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Nel documento Innovazione nel rifugio alpino (pagine 66-69)

ecuperare la plastica per poterla riutilizzare come filamento per nuove stampe tridimensionali è possibile, ed è una pratica comune da alcuni anni sia a livello industriale con macchinari veloci ed efficienti che a livello domestico con macchinari che possono richiedere di ripetere alcuni passaggi più volte ed essere azionati manualmente per arrivare al risultato voluto.

Possono essere utilizzati gli scarti e gli errori di altre stampe oppure si possono utilizzare rifiuti plastici non inerenti al mondo dell’additive manufacturing, prodotti di uso comune come bottiglie, tappi, packaging e quant altro.

Per riciclare la plastica ad uso “domestico”

bisogna seguire quattro passaggi principali:

la pulizia del materiale e la seguente fase di asciugatura; lo sminuzzamento in piccoli pezzi della plastica,

controllando di avere pezzi delle giuste dimensioni e non troppo grossi; la fase di estrusione del materiale triturato e il suo arrotolamento in bobina;

infine la progettazione e stampa di un nuovo componente.

Durante questi passaggi è importante mantenere il materiale delle dimensioni ottimali sia nelle fasi di sminuzzamento che soprattutto nell’estrusione per garantire una consistenza del peso della sua struttura che eviteranno problemi durante la stampa nel passaggio finale. Anche il diametro di estrusione deve essere adatto al tipo di stampante che si utilizza per non incorrere

in problematiche di pescaggio da parte dell’ugello o di estrusione sul piatto di stampa.

Da tenere sempre in considerazione anche il fatto di non mischiare materiali diversi insieme, questo potrebbe causare disagi durante la stampa per via delle risposte dei materiali ad una incorretta temperatura di estrusione, oltre che alla mescola con altre sostanze di per sé.

I materiali scelti devono essere asciutti per evitare possibili bolle date dall’evaporazione dell’acqua durante il riscaldamento del materiale in fase di estrusione e devono essere della tipologia più simile possibile.

Anche due oggetti indicati come dello stesso materiale potrebbero essere stati prodotti con tecnologie e processi diversi dando caratteristiche differenti al materiale.

Plastic Shredder

Per recuperare la plastica utilizzata e non più in uso il primo passaggio da fare, subito dopo aver lavato ed asciugato il pezzo, è quello di dare in pasto il pezzo ad appositi macchinari ad ingranaggi a rotazione inversa in grado di sminuzzare il prodotto in piccoli pezzetti, possibilmente dalle dimensioni più simili possibili tra di loro.

Più i pezzi che si vanno ad inserire nell’estrusore sono ugualmente dimensionati più sarà coerente per struttura, resistenza e caratteristiche il filamento che ne uscirà.

Un prodotto di dimensioni contenute per uso “casalingo” in grado di sminuzzare la plastica si può trovare facilmente nel

mondo DIY, adattando altri macchinari come quello disegnato per triturare la carta. In alternativa si può trovare Frieco56 (per poco meno di 900€), vero e proprio tritarifiuti domestico in grado di sminuzzare oltre alle plastiche anche vetro e lattine consentendo di risparmiare spazio nello stoccaggio dei rifiuti.

Plastic extruder

estrusore di plastiche, come funziona, con che materiali

estrusori professionali, DIY o totalmente home-made

Il materiale triturato o il pellet vengono immessi in una “tramoggia” che è sostanzialmente la bocca della macchina.

Poi cadono in una vite che li fa girare in avanti e passa il materiale oltre gli elementi riscaldanti che sciolgono la plastica. Dopo che la plastica è sufficientemente sciolta, viene pressata attraverso un ugello che, se

tutto è stato correttamente impostato, lo preme in una perfetta stringa di filamenti.

Un esempio di estrusore DIY tutto italiano è FelFil57 (analizzato nei casi studio).

Sul mercato sono già presenti prodotti in grado di eseguire le due azioni in un singolo prodotto, sminuzzare ed estrudere il nuovo filamento in un’unica macchina.

Uno di questi è ProtoCycler58 che in un volume contenuto di 35 x 30 x 25 cm permette di frantumare e sminuzzare a manovella la plastica per poi estruderla direttamente su una bobina impostando il diametro desiderato per il filamento, tutto questo per un costo di 1.299 USD (circa 1.165 €).

Un caso particolare di utilizzo di questa combinazione di tecnologie è stato applicato da Project Seafood59, in cui la coppia fondatrice del progetto viaggia lungo il Mar Mediterraneo ripulendo le sue spiagge dai

56. http://www.frieco.it 57. https://felfil.com/it/

58. http://www.redetec.com/

R

Macchinari per il recupero della plastica, progettati in maniera DIY e condivisi in maniera Open da Precious Plastic project

« non mischiare materiali diversi insieme, questo potrebbe causare disagi

durante la stampa »

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rifiuti, principalmente di HDPE polietilene alta densità di classe 2 normalmente usato per i tappi delle bottiglie. Il materiale deve essere per prima cosa lavato e lasciato ad asciugare, poi va triturato attraverso una macchina azionata manualmente e si ripete il passaggio più volte finchè tutti i pezzi non sono delle dimensioni ottimali e passano da un setaccio, a quel punto i pezzettini sono pronti per essere estrusi in nuovo filamento che verrà in seguito utilizzato per la stampa 3d con una Ultimaker Original. I risultati dopo un primo periodo di prove sono soddisfacenti, nonostante le condizioni in cui lavorano (tra sabbia e ambiente salino) e si muovono con tutta l’attrezzatura in un furgone.

59. https://ultimaker.com/en/stories/18367-project-seafood-creating-waves-of-change-on-our-shores Fase di triturazione della plastica manualmente durante il progetto Seafood

Noi viviamo in una cultura del “remix”: tutto è ispirato da qualcosa che è venuto prima, e la creatività si vede nella reinterpretazione di opere preesistenti non meno che negli originali.

Nel documento Innovazione nel rifugio alpino (pagine 66-69)

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