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1.2. Il Fantastico: tesi e teorie

1.2.2. Le ragioni del Fantastico romantico

La nascita del Fantastico innalzato a categoria letteraria e, conseguentemente, a sostantivo, è strettamente legata - come si è anticipato - al movimento culturale che va sotto il nome di Ro- manticismo. Dichiara a tal proposito Joseph Retinger: “C’est le romantisme qui a introduit le fantastique dans la littérature française, l’a traité comme un genre particulier et lui a imprimé son caractère original. […] Le conte fantastique dans le romantisme français est quelque chose de bien délimité, un tout distinct qui mérite une étude particulière”177. Il significato stesso del termi-ne

“romantisme” sembra confermarlo: l’accezione che l’aggettivo inglese “romantic” rivestiva nella

seconda metà del XVII secolo è assai prossimo alle accezioni che il sempre inglese “fanta-stic(al)” assume nel 1800. Romantic, infatti, veniva spesso associato a ciò che è falso, immagi-nario e

175 Questa nozione - una “nevrosi in miniatura” secondo l’interpretazione freudiana - viene trattata nell’omonimo artico-lo del 1919 come una viva sensazione di angoscia provocata dalla presenza di un elemento apparentemente strano, inconsueto, in un ambiente noto. Con il termine “unheimlich”, il padre della psicanalisi non intende, in realtà, il con-trario di familiare, cioè lo sconosciuto, ma stabilisce una distinzione determinabile solo in una dimensione temporale: è “unheimlich” (strano, inquietante) oggi, infatti, ciò che era “heimlich” (familiare) una volta. Egli formula la seguente definizione: “Il perturbante rientra in quel genere di spavento che si riferisce a cose da lungo tempo conosciute e fami-liari” (FREUD, Il “Perturbante”, in op. cit., p. 290) e si verifica “quando una data impressione riporta a nuova vita com-plessi infantili repressi, oppure quando credenze primitive e superate sembrano trovare nuova conferma” (Ibid., p. 321). Non sarebbe, dunque, la rimozione a generare un simile sentimento (il cui insorgere, legato com’è ai segreti più nascosti della vita psichica, è pressoché imprevedibile), ma il ritorno del rimosso, che compare sotto due forme, una individuale (rappresentata più propiamente dall’inconscio) e una collettiva. Sarebbe la ripetizione, allora, la “forma” di ciò che si definisce insolito: “questo elemento perturbante non è in realtà nulla di nuovo o di estraneo, ma un elemento ben noto e impiantato da lungo tempo nella psiche, che solo il processo di repressione poteva rendere estraneo. Inoltre questo richiamo alla repressione ci mette in grado di comprendere la definizione di Schelling, secondo il quale perturbante è ciò che doveva rimanere nascosto ma è venuto alla luce” (Ibid., pp. 312-313). È imprescindibile ricordare come, indipen-dentemente dagli studi storici, psicologici o formali, il meccanismo illustrato da Freud sia alla base di numerose teorie sulle modalità di ricezione e interpretazione del Fantastico e dell’idea di un genere profondamente ancorato alla realtà, ad un passato che a poco a poco risuscita nel presente, a differenza, ad esempio, della science-fiction, che rappresenta la paura di fronte all’ignoto, ad un presente che tende sempre più a sfumare nel futuro. Nella globalità della creazione, l’estetica fantastica può essere considerata, pertanto, come la riemersione di ciò che in letteratura, prima del suo avven-to, veniva abitualmente represso, di ciò che non si osava dire (tesi avanzata per la prima volta da Peter Penzoldt nel-l’opera The Supernatural in Fiction, London, Peter Nevill, 1952): essa espone delle tematiche tabù avviluppandole in un velo d’irrealtà che le rende più sopportabili. Si tratta, perciò, di un’arte contemporaneamente “pudica”, in quanto rifiuta la crudezza del realismo, ed estremamente “impudica”, in quanto fondamentalmente esibizionista nella sua esplorazione più approfondita, più complessa e più fenomenologica di una realtà esteriore sicuramente problematica, inquietante perché incerta, e riflesso tormentoso di una realtà interiore - quella dell’animo umano - diventata enigmatica, inaffer-rabile, ma non meno reale della prima (cfr. TRITTER, op. cit., pp. 13-15).

