3.2 L’Iter di adozione delle due decisioni di relocation
3.2.3 I punti di crisi come strumento di “contropartita” per la ricollocazione
226
Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio, che istituisce un meccanismo di ricollo cazione di crisi e modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato memb ro co mpetente per l'esa me di una do manda di protezione internazionale presenta ta in uno degli Stati memb ri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide , Bruxelles, 9 Settembr e 2015, p. 10.
227
Cfr. Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio del 22 Settembr e 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia, Allegati I-II.
228
Ivi, Considerando n. 27. 229
S. Carrera, E. Guild, Can the new refugee relocation system work? Perils in the Dublin Logic and Flawed Recep tion Conditions in the EU, CEPS Policy Brief No. 332, October 2015, p. 3.
230
Cfr. Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio del 22 Settembre 2015 …, art. 1 0. 231
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L’avviamento del meccanismo di relocation è strettamente correlato all’implementazione dei cd. “punti di crisi”, la cui realizzazione era già prevista all’interno della prima proposta di maggio avanzata dalla Commissione, e ulteriormente ribadita nelle conclusioni del Consiglio Europeo del 25 e 26 giugno 2015, e del 15 ottobre dello stesso anno. Pur non essendo menzionati esplicitamente all’interno delle due decisioni relative al sistema di ricollocazione, la messa in funzione degli hotspots risulta di fatto imprescindibile, come si evince dalla possibilità riservata alla Commissione di sospendere l’applicazione delle stesse decisioni per un periodo massimo di tre mesi, nel caso di un’attuazione insoddisfacente della tabella di marcia ad essi relativa232. A ciò vanno aggiunte le precisazioni circa la creazione, in ogni Stato Membro beneficiario, di quartier generali operativi definiti come Task Force Regionali Europee – già delineati nelle indicazioni dell’Agenda Europea sulla Migrazione - atti ad agevolare l’implementazione del sistema temporaneo di relocation per quanto riguarda le attività di identificazione, registrazione e presa delle impronte digitali condotte dai rappresentanti EASO, Frontex, Europol ed Eurojust233. Il secondo allegato della Comunicazione della Commissione relativa alla gestione della crisi dei rifugiati del 23 Settembre 2015 specifica infatti che tali strutture non rappresentano centri di accoglienza, ma devono essere gli stessi Stati Membri a predisporre autonomamente centri di prima accoglienza e di espulsione quale precondizione all’attuazione della ricollocazione234
. Nonostante quindi il supporto fornito attraverso la prevista istituzione delle Task Force Regionali, lasciare gran parte del lavoro preliminare all’implementazione concreta del trasferimento è di fatto in mano agli Stati Membri costituisce una misura quantomeno discutibile, dato che proprio da tali operazioni dipenderà poi lo svolgimento di tutto lo schema di relocation e dato che proprio le condizioni dei centri di accoglienza sia italiani che greci sono state frequentemente oggetto di critiche e di valutazioni negative per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani di base. Una possibile interpretazione di tale previsione potrebbe andare in direzione di una volontà non dichiarata della stessa Unione Europea, di evitare così un eventuale coinvolgimento in caso di nuove critiche alle condizioni dei centri di accoglienza dei due Paesi, sebbene secondo le principali convenzioni sui Diritti Umani le agenzie europee risulterebbero comunque complici degli Stati Membri in questione235.
232
M. Di Filippo, Op. Cit., p. 17. 233
Allegato II alla Comunicazione della Commissione, Managing the refugees crisis: Immedia te operational, budgetary and legal measu res under the Eu ropean Agenda on Migration, COM(2015) 490 final, 23.9.2015.
234
Ibidem. 235
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Urge inoltre sottolineare che al momento dell’entrata in vigore delle decisioni, tutti i punti di crisi individuati in entrambi i Paesi non risultavano completamente operativi e quindi, la rapida e corretta applicazione dei trasferimenti poteva essere pregiudicata dal mancato o parziale svolgimento delle operazioni preventive di identificazione e registrazione236.
3.2.4 Conclusioni.
In conclusione, possiamo affermare che le due decisioni presentano aspetti simili ma altrettante differenze. Nella seconda decisione è infatti evidente ad esempio un atteggiamento maggiormente orientato a recepire le indicazioni fornite dalla Commissione in occasione della prima proposta di fine maggio 2015, più strettamente vincolanti per gli Stati Membri stessi. Tale atteggiamento risente probabilmente del discorso di forte impatto relativo allo stato dell’Unione tenuto dal Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker il 9 settembre al Parlamento Europeo, nonché dall’influenza dovuta alla copertura mediatica data alle tragedie del mare, giunta al suo apice con l’immagine divenuta a suo malgrado virale di Aylan Kurdi, bambino siriano di tre anni, ritrovato senza vita sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia alla fine di agosto 2015.
