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Questioni di metodo: l’autonomia e la separazione dei fondi alla luce delle peculiarità della disciplina di settore L’abbandono del sistema a soggetto

Come cercato di evidenziare, le diverse tesi suesposte vanno lette alla luce delle peculiarità della disciplina dei mercati finanziari e del risparmio gestito, nonché nell‘ottica delle diverse forme di separazione (funzionalmente considerate) e del concetto di autonomia. Al fine di testare il ―presunto‖ collegamento tra i fondi e il principio della separazione patrimoniale, l‘esame critico della fattispecie non può prescindere, sul piano del metodo, da un inquadramento sistematico alla luce delle ulteriori forme di separazione patrimoniale rinvenibili nell‘ambito del diritto societario e dei mercati finanziari. Si ritiene, in definitiva, che in tale contesto una feconda chiave di lettura può essere rappresentata da un approccio che guarda alla funzione della separazione patrimoniale. Approccio che, se da una parte risulta idoneo ad acclarare le finalità a cui assolve il principio della separazione nelle diverse forme applicative rinvenibili nei settori esaminati, dall‘altra deve necessariamente confrontarsi con le scelte e con la ratio della normativa speciale ‒ anche nella prospettiva di riordino comunitaria ‒, a cui ogni valutazione giuridica o economica della struttura dei fondi in termini di patrimonio separato è ancorata. In particolare, considerata l‘assenza, nel nostro ordinamento, di una figura generale di separazione patrimoniale ‒ per lo più configurabile alla stregua di ―fenomeno‖ e non di ―istituto‖ ‒ risulta necessario comparare giuridicamente le diverse ipotesi di patrimoni separati [ossia, in via esemplificativa, i patrimoni distinti della gestione collettiva (fondi comuni di investimento) e dei servizi di investimento e accessori, la cartolarizzazione dei crediti, la separazione dei patrimoni nelle società per azioni, trust, gli istituti di pagamento] alla

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luce dell‘ordinamento interno, evidentemente influenzato dall‘esperienza di origine internazionale e dalla teoria giuridico-economica (soprattutto nordamericana).

La riflessione sulla natura giuridica del fenomeno in esame non può essere affrontata a valle, ossia sul piano degli esiti applicativi; più correttamente, sembra necessario individuare le premesse metodologiche che fondano le argomentazioni seguite dalle diverse teorie esaminate e verificarne l‘impostazione.

In questo senso, sembrano meritevoli di attenzione alcuni aspetti dell‘indagine tradizionale per un adeguato approfondimento. In primo luogo, la qualificazione della natura giuridica nella prospettiva del diritto di proprietà sembra avvalersi, come evidenziato, di alcuni principi metodologici derivanti dalla dogmatica pandettistica che per taluni versi sembrano guidati da apriorismo: si ritiene implicitamente, cioè, che il ―sistema‖ sia impostato sulla centralità assorbente del diritto soggettivo e sulla corrispondenza biunivoca tra il riconoscimento di tale diritto e l‘esistenza di un individuo, persona, soggetto di diritto che ne sia titolare256. Si identifica, quindi, un diritto soggettivo (la proprietà dei beni facenti parte del fondo) e se ne cerca il corrispondente titolare (individuandolo nella Sgr), espungendo così dal sistema la possibilità di individuare una possibile situazione di relazione tra i soggetti e le cose non in linea con tale ricostruzione. In secondo luogo, la nozione di ―soggetto‖ implicitamente accolta (nella quale non vengono dunque ricompresi i fondi) sembra risentire degli orientamenti propri delle codificazioni di tipo continentale, che tendono a individuare quale premessa (ideo)logica una nozione astratta e onnicomprensiva di soggettività che si pone al vertice del ―sistema‖ e in base alla quale verificare la possibilità di ricomprendere in essa le singole fattispecie concrete. E‘ chiaro che si tratta di un‘impostazione espressione di valori morali, economici, ideologici e storici. Tuttavia, non si può non considerare che il fenomeno socio-economico

