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In questa sezione ci occuperemo più in generale del problema della quadratura del cerchio nel piano iperbolico esponendo i risultati presentati in [Jagy].

Occorre sin da subito sottolineare che non esiste un metodo generale che permetta, dato un cerchio, di costruire un quadrato avente la stessa area, in quanto un cerchio può avere area qualsiasi, mentre l’area di un poligono regolare di quattro lati è sempre minore o al più uguale di 2π (è questa una conseguenza del teorema di Gauss-Bonnet). Ciò che faremo sarà costruire simultaneamente un quadrato e un cerchio aventi area uguale, trovando delle condizioni affinché tale duplice costruzione sia effettuabile. Successivamente mostreremo che non è possibile, partendo da un cerchio arbitrario di area minore di π, costruire un quadrato equivalente e, viceversa, che dato un qua- drato, non è possibile in generale costruire un cerchio avente la stessa area.

Iniziamo dalla definizione di quadrato in geometria iperbolica.

Definizione 3.2.1. Un quadrato nel piano iperbolico è un quadrilatero con- vesso avente quattro lati e quattro angoli congruenti tra loro.

Gli angoli del quadrato saranno acuti, in quanto in H2 non esistono po-

ligoni regolari di quattro lati aventi angoli retti. Vale, infatti, il seguente teorema.

Teorema 3.2.1. Sia n ≥ 3. Allora esiste un n-agono regolare con angoli interni uguali ad α se e solo se α ∈ 0,(n−2)n π.

Dimostrazione. Lavoriamo nel modello del disco di Poincaré D.

Sia ζ una radice n-esima dell’unita. Consideriamo le n semirette con origine in z = 0, l0, . . . , ln−1, che connettono l’origine con i punti Qk = ζk.

Sia 0 < r < 1 e consideriamo il poligono Pn(r) avente come vertici i

punti rQk, per 0 ≤ k ≤ n − 1. Vogliamo dimostrare che Pn(r) è un poligono

regolare.

Indichiamo con sk il segmento che connette il punto rQk con il punto rQk+1,

e con αk l’angolo interno al vertice k-esimo. Consideriamo, al variare di k, la

trasfomazione di Möbius γk(z) = ζkz: tale trasformazione ruota il poligono

Pn(r)in modo tale che il vertice j-esimo sia mappato nel vertice j + k-esimo,

ossia

γk(rQj) = rQj+k,

Quindi

γk(Pn(r)) = Pn(r).

Inoltre, poiché le trasformazioni di Möbius mantengono le distanze e gli an- goli, avremo che s0 = sk e α0 = αk, ∀0 ≤ k ≤ n − 1. Quindi Pn(r) è un

poligono regolare.

Dal teorema di Gauss-Bonnet, 2.3.2, abbiamo che AreaD(Pn(r)) = (n − 2)π − nα,

dove con α indichiamo un qualsiasi angolo interno del poligono. Osserviamo che, detto D(r) il cerchio iperbolico di centro 0 e raggio euclideo r, abbiamo che AreaD(Pn(r)) ≤ AreaD(D(r)) = 2πr 1 − r2. Dunque lim

r→0+AreaD(Pn(r)) ≤ limr→0+AreaD(D(r)) = 0,

allora, poiché limr→0+Area

D(Pn(r)) = limr→0+Area

D((n − 2)π − nα) e α

dipende solo da r, abbiamo lim

r→0+α =

n − 2 n π. Per r rightarrow1−, invece, P

n(r) tende al poligono ideale con tutti i vertici

sul bordo, P∞

n . Sappiamo che AreaD(P ∞

n ) = (n − 2)π, quindi

lim

r→1−(AreaD(Pn(r))) = limr→1−((n − 2)π − nα) = limr→1−(AreaD(P

n )) = (n − 2)π,

da cui

lim

r→1−α = 0.

