4. IL BIO-DISTRETTO DELLA VALCAMONICA. L’AGRICOLTURA BIOLOGICA PER LO SVILUPPO DELLA
4.5 Quale modello di sviluppo per il territorio camuno?
L’applicazione del modello distrettuale all’agricoltura biologica implica che questa debba essere in grado di attivare il potenziale endogeno dei territori e, al contempo, favorire nuove forme di governance in cui i valori del biologico siano un elemento di coesione non solo per la comunità produttiva ma anche per la società locale.
Attorno all’azione dell’associazione Valcamonica bio si è radunata, nel corso degli anni, una solida rete di attori che, dopo un periodo di incertezza dovuto alle poche risorse umane disponibili – tutte tra l’altro impegnate a titolo volontario – e la difficoltà di coinvolgere altre realtà territoriali, ha dato avvio ad azioni di valore nell’ottica dell’integrazione tra le filiere, fino a giungere alla creazione del Bio-distretto.
Benché l’azione del Bio-distretto della Val Camonica dipenda ancora oggi da quella che potremmo definire come una minoranza creativa, è possibile ravvisarvi i primi tentativi di integrazione strutturata tra le filiere del territorio. Tali azioni di integrazione, pur non essendo ancora in grado di rispondere compiutamente alle esigenze territoriali indicate nel programma, rappresentano una possibile via per fronteggiare le difficoltà del settore primario locale attraverso iniziative collaborative.
D’altra parte, si ravvisano i seguenti fattori limitanti:
28 Le aziende vitivinicole adottano innovazioni di processo, soprattutto quelle che garantiscono una maggiore sostenibilità ambientale del prodotto (tecniche agronomiche e di lotta biologica alle infestanti ai parassiti, per esempio), altre aziende trasformano i prodotti in maniera innovativa per mercati di nicchia quali quello vegano e crudista.
29 Ciò evidenzia, da una parte, la capacità del sistema produttivo locale di essere autosufficiente dal punto di vista finanziario e, dall’altra, una qualche difficoltà delle aziende più piccole di ricorrere ai finanziamenti pubblici.
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• esiste una certa confusione di ruoli tra Valcamonica Bio e il Bio-distretto, soprattutto dovuta al fatto che il secondo accoglie anche aziende convenzionali, i cui interessi possono non coincidere pienamente con quelli delle aziende aderenti all’associazione. Il sistema duale che si è venuto a contrapporre limita la funzione aggregatrice del Bio-distretto;
• buona parte delle aziende, anche tra le aderenti all’associazione Valcamonica Bio, può contare sul supporto di soggetti collettivi più strutturati e radicati sul territorio rispetto al bio-distretto che offrono uno sbocco commerciale consolidato agli agricoltori;
• i membri dell’associazione, specie quelli più attivi, elaborano azioni di valore, ma non inserite in una strategia di lungo periodo;
• stante le peculiarità del settore primario camuno, per molti prodotti non esistono filiere strutturate e quando presenti la scarsa collaborazione tra Valcamonica Bio e gli altri attori locali non permette la creazione di azioni sinergiche per lo sviluppo territoriale.
L’agricoltura valligiana, rimane orientata su una grande varietà di ordinamenti produttivi ed è finalizzata a consolidare i redditi accorciando il più possibile la catena del valore. Questo frena la costituzione di filiere strutturate e disperde l’efficacia delle azioni del distretto, ragione per cui l’integrazione tra agricoltura e altre filiere permane in una fase embrionale. Ad esempio, se si eccettuano alcuni accordi siglati autonomamente tra le aziende e la ristorazione, manca un’azione coordinata che integri la filiera del turismo con l’agricoltura. Un altro caso riguarda il latte biologico che è trasformato in azienda per essere destinato alla vendita diretta oppure ceduto per la trasformazione a caseifici fuori valle. Inoltre, anche laddove esistono filiere efficienti, come per esempio quella del vino, la scarsa collaborazione tra Valcamonica Bio e altri attori locali non permette la creazione di azioni sinergiche per lo sviluppo territoriale.
