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La radiofrequenza pulsata nel dolore pelvico-perineale: la nostra esperienza

Sebbene il quadro clinico e sintomatologico della nevralgia del pudendo presenti delle caratteristiche tipiche, i pazienti possono rispondere in modo diverso ai vari trattamenti applicati. Uno dei vantaggi della radiofrequenza è la sua versatilità, almeno nel caso del dolore del pudendo. Si è visto infatti che è possibile utilizzare diverse sedi di applicazione, in particolare si possono sfruttare tre punti, partendo dal tibiale posteriore, punto più distale e in teoria più facile da aggredire, per poi risalire al nervo pudendo, infine in caso di risposta non soddisfacente, si può applicare la RF direttamente nel comparto sacrale.

Di seguito si riportano i dati dello studio che abbiamo condotto su dieci pazienti trattati con radiofrequenza pulsata per dolore anale e perianale presso il nostro centro.

Nella prima parte si illustrano le osservazioni sull’efficacia nel ridurre il dolore, valutato mediante scala NRS, prendendo in esame anche la sede di applicazione, l’eventuale cambio nella terapia farmacologica dopo radiofrequenza, la durata dell’eventuale beneficio.

Nella seconda parte invece si descrivono tre casi clinici, tutti con storia di interventi proctologici in anamnesi più o meno recenti, che hanno trovato sollievo nella radiofrequenza ma ognuno in una sede diversa.

Materiali e metodi

Il campione oggetto di studio è stato selezionato tra i pazienti che hanno eseguito radiofrequenza pulsata per dolore a livello perineale o pelvico presso il nostro centro in un periodo di tre anni. I criteri di inclusione prevedono:

- età > 18 anni

- intervento di emorroidi recente o pregresso

- presenza di dolore neuropatico tipo nevralgia del pudendo

- trattamento con radiofrequenza pulsata a livello tibiale, pudendo o gangli sacrali - dolore non oncologico

- pazienti oncologici

- pazienti che sono stati trattati con tecniche di neuromodulazione diverse dalla radiofrequenza, poiché impiegano campi elettrici diversi e non paragonabili alla RFP

- pazienti che hanno eseguito la RFP in una delle sedi indicate ma per motivi diversi dal dolore perineale

Dopo aver preso in esame poco più di una trentina di pazienti, seguendo tali criteri siamo arrivati a selezionare solo 10 pazienti al fine di osservare un campione più omogeneo possibile.

Lungi dal trarre conclusioni circa l’efficacia o l’inefficacia della RFP, lo scopo di questo studio è valutare se ci sono possibilità di ottenere una riduzione del dolore, e di conseguenza migliorare la qualità di vita, in pazienti affetti da dolore pelvico-perineale che sono stati sottoposti a chirurgia

proctologica, in particolare

emorroidectomia o prolassectomia.

Per effettuare la procedura a radiofrequenza è stato utilizzato un generatore Bmc Baylis Medical, collegato ad ago BMC Cannula con punta attiva di 5 mm, misura 22Ga. Previa monitoraggio del paziente in sala operatoria, viene allestito un campo sterile e si posiziona l’ago nella sede prescelta. Vengono poi eseguiti test sensitivo a 50 Hz e motorio a 2 Hz. A questo punto inizia un ciclo d radiofrequenze di 120 secondi, durata dell’impulso 10 msec, frequenza 2 Hz e impedenza inferiore a 500 Ohm.

Figura 1. Generatore di radiofrequenza. Sulla colonna di

destra si possono impostare i parametri desiderati, quali durata del ciclo, durata dell’impulso e frequenza. La temperatura standard per la radiofrequenza pulsata non deve superare i 42°C. Nella riga in alto compaioni i parametri rilevati dalla macchina, quali temperatura effettiva, voltaggio e impedenza. Sullo schermo le due linee colorate indicano l’andamento della temperatura (linea gialla), che rimane costante, e del voltaggio (linea rosa).

Figura 2. Dettaglio di ago introduttore teflonato con punta

Risultati

Il campione è composto da 10 pazienti, di cui 3 maschi e 7 femmine, con un’età media di 62 anni. Il tempo che passa dall’esordio del dolore all’applicazione della prima radiofrequenza è difficile da valutare, in ogni caso si è visto che è minimo 1 anno e può arrivare ad alcuni anni. L’incertezza di questo dato ci impedisce di mettere in correlazione l’efficacia della radiofrequenza con il ritardo di applicazione rispetto all’inizio dei sintomi.