176 CASTEX, Le Conte fantastique, cit., p. 8.

irrazionale, esattamente come le storie narrate nei vecchi romances, da cui deriverebbe l’aggettivo in questione. Già a partire dal 1650, romantic era considerato un sinonimo di chime-rical, ridicoulous,

unnatural, bombast: “Tutto ciò che sembrava prodotto di sregolata fantasia veniva chiamato romantic”178. La libertà dell’immaginazione è, perciò, l’elemento che maggior-mente contraddistingue la corrente romantica e la rivoluzione estetica senza frontiere che a esso si accompagna in campo artistico, così come la curiosità ammantata di un rigore, a tratti total-mente pretestuoso, lo caratterizza nel dominio delle scienze. È proprio riferendosi a una tale, più che doviziosa, creatività “fantastica” - o “pseudofantastica” - che un cronista del “Mercure de France” dichiara, nel 1829: “De toutes parts et sous toutes les formes, l’art se métamorphose et se rajeunit. La musique, la peinture, la statuaire et la poésie ont pris de nouvelles moeurs et de nouveaux vêtements”179.

Ma prima di addentrarci in maniera approfondita nell’ambito più squisitamente letterario del problema, uno schizzo dell’inquieta situazione sociale e intellettuale del XIX secolo e del periodo che la precede si rivela indispensabile se si desidera comprendere la modernità dell’al-trettanto inquieta estetica fantastica. Di fatto, nel corso del Settecento, si ha l’impressione che l’impero della ragione si sia esteso a dismisura: il peso dei pregiudizi diventa sempre meno op-pressivo, le superstizioni perdono costantemente terreno e l’idea stessa dell’esistenza di Dio ini-zia a creare un “dibattito” realmente degno di questo nome. Ciononostante, malgrado gli inne-gabili progressi del pensiero razionale, il desiderio che la realtà corrisponda in tutto e per tutto a ciò che i sensi dell’individuo (compreso, soprattutto, il misterioso, indefinibile “sesto senso”) percepiscono è ben lungi dall’estinguersi. In altri termini, se i Romantici non sembrano più - al-meno in apparenza - credere ai miracoli, ciò non significa che abbiano perduto del tutto la pas-sione per questi e altri fenomeni ad essi affini. Nell’Ottocento, per la prima volta da secoli, si assiste in Occidente a un profondo sconvolgimento ideologico (metaforicamente equiparabile a quello che, successivamente e in ambito psicanalitico, Freud definirà “ritorno del rimosso”180), risultato quasi scontato del

crollo di tutte le antiche certezze riguardanti la natura dell’uomo e il suo posto sulla Terra, e della mancata sostituzione di queste con altri punti di riferimento ap-parentemente stabili. Un evento originato dai primi, gravi interrogativi - formulati in un mondo senza divinità e senza aldilà - su tutto ciò che, prima di allora, era sempre stato volutamente igno-rato, accuratamente escluso, respinto come “altro”, “anomalo”, “straniero”, che si trattasse del

178 PRAZ, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, cit., p. 12. “On a fait de [fantastique] et de [romanti- sme] des synonymes. Personne ne sait trop bien ce que [romantisme] veut dire, et chacun ignore absolument ce que c’est le [fantastique]” (JUIN, Les Chemins du fantastique français, in “La Magazine Littéraire”, 66 (juillet-août 1972), p. 11). 179 “Le Mercure de France au XIXe siècle”, 1827-1832, t. I, 1829, p. 614, citato in CASTEX, Le Conte fantastique, cit., p. 58.