256 L‘adozione di una prospettiva individualistica, al cui centro si colloca il soggetto ed il diritto

soggettivo, è propria delle visioni ottocentesche – ed in particolare di quella della pandettistica tedesca – per le quali la questione giuridica centrale è quella dell‘appartenenza della ricchezza. Per l‘inquadramento del dogmatismo ottocentesco ed il suo superamento restano fondamentali le opere di ORESTANO R., Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, e «Persona» e «persone giuridiche» nell’età

moderna, rispettivamente del 1960 e del 1968 raccolte in Azione. Diritti Soggettivi. Persone giuridiche,

Bologna, 1978, 113 ss. e 192 ss. e di FERRO-LUZZI P., I contratti associativi, Roma, 1970, che adottano una prospettiva mediana (normativo-obiettiva) tra le posizioni individualiste e quelle normativiste. Un‘indagine storica sull‘evoluzione da prospettive incentrate sul soggetto e sull‘appropriazione della ricchezza a quelle incentrate sull‘impresa e sulla produzione della ricchezza in ANGELICI C., Discorsi di

diritto societario, in Negozianti e imprenditori. 200 anni dal Code de commerce, Milano, 2008, 141 ss.

Importanti approfondimenti in MONTALENTI P., Riflessioni in tema di persona giuridica, in Persona

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dell‘investimento collettivo del risparmio deriva dall‘importazione di modelli giuridici stranieri. Così, ad esempio, i principi dell‘autonomia, della separazione e della destinazione riferiti al patrimonio sono fenomeni recenti nel nostro ordinamento, in cui la cui (limitata) portata giuridica risente di questo ―trapianto‖ di derivazione principalmente anglosassone.

Così stando le cose, prendendo opportunamente le distanze dalla (non sempre necessaria) elevazione ―a soggetto‖ del sistema ove identificare un diritto soggettivo di proprietà e, in connessione immediata, un soggetto titolare, all‘interprete si dischiude la possibilità di un‘analisi sempre più articolata delle varie situazioni e di una ricerca (non aprioristica) di soluzioni più pertinenti. Pur avvertendo il rischio che venga così trascurata (se non sacrificata) l‘idea di ―sistema‖, ne uscirà arricchita l‘esperienza del giurista257.

Sulla premessa che (inevitabilmente) un metodo siffatto non deve sacrificare i principi che sottendono il nostro ordinamento, sembra preferibile procedere assumendo, come punto di partenza, l‘analisi funzionale della disciplina prevista per le singole ipotesi di ―separazione patrimoniale‖ anche al fine di chiarire in quale misura si debba o si possa parlare di ―soggetti‖ e di verificare l‘eventuale possibilità di raggruppare tali fattispecie in un‘unica categoria giuridica.

Nella convinzione che il fondo comune di investimento debba essere oggetto di un percorso di ―riqualificazione‖ alla luce delle peculiarità della sua disciplina, si accetta l‘idea che possano darsi dei collegamenti di beni, i quali, per la loro destinazione, e soprattutto per la loro organizzazione in vista della destinazione, diventano termini indipendenti di rapporti giuridici, rifiutando, contestualmente, ogni esasperata contrapposizione tra il soggetto e l‘oggetto del diritto.

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Sul punto non possono non essere ricordate le parole di ORESTANO R. («Persona» e «persone giuridiche» nell’età moderna, cit., 271), secondo il quale ―la moderna scienza giuridica e la stessa tecnica

