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I racconti della storia

L’indagine storiografica, nel tentativo di scoprire, conoscere e interpretare gli eventi del passato, formulandone un resoconto (logos) intelligibile, implica necessariamente l'uso e l'influsso di numerose discipline ausiliarie. Questo tipo di indagine, fondata sulla specificità dell’individuo e l’irripetibilità della sua storia personale, trasforma la biografia di persone straordinarie in storia esemplare di una comunità e di un’epoca55. A tutt’oggi non è dato conoscere il linguaggio con cui si inscrivono i ricordi nella memoria, tuttavia è un fatto inconfutabile che l’evento traumatico alteri la ricostruzione degli avvenimenti e che la testimonianza afferente alla sfera privata dell’individuo stenti ad affermarsi come verità pubblica e condivisa. I ricordi, inoltre, sono il frutto di ricostruzioni intessute di verità vissute ma anche di verità ascoltate, fonti di seconda mano che sedimentano nella memoria e finiscono col vestire i panni di verità assoluta, tanto più efficace in quanto basata sull’autoinganno. Un’impostura esistenziale che migra dalla sfera privata a quella pubblica per degenerare in menzogna storica condivisa.

La ricerca letteraria, attraverso forme specifiche, tenta costantemente di raccontare la storia interpretando i fatti del passato (scegliendo ad esempio come soggetto del racconto un fatto di cronaca). Questo può avvenire attraverso il semplice racconto storico o attraverso i racconti della storia, ovvero una serie di microstorie che danno vita a un racconto più ampio.

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55!È evidente che questo tipo di ricerca storica, dal momento in cui si avvale della ricostruzione autobiografica, presenti tutti i limiti della memoria personale e dell’incertezza introspettiva: il carnefice dimentica per dolo, la vittima per vergogna, quel confuso ritegno che sigilla bocche e coscienze davanti alle atrocità commesse dall’essere umano.

Il romanzo storico, sorta di ossimoro letterario, è in sintesi un genere ibrido che modella l’invenzione letteraria sulla realtà storica che si propone di raccontare, stabilendo un patto con il lettore (la lettura del tempo storico si desume dalla cornice storica ritrattata e non dagli episodi narrati). Paradossalmente, in questo caso, è la voce dell’autore a garantire il rischio di interferenza soggettiva del testimone diretto. Il narratore extradiegetico veste i panni dell’ osservatore esterno, aggira l’imponderabilità dell’Io e rende riconoscibile ciò che il protagonista non può vedere.

I racconti della storia, a loro volta, permettono di isolare gli aspetti circostanziali di un evento storico senza apportare verità significative, ma solo una diversa visione dei fatti. Lo scrittore di racconti della storia mette in scena una sorta di rivoluzione degli oggetti: assegna nuovi aspetti e nuovi nomi, infine nuovi significati. Questo procedimento sottrae familiarità all’oggetto, producendo un non riconoscimento voluto e ricercato che consente l’estrapolazione e la simbolizzazione dello stesso. In altre parole, il narratore si serve del racconto per isolare gli aspetti circostanziali di una storia più ampia, nella fattispecie, quella descritta dalla cornice storica, simile in questo a un critico d’arte che si serve della lente di ingrandimento per esaminare il particolare di un quadro e migliorare, attraverso l’analisi del dettaglio, la comprensione dell’intera opera.

L’intento metatestuale di quest’arte del narrar breve, generalmente incentrata su di un evento-chiave e su di un numero di personaggi molto ridotto, è, dunque, quasi sempre di ricomposizione, nel senso che tenta di ristabilire l’ordine "naturale" delle cose. Il risultato è una concezione frammentata del reale che sottende alla dimensione storica radicata nella memoria del popolo di lettori a cui si rivolge. E’ una storia che perde il tratto caratteristico della linearità per consegnarsi alla regola della contingenza, ossia all’organizzazione di un tempo non più scandito dalla concatenazione degli avvenimenti ma dalla casualità e dalla complessità interna degli elementi accidentali. Il “caso”, nel sostituire la “logica” ricostruzione dei fatti, inaugura un ordine paradossale strutturato sull’imprevedibilità degli avvenimenti. L’evento inaudito, così concepito, non rappresenta più la causa dello shock bensì

l’evento che mette in evidenza un malessere latente, una “zona di frontiera” celata da traumi che il racconto svela ma non risolve. Il segnale, lo shock, ci mostra il momento in cui la linearità narrativa incespica, il brusco cambio di rotta determinato dal “caso” ma che non avviene per caso in quanto preesistente all’evento scatenante56.

Nel panorama letterario mozambicano il racconto assume, in generale, la consistenza della cosiddetta estória, all’apparenza niente di più di un sinonimo della parola história. In realtà, il termine amplia lo spettro semantico della parola conto (racconto), ricollocando il genere nel campo della narrativa popolare e del racconto tradizionale. In ogni modo, la differenza tra i due generi, conto e estória, è molto sottile, di difficile inquadramento teorico.

Lo scrittore brasiliano, per meglio dire mineiro, Guimarães Rosa nella sua prefazione alla raccolta di racconti intitolata Tutaméia, individua nell’aneddoto il sottogenere più vicino alla estória:

A estória não quer ser história. A história, em rigor, deve ser contra a história. A história, às vezes, quer-se um pouco parecida a anedota57.

Per poi chiarirci, attraverso una parafrasi, che il funzionamento dell’aneddoto nella prassi narrativa è “como um fosforo: riscado, deflagrada, foi-se a serventia”. L’aneddoto è un procedimento narrativo che risolve rapidamente la sua funzione; un intreccio volutamente irrisolto, tra favola e piccola epopea, racconto tradizionale e narrativa moderna, capace di esaltare tutto quanto sfugge allo sguardo distratto e superficiale dell’osservatore.

O livro pode valer pelo muito que em ele não deveu caber

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56 Romano Luperini, “Il trauma e il caso: alcune ipotesi sulla tipologia della novella moderna in Italia”, in Tipologia della Narrazione Breve, Vecchiarelli, Manziana (Roma), 2003, pp. 63-76

57 João Guimarães Rosa, in “Aletria e hermenêutica” prefacio a Tutaméia (Terceiras Estórias), 8° ed., Nova Fronteira,

II PARTE