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CAPITOLO IV: IL MASSACRO DI NANCHINO NEL CINEMA

4.3 Qixia si 1937

Questo film è stato realizzato dal regista Zheng Fangnan nel 2005, in concomitanza con il sessantottesimo anniversario del massacro.

A differenza della precedente pellicola, Qixia si 1937 presenta una trama meglio definita, nella quale è identificabile un personaggio principale, il monaco buddhista Jiran. Egli non è un personaggio inventato, bensì un uomo realmente esistito, come spiega il cartello posto in chiusura al film: “il monaco Jiran nacque nel 1909, nella contea Dongtai, nel Jiangsu, da una famiglia il cui cognome era Yan; iniziò la vita monacale presso i monti Tianbao, nella prefettura di Zhenjiang; venne poi trasferito al tempio Qixia. Morì il 12 ottobre 1939” (1:32:23). Il luogo principale dove si svolgono i fatti è, per l'appunto, il tempio Qixia, situato nella periferia nord-est di Nanchino. Quando Jiran scopre che i giapponesi stanno arrivando e si trova davanti migliaia di civili in cerca d'aiuto, li accoglie nel tempio, fornendo loro cure mediche e cibo. Gli altri monaci sono restii e si mostrano preoccupati per la loro incolumità e per la salvezza del tempio, ma Jiran, da buon buddhista, vuole aiutare quante più persone possibili:

Zuoyuan: “Jiran, la nostra priorità è salvare il tempio dalla distruzione, non puoi

22 YU Qiong 余琼, “Lishi chuangshang jiyi de yingxiang biaoshu” 历史创伤记忆的影像表述 (L'espressione visiva della memoria dei traumi storici)...cit.

23 Michael BERRY, A History of Pain...op.cit., p. 132-133.

fig.15: il Bimbo si volta ancora una volta prima di lasciare Nanchino (Parte sesta 13:24).

accogliere tutta quella gente senza tenere in considerazione ciò! Ci porteranno solo guai!”

Jiran: “Per tanto tempo mi hai insegnato i precetti del buddhismo, mi hai insegnato ad essere come la Dea della Misericordia; oggi la nostra nazione è stata colpita da una grande calamità […]; capisco il tuo punto di vista, ma i giapponesi non fanno altro che uccidere e bruciare case; mi auguro potremo accogliere questi rifugiati il più a lungo possibile.”(5:16-6:08).

Jiran è descritto in maniera eroica: non teme il nemico, non ha paura delle conseguenze delle proprie azioni, la sua unica preoccupazione è nutrire i rifugiati e proteggere Liao e Su Ping; il suo volto, di cui spesso si vedono primi piani, è sempre sereno, imperturbabile e raccolto in preghiera (fig.16).

Per questo suo coraggio e per la ferrea volontà dimostrata nel proteggere la popolazione civile dai giapponesi, Jiran è stato paragonato a Schindler e il film è stato definito “lo Schindler's List cinese che vincerà l'Oscar”. Certamente, la pellicola segna un punto di svolta per la rappresentazione della religione e dei monaci nel mondo del cinema cinese, e cerca di “conciliare il punto di vista ascetico buddhista con il discorso nazionalista”.24 La

fusione tra l'anima religiosa e l'anima nazionalista di Jiran avviene quando egli decide di nascondere nel tempio tre soldati cinesi, scontrandosi, ancora una volta, con gli altri monaci:25

Zhihai: “Abbiamo già accolto 20 mila rifugiati e abbiamo poco cibo. Inoltre, non possiamo assolutamente nascondere dei soldati!”

Jiran: “Non sono anche loro cinesi?”(24:11)

I tre soldati accolti da Jiran, così come le vicissitudini di un documentario girato da un occidentale di nome Martin, costituiscono una storia parallela rispetto a quella del tempio. Se in Hei taiyang: Nanjing datusha, Mou è ossessionato dai filmati originali e li utilizza 24 Michael BERRY, A History of Pain...op.cit., p.171.

25 Ibidem.

Fig.17: Martin mentre filma il massacro (9:44).

più volte per provare la veridicità del massacro, in Qixia si 1937 il regista inserisce nella trama del film la storia della lotta per preservare le prove dei fatti di Nanchino. Il fatidico filmato di cui si parla, però, non è stato prodotto dai giapponesi, ma da un occidentale, ovvero da un punto di vista oggettivo e neutrale: in questo modo viene superato il problema posto da Elie Wiesel.26

Il personaggio di Martin ricorda molto da vicino il reverendo John Megee:27 entrambi,

infatti, sono americani e armati di cinepresa ed entrambi riescono a filmare un documentario di come i giapponesi hanno trattato la popolazione di Nanchino.

