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32 WEST 1983, LAKS–MOST 1997, BERNABÉ 2004, BETEGH 2004, GRAF-JOHNSTON

1.4 Questioni metodologiche

Molti e ardui sono i problemi che si trova ad affrontare chi si accinge a trattare dei riferimenti ai Misteri in Platone. In questa sezione introduttiva, proverò ad elencarli e a proporre, quando possibile, delle possibili soluzioni.

La sproporzione tra la conoscenza dell’opera del filosofo - con relativo fiorire di edizioni critiche, commenti, lessici e studi - e l’incertezza delle fonti sui Misteri e dei tentativi di ricostruirne le modalità e soprattutto il significato mi sembra il più pressante. È sempre un azzardo affermare l’esistenza di una corrispondenza tra Platone e i Misteri, e tanto più escluderla, vista la limitatezza, parzialità e, talvolta, reticenza delle fonti su questi ultimi. Solo gli iniziati venivano edotti sul significato più profondo dei riti compiuti e non erano autorizzati a divulgarlo al di fuori del

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circolo dei μύσται. Ogni rituale misterico, per quanto affollato,45 implicava un atto di separazione dalla comunità a cui l’iniziando smetteva temporaneamente di appartenere, per entrare a far parte di una comunità più ristretta e selezionata, quella degli iniziati.46 Al di fuori del cerchio immaginario tracciato da questa dinamica di appartenenza e provvisoria auto-esclusione, l’immagine evocata non risulta pienamente comprensibile. Inoltre, molte delle fonti a nostra disposizione sono tarde e descrivono i culti in un’epoca in cui essi avevano conosciuto uno sviluppo in senso allegorico (è il caso dei Misteri Eleusini) e sincretistico. Rarissimamente abbiamo la fortuna di disporre di fonti di prima mano e di testi, per così dire, di

servizio, come dovevano essere le laminette auree e le tavolette ossee da Olbia

orfico-bacchiche. Più spesso a svelare gli arcani dei Misteri sono stati autori pagani (Clemente Alessandrino e Ippolito, in primis) il cui obiettivo era quasi sempre quello di screditarli e dimostrarne la vacuità, l’oscenità e l’insensatezza.47 Non possiamo stabilire fino a che punto essi siano in buona fede nel descrivere e decodificare i rituali misterici, di cui, in ogni caso, avevano una conoscenza indiretta. Il fatto che i Misteri fossero in parte segreti li rendeva uno dei soggetti prediletti dell’immaginazione tendenziosa dei cristiani.48 Si dà, inoltre, il problema

45 È certamente il caso dei Misteri Eleusini già in età classica. Su questo punto si è molto insistito;

cfr. BREMMER 2014, 4-11, che parla di “participation en masse”, e BURKERT 1981 [1972], 178: “se “mistica” significa inabissamento individuale, apertura di una dimensione di profondità dell’anima sino al rifulgere di una luce interiore, allora i Misteri eleusini, celebrati davanti a migliaia di partecipanti nella sala misterica rigidamente chiusa, non erano affatto “mistici””.

46 Si applica qui ai culti misterici, che hanno sempre una dimensione iniziatica, tipica dei riti di

passaggio, quanto detto in merito alla separazione dell’iniziando dalla comunità di appartenenza e alla successiva aggregazione a una nuova comunità da VAN GENNEP 2012 [1909].

47 Clemente (Protr. 18.1), ad esempio, afferma di voler rivelare i vuoti symbola di un rituale

orfico-dionisiaco per esporli al biasimo (κατάγνωσις) dei suoi lettori.

48 Sempre Clemente (Protr. 19.1-4) svela il grado più alto (εἰ θέλεις δ’ ἐποπτεῦσαι κτλ.) dei

Misteri dei Coribanti e dei Cabiri, le cui vidende mitiche, a detta del cristiano, consistevano in nient’altro che fratricidii e osceni traffici del membro di Dioniso, nascosto in una cesta e venerato come oggetto di culto. Vd. commento in SCARPI 2002, vol. II, 423-423.