180 Cfr. FREUD, Il “Perturbante”, in Totem e tabù ed altri saggi di antropologia, cit. Il “ritorno del rimosso” può assumere, spesso, ancora di più i tratti tipici del Fantastico-demoniaco, quando, ad esempio, coincide con il “manifestarsi dell’an-goscia della morte, la quale, scansata in quanto lutto e dolore, si ripresenta nel reale, con la beffarda e ghignante figura del Sosia” (L. GUIDI-BUFFARINI - V. LA VIA, Introduzione, in O. RANK, Il doppio: il significato del sosia nella lettera- tura e nel folklore, Milano, SugarCo, 1994, p. 12). Ciò che è escluso, “rimosso”, insomma il familiare, diventa, perciò, tormento, qualcosa di perturbante.

“negativo” di Hegel, del “Male” di Baudelaire, del proletariato di Marx o del “dionisiaco” di Nietzsche, dell’alienato o del mostro nel campo delle scienze umane. Il Fantastico - giustifi- cazione, simbolo e contesto privilegiato di trasgressione e di eccentricità181 (ma considerazioni

analoghe valgono anche per l’essenza primaria della Femme Fatale, raffigurazione del sovverti-mento e della degenerazione a cui viene periodicamente sottoposto l’ideale femminile edulcorato imposto da pratiche sociali e credenze religiose di stampo maschilista e misogino) - si può ini-ziare a comprendere, nei suoi aspetti formali e semantici, soltanto all’interno di un simile panorama. Esso finisce per invadere - come si è detto - la letteratura del tempo: i fatti “inexplicables et inexpliqués, s’inscrivent dans une esthétique et une poétique dont le conte fantastique est alors le mode d’expression par excellence”182.

Scontrandosi con una serie di nuove realtà in corso di definizione, per lo più legate alla “Scienza”183, gli uomini del XIX secolo scoprono che non tutte le componenti dell’esistenza

so-no, come si credeva, esteriori all’individuo, ma che, al contrario, rappresentano un elemento fon-damentale e, quel che più importa, sconosciuto - e dunque destabilizzante - della sua interiorità. Come sostiene Roger Bozzetto:

Il n’est question, au fond, dans le fantastique, que de la destitution de tout point de vue assuré et fondé - sans pour autant qu’on puisse se retrancher dans le mol oreiller du doute ou dans le sub- jectivisme. Cela lui assure une vocation critique du monde de la représentation: celui-ci va être mis en pièces, il va apparaître comme un conglomérat non totalisable de bribes, de sensations, d’odeurs, d’incertitudes, d’afflux. Le regard y est troublé, le toucher sollicité sur le mode du gluant, du visqueux, du déliquescent, l’odorat par le côté putride, l’ouïe par la stridence ou la dis-cordance. D’une part pour marquer le “côté fourre-tout” qui constitue en réalité (malgré les trompe-l’oeil du réalisme et ses illusions) le socle de toute représentation. D’autre part pour don-ner à ressentir l’exclu de la représentation comme flux vivant, appel de l’amorphe rendu trouble et séduisant par la possibilité de sa seule présence. L’articulation de ces débris ne se fera plus sur le mode métaphorique qui est la ruse

181 Cfr. MALRIEU, op. cit., p. 13.

182 T. BODIN, Introduction [à Le Réquisitionnaire], in H. DE BALZAC, La Comédie humaine, Paris, Gallimard, 1976-1981, voll. 12; t. 10 Études Philosophiques, 1979, p. 1102.