La sovrapposizione del Bio-distretto con le altre associazioni ha conseguenze anche sul piano pratico:
la scarsa rappresentatività di Valcamonica Bio ne impedisce il riconoscimento da parte di Regione Lombardia, concesso alle associazioni di produttori che raggiungono un certo grado di rappresentatività territoriale.
L’associazione si priva così di un interlocutore di primo piano e della possibilità di accedere a molti bandi pubblici.
Allo stato attuale, è possibile affermare che il Bio-distretto ha intrapreso azioni di responsabilità sociale, sia rivolte all’esterno, cioè alla popolazione e a altri soggetti del territorio, sia verso l’interno, cioè che puntano al coinvolgimento dei membri, anche in un’ottica di filiera. Sono sicuramente progetti, che, per quanto limitati, rappresentano un primo tentativo di produrre sviluppo locale valorizzando l’esistente. D’altra parte, il Bio-distretto non è ancora in grado di elaborare una strategia di governance partecipata, in quanto non è stato capace di superare la visione ideologica che non lo porta a collaborare con alcuni interlocutori locali. Di contro, è possibile ascrivere al Bio-distretto la funzione di agenzia di promozione.
Sarebbe necessario stabilire partenariati in grado di strutturare filiere locali solide e integrate con attività extra-agricole. Per ottenere un tale risultato, però, è necessario abbandonare la logica degli interventi numerosi ma slegati tra di loro, per elaborare un progetto di sviluppo chiaro, in grado di coinvolgere anche altre realtà istituzionali quali le associazioni di categoria, oppure le agenzie di sviluppo locale come, ad esempio, il Gruppo di Azione Locale.
Anche i soci del Bio-distretto, nonostante i notevoli sforzi compiuti, non sono ancora riusciti ad affrontare i fattori limitanti indicati nello studio preparatorio del 2013. D’altra parte, è bene sottolineare alcuni segnali che permettono di affermare che il percorso di sviluppo locale si sta muovendo lungo la strada della sostenibilità, lungo le direttrici della conservazione, della partecipazione e dell’innovazione. In primo luogo, perché l’associazione Valcamonica Bio è riuscita a destare l’interesse non solo delle aziende aderenti ma anche della popolazione valligiana e di altre realtà produttive su alcune problematiche ambientali; al contempo le aziende socie si sono trovate coinvolte in un contesto collaborativo che ha incrementato la propensione alla cooperazione nel settore agricolo della valle.
62 Ciò premesso, le cause che limitano il potenziale del Bio-distretto della Valcamonica si possono così riassumere:
• motivazioni ideologiche, che portano a una scarsa collaborazione con le altre realtà associative e territoriali presenti ma che non sono biologiche. Tale limite è accentuato dalla sovrapposizione tra Bio-distretto e Valcamonica Bio che porta a confondere una realtà territoriale con una associativa, limitando i possibili interlocutori;
• diffidenza verso il sostegno pubblico che rende l’associazione riluttante a partecipare ai bandi pubblici, soprattutto quelli previsti dal Programma di Sviluppo Rurale. D’altra parte, un grosso impedimento all’accesso al supporto pubblico è rappresentato dalla legislazione della Regione Lombardia, che prevede il riconoscimento delle associazioni di produttori che raggiungono un numero minimo di aderenti;
• oggettiva scarsità di domanda per i prodotti biologici da parte dei consumatori locali;
• scarso interesse, a parte alcune eccezioni, da parte dei Comuni. Viene così a mancare un sostegno fondamentale delle iniziative territoriali, non solo per favorire la comunicazione e dargli autorevolezza, ma anche e soprattutto perché le amministrazioni locali svolgono una naturale funzione aggregante delle istanze provenienti dal territorio e mediano tra le diverse esigenze.
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