Viceversa, supponiamo per assurdo che Pn sia un poligono regolare di n lati,

con angolo α ≥ n−2

n π. Allora

Da l teorema di Gauss-Bonnet, 2.3.2, abbiamo

AreaD(Pn) = (n − 2)π − nα ≤ (n − 2)π − (n − 2)π = 0.

Poiché l’area deve assumere un valore positivo, abbiamo l’assurdo.

Dato l’angolo del quadrato, σ, costruiamo un triangolo retto con angoli acuti α = σ

2 e β = π

4 (sappiamo farlo per quanto visto nella costruzione 3.1.5)

e successivamente lo riflettiamo sette volte, in modo da ottenere un quadrato. Cerchiamo, quindi, delle condizioni affinché sia possibile costruire un quadra- to e un cerchio di area uguale.

Il nostro intento è dimostrare il seguente teorema [Jagy]:

Teorema 3.2.2. Supponiamo che un quadrato con angolo σ e un cerchio di raggio r abbiano la stessa area ω ≤ 2π. Allora sono entrambi costruibili se e solo se valgono le seguenti condizioni:

• 0 ≤ σ < π 2;

• σ è un multiplo intero di 2π

n, dove n è un intero positivo tale che l’n-

agono regolare sia costruibile con riga e compasso nel piano euclideo. Enunciamo, per cominciare, un risultato ben noto di teoria dei numeri che sarà impiegato nel corso della dimostrazione.

Teorema 3.2.3(Teorema di Gelfond-Schneider). Se φ e χ sono due elementi non nulli algebrici su Q tali che φ 6= 1 e χ /∈ Q, allora φχ è trascendente.

Dimostrazione. Dal teorema di Gauss-Bonnet 2.3.2, sappiamo che l’area di un quadrato di angolo σ è

AQ = 2π − 4σ.

Per quanto riguarda l’area del cerchio, invece, dato il raggio r, dal teorema 2.3.3 abbiamo che

AC = 4π sinh2

r

2 = 2π(cosh r − 1).

Costruiamo, come nella costruzione 3.1.4, un angolo θ tale che tan(θ) = 2 sinhr2. In questo modo avremo che

AC = πtan2(θ).

Uguagliando l’area del quadrato e quella del cerchio otteniamo 2π − 4σ = πtan2(θ).

Dunque la costruibilità in H2 del cerchio e del quadrato dipende dalla co-

struibilità in E2 degli angoli σ e θ.

Sia ω = AC = AQ. ω è un angolo costruibile in E2 perché ω = AQ = 2π − 4σ;

d’altra parte, siccome θ è costruibile, si ha che tan2(θ) è una lunghezza co-

struibile. Sia x = tan2(θ) in modo da poter scrivere ω = πx; mettendo

insieme quanto visto fin’ora, abbiamo

ω = 2π − 4σ = πx = πtan2(θ) = 4π sinh2 r 2 = 2π(cosh r − 1). Osserviamo che 2σ + π cosh r = 2π e che x + 2 = 2 cosh r.

Analizziamo l’equazione ω = πx . Siccome ω è costruibile in E2, anche

sin ω = sin πωe cos ω = cos πω lo sono. Quindi, se indichiamo con E il campo delle lunghezze costruibili in E2 a partire da una lunghezza unitaria e con A

gli elementi algebrici su Q, abbiamo che eiπx = cos πx + i sin πx ∈ E(i) ⊂ A.

Se scegliamo log(−1) = πi, abbiamo che (−1)x= exp(x log(−1)) = eiπx

∈ A. D’altra parte x ∈ E ⊂ A, quindi, per il teorema di Gelfond-Schneider 3.2.3, il fatto che (−1)x sia algebrico su Q implica che x è razionale (e di conseguenza

anche cosh r è razionale). Supponiamo che x = m

n, con m, n ∈ Z tali che

n > 1 e gcd(m, n) = 1; allora esistono u, v ∈ Z tali che um + vn = 1. Moltiplicando per π n otteniamo umπ n + vπ = π n ossia uω + vπ = π n. Quindi π

n deve essere un angolo costruibile, in quanto u e v sono interi e ω

è un angolo costruibile. Possiamo allora applicare il teorema 1.6.1 di Gauss- Wantzel e concludere che n deve essere della forma

con j, k ≥ 0 e p1, . . . , pk primi di Fermat distinti. Dalle equazioni ω = 2π − 4σ e ω = πtan2(θ) = πx otteniamo che σ = 2π − πx 4 , da cui σ = α2π n con α = 2n − m 8 .

