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BASILICATA Farmaci con prezzo al pubblico < 25,00 euro FRIULI

VENEZIA GIULIA

Farmaci con prezzo al pubblico < 30,00 euro

LAZIO Farmaci con prezzo al pubblico < 25,00 euro eccetto: la Clozapina in tutti i dosaggi, Leponex® da 25 mg, Risperidone da 1 mg e Risperdal® da 1 mg, Seroquel® 30 cpr da 25mg e tutti i farmaci genericati il cui branded abbia un prezzo al pubblico > a 25,00 euro.

LOMBARDIA Farmaci aventi un prezzo al pubblico < 50,00 euro e i farmaci del PHT originator a brevetto scaduto e relativi equivalenti

UMBRIA Farmaci del PHT che, a seguito della perdita della copertura brevettuale e dell’inserimento nelle liste di trasparenza AIFA, vengono ad avere un prezzo di riferimento pari o inferiore al prezzo di acquisto delle ASL maggiorato del margine di remunerazione previsto per il servizio svolto dalla filiera distributiva. VENETO Farmaci il cui prezzo di acquisizione tramite le farmacie convenzionate è

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ON LINE”, già applicata ad altri farmaci in DPC. Questa consiste nell’inserimento sul portale DPC dei piani terapeutici previsti per questi farmaci da parte delle ASL con il conseguente monitoraggio attento dell’erogazione di questi farmaci.

Quello che si osserva è una grande disomogeneità nella tipologia di farmaci erogati, e, di conseguenza, per quel che riguarda l’accesso allo stesso farmaco da parte dell’assistito, a volte anche nella stessa regione tra province che distano alcune decine di chilometri.

Ci sono regioni quali Lombardia, Molise e Sicilia che prevedono anche una quota di compartecipazione da parte dell’assistito, il ticket o eventuale esenzione sulla base di quanto previsto in materia dalla normativa regionale al pari della assistenza farmaceutica convenzionata.

Grosse differenze, poi, si riscontano a livello della remunerazione prevista per le farmacie. Schematizzando le possibilità sono:

 Quota fissa a confezione erogata

 Quota a confezione erogata variabile (e qui ci sono varie casistiche):  in funzione del fatturato della farmacia diviso per fasce, sistema

questo che riconosce agevolazioni per le farmacie più disagiate;  in funzione del fatturato della farmacia e anche del prezzo del farmaco

divisa per fasce (ad esempio nel Lazio dove la quota aumenta all’aumentare del prezzo del farmaco e al diminuire del fatturato della farmacia);

 in funzione del volume della DPC, la quota fissa che diminuisce quando viene superato un tetto fissato sul volume della DPC.

La quota, che sia variabile o fissa, è sempre comprensiva della quota destinata alla distribuzione intermedia, che non varia anche quando la quota pezzo cambia, ed esclusiva dell’IVA. Della quota che le farmacie ricevono dalla ASL, riversano al distributore intermedio la parte spettante. Il principio alla base della remunerazione a quota fissa per confezione è che viene riconosciuta una remunerazione per l’atto professionale del farmacista. Negli altri casi oltre alla remunerazione dell’atto professionale del farmacista vi è il riconoscimento di condizioni agevolative per le farmacie a basso fatturato o disagiate e anche sulla vendita. Ci sono regioni che adottano il sistema della remunerazione in base al prezzo al pubblico del farmaco

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differenziata per fasce di prezzo e quelle che pongono un tetto al volume della DPC come ad esempio la Liguria, dove, superati i 676.100 pezzi erogati in DPC in tutta la regione, la remunerazione per le farmacie passa da 5,50 a 4,50 euro. Per quel che riguarda l’ammontare della quota si va da un minimo di 3,88 euro per l’Emilia Romagna che è la regione che applica la quota più bassa ad massimo di 30,00 euro per l’erogazione di farmaci aventi un prezzo superiore a 1.000,01 euro ed erogati da parte delle farmacie rurali sussidiate con fatturato annuo in regime SSR al netto dell’IVA inferiore a 387.342,64 euro nel Lazio

Dalla rassegna della normativa delle singole regioni fatta nel Capitolo II si evince quanto la situazione possa essere complessa e varia.

