• Non ci sono risultati.

4. La presidenza Reagan e il mancato sostegno alla differenziazione energetica

4.1. Reagan e la sua entrata in politica

Reagan nacque nel 1911 in Illinois, in una famiglia umile, e arrivò ad Hollywood nel 1937, dove per diversi anni apparve in numerosi film. La sua carriera cinematografica iniziò ad essere oscurata però dalla sua entrata in politica, che avvenne quando diventò parte dell’Hollywood Democratic Committee, un comitato a favore dell’Unione Sovietica e del New Deal. Prestò poi servizio come presidente dell’associazione Screen Actors Guild (SAG), dal 1947 al 1952 (Wilentz, 2008: 131). In precedenza, venne richiamato dalla Marina Americana ma, a causa di problemi alla vista, non fu ritenuto abile al servizio attivo e venne assegnato alla Motion Picture Army Unit a Culver City, in California, unità che si occupava di girare filmati di propaganda e di formazione per la Seconda guerra mondiale. Nel 1954 divenne poi il presentatore del General Electric Theater, un programma di intrattenimento televisivo della domenica sera, che condusse per otto anni e che contribuì ad accrescere la sua notorietà e a sedimentare le sue idee politiche conservatrici e antigovernative (Conley, 2009: 139; Woodard, 2006: 18).

La sua transizione dall’essere un liberale (lui si autodefinì un near-hopeless hemofiliac liberal, ossia un liberale che sosteneva ogni causa senza preoccuparsi particolarmente di analizzarla approfonditamente) al diventare un conservatore convinto avvenne per gradi. Le sue battaglie con le organizzazioni e i simpatizzanti comunisti di Hollywood all’interno della SAG lo portarono a sviluppare un sentimento di inimicizia e si persuase del fatto che i liberali erano semplicemente dei creduloni ben intenzionati (Wilentz, 2008: 131). Diventò sempre più ostile nei confronti delle percepite infiltrazioni comuniste a Hollywood, in particolare del Conference of Studio Union, una sorta di unione dei sindacati dell’industria cinematografica (Conley, 2009: 139). Si rafforzarono le sue credenze nel capitalismo e, il suo modesto successo a Hollywood, gli procurò una qual certa sicurezza economica e lo rese ulteriormente recettivo delle idee del mercato libero (Woodard, 2006: 19). Il contatto con le idee conservatrici aumentò poi dopo il suo secondo matrimonio con Nancy Davis nel 1952. Michael Schaller, nel suo libro su Reagan, commentò l’influenza che Loyal Davis, il padre di Nancy, avrebbe avuto su Reagan, così: “[He] may have influenced the rightward drift of his new son-in-law, already in motion because of Reagan’s fervent anticommunism and his displeasure at the high federal income tax bracket he fell into” (Schaller, 2011: 10).

Nel 1964, quando era ancora una star di Hollywood, si espose a sostegno della campagna presidenziale di Barry Goldwater contro Lyndon B. Jonhson. Verso la fine della campagna elettorale,

107

ormai prossimo alla sconfitta, il team di Goldwater reclutò Reagan, che era il copresidente del comitato per la candidatura presidenziale California Republicans for Barry Goldwater, per tenere il discorso, ‘A Time for Choosing’ contro il New Deal, che Reagan aveva già tenuto in passato. Reagan riciclò le stesse idee e frasi che stava ormai usando da anni ad Hollywood e si lamentò della crescita dell’influenza del governo e della minaccia che poneva alle libertà individuali. Reagan iniziò così ad ottenere visibilità nazionale a livello politico e il suo discorso portò una cascata di contributi elettorali alla campagna di Goldwater, tra cui anche quelli di numerosi conservatori amici di Reagan (Wilentz, 2008: 132; Troy, 2009: 15; Woodard, 2006: 19). Nonostante Goldwater perse le presidenziali contro Lyndon B. Johnson, l’immagine di Reagan rimase impressa nelle menti degli elettori californiani (Conley, 2009: 139).

Nel 1966, Reagan si candidò alla carica di governatore della California e, finanziato da un gruppo di politici conservatori e da un gruppo di milionari, che fondarono anche l’associazione Friends of Ronald Reagan, vinse contro il due-volte eletto Edmund G. Brown, con un margine di circa 1 milione di voti (Wilentz, 2008: 133). Già come governatore della California, sosteneva fermamente la riduzione della dimensione e del potere del governo, in questo caso in particolare quello statale. Come governatore, Reagan si costruì una reputazione a livello nazionale per la sua lotta contro le rivolte politiche e sociali degli anni Sessanta e Settanta, soprattutto nei campus universitari della California. Difendeva la guerra americana in Vietnam, metteva in dubbio la rivoluzione dei diritti civili e si opponeva al femminismo (Troy, 2009: 16). I risultati finali della sua amministrazione in California furono ambigui, come in generale la sua carriera politica fino a quel momento. Nonostante riuscì a diminuire la crescita della burocrazia statale e ad ottenere 4 miliardi in esenzioni sulle imposte fondiarie, sponsorizzò e approvò aumenti di tasse, tra cui l’aumento dell’aliquota dell’imposta sul reddito di persone fisiche dal 7 all’11%, per colmare il deficit di 200 milioni di dollari ereditato dall’amministrazione precedente (Wilentz, 2008: 133; Conley 2009: 139; Troy, 2009: 17). Questi aumenti delle tasse portarono alcuni tra i conservatori più estremisti a definirlo un eretico. Nonostante ciò, quando lascio la capitale californiana alla fine del suo secondo mandato, la lasciò da governatore repubblicano apprezzato, soprattutto in un partito che si stava confrontando con le conseguenze dello scandalo Watergate. Nei cinque anni successivi espanse le sue connessioni politiche e raffinò la sua ideologia (Wilentz, 2008: 134).

