote dai beni confiscati al marito dal Consiglio dei Dieci e venduti al pubblico incanto;338

la rinuncia da parte del vescovo di Concordia Pietro Querini di un beneficio ecclesiastico che era di giuspatronato di un altro ramo dello stesso casato patrizio;339 la divisione dei beni immobiliari all‟interno della fraterna formata dai figli del defunto nobile Andrea Vendramin.340

Infine, sono registrati nel notatorio dei precetti penali, che corrispondono a delle vere e proprie fideiussioni de non offendendo, cioè garanzie pecuniarie attraverso le quali una delle due parti o entrambe si impegnavano a non proseguire le ostilità e a cessare ogni forma di violenza. Dai precetti intimati non si evince se fossero stati emanati su istanza di una delle due parti oppure motu proprio degli Avogadori. Si può ipotizzare che nel caso di un precetto imposto a tutte e due le parti, la scelta sia stata presa di ufficio, mentre nel caso dell‟imposizione di una sola fideiussione è più probabile che l‟azione della magistratura sia stata guidata dalle istanze della parte in precedenza offesa. Inoltre i precetti non lasciano trasparire in quale fase si inseriscano all‟interno della più ampia gestione della conflittualità: non è chiaro se vennero ad esempio emanati prima, durante o dopo un processo.

Su questo punto si ritornerà perciò più avanti; per il momento basti porre in evidenza l‟ampia gamma sociale di protagonisti abbracciata da queste piezarie. Ci sono precetti imposti nei confronti di popolani impiegati nelle «arti meccaniche»; colleghi di lavoro, in particolare

cerdoni, portatori di vino e barcaroli; figli, a tutela dei padri; due fratelli, a tutela del gastaldo e dei

membri della scuola di santo Stefano.341 Le fideiussioni potevano però travalicare le discriminanti sociali, come nel caso di piezarie imposte tra laici ed ecclesiastici, e pure quelle di genere, con episodi di precetti intimati tra uomini e donne.342 Si registrano però anche precetti

338 Ivi, b. 2057, die 23 septembris et fuit die 21 instantis [1558]. Sulla dote a Venezia cfr. A. Bellavitis, La dote a

Venezia tra Medioevo ed età moderna, in idem, N.M. Filippini, T. Plebani (a cura di), Donne a Venezia. Spazi di libertà e forme di potere, sec. XVI-XVIII, Verona 2012, pp. 5-20; J. Sperling, Dowry or Inheritance? Kinship, Property, and Women's Agency in Lisbon, Venice, Florence (1572), «Journal of Early Modern History» n. 11, III (2007), pp.

197-238.

339 Avogaria, b. 2057, die dicto [15 settembre 1558], die 9 octobris 1558, die 13 octobris 1558, 1558 die 15

novembris.

340 Ivi, 1558 die 26 septembris, dicta [17 dicembre 1558], die dicti [19 dicembre 1558]. Sulla fraterna a Venezia si veda D. Raines, La fraterna et la ramification des familles du patriciat vénitien, XVe-XVIIIe siècles, in F. Boudjaaba,

C. Dousset, S. Mouysset (a cura di), Frères et sœurs du Moyen Âge à nos jours - Brothers and Sisters from the Middle

Ages to the Present, Berna 2016, pp. 33-58.

341 Rispettivamente in Avogaria, b. 2053, die dicta [2 maggio 1511], die vto maii [1511], die suprascripto [27

novembre 1512], Die dicta [10 gennaio 1512 more veneto], die dicta [11 aprile 1511], die ultimo martii [1511].

342 Ivi, die 27 suprascripto [novembre 1512], die ximi soprascripti mensis [febbraio 1512 more veneto], die 15 februari

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imposti tra sole donne: nel solo giorno 14 febbraio 1513 vennero imposti ben tre piezarie di questo tipo.343

Si individuano anche garanzie economiche imposte a membri del patriziato veneziano per impedire ulteriori offese e ingiurie. Alcune avevano carattere inter-cetuale, come la fideiussione imposta a Bernardino Dandolo, il quale in pena di 50 ducati non doveva ingiuriare Giovanni Franco, avvocato del nobile Lorenzo Salamon, e quella al patrizio Vittore Morosini e suo figlio, in pena di 500 ducati de verbis e 1000 ducati de factis, a tutela di Giovanni Maria Broia e di suo figlio.344 Più interessanti, ai fini di questa ricerca, sono però le piezarie intimate esclusivamente tra membri del patriziato lagunare. A titolo d‟esempio, nel marzo 1511 vennero emanati due precetti di questo tipo: ad Andrea Bondumier, Sebastiano Foscarini e Vittore Diedo, affinché, in pena di 100 ducati per offese verbali e 200 ducati per qualunque violenza fisica, non ingiuriassero nemmeno per interposta persona il nobile Leonardo Michiel né il suo avvocato; a Francesco e Pietro Morosini, fratelli, e pure a Tommaso Morosini, venne imposta una fideiussione di 300 ducati de verbis e 500 de factis a salvaguardia del patrizio Luca Donado e di ser Marco Caravello.345