Questo conclude la dimostrazione.

Osserviamo che se consideriamo un numero razionale m

n, con n e m copri-

mi e tali che n non sia una potenza di due e abbia nella sua fattorizzazione un numero dispari d. Allora l’angolo

θ = arctanm n è un angolo costruibile. Tuttavia

ω = π tan2θ = πm

2

n2

non può essere costruibile, in quanto implicherebbe la costruibilità di un po- ligono regolare di d2 lati, che è assurdo. Questo dimostra che non è possibile,

a partire da un qualsiasi raggio r, costruire il corrispondente σ. Un esempio è dato Nestorivich in [Nestorovich].

Esempio 3.2.1. Si consideri r tale che sinhr 2 = 1 2 q 2 −√2.

In questo caso r e θ = arctan sqrt2 −√2 sono costruibili, ma il quadrato corrispondente avrebbe angolo σ = π

√ 2

4 , che non è costruibile.

Enunciamo il seguente teorema che ci sarà utile per il prossimo esempio. (cfr. [Niven])

Teorema 3.2.4 (Olmsted). Sia τ un multiplo razionale di π, allora gli unici valori possibili affinchè tan τ sia razionale sono 0, 1 e −1.

Esempio 3.2.2. Sia q ∈ Q tale che q > 0 e q 6= 1. Poiché q è una lunghezza costruibile, ossia q ∈ E, allora anche l’angolo σ = arctan q è costruibile. Poiché σ 6= π4, allora dal teorema di Olmsted, segue che σπ è irrazionale. Poichè cos σ = 1 p1 + q2 ∈ E e sin σ = q p1 + q2 ∈ E

allora eiσ ∈ E(i) ⊂ A. Vogliamo applicare il teorema di Gelfond-Schneider: scegliamo log(−1) = πi, allora

(−1)σπ = e σ

πlog(−1)= eσi.

Poiché (−1)πσ è algebrico, per il teorema di Gelfond-Schneider, 3.2.3, pos-

siamo concludere che σπ è trascendente. D’altra parte, poiché ω = 2π − 4σ, segue che che ωπ è trascendente. Ma ω = π tan2θ, quindi

ω

π = tan

2θ,

da cui segue che tan2θ, e quindi anche tan θ, è trascendente. Dunque, anche

se σ = arctan q è costruibile, il corrispondente angolo θ non lo è, perchè E ⊂ A.

Quadratura del cerchio

nell’Appendix

In questo capitolo analizzeremo la costruzione che fa Bolyai nell’Appendix di un cerchio e un quadrato aventi area uguale.

Prima di entrare nel vivo della suddetta costruzione, faremo una panoramica generale sull’opera di Bolyai.

Lo scopo che si propone l’autore dell’Appendix è quello di esibire, come recita il titolo dell’opera, una scientiam spatii absolute veram, ossia, applicando il metodo deduttivo, ricavare delle proprietà che siano vere senza decidere a priori sulla validità o meno del postulato delle parallele. Esempi di proprietà assolute sono la costruzione della F-superficie e della L-linea e le proprietà ad esse connesse, in particolare viene dimostrato che la F-superficie è un model- lo iperbolico di geometria euclidea. Sempre per quanto riguarda le proprietà assolute, ricordiamo il teorema dimostrato nella sezione §25, che stabilisce una proporzionalità tra le circonferenze di raggio i lati di un triangolo e il seno degli angoli opposti.