Quando i pazienti dello studio giungono alla terapia antalgica hanno in media un NRS di 8 e una combinazione di terapie alle spalle, farmacologiche e non, molto variabili.

Il quadro clinico è simile per tutti: dolore anale e perinanale che si estende più o meno al pavimento pelvico, di tipo neuropatico (bruciore, sensazione di corpo estraneo, punte di spilli…) insorto dopo chirurgia proctologica recente o pregressa, non responsivo ai farmaci né ad altri trattamenti, che compare al mattino e aumenta durante la giornata fino ad arrivare al picco la sera per poi scomparire di notte, con forte impatto sulla vita quotidiana.

Tutti i pazienti sono stati indirizzati alla radiofrequenza pulsata, sebbene con alcune variabili quali sede di applicazione e numero di sedute eseguite.

Nel tentativo di quantificare una variabile soggettiva come il dolore ci siamo avvalsi della NRS (Numeric Distribuzione maschi/femmine

sub-title

F M

Età dei pazienti

sub-title 41-50 51-60 61-70 71-80 81-90 0 1 2 3 4 5 6 successo fallimento parziale

Figura 4. Risposta alla prima applicazione di PRF.

Rating Scale), scala unidimensionale secondo cui è il paziente stesso ad assegnare un numero al dolore in base all’intensità percepita.

Abbiamo quindi confrontato i punteggi NRS al tempo 0, cioè prima di eseguire la radiofrequenza, e a distanza di 1, 3 e 6 mesi dalla procedura.

Su 10 pazienti trattati, la metà ha trovato beneficio al primo trattamento e in un caso si è osservata una risposta buona ma non del tutto soddisfacente. Nei 4 casi che non hanno risposto alla prima applicazione di PRF, l’NRS si è mantenuto costantemente elevato, più o meno intorno a 7-8, a distanza di tempo, anche dopo aver ripetuto la radiofrequenza.

Tra i 6 pazienti che hanno risposto, l’NRS ha un andamento simile, con l’eccezione di un caso in cui la prima e unica applicazione di radiofrequenza ha risolto completamente il dolore.

Per gli altri pazienti si osserva un NRS medio prima del trattamento di circa 8, ma già dopo il primo mese tale valore si riduce molto, addirittura del 68% se si considerano solo i pazienti responder (del 42% se invece si considerano anche i non responder) e si mantiene costante per 3-4 mesi, tempo medio di pain relief, per poi tornare ad aumentare al controllo a 6 mesi.

Il tempo medio di efficacia infatti è di alcuni mesi, motivo per cui spesso si ripete la radiofrequenza a distanza di 4-6 mesi al fine di non far precipitare il dolore al punto di partenza.

0 1 mese 3mesi 6 mesi

0 2 4 6 8 10 N R S

Figura 5. Andamento dell’NRS nei pazienti che hanno risposto alla PRF.

0 1 2 3 4 5 6 successo fallimento parziale

Naturalmente i nostri dati si basano su un campione molto piccolo ed è difficile trarre conclusioni, tuttavia si tratta di un andamento già osservato in altri studi. (16)

Nessun paziente ha riportato effetti avversi, fatta eccezione per il lieve peggioramento del dolore nei primi giorni post procedura, già descritto in letteratura, riportato in circa 5 casi su 18 radiofrequenze eseguite. Tuttavia trascorsa la prima settimana, il miglioramento della sintomatologia diventa più evidente (ad eccezione dei pazienti che non hanno tratto alcun giovamento dalla radiofrequenza).

La seconda radiofrequenza viene eseguita di 4-6 mesi dalla prima, nella stessa sede per i pazienti che hanno risposto positivamente alla precedente, mentre si può tentare una sede alternativa nei pazienti in cui la prima applicazione non ha funzionato. I risultati osservati nella seconda procedura vedono 5 risposte positive a fronte di tre fallimenti; si noti che il totale di pazienti si è ridotto a 8 poiché in un caso la prima e unica radiofrequenza è stata risolutiva eliminando il dolore, pertanto non c’è stato bisogno di ripeterla, mentre uno dei pazienti in cui si non era osservato miglioramento non ha eseguito una seconda procedura. In questo caso non si sono osservate risposte parziali.

È stato poi eseguito un terzo ciclo di radiofrequenze con risultati simili alla seconda.

