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Ma, se hai recuperato le forze, ora saliamo, cosicché tu possa

all’illustrissima principessa Anna d’Este

IX. Ma, se hai recuperato le forze, ora saliamo, cosicché tu possa

contemplare con lo sguardo la somma bellezza del cielo ed ammirare con il più grande diletto le potenze e i moti delle sue sfere. Voglio però farti notare che, a far girare con la più grande perizia e provvidenza il lume divino che all’inizio ti si presenterà allo sguardo, sono quattro sfere celesti poste attorno al vostro mondo inferiore: esse sono disposte in tale ordine che la seconda sfera, nella sua grandissima capacità, cinge ed abbraccia questa prima – nella quale ci troviamo –, e la terza avvolge e ricopre la seconda, così come fa la quarta con la terza, sopra, sotto, a destra, a sinistra, e insomma tutt’intorno; quattro sfere che sono mosse e governate da quattro menti e santissime anime.

31 L’ottavo cielo è il cielo delle stelle fisse. Nel quadro di riferimento della geometria sferica, che costituisce lo sfondo della concezione astronomica tolemaica, il circolo mediano dell’ottava sfera è l’equatore celeste, cioè il circolo massimo individuato dai punti in cui il piano dell’equatore terrestre interseca la sfera celeste, ed esso divide quest’ultima in due emisferi. | 32 Si allude al fenomeno della precessione degli equinozi, che si manifesta in un lento spostamento del polo celeste lungo un circolo il cui centro coincide con il polo dell'eclittica. Cfr. p. 25, nota 33. | 33 La stella polare.

Prima felix anima quae hunc [50r] primum globum quem statim ingressi sumus circumagit adeo conformis et concors cum tertia vertit ut ne punctum ipsius globi a puncto illius separetur, et tanto tempore earum cursus remorantur quanto spatio temporis vertitur coelum quod ab hinc in nona regione circummeat mundum, quod temporis spatium scies cum alte 15

in nonam sedem coeli te collocavero. Mens vero quae globum inter utrosque hos medium circunducit, in quo lampas Lunae affigitur, adeo celerius vertit ut singulis mensibus quodlibet eius punctum ad id principium revertatur a quo circumactum discessit. At quartus globus, circum amplexus alios, contra illorum motus circuit, et eos inclusos tali 20

velocitate vehere nititur ut singulis [50v] diebus tria minuta totius huius contrarii itineris peragret, nec sane vi ac violentia aliqua afficiuntur illae animae et mentes inclusae ab ultima quae videtur cogere, siquidem nec voluntate nec corpore pugnant, sed consentientes hoc modo circumagi delectantur.Praeterea vides ne illum circulum ingentem et maximum, per 25

altitudinem coeli, per hanc lucem quasi ex auro descriptum? Circum ipsum infra, supra, a latere per hanc coeli profunditatem Luna, Lucina, Diana vertitur, affixa in globulo quodam qui, in circuli capacitate sic inclusus ut totam occupet, a propria anima et mente circa eius centrum circumactus est. Verumtamen hic globulus etiam simul cum lampade 30

Lunae, vi illius coeli in quo ipse affixus depictusque est circulus, [51r] circa vestrum orbem maxima circulatione coeli vehitur. Tantae enim molis et magnitudinis fuit hunc orbem condere ut unius stellae gratia tot caelestes machinas excogitaverit creaveritque Deus, et tot mentes et animas illis

La prima anima felice che fa ruotare questa prima sfera, nella quale siamo appena entrati, gira in così grande accordo ed armonia con la terza che non un suo punto si disallinea da un punto da quella, e le loro rivolu- zioni perdurano un tempo tale quale è lo spazio di tempo in cui ruota il cielo che gira intorno al mondo in quella che da qui è la nona regione: uno spazio di tempo che conoscerai quando ti avrò situato in alto, nella nona sede del cielo34. La mente, poi, che fa girare la sfera posta in mezzo fra

queste due, e nella quale è affissa la lampada della Luna, gira tanto più velocemente che ogni mese qualsiasi suo punto ritorna a quella posizione iniziale da cui è partito nella sua rivoluzione. La quarta sfera, invece, abbracciando le altre tutt’intorno, ruota in senso contrario ai loro moti35, e