Bolyai, nella sua opera, introduce due sistemi, S e Σ: indica con Σ il siste- ma geometrico basato sull’ipotesi che sia valido il postulato delle parallele e con S il sistema geometrico basato sull’ipotesi che tale postulato, invece, non sia valido. Di volta in volta sarà specificato se un determinato risultato vale solo in uno dei due sistemi e più volte, durante la sua trattazione, Bo- lyai sottolinea l’impossibilità di decidere quale dei due sistemi rappresenti la realtà. In particolare, nel paragrafo §33, apre un elenco di cinque punti, in cui fa delle precisazioni sul lavoro fatto e su quanto ci sia ancora da fare, con l’affermazione:

Num Σ aut S aliquod reipsa sit, indecisum manet.1

1Resta indeciso se sia vero il sistema Σ o un qualche sistema S.

Particolarmente interessante è l’ultimo punto del suddetto elenco in cui, af- fermando di voler proporre una quadratura del cerchio nell’ipotesi che sia valido il sistema S, l’autore si rivolge ai lectores benevoli: una sorta di cap- tatio benevolentiae al lettore, con la consapevolezza che concludere un’opera in cui viene messo in discussione il sistema geometrico ordinario con una quadratura del cerchio, potesse essere una mossa audace.

L’opera di Bolyai è composta da 43 sezioni che possiamo dividere in cinque parti (cfr. [Bonola, pg 101]):

1. definizione di parallele e loro proprietà indipendenti dal postulato delle parallele;

2. L-linea e F-superficie: la geometria sulla F-superficie coincide con la geometria euclidea;

3. trigonometria sferica: indipendenza dal V postulato e dimostrazione diretta delle formule;

4. trigonometria piana nel caso non euclideo: applicazione al calcolo delle aree e dei volumi;

5. problemi risolubili elementarmente: costruzione di un quadrato ed un cerchio di area uguale nell’ipotesi che il V postulato sia falso.

Offriremo una panoramica sui risultati più rilevanti dell’opera, sofferman- doci sugli ultimi paragrafi dove è contenuta la costruzione mediante riga e compasso di un quadrato ed un cerchio con la medesima area.

4.1

Parallelismo, parasfera e paraciclo

Analizziamo la definizione di parallelismo di Bolyai. Definizione 4.1.1 (§1). Sia −−→AM una semiretta.

Se −−→BN è una semiretta che non interseca −−→AM , mentre ogni altra semiret- ta con origine in B e giacente nel dominio angolare ABN interseca −−→AM , diciamo che −−→BN è parallela ad −−→AM e scriviamo

−−→

BN k−−→AM .

Bolyai definisce il parallelismo tra semirette orientate. In virtù di tale definizione, alcune proprietà del parallelismo euclideo sono preservate: ogni punto B esterno alla retta AM è origine di un’unica semiretta −−→BN tale che −−→

BN k−−→AM; inoltre, con questa definizione, il parallelismo è transitivo. Per quanto riguarda la transitività, Bolyai dimostra dapprima che due semirette parallele ad una terza non si intersecano e successivamente che tali semirette sono anche parallele. Ovviamente, come abbiamo già visto, queste due proprietà non sono più vere se consideriamo parallele due rette che non si intersecano, basti pensare ad una situazione come in figura, nei due modelli studiati.

Un risultato importante è quello che stabilisce una corrispondenza tra i punti di due rette parallele.

Indichiamo con

AB l CD

la relazione CAB = A bb CD. Vale il seguente risultato.

Allora esiste un punto F sulla retta AM tale che F M l BN

La rilevanza di tale risultato consiste nella possibilità di definire le nozioni di parasfera e paraciclo, che Bolyai chiama, rispettivamente, F-superficie e L-linea.

Definizione 4.1.2 (§11). Data una semiretta−−→AM , definiamo la F-superficie relativa ad −−→AM come segue

F = A ∪ {B|−−→BN k−−→AM implica BN l AM}.

Definiamo poi la L-linea relativa ad −−→AM come l’intersezione di F con un qualsiasi piano contenente la retta AM . La semiretta −−→AM è detta asse.

