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Al fine di comprendere meglio il ruolo svolto dall’enzima PTEN e dalle E-Caderine è necessario focalizzarsi inizialmente sulle conseguenze dell’attivazione della via PI3K/ AKT (Nell’immagine una rappresentazione schematica dell’attivazione della via PI3K/ AKT).

Immagine 1: attivazione della via PI3K/AKT.

By Tbatan - Own work, CC BY-SA 3.0, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=46222119

Le fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) sono una famiglia di enzimi che può essere divisa in tre classi: classe I, II e III, dipendendo dalla loro distribuzione, struttura,

meccanismo di attivazione, substrato e funzione (Domin e Waterfield, 1997; Walker et al, 1999).

Le più studiate e conosciute sono quelle appartenenti alla classe I e sembrano essere le più coinvolte in tutti i numerosi processi biologici nei tessuti sani e neoplastici. Le PI3K appartenenti alla classe I possono essere ulteriormente divise nelle sottoclassi IA e IB in relazione ai loro attivatori: per la sottoclasse IA recettori tirosin-chinasici (RTKs) e per la IB recettori associati alla proteina G (GPCRs) (Engelman et al, 2006; Vanhaesebroeck et al, 1997).

Le proteine appartenenti alla classe I, quando attivate, determinano la conversione del PIP2 in fosfatidilinositol-3,4,5-trifosfato o PIP3, fornendo l’energia necessaria per lo sviluppo del sistema di segnale (Cantley, 2002; Zhao et al, 2006).

I RKTs che possono attivare il PI3K sono il recettore per il fattore della crescita epidermica (epidermal growth factor o EGFR), il recettore per il fattore di crescita derivato dalle piastrine (platelet- derived growth factor receptor o PDGFR), il recettore per il fattore di crescita dei fibroblasti (fibroblast growth factor receptor o FGFR) e il recettore per il fattore di crescita IGF-1 (insulin-like growth factor 1 receptor o IGF-1R) (Hu et al, 1992; McGlade et al, 1992; Zhu et al, 1992).

AKT, anche conosciuta come protein chinasi B (PKB) è una dei target più importanti per PI3K (Jiang and Liu, 2009); PIP3 si lega ad AKT e promuove il suo reclutamento da parte della membrana e la sua fosforilazione da parte della chiasi 1 fosfoinositide- dipendente nel dominio della chinasi Thr308 (Downward, 1998).

Per essere pienamente attivata, l’AKT necessita di una seconda fosforilazione nel dominio Ser473. Questa fosforilazione può essere compiuta da differenti molecole (Shtilbans et al, 2008), ma la più importante è il complesso mTOR2 (mTORC2) (Huang and Manning, 2009).

È composto da differenti proteine, delle quali la più importante è il target per i mammiferi per la rapamicina (mTOR) e Rictor (Oh e Jacinto, 2011).

Una volta definitivamente attivata, l’AKT può stimolare o inibire i suoi target a valle portando ad un incremento della proliferazione cellulare, sopravvivenza cellulare, neoangiogenesi e del potenziale metastatico, contribuendo in maniera significativa alla crescita tumorale (Jiang e Liu, 2009).

Per quanto riguarda la sopravvivenza cellulare, AKT può: fosforilare HDM2 (human double minute 2) promuovendo la degradazione mediata da proteosoma della p53 (Fang et al, 2006), inibire la trascrizione FOXO-mediata di molecole pro-apoptotiche e inoltre interviene nell’inattivazione delle proteine pro-apoptotiche BAD (Fosbrink et al, 2006; Jiang e Liu, 2009); compromettendo in questi modi l’apoptosi nelle cellule neoplastiche.

Anche il cellulare è influenzato da AKT, con un effetto stimolante, infatti questa promuove la transizione dalla fase G1 alla fase S del ciclo cellulare portando le cellule neoplastiche alla mitosi; in più, stabilizza i livelli cellulari di Ciclina D1.

Questi eventi contribuiscono fortemente ad aumentare la proliferazione cellulare e consequentemente la crescita tumorale (Jiang e Liu, 2009).

PI3K, AKT e mTOR promuovono l’angiogenesi favorendo la produzione del Hypoxia Inducible factor 1 (HIF1), che induce l’attivazione del fattore di Crescita Vascolare (VEGF), e quindi la proliferazione delle cellule endoteliali (Skinner et al, 2004; Yen et al, 2005), la neoangiogenesi e la proliferazione del tumore collegato all’incremento del flusso sanguigno nel microambiente tumorale (Fang et al, 2007; Hu et al, 2005; Xia et al, 2006).