Lo scopo dello studio è capire se la radiofrequenza può portare beneficio ai pazienti con dolore perineale, tuttavia un ulteriore obiettivo è individuare, se esiste, una sede più efficace di un’altra. In particolare abbiamo posto l’attenzione sulla stimolazione del nervo tibiale posteriore, visti i successi ottenuti in campo urologico. L’idea di base è sfruttare una stimolazione periferica che possa avere effetti retrogradi a livello centrale, in particolare risalire dal nervo tibiale posteriore al

tibiale pudendo gangli 0 1 2 3 4 5 6 parziale fallimento successo tibiale gangli 0 1 2 3 4 5 6 parziale fallimento successo

Figura 7. Risultati dell’applicazione della prima radiofrequenza (a sinistra) e della seconda radiofrequenza (a destra) divisi in

nervo sciatico e da qui alle radici sacrali, a livello delle quali si dovrebbe realizzare la neuromodulazione.

Abbiamo visto come la radiofrequenza pulsata richieda la massima precisione nel posizionare la punta dell’ago poiché il campo elettrico ha potenza sufficiente solo se il target si trova vicino alla punta. Allontanarsi anche di pochi millimetri significa compromettere l’esito della procedura. Il nervo tibiale viene individuato con tecnica ecoguidata, permettendo il posizionamento della punta dell’ago sotto visione il più vicino possibile al target; il test sensitivo motorio poi conferma il corretto posizionamento.

Sebbene non tutti abbiano avuto una buona risposta, la strada della stimolazione retrograda merita ulteriori approfondimenti, sia offrire al paziente una ulteriore possibilità di trattamento, sia per comprendere meglio le vie del dolore e gli effetti della radiofrequenza.

Se si dividono le procedure eseguite in base alla sede, si osserva che la prima radiofrequenza è stata eseguita prevalentemente a livello del tibiale, ma solo la metà ha riportato un beneficio. Tra questi, solo un caso ha ripetuto la seconda RF a livello tibiale efficace, uno ha riportato risoluzione completa del quadro algico per cui non state necessarie altre RF, mentre il caso con beneficio parziale ha ripetuto la RF a livello dei gangli sacrali riportando una maggiore efficacia. Per quanto riguarda i tre tibiali falliti, neppure il cambio della sede ha prodotto un risultato positivo.

I tre pazienti che hanno iniziato con la stimolazione del nervo pudendo con beneficio, hanno ripetuto la RF sul pudendo replicando il buon risultato; il paziente che non ha tratto giovamento dalla stimolazione del pudendo ha sperimentato la seconda Rf sul nervo tibiale, ma anche questa è andata incontro a fallimento.

Ciò spiega anche i risultati mostrati nel grafico relativo alla seconda radiofrequenza, nella quale compare la colonna dei gangli sacrali, in cui si riporta un caso di successo, ossia il paziente con risultato parziale alla prima RF tibiale, e un fallimento, ovvero uno dei pazienti che aveva fallito anche a livello tibiale.

Infine una considerazione sul consumo di farmaci prima e dopo procedura, in particolare antiepilettici e oppioidi.

L’efficacia della radiofrequenza infatti consente di ridurre la terapia farmacologica che viene assunta cronicamente, riducendone gli effetti collaterali, con l’obiettivo, di eliminarla del tutto o

quanto meno portarla a dosaggi più bassi possibile. Naturalmente i pazienti che non hanno risposto alla radiofrequenza mantengono invariato, se non addirittura aumentano, il loro consumo di farmaci, ma è positivo il riscontro di una effettiva riduzione dell’assunzione almeno in chi ha tratto beneficio dalla procedura.

Le dimensioni del campione esaminato non ci consente di trarre conclusioni, tuttavia offre molti spunti di riflessione che possono essere approfonditi in studi futuri.

Abbiamo riscontrato un certo grado di efficacia della radiofrequenza pulsata applicata al dolore perineale correlato a interventi di emorroidectomia o prolassectomia e tale risposta presenta aspetti simili nei pazienti responder, quali andamento dell’NRS e durata del pain relief.

L’aspetto delle sedi di applicazione è più controverso, tuttavia la stimolazione periferica del nervo tibiale sembra essere una alternativa promettente, soprattutto per quanto riguarda la precisione sul posizionamento della punta dell’ago, elemento cruciale per la buona riuscita della radiofrequenza pulsata. Non è chiaro perché alcuni pazienti rispondano alla stimolazione tibiale ma non a quella del pudendo, oppure non rispondono al pudendo ma rispondono alla stimolazione dei gangli sacrali. Tuttavia la possibilità di testare sedi diverse può essere un aspetto a favore della personalizzazione della terapia per il singolo paziente.

