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Sozzino Benzi augura perpetua salute all’illustrissima principessa Anna d’Este

Illustrissima principessa1, per adempiere all’incarico di insegnante

presso questo Studio, affidatomi sia dall’illustrissimo principe tuo progenitore Ercole II, duca di Ferrara2, sia dal Comune, stavo già iniziando

il corso, quando mi fu riferito che tu stavi venendo ad ascoltare la mia dissertazione3.

Dapprima invero mi chiesi, sbalordito, per quale motivo una donna così celebre ed illustre volesse rendere a me un simile onore, dal momento che mai in alcun tempo ho ritenuto le mie capacità oratorie e la mia erudizione tanto pregevoli da credere di essere degno di parlare in presenza tua e all’interno di quel folto circolo di accompagnatori dottissimi che circondandoti ti segue, ed ero soprattutto sbalordito per il fatto che oggetto delle mie lezioni erano gli aforismi di Ippocrate, nei quali sapevo per certo non trovarsi nulla che fosse degno della tua regalità. E giustamente, per Ercole, educata come sei nelle lettere più raffinate, ora tu puoi ascoltare uomini eloquenti, ora ti può capitare, nel tuo quotidiano esercizio, di sfogliare opere della più grande levatura sugli dèi, sul mondo, sullo stato, sui doveri e i costumi dell’uomo, e di leggere le maggiori imprese degli eroi: a tal punto lontana dal mio modo di espressione ed estranea alla medicina, che l’uno potrà sembrarti facilmente una sorta di schiamazzo, l’altra potrebbe non solo non recarti alcun piacere, ma anche infastidirti. Tuttavia, dopo essermi un po’ ripreso e aver saputo che, a motivo della tua grandissima benevolenza, avrei ricevuto questo sommo segno del tuo favore, lieto dell’onore che ero sul punto di ottenere per la

1 Anna d’Este (1531-1607) era la primogenita del duca Ercole II e di Renata di Francia. Per una sua esaustiva biografia, e la relativa bibliografia, rimando alla voce di M. Sanfilippo in

Dizionario biografico degli Italiani, cit., XLIII, 1993, pp. 315-320. | 2 Ercole II d’Este, figlio di Alfonso I e Lucrezia Borgia, guidò il ducato estense dal 1534 al 1559. Per lo studio della sua figura è fondamentale la voce di G. Benzoni in Dizionario biografico degli Italiani, cit., XLIII, 1993, pp. 107-126. Cfr. inoltre L. Chiappini, Gli Estensi: mille anni di storia, Ferrara, Corbo Editore, 2001, pp. 271-294, e la bibliografia da esso fornita alle pp. 630-631. | 3 Nelle cronache o in altri documenti non è stata rinvenuta alcuna notizia relativa alla visita della principessa allo Studio ricordata dal medico. I riferimenti interni al testo, tuttavia, portano ragionevolmente a supporre che questa sia avvenuta nell’ottobre – novembre del 1545, poco dopo l’inizio dell’anno scolastico (cfr. introduzione, pp. 3- 4).

pulchrum ac delectabile possem reperire unde aures animumque tuum – si non eloquentia – saltem magnificentia rerum oblectarem.

Illico brevi tempore mihi concesso ad cogitandum surrepsit in men- tem somnium in nocte antecedente imaginaria visum a me, quasi prae- 25

sagiente divinanteque adventum tuum gratissimum, quod enarrare maxi- mopere placuit. Erat quidem par ut quemadmodum – honesta et sancta foemina Hippolita Putta impetrante – tu mihi, illustrissima Princeps, to- tius telluris imaginem, continentis ac insularum, urbes et populos maria-

que descripta donasti, ita ego – ex praecepto Hesiodi– cum possem, enar-

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ratione, aequale vel munus adeo maius debitum tuae maiestati referrem, in quo tu quoque similiter hunc universum orbem quem [2v] incolimus descriptum summatim prospiceres, insuper quaecumque creata in tellure, in mari, in aere, in igne cognosceres sciresque caelestium globorum ordi- nes et meatus et cuiusque potentias et vires tamen velatas sub imagine 35

daemonum – ut videbis – ne tantummodo essent animo et ratione prospectae, sed eas quasi prae oculis haberes.

Accessisti, concionatus sum. Sed quia verba praetereunt et cuiusque memoria est labilis, ut illa quae dixi apud te perpetuo manerent et tuum clarissimum nomen apud venturos homines – quoad mihi fieri poterit – 40

aeterno tempore duret, statui mandare literis quicquid illa nocte praeterita

tua eccezionale presenza, iniziai a riflettere per vedere se potessi trovare un argomento bello e piacevole che mi permettesse di dilettare le tue orecchie ed il tuo animo, se non con l’eloquenza, almeno con la grandiosità degli argomenti.

