• Non ci sono risultati.

Qualche osservazione conclusiva sul discorso bontadiniano

Per concludere il discorso bontadiniano sull’idealismo di Gentile, propongo ancora qualche spunto tratto dal Saggio di una metafisica dell’esperienza. Rivolgerò l’attenzione, infine, ad alcuni passaggi della riflessione di un discepolo di Bontadini, Carmelo Vigna, che nell’interpretazione dell’attualismo gentiliano si pone sulla scia del pensiero del maestro.

La posizione occupata dall’autore del Saggio a riguardo del divenire, in particolare mi riferisco al contenuto del secondo capitolo del testo, lascia emergere un’impronta di stampo scolastico. Il divenire - ribadisce qui Bontadini - non può spiegarsi in sé stesso poiché sembra essere contraddittorio, importando l’inerenza dei contrari in un’unica sostanza; senonché il contraddittorio è di per sé nullo: dal nulla, però, non viene nulla98. Gli immanentisti ritengono tale ragionamento privo di senso, poiché considerano il divenire in sé e non “le cose che divengono”. Il divenire, di per

97 Faccio riferimento a quanto Bontadini scrive in proposito nel secondo volume di Conversazioni di metafisica. Paolo Pagani, in Sentieri riaperti, espone la sua critica alla tesi bontadiniana

dell’incontraddittorietà del non essere assoluto, ritenendo invece autocontraddittoria l’ipotesi della sua realizzazione.

168

sé, non diviene: considerato in questa maniera, non comporta il sorgere della contraddizione poiché non viene chiamato in causa un divenire di “qualche cosa” dal nulla. Leggiamo il testo bontadiniano per chiarirci meglio in proposito: «il divenire non diviene: esso è (come incremento): il suo essere sarà l’essere ed il non essere della cosa, ma, per sé, puro essere (come divenire)»99. Con questa maniera di procedere, la contraddizione apparirà sorgere nella cosa stessa, che è soggetta al divenire, non nel divenire che, di per sé, è essere puro. Bontadini osserva, però, che questo modo di pensare non è corretto: occorre considerare non la cosa in sé e poi “attaccarle” il divenire, e nemmeno il divenire per sé e “riempirlo” della cosa, bensì considerarli insieme per come ci si presentano nell’esperienza100. L’unità della coscienza, considerata insieme al suo contenuto, costituisce quella che Bontadini chiama l’“Unità dell’Esperienza”. La coscienza indica la forma dell’esperienza; l’esperienza indica il contenuto della coscienza: la coscienza è reale solo se considerata insieme al suo contenuto, cioè solo come Unità dell’esperienza. Anche Chiocchetti, nella sua critica al divenire gentiliano, sottolinea come sia errata la maniera in cui il filosofo attualista concepisce il suo divenire, considerato astrattamente: atto, certo, ma di chi? “Di nessuno” e “da nessuno” - scrive Chiocchetti101- che propone invece un divenire dell’io, sostrato che non diviene102.

98 Il nulla è evocato qui poiché c’è contraddizione.

99 Cfr. G. Bontadini, Saggio di una metafisica dell’esperienza, Vita e Pensiero, Milano 1979 (1938),

p.112.

100 «Su questo terreno della concreta percezione va portata la controversia tra la teoria dinamisitica,

che preordina il divenire alla cosa, e quella sostanzialistica, che preordina la cosa al divenire, e non già bisogna credere che una di esse - quella dinamistica - rappresenti già per se stessa il portarsi su questo terreno, rappresenti già la stessa considerazione concreta della realtà». (Cfr. ibi, p. 113).

101 Cfr. E. Chiocchetti, La filosofia di Giovanni Gentile, p. 30.

102 Anche Masnovo, nel suo testo La filosofia verso la religione, sottolinea come l’ipotesi di un fieri

senza un soggetto che diviene sarebbe un’ipotesi astrattitistica, in quanto un divenire di niente sarebbe un niente di divenire. (Cfr. A. Masnovo, La filosofia verso la religione (1941), Vita e Pensiero, Milano 1986).