L'importanza delle prove del massacro viene evidenziata a più riprese, in primo luogo da Martin stesso: “È un vero massacro! Voglio mostrare al mondo cosa sta succedendo qui!” (16:08); in secondo luogo dalle parole che Su Ping pronuncia di fronte a Jiran, subito dopo il suo arrivo al tempio:

Sono Su Ping, si ricorda di me? Sono venuta qualche giorno fa con un fotografo americano di nome Martin, per filmare il tempio...sono venuta in cerca d'aiuto: ho con me una pellicola che devo fare in modo di portare via di qui immediatamente...Martin ha filmato alcune scene in cui si vedono i giapponesi uccidere i cinesi a Nanchino. C'è una buona opportunità che questo filmato diventi una prova delle atrocità perpetrate dai giapponesi […]. credo che il film debba essere mandato a Shanghai e trasmesso il prima possibile alla Società delle nazioni. (33:35)

La storia della lotta per salvare il documentario di Martin, sembra essere una storia di morte e sacrificio: affinché il mondo venga a conoscenza della verità, Martin mette a repentaglio la propria vita, venendo ucciso per mano giapponese; Jiran, pur di non far cadere la pellicola nelle mani dei nemici, si fa torturare con l'acqua gelida; Su Ping viene uccisa mentre tenta la fuga con Benchang, ma alla fine il documentario arriva a Shanghai e la notizia della crudeltà nipponica inizia a fare il giro del mondo, arrivando, anche, all'interno dell'ambasciata giapponese.

Proprio all'interno dell'ambasciata, sul finire del film (1:27:12-1:27:59) si svolge un dialogo molto interessate. L'ambasciatore, dopo essere venuto a conoscenza che un video girato da un occidentale è stato distribuito a Shanghai presso le rappresentanze di USA, Gran Bretagna, Francia e URSS, pronuncia le seguenti parole: “I giapponesi hanno tagliato la testa a milioni di cinesi, non c'è più posto per loro tra gli esseri umani”. Il regista fa dire 26 Michael BERRY, A History of Pain...op.cit., p.172.

all'ambasciatore, il rappresentante simbolico del Giappone, un'ammissione di colpa, ma, dato che negli anni le correnti negazioniste giapponesi hanno continuato a diffondere le loro idee, si potrebbe pensare che queste parole non siano altro che una strategia del regista per dare al film una nota ancor più tragica, da un lato, e ironica, dall'altro.28

Rispetto a Hei taiyang, questa pellicola è molto meno macabra e violenta, ricorrono scene di brutalità giapponesi, ma sono meno raccapriccianti e numerose. All'inizio del film, sulle note dei canti buddhisti, lo spettatore vede i carri armati avanzare, mentre i soldati usano la baionetta per uccidere chiunque incontrino; tra le scene che lasciano il segno vi sono quella di un bimbo che viene ucciso mentre chiama la madre e quella del monaco Zhihai assassinato con un colpo di pistola alla testa. Il trauma, quindi, è mostrato in maniera meno evidente e più accettabile rispetto a Hei taiyang: lo spettatore è colpito dalla storia, ma non rimare scioccato o sdegnato come nel caso del precedente film. Un fatto interessante è che per tutto il corso della storia si seguono le vicende del filmato di Martin, ma gli orrori in esso registrati non vengono mai mostrati allo spettatore, che non si trova mai di fronte a spezzoni di documentari autentici come nel caso di Hei taiyang. L'unica fotografia originale che viene mostrata è quella del monaco Jiran: alla fine del film, infatti, per provare che la pellicola è ispirata a una storia vera, il volto di Jiran viene sostituito dalla sua fotografia (fig.18 e 19).

Anche in questa pellicola compare il giapponese “buono”, ma con alcune caratteristiche diverse rispetto a quelle del monaco e del samurai di Hei taiyang. Questi ultimi due, infatti, sono personaggi positivi per tutto il corso del film, ovvero, lo spettatore capisce fin da subito di trovarsi di fronte a persone “buone”. Nel caso del giapponese del film Qixia si

1937 non è così. Il generale Yamada, infatti, non viene presentato come personaggio “buono”,

ma come un soldato che cerca di portare a termine il compito affidatogli, trovare Lian e il filmato, ad ogni costo: darà l'ordine di torturare con l'acqua gelida Jiran, ordinerà di 28 Michael BERRY, A History of Pain...op.cit., p.174.

Fig.19: foto originale di Jiran (1:31:35) Fig.18: ultimo fotogramma di Jiran (1:31:16)

smantellare il campo profughi del tempio, ucciderà Benchang dopo essersi finto suo amico. Alla fine del film, però, subisce un cambiamento, una sorta di catarsi. Egli si reca al tempio per farlo saltare in aria, ma, dopo aver ascoltato le parole di Jiran e le sue storie buddhiste, non riesce a dare l'ordine e l'ultima

inquadratura del suo volto mostra un'espressione dubbiosa e crucciata (fig.20).

Nella pellicola compare un altro personaggio ricorrente, ovvero John Rabe mentre mancano altre figure stereotipate individuate da Van den Troost, come il bambino che piange accanto al cadavere della madre, donne che subiscono violenza e il bambino che alla fine del film riesce a scappare da Nanchino. Un altro aspetto che fa differire questo film dal precedente è la lingua: i personaggi cinesi parlano mandarino, quelli occidentali parlano inglese e quelli giapponesi parlano giapponese.

In ultima analisi si può dire che, nonostante il film non parli del numero delle vittime o di dati storici precisi, esso appartiene alla prima categoria indicata da Chen Linxia dato che non entra nel merito delle motivazioni del massacro e non indaga la sfera psicologica dei personaggi; inoltre, giacché i giapponesi sono sempre indicati con la parola “diavoli”, guizi, e dato che alla fine Yamada rivela il suo lato “buono”, la pellicola è in linea con la propaganda ufficiale del Partito.