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La qualificazione giuridica del fondo nella prospettiva della separazione patrimoniale e quale “oggetto” di diritto

Forse più aderente alle origini storiche è la teoria del fondo come patrimonio senza soggetto, proprietà di nessuno247. In realtà, quel che emerge in modo evidente dal dibattito sopra sommariamente descritto è la difficoltà del giurista ―continentale‖ di concepire un patrimonio che non sia la ―proiezione‖ di un soggetto, al quale, dunque, riportarlo. Donde il suggerimento di un (più certo) atteggiamento ―agnostico‖248.

Questo aspetto, come evidenziato, è stato chiarito, in parte, dalla l. n. 77/1983, istitutiva dei fondi comuni di investimento aperti e, finalmente, dal Testo Unico, che ha in qualche modo avallato la visione di un patrimonio adespota.

Il punto fondamentale su cui s‘impernia la qualificazione giuridica del fondo quale ―oggetto‖ di diritto è la constatazione che il fondo, privo di personalità giuridica ma dotato di autonomia patrimoniale, è un ―patrimonio separato‖ sul quale, a ben vedere, non gravano diritti di proprietà in senso tradizionale.

La qualificazione giuridica del fondo comune assume come dato di partenza il regime di separazione patrimoniale sancito dal legislatore, nell‘ambito delle diposizioni afferenti i fondi comuni di investimento e gli Oicr. In questa prospettiva si coglie appieno la rilevanza della definizione in termini di patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società; raccolto, mediante una o più emissione di quote, tra una pluralità di investitori con la finalità di

che essa è configurabile in termini di ―utilità-rischio‖, in contrapposizione alla posizione di ―potere‖ della società di gestione (COSTI R., op. cit., 204 ss.).

247 COSTI R., La struttura dei fondi comuni d’investimento nell’ordinamento giuridico italiano e nello

schema di riforma delle società commerciali, cit. Sul punto cfr. soprattutto LENER R., La circolazione del

modello del trust nel diritto continentale del mercato mobiliare, cit. 1050 ss.

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investire lo stesso sulla base di una predeterminata politica di investimento; suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti; gestito in monte, nell‘interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi. Per tale via, il rispetto dell‘autonomia è garantito dalla distinzione dei patrimoni e dalla sua preminente destinazione allo scopo di investimento finanziario nonché dall‘affidamento del patrimonio distinto a un depositario terzo. Partendo dall‘assunto che i fondi comuni sono istituti giuridici che godono di autonomia patrimoniale; che i sottoscrittori non sono proprietari del patrimonio del fondo, sebbene esso sia costituito grazie ai loro conferimenti in denaro; che la società di gestione ha ampi poteri di amministrazione di tale patrimonio, ma non ne ha la facoltà di godimento e non ne è la proprietaria e che esercita un‘attività d‘impresa che si estrinseca nel perseguimento delle finalità istituzionali del fondo e che, a tale scopo, i suoi poteri sono funzionalmente vincolati al raggiungimento di un determinato fine sancito dalla legge, che viene perseguito affinché ne traggano beneficio dei terzi (i partecipanti) e non il soggetto a cui tale diritto sta in capo (la Sgr), si può affermare che la costituzione del fondo comune d‘investimento fa sorgere un patrimonio separato qualificato dallo scopo cui è destinato. La società di gestione si pone, dunque, come titolare di una situazione giuridica reale il cui contenuto presenta elementi propri del diritto di proprietà ma da esso si differenzia per la presenza di un vincolo finalistico che non dà luogo a un diritto soggettivo o a una scissione tra titolarità ―formale‖ e ―sostanziale‖, bensì a una ―funzione‖.

La configurazione della ―titolarità funzionale‖, all‘evidenza di carattere fiduciario, nasce dal tentativo di adattare un istituto giuridico, il trust, peculiare dell‘ordinamento di common law a un sistema continentale di derivazione romanistica. Come evidenziato in precedenza, l‘analogia più prossima con riguardo ai rapporti gestore-fondi è rinvenibile nella posizione del trustee, considerando l‘origine storica dell‘istituto dell‘investment trust e gli scopi perseguiti dai legislatori europei nel tentativo di trapiantarne il modello.