La riduzione del consumo di farmaci è un altro aspetto meritevole di grande attenzione. Il dolore che affligge questi pazienti è cronico e difficile da controllare, perciò spesso richiede l’assunzione quotidiana di diversi farmaci quali antiepilettici, oppioidi, ma anche antidepressivi e in alcuni casi cannabis, ognuno con i suoi effetti collaterali. A tal proposito è necessario approfondire con ulteriori studi gli effetti a lungo termine della radiofrequenza pulsata. Alcuni pazienti continuano ad sottoporsi a radiofrequenza per anni, ad intervalli di 4-6 mesi, ovvero due o tre volte all’anno,

ridotto invariato aumentato

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Consumo di antiepilettici dopo RFP

ridotto invariato aumentato

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Consumo di oppioidi dopo RFP

e così riescono a tenere sotto controllo il dolore in modo soddisfacente riducendo anche drasticamente il consumo di farmaci.

Per quanto esposto finora è chiaro che il dolore cronico abbia manifestazioni cliniche e risposte alle terapie molto variabili da paziente a paziente. A tal proposito, si espongono di seguito tre casi clinici che, pur presentando sintomi e storia simile, richiedono una diversa applicazione della radiofrequenza per ottenere un sufficiente pain relief.

Caso 1

Un uomo di 41 anni si presenta con dolore e bruciore fisso a livello anale e rettale, resistente alla terapia, che peggiora in posizione seduta e aumenta di intensità nel corso della giornata, con il quale convive da ormai molti anni.

In anamnesi non vi sono comorbidità di rilievo, i disturbi sono iniziati con il primo intervento proctologico eseguito circa 15 anni prima, una prolassectomia secondo Longo, tecnica molto diffusa che impiega una suturatrice meccanica circolare per asportare l’anello di mucosa prolassata, eseguendo una sorta di “lifting” che riposiziona mucosa ed emorroidi nella giusta sede mediante punti di sutura metallici in titanio, applicati in una sede poco innervata, che nelle settimane successive vengono eliminate con la defecazione. Questa tecnica offre il vantaggio di un minor dolore postoperatorio rispetto alla emorroidectomia tradizionale, tuttavia nel nostro

Figura 9. Tecnica ecoguidata per RFP sul nervo tibiale posteriore. A sinistra il posizionamento dell’ago, a destra

paziente alcune grappette non vengono eliminate e insieme allo sviluppo di una cicatrice dolorosa, si scatena un dolore molto intenso. Passano così alcuni anni durante il quale il paziente si sottopone a vari interventi proctologici per rimuovere le grappette rimaste, alcune fisse al muscolo sfintere interno, asportare le cicatrici ed eseguire piccole miotomie superficiali. Il dolore tuttavia rimane e la risposta ai farmaci diventa sempre più blanda.

La svolta si ha dopo più di dieci anni di dolore continuo. Viene inserito in un percorso di valutazione multidisciplinare dedicato in cui convergono proctologo, fisioterapista, algololo e psicologo, in modo da esaminare il paziente dai vari punti di vista e decidere quale sia il trattamento migliore. Il paziente viene così indirizzato alla terapia antalgica e inizia con una applicazione di radiofrequenza pulsata a livello del nervo tibiale posteriore destro. La procedura si esegue sotto guida ecografica. Con il paziente in decubito laterale destro, si espone il versante mediale della gamba e si posiziona la sonda tra malleolo mediale e tendine di Achille, tra i quali si individua il nervo tibiale. La punta dell’ago viene posizionata, sotto visione ecografica, il più vicino possibile al nervo e si eroga un ciclo di radiofrequenza pulsata di 300 secondi con impedenza inferiore a 300 Ohm.

Il paziente arriva alla procedura con NRS 8 (oscillante tra un 7 costante e picchi di 9). Nei primi 10 giorni dalla procedura il dolore resta uguale e a tratti sembra peggiorare, ma successivamente i sintomi si attenuano progressivamente fino a raggiungere un NRS 3 e si mantiene tale per 3-4 mesi.

A distanza di circa 4 mesi dalla prima, esegue una seconda radiofrequenza con le stesse modalità: stavolta il dolore postprocedurale non compare e il sollievo è immediato, tanto che l’NRS scende rapidamente a 2-3. Dopo 6-7 mesi segue una terza radiofrequenza analoga, sempre sul nervo tibiale posteriore, con sollievo immediato e mantenimento di NRS 3 per alcuni mesi.