Anche per quanto riguarda la “non sostituibilità” troviamo grosse differenze tra le varie regioni. Questa problematica per la farmaceutica convenzionata non si pone in quanto la stessa Legge 405/2001 ha fissato un prezzo di riferimento; infatti, all’articolo 7, comma 4 si dice che, “qualora il medico apponga sulla ricetta

l’indicazione della “non sostituibilità” del farmaco ovvero l’assistito non accetti la sostituzione proposta dal farmacista, la differenza tra il prezzo più basso (di riferimento) ed il prezzo del farmaco prescritto è a carico dell’assistito, con l’eccezione dei pensionati di guerra titolari di pensioni vitalizie” e soprattutto perché

le farmacie possono acquistare liberamente tutti i marchi commerciali.

Come si può garantire questa scelta anche nella DPC, conciliandola con la necessità di contenere i costi? Per la DPC questa problematica non è stata regolamentata a livello nazionale e di conseguenza nelle varie regioni il problema viene gestito in maniera diversa. Ci sono regioni che hanno una posizione abbastanza rigida in questo senso: Sicilia, Molise, Valle D’Aosta non riconoscono questo diritto ed erogano un farmaco diverso da quello a gara solo nel caso in cui ci sia documentata segnalazione da parte del medico di reazione avversa o mancata efficacia. L’Emilia Romagna è ancora più severa e nella Circolare Regionale n. 18/2013 richiede persino che, qualora il medico ritenesse che esistano fondate ragioni per effettuare la sostituzione del farmaco reso disponibile dalla ASL, questi è tenuto a presentare al Servizio Farmaceutico della propria Azienda Sanitaria una relazione a sostegno della necessità del paziente di assumere lo specifico medicinale prescritto e non quello distribuito in DPC, allegando la documentazione a supporto. Nei casi in cui, alla fine, viene concessa da queste regioni la sostituzione, l’erogazione avviene in maniera diversa: ad esempio, nel caso della Sicilia il farmaco

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viene erogato attraverso la farmaceutica convenzionata applicando però un extrasconto.

In Veneto questo diritto viene riconosciuto senza che ci siano segnalazioni di farmacovigilanza e nel caso in cui il medico apponga la dicitura “non sostituibile per motivi clinici” o il paziente non accetti la sostituzione, il farmaco viene erogato in convenzionata e viene fatta pagare la differenza di prezzo con il generico. Anche nelle Marche viene riconosciuto, ma in questa regione il farmaco viene erogato sempre in DPC facendo pagare al paziente la differenza di prezzo sulla base delle liste di trasparenza AIFA.

In Puglia viene lasciata la libertà di scelta al paziente in quanto la regione acquista sia il brand che i generici. Nell’ultimo accordo sottoscritto da questa regione è specificato che l'obiettivo della Regione Puglia è quello di assicurare la continuità dell'assistenza sanitaria gratuita senza che questa vada a scapito della qualità della stessa e garantire all'assistito la possibilità di scelta, nell'ambito dell'Elenco DPC regionale per ciascun principio attivo, oltre che della specialità brand detentrice del brevetto o genericata anche di quella biosimilare o generica, come già descritto nel paragrafo 2.13.

Ci sono poi regioni come la Calabria e la Sardegna che riconoscono anche la libertà del paziente a scegliere se approvvigionarsi dei farmaci in DPC presso le strutture delle Aziende Sanitarie o le farmacie pubbliche e private convenzionate a differenza di altre regioni che “indirizzano” i pazienti con vari strumenti preferenzialmente verso i punti di distribuzione delle aziende sanitarie.

Per quanto riguarda l’ASL 6 Livorno, la decisione in merito è quella di garantire, come scritto nell’accordo, il farmaco prescritto qualora il medico apponga la dicitura “non sostituibile” ovvero il paziente rifiuti la sostituzione. In questo caso è il farmacista ad apporre l’annotazione sulla ricetta e a far firmare l’annotazione al paziente come descritto in dettaglio nel Capitolo IV.