La legittimità di tale (ardita) formulazione può, invero, suscitare il rilievo critico e (in apparenza) formalmente corretto per cui la ―titolarità funzionale‖ di carattere preminentemente fiduciario non è configurabile alla stregua dell‘ordinamento giuridico interno che si basa, senz‘altro, sul carattere chiuso e tassativo dei diritti reali. Tuttavia, non si può non replicare che tale argomentazione prescinde dalla considerazione che rientra certamente tra le facoltà del legislatore la possibilità di adeguare il diritto alle

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realtà che emergono nella società e di superare il predetto principio mediante una legislazione speciale introducendo, anche implicitamente, nuove figure di diritti reali. Anche l‘obiezione ‒ non priva di fondamento dogmatico ‒ basata sulla ritenuta impossibilità di configurare un patrimonio adespota può essere superata, considerando il diritto in un‘ottica dinamica e non statica, cogliendo, in tal modo, l‘opportunità di riconoscere che, in determinate ipotesi, il diritto ossificato nella legge non è in grado di fornire una rappresentazione giuridica del fenomeno aderente alla realtà. Né sembra che la mancanza di un diritto di proprietà, nella sua eccezione tradizionale, gravante sul patrimonio del fondo possa creare particolari problemi dottrinali con riferimento all‘esigenza della certezza dei rapporti giuridici, considerando che la Sgr è funzionalmente titolare dei beni del fondo comune nelle relazioni giuridiche con i terzi. La dottrina più autorevole249 è ampiamente concorde su questa tesi, riconoscendo nella titolarità del fondo una particolare forma di proprietà fiduciaria 250.

Una prima conclusione che si può trarre è che appaiono, quindi, ragionevolmente incontrovertibili le caratteristiche di autonomia, segregazione e impermeabilità del patrimonio del fondo comune rispetto a quello della Sgr e e degli investitori del fondo. Quest‘ultimo, infatti, è dotato di autonomia patrimoniale bilaterale perfetta, tenuto conto che, analogamente a quanto avviene in tema di patrimoni destinati a uno specifico affare (artt. 2447 bis e ss. c.c.) , i creditori della società di gestione non possono aggredire il patrimonio del fondo, in deroga al principio di responsabilità patrimoniale di cui all‘art. 2740 c.c., né la Sgr può essere chiamata a rispondere con il proprio patrimonio nei confronti dei creditori del fondo per le obbligazioni contratte per conto e nell‘interesse del fondo stesso, qualora il patrimonio di quest‘ultimo sia insufficiente a soddisfare tali obbligazioni (salve, ovviamente, ipotesi di responsabilità per mala

249 V. MARCHETTI G., La natura giuridica dei fondi comuni di investimento e la liquidazione coatta

amministrativa della società di gestione del risparmio, in Nuova Giurisprudenza civile commentata,

2012, 818 ss. Qualcosa di simile era già emerso circa i comitati (art. 39 e segg. c.c.) allorquando era stato rilevato che la titolarità formale, in capo ai gestori dei comitati, doveva essere concepita in riferimento al complesso dei beni del "fondo", che, pertanto, si connota come un "patrimonio fiduciario", con una specifica destinazione di scopo.

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Sull‘ammissibilità di una proprietà fiduciaria, v. JAEGER P. G., La separazione del patrimonio

fiduciario nel fallimento, cit., che, rievocando la figura del fideicomiso nel quale si identifica un negozio

fiduciario tipico, legislativamente previsto, traslativo del diritto di proprietà soggetto, tuttavia (sempre per espressa disposizione di legge), a limiti temporanei e di esercizio, supera qualsivoglia ostacolo per l‘ammissibilità dell'esistenza di una proprietà fiduciaria Peraltro, anche la dottrina di taluni ordinamenti giuridici latino-americani era ricorsa alla figura del fideicomiso, definibile come un "mandato irrevocabile" in forza del quale si giunge alla "costituzione di un patrimonio autonomo, con destinazione unitaria dei beni che lo compongono ad un determinato scopo".

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gestio)251. Il principio della separazione del patrimonio del fondo rispetto a quello della Sgr sarebbe confermato anche dalla norma di cui all‘art. 57, commi 1- 6, t.u.f. da cui si evince che qualora sia la Sgr a essere in crisi, la procedura di liquidazione coatta amministrativa della medesima non sempre incida sulla struttura e tenuta del fondo252. Nel quadro delineato, si assiste, dunque, a una creazione di patrimoni separati in funzione, in relazione agli scopi perseguiti253, creando così una frammentazione del patrimonio e del conseguente regime della responsabilità patrimoniale, localizzando la responsabilità di una certa massa di patrimonio a garanzia esclusiva di distinte classi di creditori254. Ciò senza dover necessariamente ―scomodare‖ il concetto di proprietà in senso ―sostanziale‖ attribuito alla posizione dei partecipanti al fondo o quello in senso ―formale‖ conferito alla società di gestione.