Il paziente non ha mai fatto uso di oppioidi, ma era arrivato a dosaggi elevati di pregabalin associando vari antidolorifici al bisogno; dopo i primi mesi di PRF si è potuto ridurre il dosaggio del pregabalin al minimo, lasciando il paracetamolo come rescue, ottenendo un buon controllo del dolore.

Tutto ciò ha avuto, come si può immaginare, un notevole impatto sulla qualità di vita del paziente, il quale con 2-3 procedure all’anno può mantenere il dolore ad un livello accettabile, con ovvi benefici sia dal punto di vista psicologico che sociale.

Caso 2

Paziente maschio di 80 anni, con anamnesi muta per patologie di rilievo, giunge alla nostra osservazione per dolore in sede perianale con irradiazione al perineo. Anche in questo caso si tratta di una sensazione di bruciore sempre presente che peggiora con la posizione seduta. Circa 7 anni prima il paziente aveva eseguito un intervento di emorroidectomia in seguito al quale il dolore non si è risolto, ma assume i caratteri tipici del dolore neuropatico. Nel tentativo di ridurre i sintomi viene sottoposto a un altro intervento proctologico ma con scarso successo. Gli antidolorifici classici non sono efficaci. Così a distanza di circa 6 anni dall’esordio, il paziente giunge all’osservazione dello specialista algologo. Inizialmente si opta per una neuromodulazione più superficiale (PENS), eseguita prima a livello del nervo pudendo, ma l’efficacia è scarsa.

Qualche mese più tardi si opta per ripetere il trattamento con lo stesso campo elettrico ma applicato al nervo tibiale posteriore: stavolta non si avverte neanche un minimo beneficio. Sebbene continui la terapia farmacologica con oppioidi, i sintomi rimangono intorno ad un NRS 7.

Dopo qualche mese si decide di approcciare il problema con la radiofrequenza pulsata a livello del pudendo, visto che nei trattamenti precedenti questo sito aveva dato una risposta debolmente positiva, mentre sul tibiale non aveva sortito alcun effetto. Si procede così all’applicazione di radiofrequenza a livello del nervo pudendo destro para-anale con approccio transgluteo. Al termine della procedura il paziente sta già meglio, il dolore si attenua nei giorni successivi fino a scendere ad un NRS 3 e rimane costante per circa 2-3 mesi, trascorsi i quali il dolore torna ad aumentare ma non forte.

Dopo quasi un anno ripete la RFP sul pudendo. Stavolta a fine procedura il paziente avverte una lieve dolenzia, ma scompare in poco tempo e di nuovo si stabilizza su NRS 3.

Si precisa che il paziente ha mantenuto la terapia farmacologica orale a base di oppiodi a basse dosi dai quali trae il maggior beneficio la sera.

Ad oggi il paziente si ritiene soddisfatto, da quando ha iniziato il trattamento con RFP sul pudendo il dolore è molto più sopportabile, riesce a dormire e si trova meno limitato nelle attività quotidiane, inoltre trascorsi i 2-3 mesi di relativo benessere, il dolore si affaccia di nuovo ma con intensità minore del solito.

Figura 10. Approccio transgluteo al nervo

C aso 3

Nell’ultimo case report si prende in esame un uomo di 68 anni, normopeso, con anamnesi positiva per adenoma prostatico e una pregressa polipectomia del colon. Anche lui presenta una sintomatologia tipica con dolore neuropatico caratterizzato da bruciore e dolore trafittivo a livello del perineo. Ha eseguito una emorroidectomia alcuni anni prima e nel postoperatorio non ha avuto complicanze. A distanza di 4-5 anni inizia ad accusare i primi dolori a livello anale e perineale. Vengono eseguiti alcuni accertamenti tra cui una colonscopia dalla quale emerge una congestione dell’anello emorroidario interno e una successiva indagine elettrofisiologica rileva un interessamento bilaterale del nervo pudendo.

Ancora una volta il paziente giunge allo specialista algologo con una latenza di quasi due anni, durante i quali sperimenta altre terapie con scarso successo. Si tenta un primo approccio con radiofrequenza pulsata sul nervo tibiale posteriore, ma ai controlli successivi il paziente riferisce solo un lieve miglioramento, mentre il tono dell’umore inizia la sua deflessione. Si cerca di dare maggior sostegno con la terapia farmacologica a base di oppioidi, antiepilettici e antidepressivi. Trascorso qualche mese con sintomatologia pressoché invariata, si decide di intraprendere la

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