All’improvviso, nel breve tempo concessomi per pensare, mi si insinuò nella mente il sogno fatto nel corso della notte precedente, che, portatrice di quelle visioni, quasi presagiva e profetizzava la tua graditissima visita: un sogno che decisi assolutamente di raccontare. Era senza dubbio doveroso che come tu, illustrissima principessa (esaudendo la richiesta di quella onesta e santa donna che è Ippolita de’ Putti4) donasti

a me un disegno di tutta la Terra, della terraferma e delle isole, dov’erano stati segnalati città e popoli e mari, così io (secondo il precetto di Esiodo5)

essendo in grado di farlo, restituissi a te, sotto forma di una narrazione, un dono pari o perfino maggiore come dovuto alla tua maestà: un dono nel quale anche tu potessi contemplare allo stesso modo, descritto sommariamente, l’intero mondo che noi abitiamo; nel quale tu potessi conoscere inoltre tutte le cose che sono state create sulla terra, nel mare, nell’aria e nel fuoco, ed apprendere la disposizione e i moti delle sfere celesti e, di ciascuna di esse, le potenze e le forze, presentate però, come vedrai, sotto l’immagine di demoni, perché esse non si intravedessero solamente attraverso l’animo e la ragione, ma tu le avessi quasi davanti agli occhi.

Arrivasti, parlai. Ma poiché le parole sfuggono e labile è la memoria di noi tutti, affinché le cose che dissi rimanessero con te in perpetuo, e affinché il tuo chiarissimo nome, per quanto mi sarà possibile, risuoni in eterno presso i posteri, mi proposi di affidare ad uno scritto tutto ciò che sognai quella notte: uno scritto nel quale – come avevo esposto nella

4 Allo stato attuale della ricerca non è stato possibile reperire alcun documento che faccia menzione di un’Ippolita Putti, o de’ Putti: l’ipotesi più immediata porta ad identificarla come una figlia di Ippolito de’ Putti, personaggio legato alla corte estense e conquistato, assieme a uno dei segretari di Renata di Francia, Pietro Vergnanini, alle idee della Riforma diffuse a Ferrara dal circolo raccolto intorno alla duchessa (cfr. L. Chiappini, Gli Estensi, cit., pp. 284 e 425). Allo stesso modo, non si è finora avuto modo di trovare alcuna fonte che riporti l’episodio del dono da parte di Anna a cui allude il medico. | 5 Non è chiaro se il riferimento costituisca un rimando generico all’insieme dei precetti di Esiodo, o se intenda alludere in modo specifico ad uno di essi. Ne Le opere e i giorni, 349-351, 354-367, Esiodo esorta a misurare bene ciò che si vuole chiedere in prestito al vicino, e a restituirne una misura uguale o possibilmente superiore; egli suggerisce, poi, di dare a chi dà, e di non dare a chi non dà.

somniavi, in quibus – ut narraveram in [3r] concione – discernes quicquid felicitatis speculando tellurem aliaque elementa et coelum, Solem et Lunam, quinque errantes stellas et sydera resque mathematicas, artes et mores hominum queamus adipisci, quomodo haec nostra mundana 45

felicitas – quae in speculatione versatur – doctissimis philosophis illudere possit ni maximi omnipotentisque Dei gratia illa beatitudo succedat unde ex sanguine Christi sumus felices in Deo. Et nequid deesset ad perfectionem totius descripti orbis – ut humanis lineamentis potui – hanc quoque felicitatem sum enixus describere.

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Ergo, praeclarissima Princeps, cum tuas maiores curas sepones, his nostris – qualiacumque sint – scriptis interdum lectitando, animum et [3v] mentem oblectare poteris ac memor esse illius benivolentiae et observantiae qua dedito animo erga te – clarissima Princeps – sum adeo affectus ut ne post obitum quidem – si aliqua memoria immortalibus 55

lezione – tu discernerai tutti i tipi di felicità che noi siamo in grado di conseguire contemplando la terra e gli altri elementi, e il cielo, il Sole, e la Luna, i cinque pianeti e le stelle, e le scienze matematiche, e le arti e i costumi degli uomini; e conoscerai come questa nostra felicità mondana, che rimane nell’ambito della contemplazione, possa ingannare dottissimi filosofi, se non subentra per grazia di Dio onnipotente quella beatitudine per la quale, grazie al sangue di Cristo, siamo felici in Dio. E perché nulla mancasse alla perfezione dell’intero universo descritto, mi sforzai, per quanto potei con disegno umano, di descrivere anche questa felicità.

Dunque, onoratissima principessa, quando metterai da parte le tue occupazioni più serie, potrai intrattenere l’animo e la mente con questo mio scritto, quale che sia, tornando a leggerlo di tanto in tanto, e potrai così ricordarti di quell’ossequio e di quella deferenza nei tuoi confronti di cui io, nel mio animo devoto, sono a tal punto pervaso, chiarissima princi- pessa, che nemmeno dopo la morte alcun oblio, se qualche ricordo resta alle anime immortali, potrebbe mai cancellarli dalla mia mente. Addio.

[4v]

De Somnio Socini Bentii ad

illustrissimam Annam principem