si sforza di trascinare le sfere racchiuse al suo interno con una velocità tale

che ogni giorno percorre tre minuti36 di questo intero cammino contrario; e

le anime e menti racchiuse all’interno di quest’ultima, che sembra imporre loro una costrizione, non subiscono assolutamente alcuna forza e alcuna violenza, dal momento che esse non si oppongono né con la volontà né con il corpo, ma, consenzienti, traggono diletto dall’essere mosse intorno in questo modo. Vedi inoltre, nella profondità del cielo, quel circolo vasto e di enorme grandezza, che, in virtù di questa luce, sembra quasi tracciato in oro? Intorno ad esso la Luna, Lucina, Diana ruota sotto, sopra, di lato nella profondità del cielo, affissa ad una sferuncola che, rinchiusa all’inter- no del circolo in modo da occuparne tutta la capacità, è fatta girare dalla propria anima e dalla propria mente intorno al centro di quest’ultimo37.

Tuttavia anche questa sferuncola, e con essa la lampada della Luna, per la forza della sfera celeste in cui è affisso e tracciato tale circolo, viene trasci- nata attorno al vostro globo con una grandissima rotazione del cielo. Edifi- care questo primo cerchio fu infatti opera tanto ardua e di tale grandezza che per un solo astro Dio escogitò e creò tante macchine celesti e pose, a

34 49000 anni. | 35 Da est a ovest. | 36 Tre minuti di grado. Nel sistema orario la sfera celeste è divisa in 360 gradi, ed ogni grado in 60 minuti. | 37 Si tratta de una descrizione, volutamente priva di termini tecnici, dell’epiciclo, uno degli strumenti teorici studiati da Apollonio e Ipparco (II sec. a. C.) per spiegare le irregolarità del moto dei pianeti. L’epiciclo è un piccolo cerchio che gira con velocità uniforme intorno a un punto di un secondo cerchio più grande, detto deferente, che ruota intorno alla Terra. Per una prima introduzione allo sviluppo dell'astronomia planetaria si veda il classico T. S. Kuhn, La rivoluzione copernicana, Torino, Einaudi, 1972. Cfr., inoltre, P. Duhem, Salvare i fenomeni. Saggio sulla nozione di teoria fisica da

Platone a Galileo, Roma, Borla, 1986, nonché dello stesso Duhem, Le système du monde: histoire des doctrines cosmologiques de Platon à Copernic, Paris, Hermann, 1913-1959.

assistentes apposuerit. Nunc si aliud scire cupis ipsam interroga: iam 35

coram ipsius lumine astas.»

Volebam interrogare, sed vox suavissima ex luce refertur ad aures: «Mihi tanta felicitas ex lumine divino elucescit ut in eius innefabili vultu iamdiu perspexerim quid nunc a me postulare tam avide cupis. Quare anticipo, tu autem animadverte quid dicam. Ego, quae simul cum 40

Apolline uno conceptu ex Latona edita fui, tali conditione praedita a Iove ut proprium lumen non habeam sed me frater meus illuminet, subter sum, ille vero longo [51v] itinere elatus magis versus sydera – ut videbis – a me distat: quare cum obscura sim, ille vero ex superna regione illuminet me, accidit ut me mediam tantum illuminare possit.

45

Cum igitur meo velocissimo cursu sub ipso ingredior, illam mediam partem ferit quae ipsum caeterosque divos caelestes respicit, unde ad ipsos verto id lumen candidum quod ex Apolline accepi, et vobis mortalibus demonstro id opacum quod in me radiis et lumine vacat. Cum vero a fratre magis versus orientem disto, vel ad occidentem recedo, non 50

amplius totam illam partem ferit quae altissimas stellas intuetur, sed illam quam vos conspicitis partem aliquantulum incipit illustrare, et quoniam id corpus in quo feror est globosum accidit ut id parvum lumen quod vobis ostendo per dorsum curvum relucens cornutam speciem morta- [52r] libus referat. Posteaquam magis progredior ac ab eo limite in quo terrestribus 55