169

L’immanentismo moderno si pone come “immanentismo assoluto”, cioè pone l’esperienza medesima come l’assoluto, investendola dell’importanza “teologica” che il platonismo attribuiva al Logos e l’aristotelismo al Motore primo. Le dimostrazioni classiche sono considerate valide dalla filosofia moderna come dimostrazioni dell’assoluto, ma respinte come dimostrazioni della sua trascendenza. Per Gentile il divenire stesso è motore del diveniente. Anche Bontadini sembra inizialmente seguire la venatura gentiliana per cui il divenire sia causa sui, per respingerla però mano a mano durante il suo percorso speculativo. Inizialmente il filosofo della Cattolica aveva corretto l’approccio tradizionale, basato su criteri classici, al Neoidealismo, e aveva proposto una innovativa interpretazione dell’Io trascendentale gentiliano. Tale Io era fatto coincidere da Bontadini con la totalità dell’esperienza attuale, cioè era letto da lui come sinonimo della sua “Unità dell’esperienza”. Egli analizza il divenire proprio in riferimento a questo contesto empirico. In realtà, però, leggere l’Io trascendentale gentiliano alla maniera bontadiniana pare esegeticamente un po’ azzardato, poiché per il filosofo attualista la totalità dell’esperienza va di pari passo, si fa, con il progressivo costituirsi del soggetto103.

Un richiamo, per concludere rispetto alla posizione bontadiniana, al concetto di “creazione”, tanto importante nel dibattito sul divenire come originario. La creazione si identifica, secondo l’autore, nello sforzo di eliminare la contraddizione presente nel mondo empirico. E’ in questa direzione, allora, che Dio viene introdotto dialetticamente come “creatore”. Bontadini concepisce la creazione in maniera tale che «come atto che suscita dal nulla la realtà corruttibile, è insieme, come pertinenza

103 La lettura bontadiniana di Gentile è, insomma, irenica. Bontadini tenta di riscattare l’aspetto tetico

170

dell’Essere intelligibile, fuori del tempo (cioè immobile)»104

. Ciò che nel mondo empirico, che diviene, è considerato come non-essere dell’essere, visto nell’assoluto, creatore, si colloca come “atto intemporale che pone l’annullamento”; il Creatore non è soggetto alla contraddizione del divenire, in cui convivono prima e poi, essere e non-essere, proprio perché immobile, privo di scansione temporale. L’idea di Dio, concepita dialetticamente, lo identifica - scrive Bontadini - nell’unità di due attributi: “Immobile” e “Motore”. Possiamo enunciare allora il principio di creazione: l’“Immobile crea il mobile”, il che equivale ad affermare che il divenire (mobile) non può essere originario, poiché l’essere non può essere originariamente limitato dal non-essere. Scrive Bontadini: «Dio, creando il mondo - la realtà mutevole di cui abbiamo esperienza - non crea già l’assurdo - quell’assurdo che s’è avvertito nella rappresentazione del divenire -, in quanto l’assurdo stesso è tolto nel momento in cui il divenire è visto insidere nell’atto creatore, il quale è insuccessivo»105

. Ciò che nel divenire è il non essere dell’essere, nell’atto creatore è invece un puro positivo che pone la realtà. Precisa infine Bontadini che Dio è creatore, ma il mondo nulla aggiunge alla sua propria realtà, essendo da lui liberamente posto come realtà ben distinta.

Anche nel testo Dal problematicismo alla metafisica, nelle ultime pagine106, Bontadini ribadisce che l’originario deve essere privo del negativo. Per questa ragione il divenire deve avere origine nell’Immobile. Se non “venisse” da qualcos’altro, sarebbe esso stesso originario: il non-essere in lui limiterebbe l’essere. Deve “venire”, dunque, senza “far divenire” l’Immobile: tale necessità risiede nel principio di creazione.

104 Cfr. G. Bontadini, Conversazioni di metafisica, tomo II, p. 192. 105 Cfr. ibi, p. 193.

171