Il giorno 10 aprile 1511 venne imposto a ben cinque nobili, due fratelli da ca‟ Boldu, Giovanni Francesco Bragadin e i suoi due figli Girolamo e Marcantonio, di non molestare, ingiuriare o offendere i nobili Matteo di Francesco e Alvise di Domenico, entrambi da ca‟

Benedetto.346 Esempi simili si trovano anche nei registri di metà secolo: a metà novembre 1558,

al patrizio Girolamo Tiepolo venne ingiunto, in pena di 500 ducati, di non offendere nemmeno per interposta persona il nobile Nicolò Polani. Lo stesso giorno un analogo precetto venne annunciato allo stesso Polani, «ad instantia suprascripti viri nobili domini Hieronimi Theupuli».347 In questo caso, entrambi i patrizi avevano fatto ricorso all‟Avogaria per difendersi da eventuali violenze.

La gamma di precetti penali imposti dagli Avogadori non si esaurisce certo qui, ma i pochi esempi presentati sono stati utili a chiarire quale ruolo fosse ricoperto nella gestione quotidiana delle inimicizie tra gruppi patrizi, ma non solo. Tanto più che alcune piezarie vennero intimate

durante la già accennata divisione dei beni immobili tra i fratelli Vendramin.348 Probabilmente

gli Avogadori, intuendo la facilità con cui simili problemi potevano dar origine a violenza,

343 Ivi, b. 2053, die 14 februarii [1512 more veneto], die dicto [14 febbraio 1512 more veneto], die infrascripto [14 febbraio 1512 more veneto]. Un‟altra fideiussione analoga in b. 2057, die 15 dicti [ottobre 1558].

344 Ivi, b. 2053, die 21 februari [1512 more veneto], die ultrascripto [23 febbraio 1512 more veneto].

345 Ivi, X martii [1511], die 26 martii [1511].

346 Ivi, die 10 aprilis [1511].

347 Ivi, b. 2057, die 15 novembris 1558, die dicto [15 novembre 1558].

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fecero ricorso a questo strumento per dissuadere ogni possibile ostilità.349 Se nel notatorio dell‟ufficio sono presenti i precetti penali inflitti ex officio dagli Avogadori, nelle raspe della magistratura si riscontrano diversi esempi, solo apparentemente simili.

Queste forme di fideiussioni de non offendendo erano, infatti, proposte dagli Avogadori, ma dovevano essere in genere approvate in Quarantia. Queste potevano essere rivolte contro dei patrizi veneziani. Analogamente a quanto riscontrato nel notatorio dell‟Avogaria di Comune, alcuni di queste vennero stabilite a tutela di popolani oggetti di violenza da parte dei nobili. Ad esempio, a fine settembre 1519 la Quarantia approvò l‟intimazione di un precetto contro Pietro Civran del fu Francesco. Egli fu prima assolto nello stesso consiglio dall‟accusa di aver offeso la casa di Sante dal Serio e di aver cercato di violentare una certa donna, nominata Graziosa; ma gli venne immediatamente imposto la fideiussione de non offendendo a tutela di Sante, dei suoi parenti e dei testimoni dell‟appena conclusosi processo.350 A metà luglio 1531 fu ordinato al patrizio Filippo Bragadin quondam Giovanni e a Bianca Saratono, meretrice, di non offendersi reciprocamente né molestarsi né in parole né in fatti e gravi punizioni vennero previste per chi avesse trasgredito al precetto.351 La parte chiariva come tale risoluzione fosse stata presa a seguito dell‟esplosione della violenza tra i due individui, agli antipodi nelle gerarchie sociali.

Più attinente agli interessi di questa ricerca fu la fideiussione prescritta su istanza di Giacomo e Ottaviano Pisani, probabilmente figli di Domenico, cavaliere, e appartenenti al ramo di santa Marina, nei confronti di Alessandro Pisani e dei suoi figli.352 La Quarantia, temendo che da inconvenienti e violenze già perpetrate contro i due querelanti potessero nascere ulteriori scandali, letto il processo in precedenza formato sopra tali episodi, impose una pena di duecento ducati de verbis e trecento de factis, a cui andava aggiunta la privazione del Maggior Consiglio per cinque anni, in caso di nuove molestie e offese arrecate da Alessandro Pisani e dai suoi figli, in particolare Marcantonio, appartenenti forse al ramo detto Turco.353

Entro dieci giorni Alessandro doveva inoltre rimuovere alcune modifiche apportate all‟abitazione in cui i protagonisti dell‟episodio vivevano, con ogni probabilità all‟origine della contesa tra i membri dei due lignaggi del casato.354 Del procedimento istruito per punire le anteriori violenze commesse da Alessandro Pisani e dai suoi figli contro i fratelli Giacomo e Ottaviano non è rimasta invece traccia nei registri dell‟Avogaria di Comun.