Osserviamo che, nella situazione della definizione precedente, se faccia- mo ruotare L attorno all’asse −−→AM, otteniamo la superficie F. L-linea e F-superficie possono essere viste, rispettivamente, come il cerchio e la sfera di raggio infinito. Tuttavia, Bolyai non adottò questo punto di vista; per lui, a differenza di Gauss, la nozione di cerchio richiede evidentemente l’adozione di centro fissato e di raggio di lunghezza finita. Per questo la L-linea non viene presentata come limite di un fascio di circonferenze, ma richiede che siano introdotti i punti corrispondenti (§5, 4.1.1).

In geometria euclidea, cioè nel sistema Σ, una L-linea con asse−−→AM è la retta passante per A e perpendicolare ad AM, mentre nel sistema S, sulle L- linee e sulle F-superfici non esistono tre punti collineari. In effetti la richiesta che sia valido il V postulato è equivalente alla richiesta che le L-linee siano rette.

La rilevanza delle superfici F risiede, in gran parte, nel risultato seguente. Teorema 4.1.1 (§21). Nella superficie F, se le L-linee giocano il ruolo delle rette, vale il postulato delle parallele e quindi tutta la geometria euclidea.

In questo modo, Bolyai esibiva un modello iperbolico di geometria eucli- dea. Andrebbe verificata la validità su F di tutti gli assiomi della geometria euclidea, ma nell’Appendix non è presente una dimostrazione completa di questo fatto.

Proposizione 4.1.2 (§22). Sia AB una L-linea corrispondente all’asse−−→AM e sia C un punto di −−→AM . Consideriamo l’angolo C bAB; se tale angolo si sposta all’infinito prima lungo −→AB e poi lungo −→BA, allora il cammino CD del punto C è la L-linea corrispondente all’asse −−→CM

Definizione 4.1.3. Nella situazione del teorema precedente, indicando con L la L-linea corrispondente all’asse −−→AM e con L0 quella corrispondente all’asse −−→

CM , diremo che L ed L0 sono parallele e scriveremo L k L0

A questo punto Bolyai dimostra un importante risultato che gli consentirà di definire una funzione che stabilisce una corrispondenza tra la distanza di due L-linee e il loro rapporto. In questo modo si definirà una funzione che faciliterà il lavoro nelle successive sezioni, in particolare per quanto riguarda il calcolo di aree e volumi.

Teorema 4.1.2 (§23). Siano

_

AB e

_

CD due L-linee parallele, come nella figura precedente. Allora il rapporto

_

AB:

_

CD non dipende dalla lunghezza dell’arco

_

AB, ma è completamente determinato dalla distanza AC.

Per provare questa affermazione, Bolyai considera due archi di L-linea CDF e ABE paralleli tra loro, secondo la definizione 4.1.3. Se−−→AM, −−→BN ed −→ EP sono assi e _ AB= _ BE, allora anche _ CD=DF ._

Inoltre, se _ AB= n _ CD, allora _ AE= n _ CF . Da queste relazioni, ricava che

_ AB: _ CD= _ AE: _ CF .

Da cui segue la tesi, perché non ci sono ipotesi sulla lunghezza di AB_ . Definizione 4.1.4. Nella situazione del teorema precedente, se indichiamo con x la distanza AC, allora il rapporto

_

AB:

_

CD lo indicheremo con la cor- rispondente lettera maiuscola, X.

Definiamo k come la lunghezza corrispondente a K = e.

L’autore dell’Appendix, dunque, ha definito una funzione f(x) = X, come accennato in precedenza.

In geometria euclidea si ha f(x) = 1, quindi il rapporto X non dipende dalla distanza x. In geometria iperbolica, invece, tale funzione è tale che se x <=> y, allora X <=> Y ; inoltre, come dimostra Bolyai, si ha che per ogni x e y vale

Y = Xxy.

Da quest’ultima relazione e da come è definita la quantità k, inoltre, possiamo ricavare che ∀x

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