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CONCLUSIONI

Dal quadro fatto della situazione della DPC in Italia si evince una grande frammentazione e disparità di accesso alle cure a seconda della regione di residenza dell’assistito o ancora meglio della ASL nella cui anagrafe è iscritto. E’ fortemente auspicabile che gli accordi della DPC vengano uniformati a livello nazionale e ancor prima a livello regionale per abbattere queste disparità. Se da questo punto di vista il potere decisionale è nelle mani dei Governatori e degli Assessorati alla Salute regionali mentre il ruolo del farmacista del SSN è abbastanza limitato, sebbene possa dare un importante contributo partecipando con le proprie specifiche competenze professionali sui tavoli di confronto a livello nazionale o regionale, grande è il ruolo che il farmacista del SSN ha nella gestione della problematica della “non sostituibilità”, che abbiamo descritto, nello svolgimento della sua attività quotidiana.

Innanzitutto è necessario fare una distinzione tra situazioni diverse, in particolare quando la “non sostituibilità” del prodotto aggiudicato è dettata da condizioni cliniche e di tutela della salute del paziente, che riteniamo debbano prevalere sull’esigenza di risparmio, quali:

 il paziente abbia avuto una reazione avversa al prodotto;

 sia già nota la sensibilità a qualche componente della formulazione;  durante l’assunzione il prodotto si sia rivelato privo dell’efficacia

terapeutica prevista;

 pazienti con deficit cognitivi o sensoriali che abbiano difficoltà nell’assunzione o per i quali il cambio della confezione possa compromettere la corretta adesione alla terapia;

 garantire la continuità terapeutica.

In queste situazioni riteniamo che non si possa negare il farmaco “non sostituibile” al paziente e quindi le Aziende Sanitarie debbano farsi carico della fornitura del farmaco prescritto, senza che ciò comporti alcun aggravio in termini economici per il paziente. Anche da un punto di vista bioetico, non si può pensare di lasciare il paziente senza il farmaco appropriato o costringerlo a farsi carico della spesa per motivi indipendenti dalla sua volontà. Così come riteniamo sia necessario garantire la continuità terapeutica nei casi in cui il paziente abbia raggiunto un condizione di stabilità con il farmaco presente nella precedente aggiudicazione di gara. Molte delle “non sostituibilità” che abbiamo riscontrato dall’esame delle ricette

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del primo trimestre 2015 spedite in DPC nell’ASL 6 vedono, infatti, la prescrizione di marchi aggiudicatari nella precedente gara e non riconfermati nella nuova che si è tenuta alla fine del 2014.

In particolare, poi, ricordiamo come nel caso dei biosimilari è la stessa Autorità Regolatoria che da un lato sconsiglia ai prescrittori il cambio di marchio e dall’altro impedisce la sostituibilità automatica da parte del farmacista, dal momento che i biosimilari non sono ricompresi nelle Liste di Trasparenza AIFA. Ma è importante anche con particolari categorie di farmaci non biologici, quali antitumorali o farmaci per il sistema nervoso, dove attraverso la nostra analisi abbiamo esserci messo in evidenza la più alta indicazione di “non sostituibilità”. Effettuare il cosiddetto switch, soprattutto se questo avviene in maniera ripetuta, potrebbe comportare dei costi maggiori per il SSN derivanti da un’eventuale ospedalizzazione dovuta a questa prassi.

Diverso è il caso in cui il paziente non si trovi in nessuna delle situazioni descritte, ma rifiuti il farmaco aggiudicato, perché magari è un generico e come spesso ci sentiamo dire “io non credo nel generico” o peggio ancora “il mio medico non crede nei generici: dice che non funzionano”, come se stessimo parlando di una religione e non di scienza, e ci possiamo aggiungere anche la confusione e disinformazione che possono generare i moderni canali informatici di consultazione.

Può verificarsi anche che il farmaco aggiudicato sia un cosidetto “branded”, ma il medico ha scritto sulla ricetta il nome di un altro brand e il paziente chiede che venga dispensato quello riportato sulla ricetta, perché se il medico ha scritto quello e non quello aggiudicato (es. Janumet®/Velmetia®, Januvia®/Xelevia®) “un motivo ci deve essere”, sentiamo dire. Pur volendo rispettare la libertà di scelta, in questi casi è impensabile assicurare ad ogni paziente il farmaco desiderato senza porre a carico dell’assistito alcuna forma di compartecipazione alla spesa, verrebbe meno il principio stesso del sistema delle gare con il quale vengono acquistati i farmaci da parte delle Aziende Sanitarie e si configurerebbe in questo caso anche da parte delle Aziende Sanitarie stesse un possibile danno erariale a carico del SSN, in quanto il prezzo di acquisto del farmaco non aggiudicato risulta essere per la ASL più elevato.