In generale, è da considerare positivamente la proroga - debitamente motivata e giustificata - prevista per gli Stati Membri temporaneamente non in grado di ricevere beneficiari del meccanismo di trasferimento, che fa un passo in più rispetto all’alternativa pecuniaria in origine proposta dalla Commissione, potenzialmente in grado di tramutarsi in soluzione ideale e preferibile per svincolarsi da un impegno maggiormente vincolante e carico di ripercussioni a livello di politica interna e opinione pubblica.
Rimangono aperti invece gli interrogativi in relazione alla “contropartita” rappresentata dall’implementazione dei punti di crisi, i cosiddetti hotpots, quali centri di identificazione e registrazione dei potenziali beneficiari dello schema di trasferimento, coordinati da agenzie europee quali Frontex ed EASO, ma attuate concretamente da personale degli Stati Membri di partenza, incaricato di attività estremamente delicate, da cui dipende l’intero svolgimento della redistribuzione stessa e a cui si legano differenti ordini di problematiche connesse con il fenomeno dei movimenti secondari dovuti all’esito negativo dell’esame della domanda di asilo o di relocation, o ad eventuali operazioni di rimpatrio.
236
Cfr. Allegato II e III alla Comunicazione della Commissione, Managing the refugees crisis: Immediate opera tional, budgetary and legal measu res under the Eu ropean Agenda on Migration, COM(2015) 510 final, 14.10.2015.
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Dal punto di vista dell’interpretazione giuridica delle disposizioni contenute nelle decisioni, si ritrova la stessa ambiguità di fondo di cui abbiamo appena parlato, soprattutto in relazione alle garanzie riservate ai richiedenti asilo, potenzialmente trasferibili. Spesso infatti, la lettura combinata insieme al preambolo nonché al Regolamento Dublino III, risulta indispensabile per una corretta applicazione dei precetti presenti all’interno del testo vero e proprio, a tratti generico e lacunoso.
Questo il caso di quanto disposto in merito alla destinazione effettiva della ricollocazione dei beneficiari, non immediatamente chiara senza appunto far riferimento ai considerando del preambolo, inerenti alle priorità assegnate alle cosiddette categorie vulnerabili e alla necessaria presa in considerazione dell’eventuale esistenza di legami tra le persone da ricollocare e gli Stati Membri di destinazione.237 Ancora più lampante appare l’osservazione delle modalità tramite le quali il richiedente riceve le informazioni relative alla decisione finale presa. Se infatti l’articolo 6(3) di entrambe le decisioni fa riferimento al solo obbligo per Italia e Grecia di comunicare l’esito della selezione in una lingua comprensibile – o che si presume che lo sia – alla persona in questione, è ricorrendo al Regolamento Dublino che il coinvolgimento di quest’ultima – in base al disposto delle decisioni quasi assente - si fa più esteso, grazie all’obbligo in esso contenuto inerente alle informazioni da fornire sui criteri di determinazione dello Stato Membro e al diritto al colloquio personale ed alla possibilità di presentare indicazioni relative all’eventuale presenza di familiari nel territorio di uno degli Stati Membri238.
Non da ultimo è doveroso citare la non prevista possibilità per il potenziale beneficiario della ricollocazione di opporsi alla decisione relativa allo Stato Membro in cui il trasferimento dovrebbe aver luogo. Se presa senza aver tenuto in considerazione degli elementi sopramenzionati, questa lascia infatti il richiedente in questione sprovvisto di mezzi atti alla presentazione di un ricorso in merito, oltre a lasciar aperte le possibilità di essere sanzionato - mediante l’esclusione dalla ricollocazione - o di essere obbligato mediante coercizione ad accettare la destinazione individuata, come peraltro disposto dal Regolamento Dublino 239. E’ ancora una volta il preambolo a chiarire che, sempre il Regolamento Dublino sancisce la possibilità per il richiedente di un ricorso effettivo - finalizzato comunque al solo rispetto dei suoi diritti fondamentali - che non può in alcun modo essere interpretata come una sua
237
Cfr. M. Di Filippo, Op. Cit., pp.9-10. 238
Cfr., ivi, pp. 12-13. 239
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facoltà di scegliere lo Stato Membro competente per l’esame della sua domanda, e quindi – nel caso della ricollocazione – lo Stato Membro designato per la sua accoglienza240.
A fronte di una lettura complessiva e globale del testo delle decisioni, questo risulta quindi eccessivamente generico ed omissivo di elementi precisi soprattutto per quanto riguarda le garanzie riservate alle persone destinatarie della ricollocazione, la cui interpretazione potrebbe essere orientata per difetto senza una lettura integrata dei precetti contenuti nel Preambolo e nel Regolamento Dublino che – ricordiamo – rimane interamente in vigore, eccezion fatta per la deroga alll’articolo 13(1) relativa alla determinazione dello Stato Membro competente all’esame delle domande di asilo presentate da richiedenti arrivati irregolarmente. Sebbene tale lettura integrata e combinata non possa non essere valutata positivamente, è da chiedersi se un contenuto più dettagliato del testo vero e proprio non avrebbe potuto rappresentare una garanzia maggiormente affidabile in merito alla gestione dei migranti irregolari e al rispetto dei loro diritti fondamentali.