349 Cfr. S. Carroll, Thinking with Violence, «History and Theory», n. 55 (2017), p. 40: «In all societies conflict arises over the free distribution of property, its acquisition and intergenerational transmission, and there is a whole sphere of cultural practices and representations that developed around it. Honor and behavioral expectations are linked to property, and emotional conflicts arise over it».

350 Avogaria, b. 3663, cc. 160 r., 160 r.-v.

351 Ivi, b. 3666, c. 204 v.

352 Barbaro, b. 22, fo. 135.

353 Ivi, fo. 138.

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A metà agosto 1539, la Quarantia emanò un precetto penale a favore dei fratelli patrizi Nicolò, Francesco e Pietro Vitturi, figli di Raniero, contro il nobile veronese Alessandro Pompei. Analogamente a quanto successo tra i Pisani, una lite in sede civile tra le parti degenerò in un attacco fisico da parte del membro dell‟aristocrazia veronese. Per evitare la diffusione di odi e inimicizie tra i patrizi e i sudditi della Repubblica e permettere alla giustizia di fare il suo corso, venne vietato al conte Pompei, ai suoi figli legittimi e non, ma anche a «omnibus aliis eorum attinentibus, adherentibus sequacibus et domesticis et familiaribus» di offendere e ingiuriare «predictos nobiles de cha vituri nec eorum filios nec attinentes affines soceros et specialiter dominum aloysium de guarenti nec alios eorum legitimos nuntios commissos procuratores et intervenientes».355

Le pene previste erano gravissime e contemplavano pure la confisca del patrimonio, oltre che al bando da tutti i territori della Repubblica. Anche se quest‟ultimo episodio non fu interno al patriziato veneziano, ma coinvolse dei membri di un‟aristocrazia locale, la portata del precetto penale adottato è significativa. Se rapportato agli altri casi appena esaminati, si può complessivamente arguire come gli Avogadori cercassero l‟avallo della Quarantia nei casi più delicati o per poter imporre una notevole pena ai potenziali trasgressori del precetto, in conformità con quanto si è visto con la decisione degli Avogadori di non procedere sempre ex

officio nell‟applicazione della parte del 1490 sulle armi a Rialto e san Marco.

Nei decenni centrali del secolo, l‟organo impegnato nella salvaguardia degli assetti costituzionali continuò a utilizzare diversi forme di fideiussioni, in particolare quelle de non

offendendo, imposte in alcuni casi di conflittualità inter-cetuale, come a fine settembre 1541, a

favore del nobile Francesco Boldù quondam Girolamo. Allo scopo di porre termine a «odia, scandola, et inimicitiae vigentes […] in pectoribus domini comitis Francisci Nogarola quondam domini Galeoti, et marchionis Spinete Malaspina veronensium contra virum nobilem ser Franciscum Boldu quondam ser Hieronimi» si impose una pena di 500 ducati e un anno di carcere a Venezia per ingiurie de verbis ed il bando perpetuo da tutta la Repubblica, Venezia e Dogado inclusi, con annessa confisca dei beni per offese de factis. Il precetto fu esteso non solo ai due nobili di Terraferma, ma anche nei confronti di «aliorum eorum attinentium, complicium, adhaerentium et sequatium suorum». Nell‟ottobre seguente venne fatta un‟ulteriore aggiunta su richiesta dello stesso patrizio veneziano, che domandò la medesima protezione per i suoi «filios, factores, famulos, domesticos et pro eo intervenientes» da

qualunque potenziale attacco da parte dei figli del conte Francesco Nogarola.356

355 Ivi, cc. 101 v.-102 r.

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Seppure non si riscontrino esempi di approvazione di pene da infliggere in caso di ulteriore violenza – sia verbale che fisica – da parte della Quarantia, sappiamo che alcuni patrizi fecero istanza di questo strumento come forma di tutela. In particolare, nel 1557 Alvise Contarini di Giovanni inviò agli Avogadori una richiesta scritta affinché essi comminassero nei confronti di Francesco Contarini di Carlo «con il suo excellentissimo Consegio di 40 al Criminal […] quella pena li parerà al ditto miser Francesco Contarini che non habbia a molestar, né me né alchuno delli nostri cussì in parolle chomo in fatti».357 Alvise e Francesco abitavano nel medesimo edificio nella contrada di Sant‟Agostino e condividevano l‟uscita di casa.

A scatenare le aggressioni da parte di Francesco di Carlo era stato l‟abbandono della casa da parte di sua moglie, che si era recata presso Giovanni Andrea e Giacomo Badoer, i suoi fratelli, per i maltrattamenti subiti dal marito. Ma Francesco Contarini riteneva che a provocare questa decisione fossero stati i parenti da ca‟ Contarini, «cosa falsissima ne mai l‟abbiamo potuto

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