D’altra parte anche nella farmaceutica convenzionata la stessa Legge 405/2001, attraverso l’introduzione del prezzo di riferimento, riconosce la libertà di scelta del paziente o prescrittiva del medico ponendo a carico del paziente la differenza con il prezzo di riferimento secondo le liste di trasparenza AIFA, in questo modo il

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paziente può scegliere il farmaco che vuole senza alcuna giustificazione, ma il costo a carico del SSN rimane invariato. Sebbene questa problematica non sia stata regolamentata a proposito della DPC, in analogia con quanto avviene nella farmaceutica convenzionata, riteniamo che non debba essere il SSR a farsi carico della maggiore spesa che ciò comporta, ma l’assistito stesso che ritirando il farmaco desiderato, sempre in DPC, nelle farmacie convenzionate pubbliche o private, dovrebbe farsi carico della differenza di prezzo tra il prodotto aggiudicato ed il prodotto che la ASL deve acquistare ad hoc extra-gara, calcolandola o su quello che è il costo aggiuntivo che la ASL deve sostenere rispetto al prodotto aggiudicato oppure della differenza di prezzo secondo le liste di trasparenza AIFA. In alternativa, il paziente per ritirare il farmaco desiderato senza alcun costo a suo carico, potrebbe recarsi al punto di distribuzione diretta dei farmaci della zona di riferimento. In questo caso infatti la ASL, attraverso la distribuzione diretta, compenserebbe il maggior costo del farmaco acquistato ad hoc extra-gara non dovendo corrispondere la remunerazione.

In tutto questo complesso sistema fondamentale è il ruolo del farmacista del SSN, quale professionista con la sua specifica preparazione sui farmaci, ed anche con le specifiche competenze, sia per la verifica dell’appropriatezza prescrittiva sia dell’ aderenza al trattamento e nella gestione economica del farmaco. Nell’attività propria di dispensazione del farmaco in rapporto diretto con i pazienti, egli svolge un ruolo importante nella corretta educazione ed informazione sull’assunzione e conservazione dei farmaci; attraverso il dialogo con il paziente, infatti, può capire quali sono i motivi di rifiuto del farmaco aggiudicato, guidarlo nella segnalazione di eventuali reazioni avverse, fugare eventuali false convinzioni, accompagnando il paziente nella scelta ed utilizzo consapevole del farmaco; il farmacista quindi attraverso il counselling svolge un ruolo fondamentale nell’empowerment del paziente.

Questa stessa attività di informazione è importante anche nei confronti dei medici prescrittori, sia ospedalieri che MMG e PLS, attraverso un puntuale aggiornamento sui farmaci dispensabili attraverso il canale della DPC ed eventuali problematiche in caso di irreperibilità momentanea e/o carenza sul mercato italiano e confrontandosi anche sulla valutazione delle varie casistiche di “non sostituibilità” che abbiamo analizzato, soprattutto di quelle che non sono accompagnate da una motivazione e che, come abbiamo visto, costituiscono la maggior parte della casistica. Ricordiamo

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qui che il farmacista del SSN, in qualità di referente per la farmacovigilanza dell’ASL, cerca di rilevare, il più rapidamente possibile, le reazioni avverse o la mancata efficacia associate ai farmaci, promuove la divulgazione di informazioni sulle ADR sospette o già note e fornisce un’informazione di ritorno ai medici segnalatori in modo da migliorare la pratica terapeutica. Assai delicata è infatti la mancanza di efficacia, si pensi ai farmaci immunosoppressori utilizzati come anti rigetto nei trapiantati d’organo oppure agli antitumorali.

Altrettanto importante è il compito svolto dal farmacista del SSN a supporto delle Direzioni nelle valutazioni e conseguenti decisioni nell’ambito della governance, finalizzate ad individuare la modalità distributiva dei farmaci che consenta di conciliare al meglio la problematica della domanda di salute, che abbiamo sottolineato nella fase introduttiva, con le risorse economiche a disposizione e quindi della sostenibilità del Sistema, non limitandosi alla sola valutazione economica ma tenendo ben presente la necessità di introdurre nuovi parametri valutativi più vicini alle esigenze dei pazienti.

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