183 Il XIX secolo si inaugura con l’esplorazione del mistero, di quelli che vengono bachelardianamente definiti “continen-ti scientifici nuovi”, in particolare nell’ambito delle cosiddette scienze “umane”, che finiranno per sedurre, anche se con una propensione piuttosto diversificata, molti degli autori del periodo (fra cui proprio i quattro di cui ci occuperemo in questa sede). Nascono l’archeologia e la “Storia” intesa in senso moderno; si sviluppa la biologia; fa la sua comparsa la psichiatria. Contemporaneamente, l’illuminismo di Swedenborg, il magnetismo di Mesmer, il sonnambulismo, l’ipno-tismo, lo spiritismo e tutta una lunga serie di pratiche e di fenomeni legati al mondo del soprannaturale e dell’occulto (come la stregoneria, la licantropia, la possessione, la trance e l’estasi mistica) godono dello stesso prestigio e vengo-no collocate dal pubblico sullo stesso piano degli studi di un Lamark o di un Cuvier: nell’immaginario dell’uomo del-l’Ottocento, non esiste alcuna contraddizione fra tutti questi elementi. Ancora nel 1891, Charles Richet, eminente fi-siologo e appassionato di fenomeni “metafisici”, dichiara: “Nous avons la ferme conviction qu’il y a, mêlées aux for-mes communes et décrites, des forces que nous ne connaissons pas; que l’explication mécanique, simple, vulgaire, ne suffit pas à expliquer tout ce qui se passe autour de nous; en un mot il y a des phénomènes psychiques occultes, et si nous disons occultes, c’est un mot qui veut dire tout simplement inconnu” (C. RICHET, in Annales des sciences psychiques, 1 (janvier-février 1891), Paris, Alcan, pp. 3-10, citato in G. PONNAU, La Folie dans la littérature fantastique, Paris, PUF, 1987, p. 60).

de l’analogie et mène au simulacre: elle se fera sur le mode des relations métonymiques, dans un pandéterminisme qui engendera la panique de la raison184.

È del resto impensabile ridurre l’epoca in questione soltanto ad un’ingenua curiosità / ammira-zione di fronte al progresso scientifico; è facilmente intuibile, infatti, l’ulteriore inquietudine generata dal prodigioso fenomeno di accelerazione che contraddistingue lo stesso progresso e il conseguente spostamento delle frontiere del sapere reso possibile dall’incessante emergere di rivelazioni inaspettate. Nostalgia, melanconia, noia (in seguito spleen e nevrosi fin-de-siècle) go-vernano l’esistenza problematica delle generazioni romantiche e definiscono il cosiddetto “mal du siècle” con il sentimento esacerbato di straniamento che lo contraddistingue. Il Fantastico e le manifestazioni ad esso affini rappresentano, allora, l’espressione parossistica della discrepanza ottocentesca tra l’Io e il mondo, ed uno dei mezzi più spettacolari di illustrazione del disagio in-tellettuale collettivo e delle tensioni che attraversano la Francia del tempo, nei confronti delle quali tenta anche di configurarsi come una sorta di palliativo. In particolare, il soprannaturale del Fan-tastico Romantico, con la sua inesauribile ricchezza di immagini e di metafore sui generis, costituisce, rispetto all’impotenza della scienza e del linguaggio concettuale, un comodo strumento con cui esprimere, in tutta la sua ampiezza, un “aldilà” possibile (e dunque, per molti tratti, sconosciuto) del reale, una realtà complessa, percepita attraverso il mondo interiore dell’anima umana, e non una dimensione parallela difficilmente ravvisabile dall’individuo, né una regione lontana e mistica, entrambe di ascendenza più classicista185. In altri termini, il Fantastico Romanti-co unisce in maniera naturale, attraverso l’immaginazione che ne sta alla base, l’ánthropos e il cósmos, lo spazio pervaso di magia popolato dall’uomo186.

Si intravvede, in tutto ciò, uno degli aspetti basilari e più originali del Fantastico Romanti-co, inscrivibile in un discorso di portata più ampia sul valore dell’irrazionale e della follia, che, in pieno Ottocento, rinvia, all’interno di un panorama ambiguo, più pseudoscientifico che realmente medico, tanto agli universi onirico e psichiatrico187, quanto ai

184 R. BOZZETTO - A. CHAREYRE-MÉJEAN - R. PUJADE, Fantastique et Métonymie, in “Solaris: Science-fiction et Fan-tastique”, 44 (1982), p. 9.