non eram perspicua, quarta parte totius orbis quem circummeo, absum, his qui infra habitant tantum lumen demonstro quantum etiam versus sydera vertitur, quia Phaebus non omnes meas supernas partes suo lumine pingit, sed me ferit in latus. Postea vobis utrumque cornu lucidum coelicolis dirigo, vos vero fere totam candidam me conspicitis. Nec 60

multum peragro, quod iam medium iter orbis perfeci et e regione Apollinem intueor totaque vobis lucida splendeo: et tunc evenit ut tellus et

queste preposte, tante menti e anime. Ora, se desideri sapere altro, interro- ga lei stessa: ormai stai di fronte alla sua luce.»

Io volevo interrogarla, ma dalla luce si rivolse alle mie orecchie una voce soavissima:

«Tanto grande è la felicità che mi rifulge dalla luce divina, che nell’ineffabile volto di essa ho già da tempo percepito cosa desideri tanto ansiosamente chiedermi, ragion per cui ti prevengo: dal canto tuo, tu fa’ attenzione a cosa dico. Io, che con un unico concepimento fui generata da Latona assieme ad Apollo, posta da Giove in condizione tale che io non possegga una mia luce propria, ma sia mio fratello ad illuminare me, mi trovo in basso, mentre lui, più elevato con il suo lungo cammino verso le stelle, è, come vedrai, lontano da me: perciò, poiché io sono oscura e lui invero mi illumina dalla regione superiore, si dà il caso che egli può illuminarmi solo per metà.

Quando dunque con il mio velocissimo corso entro nella regione posta sotto di lui, egli colpisce la metà che guarda verso di lui e verso gli altri dèi celesti, ed è così che rivolgo verso di loro la candida luce che ho ricevuto da Apollo e a voi mortali mostro la luce della mia zona d'ombra,

che è una luce priva di raggi e fulgore38. Quando poi mi trovo più distante

da mio fratello verso oriente, o retrocedo verso occidente, egli non colpisce più tutta la parte che guarda le stelle altissime, ma comincia ad illuminare un po’ la parte che vedete voi, e poiché il corpo in cui sono trasportata è sferico, succede che quella piccola luce che vi mostro, risplendendo sopra il dorso ricurvo, restituisce ai mortali una forma a falce39. Dacché avanzo

più oltre e mi vengo a trovare fuori dal tratto in cui non ero visibile ai mortali, che è un quarto dell’intera orbita che percorro, mostro a coloro che abitano di sotto tanta luce quanta quella che è rivolta anche verso le stelle, perché Febo con la sua luce non colora tutte le mie parti superiori, ma mi colpisce di lato40. In seguito, a voi abitanti del cielo dirigo i due

corni luminosi della falce, e voi terrestri mi vedete quasi tutta fulgida41. E

non viaggio molto che ho già compiuto metà cammino dell’orbita e osser- vo Apollo di fronte, e a voi rifulgo tutta luminosa42; e allora succede che la

terra e i mari situati fra le nostre luci vengono attirati, dal momento che

38 Fase di novilunio. | 39 Fasi di Luna crescente e di Luna calante. | 40 Fasi di primo quarto e di ultimo quarto. | 41 Fasi di Luna gibbosa crescente e Luna gibbosa calante. | 42 Fase di plenilunio.

maria inter nostra lumina intercipiantur, quandoquidem alter nostrum est in oriente, alter occiduas partes colit, vel sub terra alter Antipodes lustrat, alter vero vestrum hemispherium suo lumine fovet eoque tempore semper 65

lux Solis versus me umbra<m> terrae et maris dirigit quae simul amplexa rotundum orbem conficiunt, unde ex illius opacitate [52v] Sol usque ad orbem Mercurii obscurissimum turbinem proiicit. Turbo vero, aut illa piramis opaca umbraque Terrae, nec quidem punctum a via Solis eius cuspidem versus alterum polum declinat. Ego vero ita transverse feror ut 70

magna ex parte extra circulum per quem Apollo graditur versus Austrum

reperiar aut versus Boream inambulem; verumtamen, cum ab Austro ad

Articos transferor, vel cum a septentrione ad Antipodes versus regredior, sub limite Solis transvolo: at si forte contingit ut in eo puncto limitis Phaebi per quod transire debeo turbo et umbra vestri orbis quae 75

circumagitur occupet viam, eius obscuritate ingredior totaque obscura langueo – ut vos mortales creditis – quia nihil supra est a quo aliquod lumen possim recipere, et ille vester mundus intercipitur prohibetque ne ab Apolline illuminer ut solebam. Sed cito turbine transgredior et illico lucida tota resplendeo ut resplendebam [53r] antequam obscuritatem 80