In altri termini, il fenomeno economico del fondo comune di investiemento e la – non sempre chiara – relativa disciplina giuridica non sono sempre sussumibili, automaticamente, in schemi e principi tradizionali del nostro sistema. Ciò, tuttavia, non vuol dire sancirne l‘incompatibilità. Così ragionando, seguendo una (tentata) impostazione metodologica emancipata da pregiudiziali atteggiamenti di dipendenza ideologica dalla (―dispotica‖) logica dominicale ‒ senza l‘arroganza di tradire i concetti e gli istituti del ―sistema‖ ‒ occorre prendere atto che i (complessi) rapporti e le vicende giuridiche a sfondo gestorio devono essere interpretati e ―ricostruiti‖ adottando una percezione del fenomeno in termini di partecipazione a un investimento collettivo, alla luce delle sue peculiarità.

Si può schematicamente evidenziare che con il proprio ―apporto‖ il partecipante, lungi dal trasferire la proprietà, il diritto soggettivo di proprietà sul bene apportato, ―destina‖ al fondo comune un bene che, considerato nel suo valore strumentale allo svolgimento di un‘attività di gestione diretta a un risultato nell‘interesse dei partecipanti, non può essere utilizzato in alcun caso per il soddisfacimento di interessi diversi o riferibili alla

251 Contrariamente a quanto affermato – sia pure obiter dictum – dalla Cassazione con sentenza n.

16605/2010, secondo la quale il patrimonio della SGR sarebbe aggredibile in caso di incapienza del patrimonio del fondo. Alla luce dell‘attuale formulazione dell‘art. 36, comma 4, t.uf., si può affermare che vi sia una separazione bilaterale perfetta del patrimonio della Sgr da quello dei fondi gestiti (e dal patrimonio di ciascun partecipante). Cfr. GHIGI C., Separazione patrimoniale e fondi comuni di

investimento, in Giur. comm., 2011, 1146.

252 Cfr. Cass. civ., 17 ottobre 2012, n. 17812 e Cass. civ. 17 ottobre 2012, n. 17793, cit.

253 V. BULLO L., Separazioni patrimoniali e trascrizione: nuove sfide per la pubblicità immobiliare, in

Quaderni della Riv. dir. civile, Padova, 2012.

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SPADA P., Persona giuridica e articolazioni del patrimoni: spunti legislativi recenti per un antico

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Sgr nonché a terzi. A tal fine, la disciplina attribuisce alla società di gestione una ―legittimazione‖ piena ed esclusiva ad agire nell‘interesse dei partecipanti affinchè il fondo realizzi le finalità per le quali è prevista la sua costituzione, con una palese ―funzionalizzazione‖ della società di gestione che agisce, a ben vedere, ―nella qualità‖, ―nella funzione‖ di gestore del fondo piuttosto che ―per conto‖ o ―in nome‖ dello stesso. In questa ―ricostruzione‖255, che si confronta con le caratteristiche fisiologiche ed essenziali del ―fenomeno fondi‖, il punto fondamentale su cui s‘impernia la qualificazione giuridica del fondo quale ―oggetto‖ di diritto è la constatazione che il fondo, privo di personalità giuridica ma dotato di autonomia patrimoniale, è un ―patrimonio separato‖ sul quale, a ben vedere, non gravano diritti di proprietà in senso tradizionale e in cui la separazione – nonché l‘autonomia – è destinata ad assolvere una particolare funzione economica e sociale sulla massa patrimoniale. Nei fenomeni in cui prevale il profilo dell‘investimento e in cui la gestione è dinamica, essendo volta a incrementare il valore dell‘investimento stesso, gli effetti della separazione patrimoniale non operano esclusivamente in funzione di tutela del perseguimento dell‘interesse protetto e della destinazione del bene ma, soprattutto, come strumento per assicurare l‘efficacia della gestione, indirettamente necessaria per la protezione del cliente nei confronti del gestore.

255 Che si deve a FERRO-LUZZI P.,Un problema di metodo: la ―natura giuridica‖dei fondi comuni di

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CAPITOLO TERZO

AUTONOMIA E SEPARAZIONE PATRIMONIALE: ASPETTI FUNZIONALI

SEZIONE I

Sommario: 1. Questioni di metodo: l’autonomia e la separazione dei fondi alla luce delle peculiarità della disciplina di settore. L’abbandono del sistema a soggetto. – 2. La teoria del patrimonio: retrospettive storiche e prospettive funzionali. – 3. Il ―problema‖dei patrimoni separati.

1. Questioni di metodo: l’autonomia e la separazione dei fondi alla luce delle