185 Cfr. MALRIEU, op. cit., p. 43. “Le fantastique a pour objet le réel, même s’il s’agit pour l’auteur de laisser envisager un réel plus large, ou moins apparent, que le réel connu. […]. Comme la science-fiction d’une autre manière, le fantasti-que est une spéculation sur le réel possible à partir des données du réel connu” (Ibid.).

186 Cfr. A. PANO ALAMÁN (Università degli Studi di Bologna), Walter Scott et sa perception négative du fantastique dans l’oeuvre d’E. T. A. Hoffmann, esercitazione presentata in occasione dell’incontro semestrale del D.E.S.E. (Doctorat d’Études Supérieures Européennes en Littératures de l’Europe Unie) “Regards sur l’Europe littéraire et le Fantastique”, Seneffe (Belgio), 14-22 aprile 2003, per il seminario di Storia della Letteratura Naissance du Fantastique en Europe: his- toire et théories, p. 14.

187 I cosiddetti “phénomènes de cauchemar ou de délire”, identificati da Castex come tratti caratteristici della comparsa del Fantastico (CASTEX, Le Conte fantastique, cit., p. 8), si collocano proprio in questi ambiti, sovrapponendosi a ciò che lo studioso definisce altrove “état second” del protagonista, vale a dire una vicenda vissuta o un atteggiamento partico-larmente favorevoli alla sensibilità fantastica, quali, appunto, le esperienze oniriche, il sonnambulismo, o le alluci-nazioni. Diversi testi di Théophile Gautier, ad esempio, illustrano la presenza di questi elementi nel récit di genere fanta-stico. Tra gli altri, La Pipe d’opium (1838) narra di un sogno generato dal consumo di stupefacenti con proprietà ipno-tiche; Arria Marcella mette in scena la rêverie di un personaggio sonnambulo; Omphale, hiastoire rococo (1834) e La Morte amoureuse (1836) moltiplicano, sempre attraverso il gioco di situazioni a cavallo tra il sonno e la veglia, i dif-ferenti livelli di enunciazione (cfr. Th. GAUTIER, Romans, Contes et Nouvelles, Paris, Gallimard, 2002, voll. 2).

fenomeni del magnetismo, dell’ipno- si e dello spiritismo188, legati a doppio filo con le

ricerche e le esperienze sugli stupefacenti e sulle loro proprietà allucinatorie. In quest’epoca, secondo Roger Bozzetto, uno spazio concettuale del tutto nuovo inizia a confrontarsi con le vecchie rappresentazioni del mondo, innescando tutta una serie di forti contraddizioni che i primi Romantici vivono come vere e proprie lacerazioni interiori, traducendole nei cosiddetti “tormenti” dell’anima189. Gwenhaël Ponnau afferma, nel suo saggio dedicato all’espressione

della follia nella letteratura fantastica, come, nel XIX secolo, a un fattore soprannaturale esterno che giustificava le possessioni e imponeva la figura del diavolo, in base a un approccio esclusivamente teologico, succeda, con la comparsa della psichiatria clinica, un’in- terpretazione dell’alienazione mentale fondata sull’analisi delle illusioni della percezione e dei problemi psicologici dell’individuo: “A l’ère des anges et des démons a succédé celle des mala-dies mentales scientifiquement répertoriées”190. Realtà e immaginario si uniscono e si

confondo-no, secondo Ponnau, nell’atto semplice e indivisibile della coscienza intima dell’Io,