Telluris ingrederer. Sed hoc aliud scies, quod sive obscura sim, sive luceam, nihil<o> afficior mali. Hoc enim meum corpus divinum nec quicquid detrimenti perpeti potest et mens semper divino lumine fruitur.»

Ego vero dum ita suos affectus enarrabat gliscebam gaudio tantaeque pulchritudinis delectatione potiebar quanta in altera parte 85

mundi per quam transieram nondum delectatus fui, quia circa illius lumen lucidissimos daemones intuebar qui proprietates huius astri ad mortales deferebant. Nonnulli quidem eventus casus ve bona ac detrimenta quae ex matre ad filios pertinere possent; alii vero mortalibus talem facultatem portabant ut legationibus et mandatis negotiarentur; alii 90

praeerant aquis inundantibus Chalcydico Euripo aliisque partibus ponti

uno di noi si trova ad oriente, l’altro abita le regioni occidentali, oppure uno illumina gli Antipodi sotto la Terra, e l’altro riscalda con la sua luce il vostro emisfero; e in quel momento la luce del Sole proietta sempre verso di me l’ombra della terra e del mare i quali, abbracciandosi l’un l’altro, creano un disco rotondo per cui, in virtù dell’opacità di quest’ultimo, il Sole proietta fino al cerchio di Mercurio un cono nerissimo. Il cono, poi, o quella piramide scura, ombra della Terra, non devia dalla via del Sole il suo vertice nemmeno di un punto verso l’altro polo. Io, invero, vengo fatta deviare lungo una linea così obliqua che mi ritrovo a sud o girovago a nord in gran parte fuori dal circolo attraverso cui procede Apollo; tuttavia, quando vengo trasportata da sud a nord, o quando da settentrione ritorno verso gli Antipodi, volo attraversando la linea del Sole: ma se per caso succede che in quel punto della linea di Febo per cui devo passare il cono d’ombra che gira intorno, prodotto dal vostro globo, occupi la via, entro nella sua ombra e resto tutta buia (come credete voi mortali) perché sopra non vi è nulla da cui io possa ricevere una qualche luce, e il vostro mondo si interpone ed impedisce che io sia illuminata come d’abitudine da Apol-

lo43. Ma presto oltrepasso il cono, e subito risplendo tutta luminosa come

risplendevo prima di entrare nell’ombra della Terra. Ma devi sapere anche questo: che sia oscura o che splenda, io non sono colpita da nulla di male. Questo mio corpo divino, infatti, non può patire alcun danno, e la mia mente gode sempre della luce divina».

Io, invero, mentre essa raccontava così gli stati del proprio moto, andavo accendendomi di gaudio, e godevo del piacere di una bellezza così grande quale fino ad allora non mi aveva ancora allietato nell’altra parte del mondo attraverso cui ero passato, perché tutt’intorno a quella luce vedevo demoni luminosissimi che recavano ai mortali le proprietà di questo astro. Alcuni appunto portavano i beni e i danni della sorte o del caso che dalla madre potrebbero ricadere sui figli; altri invece portavano ai mortali la facoltà di negoziare con legazioni ed incarichi; altri presiedeva- no alle acque che provocano inondazioni nello stretto di Euripo di Calcide

vehementer reciprocare iubebant; alii daemones aliis mortalibus huiusmodi artem ac doctrinam largiebantur ut docti bene [53v] sererent, bene colerent terram; alia grex daemonum vanitati religionis praeerat: nonnunquam mirum in modum illudebant sacerdotes ut in primo 95

ingressu boni beneque essent religiosi, demum tota in ipsis religio evanesceret et deponerent sacerdotium.