In più la produzione di HIF1 aumenta grazie al miocroambiente tumorale stesso, in particolare in casi di tumori cresciuti molto rapidamente, caratterizzato appunto da fenomeni marcati di ipossia (Jiang e Liu, 2009).

Le cellule tumorali, grazie all’attivazione mediante AKT, possono produrre enzimi, chiamati metalloproteinasi della matrice (matrix metalloproteinases o MMPs), in particolare MMP2 e MMP9, capaci di degradare le proteine delle matrice extracellulare che compongono la membrana basale, indebolendo così il suo effetto barriera (Ispanovic e Haas, 2006; Shukla et al, 2007).

Questa infatti rappresenta l’espressione del tentativo dell’organismo di incapsulare il tumore e limitare l’infiltrazione tumorale nei tessuti e nei vasi linfatici ed ematici, e quindi lo sviluppo di metastasi (Orlichenko e Radisky, 2008).

Ad oggi non è chiaro come l’attivazione della via PI3K/AKT inibisca l’espressione delle E-Caderine, ma questa correlazione è stata comunque dimostrata in letteratura.

Infatti la via PTEN/AKT, una volta completamente attivata, inibisce la normale espressione di membrana delle E-caderine, la cui funzione, essendo molecole di adesione, è di preservare la normale architettura tissutale (Takeichi, 1991). Quando questa espressione proteica è perduta, ridotta, o localizzata in posizioni aberranti, non può svolgere il suo ruolo oncosoppressivo (Christofori e Semb, 1999), promuovendo quindi l’infiltrazione delle cellule neoplastiche e lo sviluppo di metastasi (Kotelevets et al, 2005).

La proteina PTEN è largamente considerato la più importante proteina con ruolo oncosoppressivo in oncologia (Chalhoub e Baker, 2009). Defosforilando infatti PIP3 in PIP2 all’inizio di questa via (Maehama e Dixon, 1998), limita l’energia necessaria per lo sviluppo del sistema di segnale, fatto che contribuisce al controllo e al limite della proliferazione e sopravvivenza cellulare (Jiang e Liu, 2009).

L’espressione normale di PTEN stabilizza i livelli cellulari di p53, preserva l’attività apoptotica nei tessuti sani e neoplastici (Freeman et al, 2003) e salvaguarda le giunzioni intracellulari limitando l’invasività delle cellule tumorali (Kotelevets et al, 2001).

Le mutazioni di PTEN sono largamente riportate in medicina umana e sono associate con il cancro dell’encefalo, del seno e della prostata (Li et al, 1997; Steck et al, 1997); sono la causa della sindrome di Cowden, un disordine caratterizzato da multipli amartomi, tumori benigni e maligni della tiroide, del seno e dell’endometrio. In più, altre manifestazioni cliniche che possono affliggere i pazienti sono: lesioni mucocutanee, anormalità tiroidee, malattia fibrocistica, leiomiomi uterini multipli, e macrocefalia (Apostolou e Fostira, 2013).

La perdita o la riduzione dei livelli della proteina PTEN è stata precedentemente osservata nell’uomo nel cancro del seno (Bose et al, 2002; Perren et al, 1999; Tsutsui et al, 2005), endometriale (Tashiro et al, 1997), epatocellulare (Yao et al, 1999), linfomi (Sakai et al, 1998), carcinomi tiroidei (Bruni et al, 2000) e nel melanoma (Mikhail et al, 2005), e può influenzare negativamente l’efficacia della chemioterapia durate il trattamento del cancro al seno, infatti sono stati osservati dei fenomeni di farmaco resistenza in pazienti con tumori mammari PTEN negativi trattati con Tamoxifen (Shoman et al, 2005), trastuzumab (Nagata et al, 2004); e Gefitinib (She et al, 2003).

La chinasi che più comunemente viene inibita per prima è mTor con il farmaco Rapamicina (nome commerciale “Sirolimus”) grazie alle sue proprietà immunodepressive e antiproliferative (Law, 2005), sebbene inizialmente fosse conosciuto per essere un farmaco antifungino (Vezina et al, 1975). Partendo dalla struttura della rapamicina, sono stati sintetizzati altri farmaci inibitori di mTOR, come Temsirolimus, Everolimus e Deforolimus (Jiang and Liu, 2009).

Per quanto riguarda Akt, il primo gruppo di inibitori sviluppati e testati erano molecole a base lipidica, dei quali il più conosciuto è Persifone (Kondapaka et al, 2003); altri sotto investigazione sono MK-2206, RX-0201, PBI-05204 e l’ Erucilfosfocolina (Erucylphosphocholine) (Pal et al, 2010).

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