legislativa delle codificazioni di tipo europeo-continentale muovono, come premessa logica di ogni loro «sistema», della definizione preventiva e astratta dei «soggetti» del sistema stesso. Dopo di che, dal rientrare o meno in tale definizione, si fa conseguire l‘ammissione o l‘esclusione di una serie di «capacità» e di attribuzioni, concepite come «qualità» di chi è stato considerato «soggetto». Con ciò tocchiamo il punto di frattura tra le esperienze più antiche e l‘esperienza moderna, perché quanto caratterizza le prime è proprio un modo di procedere completamente opposto, vale a dire l‘assoluta mancanza di ogni definizione in astratto dei «soggetti di diritto» e di contro la determinazione in concreto di singoli aspetti della «capacità» e di singole attribuzioni in relazione a singole situazioni particolari, il più delle volte solo oggettivamente considerate. Un‘analoga frattura mi sembra si stia determinando anche fra l‘esperienza di stampo ottocentesco e l‘esperienza contemporanea. Come si è visto, all‘impiego di una nozione astratta e onnicomprensiva di persona giuridica si va ormai sostituendo – e felicemente – un‘analisi sempre più articolata delle varie situazioni, alla quale si accompagna la ricerca delle soluzioni più pertinenti ad ognuna, fuor d‘ogni apriorismo.

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Pur riconoscendo il contributo apportato dalle teorie illustrate in precedenza, occorre sottolineare l‘insufficienza metodologica di un approccio che pretenda di rinchiudere situazioni giuridiche che non fanno capo a una persona fisica, bensì a una pluralità di persone e a un complesso di beni, a una logica di sistema che esaurisce la problematica nei due termini estremi soggetto-oggetto di diritto visti in un rapporto di necessaria complementarietà che, a ben vedere, non lascia scoperto alcun spazio o margine alcuno. All‘evidenza, una così rigida classificazione, senza mediazioni o alternative, non riesce ad abbracciare tutti i modi di atteggiarsi di fenomeni giuridici nonché economico- sociali, i cui interessi, la loro composizione e disciplina, non può ridursi negli schemi elementari del sistema a ―soggetto-diritto‖.

La disciplina dei fondi comuni di investimento e, più in generale, della gestione collettiva del risparmio ci avverte, in conclusione, della opportunità di non approdare, in ogni caso, alla logica e al processo ―unificante‖ della soggettività intesa e costruita in via prioritaria sul piano dell‘appartenenza, titolarità e, dunque, di imputazione di beni e di diritti, non sempre in grado di tradurre in termini giuridici tutti gli articolati aspetti presenti nella complessa quanto peculiare realtà di rapporti e di scopi sottostante ai fondi comuni di investimento.

Tale approccio, peraltro, trova conferma nelle intenzioni espresse dal legislatore, quando afferma: ―Circa il rilievo sulla natura giuridica del fondo, va rilevato che trattasi di nuovo istituto, del quale l‘autonomia patrimoniale costituisce caratteristica essenziale, come del resto affermato esplicitamente nel testo del provvedimento‖258. La riflessione giuridica su quale ruolo assolva la soggettività nel sistema dell‘imputazione giuridica del bene e della disciplina del suo utilizzo induce a verificare ‒ a margine del ―problema‖ su ciò che è il soggetto di diritto 259

‒ quale significato si attribuisca, nell‘ambito del fenomeno della gestione collettiva del risparmio, alla

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Relazione della 6 °commissione permanente finanze e tesoro - Berlanda - sul disegno di legge n. 1609

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La constatazione iniziale e l‘interrogativo è formulato da CARBONNIER J., Sur les traces du non-sujet

de droit, in Arch. phil. dr., 34 (1989), 197 ss. (cfr. anche ID, Les choses inanimées ont elles une âme?, in

Anthropologies juridiques. Mélanges P. Braun, Limonges, 1998, 135 ss.); cfr., altresì, SANTORO- PASSARELLI F., L’impresa nel sistema del diritto civile, in Riv. dir. comm., 1942, I, 376 ss., ed ora in

Saggi di diritto civile, vol. II, Napoli, 1961, 945 ss.; con riguardo alla distinzione tra oggetto e soggetto di

diritto, v. RESCIGNO P., Disciplina dei beni e situazioni della persona, in Quaderni fiorentini per la storia

del pensiero giuridico moderno, 5-6 (1976-7), II, 861 ss.. Per quanto concerne la soggettività si v.

soprattutto LIPARI N., Spunti problematici in tema di soggettività, in La civilistica italiana dagli anni ’50

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nozione di ―autonomia‖ e, ancora prima, nel sistema privatistico, al (super)concetto di patrimonio260.