[l]e surnaturel désormais n’est plus exclusivement lié aux manifestations de l’au-delà, exté- rieures à l’homme: les fées et le cortège des bons ou des mauvais génies, la théorie des sorcières et les légions de démons ont peu à peu cédé la place à des individus qui éprouvent en eux-mêmes les effets d’une étrangeté dont la source possible, et rarement reconnue par le personnage lui-même, se situe dans cet abîme qu’est devenu l’esprit. C’est en ce lieu fascinant et énigmatique que s’est déplacé le mystère. Située […] au carrefour du rationalisme scientifique de la psychiatrie et des in-

vestigations merveilleuses et modernes des magnétiseurs et des phrénologues, la littérature fantasti- que est essentiellement la littérature des phénomènes psychiques dont la folie - qu’elle ne cesse d’évoquer sous tous ses aspects - est la manifestation la plus énigmatique et, par là même, sur le plan esthétique, la plus riche191.

La storia del Fantastico è, pertanto, inseparabile da quella delle scienze, in quanto è soprattutto nell’attrazione e, contemporaneamente, nella repulsione per esse che trova il proprio fondamen-to192, non ponendosi, di fatto, come una reazione contro il positivismo, ma, al limite, contro lo scientismo.

188 I Contes Philosophiques (1831-32) di Balzac, così come i récits Avatar (1856), Jettatura (1856) e Spirite, nouvelle fantastique (1865) di Gautier (cfr. Ibid.) ne costituiscono una perfetta dimostrazione.

189 BOZZETTO, Roger Caillois et la réflexion sur le Fantastique, in “Europe”, 726 (octobre 1989), p. 194.

190 PONNAU, op. cit., p. 20. Come sostiene l’alienista François Leuret, “puisque les théories ont changé, les théologiens se retirent et font place aux médecins, qui expliquent tout par des causes naturelles” (F. LEURET, Fragments Psycholo-giques sur la folie, Paris, Crochard, 1834, p. 371).

191 PONNAU, op. cit., p. 45.

192 “Le récit fantastique n’a rien de la production délirante d’un cerveau malade. Depuis toujours il s’est nourri de la science de son époque. En même temps il l’interrogeait afin de lui permettre de mesurer ses limites et de se dépasser elle- même. C’est encore ainsi que Freud l’envisageait, conformément à tous ses prédecesseurs et ses contemporains. […] La science et la littérature fantastique mènent, chacune à leur manière, mais toujours en connexion étroite, la même recherche et poursuivent la même interrogation: Qu’est-ce que l’homme, et quelles sont les limites de l’humain?” (MALRIEU, op. cit., pp. 23-24).

Al limite, in quanto non esiste, nel XIX secolo, una frattura netta tra il razionale e l’irrazionale, quest’ultimo venendo considerato, infatti, come una parte integrante del reale, una parte di cui si deve in qualche modo rendere conto. Philarète Chasles, nel tentativo di mostrare ai lettori della “Revue de Paris” quanto il Meraviglioso fosse un tema nuovo e degno di sedurre gli scrittori dell’epoca, affermava:

Il nous faut aujourd’hui pour stimuler notre langueur, du merveilleux et non du comique. Dans un siècle si positif, tout est convenu d’avance […]. Tout s’exécute par un mécanisme dont la combinaison est connue, dont les résultats sont prévus.

Aussi, voyez-vous comme l’imagination humaine avec son besoin d’indépendance, échap-pe à ces habitudes régulières. Elle suit cette civilisation positive qui la presse de tous les côtés et va se réfugier, dès qu’elle le peut, dans une sphère idéale et merveilleuse. La littérature et les arts de- viennent fantastiques. On voit, par une étrange anomalie, une population scientifique revenir aux contes des fées, admirer les arabesques poétiques de Gozzi, s’éprendre pour les visions de terreur inventées par Georges Lewis et Hoffmann…193.

Al suddetto binomio incentrato sulla razionalità e il suo contrario, se ne affianca presto un secondo, composto da ciò che è conosciuto / accettato, o conoscibile / accettabile dalla ragione, e ciò che invece non lo è o non lo può essere. Ai primi dell’Ottocento, si scopre che non esistono realtà eterne e sicure, che tutto è incerto e deperibile. Come dichiara

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