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della distanza cronologica tra l’età classica e l’epoca della patristica. Se è vero, come ha sostenuto Sourvinou-Inwood, che i Misteri eleusini dovevano essere conservativi ed è inverosimile che lo schema delle cerimonie fosse stato stravolto, è altresì innegabile che, come ogni fenomeno antropologico e religioso, anche le venerabili τελεταί fossero soggette al cambiamento.49 Bisognerà, dunque, procedere con molta cautela e accontentarsi, quando possibile, di segnalare i punti di contatto tra Platone e le fonti sui culti misterici nella sua epoca, seguendo l’approccio metodologico indicato da Sattler (2013) e Bernabé (2013).

Un altro problema che si trova a fronteggiare lo studioso di questa materia è la discrepanza tra la visione platonica della divinità e i dati raccolti e interpretati da storici delle religioni come Detienne e Burkert, che rimandano a un’immagine meno olimpica e pacifica della religione greca di età arcaica e classica di quella che se ne fecero gli studiosi dell’epoca precedente.50 Gli dèi di Platone sono dèi filosofici, eterni, causa del bene e mai del male (cfr. ad es. Rsp. 379b-380c), padroni benevoli (ad es. Phd. 62c), distanti sia dagli Olimpii dell’epica, così immoralmente simili alla loro controparte umana, sia dalle divinità primigenie delle cosmogonie orfiche, i cui atti terribili (basterà menzionare i costumi sessuali dello Zeus orfico, stupratore di Demetra e della figlia avuta da questa, Persefone) l’autore del Papiro di Derveni si sentirà in dovere di reinterpretare allegoricamente.51 Platone mostra

49 SOURVINOU-INWOOD 2003, 28: “Because the Mysteries were believed to have been based

on divine revelation, changes would have taken place only within certain parameters, and are unlikely to have included the main lines of what happened at the festival – though the associated beliefs and perceptions would have been changing through the centuries”.

50 Si pensi a un libro come Gli dei della Grecia di Walter OTTO (1929 [2004]), in cui viene

ricostruita la fisionomia degli dèi omerici.

51 Vedi il caso di Zeus che ingoia il fallo del padre detronizzato, spiegata alle coll. XIII e XVI

del papiro. Per un’interpretazione vd. BETEGH 2004, 111-131. BERNABÉ 2010, 426-427 osserva correttamente che l’immortalità degli dèi implica che non si possa succedere ai genitori per linea

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di conoscere questi miti e si pone il problema della loro veridicità nella Repubblica, ammettendo che possono celare un significato nascosto, comprensibile solo a pochi, ma ribadendo che vanno banditi dalla καλλίπολις e vietati ai più giovani (377e- 378b).

Potrei aprire qui una lunga parentesi sui problemi generici collegati all’esegesi dei dialoghi platonici, ma mi limiterò a elencare sommariamente i più pressanti: la questione socratica, l’incerta cronologia degli scritti platonici, l’autenticità dubbia di alcune opere, l’esistenza di dottrine parallele orali che ci rimangono sconosciute, la molteplicità e la molteplice validità dei punti di vista degli interlocutori dei dialoghi (vd. supra 1.2 e 1.3).

Uno spunto metodologico valido per affrontare un’indagine su Platone e i Misteri mi sembra quello proposto da Bernabé (2013, 119), che nel suo articolo sui riferimenti all’orfismo nei miti escatologici in Platone procede analizzando:

1) “the context of the [Platonic] tale and its purposes”; 2) “the source to which Plato attributes it”;

3) “the elements that are analogous to the tenets of the Orphics” (per noi questa analogia si estenderà ai culti misterici in generale);

4) “the differences both in conception and details, between the Platonic version and that known from Orphic literature, insofar as it can be reconstructed”.

Ho tentato, quando possibile, di procedere seguendo questa traccia metodologica, senza perdere di vista, accanto ai punti di contatto, i profondi e perciò

dinastica, dopo la loro morte o l’abdicazione per vecchiaia. Per incorporare le generazioni precedenti Zeus incorpora il fallo di Crono e, in versioni successive del mito, l’androgino Phanes, che è suo antenato e portatore di un principio maschile e femminile.

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fondamentali punti di divergenza tra Platone e le idee, le dottrine e le consuetudini rituali che, di volta in volta, lo hanno influenzato.

Segnalo, infine, che il mio lavoro entra solo raramente nel merito della critica del testo platonico. Il testo critico citato è quasi sempre quello classico di Burnet, dove non diversamente indicato. Per quanto riguarda, invece, la Repubblica, si è preferito adottare la nuova edizione critica di Slings (2003).

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CAPITOLO 2

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