108 4.2. La campagna elettorale del 1980

Le condizioni nazionali ebbero un impatto sulla campagna elettorale del 1980, in particolare il diffuso senso di crisi. Per crisi, si parlava della condizione economica della nazione e degli equilibri internazionali che peggioravano. Nel 1980, i tassi d’interesse raggiunsero un massimo del 21,5%, l’inflazione continuava a crescere, la disoccupazione arrivò al 7,6% e il tasso tendenziale annuo del PIL reale diminuì del 9,9% nel secondo quadrimestre del 1980. Lo stato della congiuntura era quindi il tema principale dei dibattiti elettorali (Hudson & Davies, 2015: 4).

Un tema centrale della sua campagna elettorale presidenziale del 1976 e del 1980 fu ripreso dalla sua campagna a governatore della California: credeva che l’idea che il governo, in questo caso soprattutto quello federale, avesse la soluzione ai problemi della nazione fosse errata e che un approccio centralizzato non avrebbe fatto che peggiorare la situazione. La soluzione che proponeva lui era quella di ridurre le dimensioni e la portata del potere governativo, trasferendone una parte dal settore pubblico a quello privato, e assegnando più responsabilità ai governi statali (Woodard, 2006: 22). L’enorme macchina del governo, nel mito di Reagan, era quindi ciò che impediva agli individui di essere liberi: si infilava nelle vite private, si intrometteva nel mercato e indeboliva la fibra morale della popolazione. Nel vocabolario di Reagan comunismo e socialismo erano i termini perfetti per parlare dell’interferenza del governo, fornendo un termine di paragone presente costantemente nelle menti degli americani; il New Deal ne rappresentava una variante e, se non bloccato per tempo, avrebbe condotto gli Stati Uniti nella direzione del totalitarismo sovietico (Wilentz, 2008: 136).

Giocando la carta populista, Reagan fece sfoggiò della sua intelligenza non accademica, apparendo come uno del popolo, un americano medio, e non come un esperto che non si rendeva veramente conto di cosa interessasse al popolo (Troy, 2009: 18; Wilentz, 2008: 128). Questa immagine che tanto piacque agli americani era un personaggio che Reagan aveva più volte interpretato nella sua carriera cinematografica, ossia quello del cowboy solitario, imprenditore di sé stesso, senza timore, che vive secondo le regole del mercato e che o raggiunge il suo obbiettivo o fallisce: “What I want to see above all is that this country remains a country where someone can always get rich” (Wilentz, 2008: 135). Secondo Reagan quindi, qualsiasi cosa che non fosse la piena libertà di realizzare i propri sogni era un segno di tirannia e di privilegio (ibidem). Reagan sfruttò la sfiducia che il pubblico aveva nel governo e nel sistema politico, scherzando addirittura sul fatto che le nove parole più spaventose della lingua inglese fossero “I’m from the government and I’m here to help”. Usando questa disillusione popolare, riuscì a sceditare i programmi liberali degli anni Sessanta e Settanta, promettendo di invertire quella pericolosa tendenza di ampliamento del potere del governo federale a cui avevano dato via

109

(Hudson & Davies, 2015: 7). Furono proprio questi discorsi che contribuirono a dare a Reagan il soprannome The Great Communicator, e che contribuirono a creare intorno a lui l’idea che fosse principalmente immagine e che, insieme alla sua mancanza di conoscenze accademiche, ciò lo rendesse un presidente maggiormente influenzabile dall’esterno.

Alle elezioni di novembre del 1980, Reagan vinse con il 50,7%, mentre Carter ottenne solo il 41% del voto popolare, anche perché le elezioni vennero soprannominate ABC - Anybody but Carter. Reagan vinse anche il voto dei college elettorali - 489 contro i 49 di Carter (Wilentz, 2008: 124). Infatti, fu la vittoria dei collegi elettorali che riuscì ad amplificare quello che era un margine di vittoria popolare non enorme. Reagan trasformò questi risultati ambigui, parlandone come di una missione al cambiamento che l’America gli aveva consegnato (Troy, 2009: 21). La vittoria della destra di Reagan nelle elezioni del 1980 poteva essere attribuita al fatto che il neoeletto presidente diede agli elettori un modo semplice di comprendere gli accadimenti complessi del decennio precedente, rendendoli non una conseguenza dei difetti della popolazione (come invece sembrò sottolineare Carter) ma come una conseguenza di una leadership non adeguata. Reagan riuscì a fornire delle soluzioni basate sul buon senso e chiare: taglio delle tasse, diminuzione delle spese federali e sostegno all’esercito per combattere il comunismo (Wilentz, 2008: 7).