Prima di terminare, ci sembra doveroso fare cenno alla proposta proveniente dalla Commissione di istituire nel futuro un meccanismo di relocation permanente, da mettere in atto ogni qualvolta uno degli Stati Membri si trovi in una situazione di emergenza dovuta all’afflusso massiccio di migranti e rifugiati - senza dover ricorrere a provvedimenti ad hoc - il cui funzionamento debba basarsi essenzialmente sulle disposizioni previste dalla decisione 2015/1601, che costituisce di fatto un test per la sua futura implementazione.
Alla luce delle considerazioni già delineate, emerge chiaramente che alcuni provvedimenti contenuti all’interno della decisione potrebbero di per sé pregiudicare il corretto funzionamento della procedura proposta, presentando di fatto lo stesso ordine di problematiche evidenziate nelle pagine precedenti. Questo il caso ad esempio della delimitazione eccessivamente restrittiva per l’individuazione dei potenziali beneficiari del trasferimento, essenzialmente determinata tramite un criterio di nazionalità connesso al tasso percentuale di riconoscimenti di protezione internazionale ottenuto in primo grado, calcolato in base ai dati raccolti nel semestre precedente all’implementazione.
Le stesse considerazioni potrebbero inoltre valere anche per quanto riguarda le procedure utilizzate per la selezione degli Stati Membri di destinazione, laddove sarebbe probabilmente più opportuno e utile ampliare e definire più specificatamente i criteri atti a rilevare la presenza di fattori che potrebbero agevolare l’integrazione dei beneficiari, primo tra tutti
240
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l’esistenza di legami affettivi intesi in una nozione ampia, che includa il coniuge (o il partner), i genitori, i figli, i fratelli, i nonni, gli zii e i cugini, oltre alle categorie già previste all’interno del Regolamento Dublino241
.
In generale, nonostante la proposta di introduzione di un meccanismo dotato di un carattere di continuità sia senza dubbio interessante, sembra doveroso non tralasciare che il suo stesso funzionamento dipenderà essenzialmente da quello di alcuni strumenti ad esso potenzialmente connessi, quali primi fra tutti, gli hotspots e i centri di accoglienza e rimpatrio gestiti dalle autorità nazionali, al momento della comunicazione della proposta non in grado di soddisfare le stesse condizioni richieste dalla normativa UE, e in particolar modo con riferimento alla c.d. Direttiva Accoglienza 2013/33. Risulta difficile capire come, senza un preliminare intervento mirato volto alla correzione di tali dispositivi, ci si possa auspicare un regolare svolgimento della procedura proposta242.
Torneremo in modo più ampio e approfondito sull’argomento nel capitolo conclusivo dell’elaborato, una volta condotta un’analisi relativa alla prassi applicativa e risultati ottenuti nei primi mesi di implementazione delle due decisioni.
241
Cfr., M. Di Filippo, Op. Cit., p. 27. 242
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Capitolo 4
L’applicazione pratica delle decisioni 2015/1523 e
2015/1601.
Subito dopo l’entrata in vigore delle due decisioni si sono registrate le prime difficoltà relative alla loro attuazione, che si sono oltretutto intrecciate agli altrettanti ostacoli che hanno rallentato la messa in funzione degli hotspots, fondamentale per dar via al meccanismo relocation in quanto le attività di identificazione e di registrazione che qui si svolgono sono ad esso preliminari e indispensabili. Come vedremo infatti, l’avviamento di tali attività ha dovuto fare i conti con frequenti ritardi dovuti soprattutto ad una serie di motivi quali la mancanza di personale e di strumentazione adeguata, nonché ad una generale assenza o penuria di strutture idonee alla loro messa in pratica. Non sono tuttavia soltanto i problemi riscontrati in Italia e Grecia, Stati Membri beneficiari del meccanismo di relocation, ad aver provocato rallentamenti ed inefficienze, determinati infatti anche da una scarsa volontà e disponibilità dimostrata dagli altri Stati Membri nel fornire i dati necessari alla redistribuzione dei rifugiati nel loro territorio. A tali considerazioni va anche aggiunto il contesto politico in cui esse stesse si inseriscono, non certamente sereno e ancor più carico di tensioni determinate dall’aumento del fenomeno terroristico in Europa - come ben testimoniato dagli attentati di Parigi del Novembre 2015 – che ha contribuito a far crescere orientamenti maggiormente inclini all’esclusione e al ripiegamento su se stessi, facilmente traducibili in linee politiche di stampo nazionalista e non di rado xenofobo.