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5 La difesa della costa con strutture rigide

5.1 I reef artificial

Fra gli interventi non convenzionali vi è quella tipologia di opere che, pur presentando le connotazioni peculiari di interventi rigidi, sono basate su tecniche, forme o materiali innovativi, come gli Artificial Reef.

I moduli di reef artificiali (appartenenti alla categoria delle low-crested structures, LCS) (Mead and Black, 1999) sono delle strutture sommerse semi-permeabili realizzate con differenti materiali e forme, in grado di ridurre l’energia del moto ondoso provocandone il frangimento e trasmettendone una limitata quantità attraverso la struttura (Pilarczyk, 2005). Queste strutture possono essere assemblate sia a terra che in acqua e sono definite "intelaiate" in quanto sono altamente permeabili.

Essendo in grado di assorbire parte dell’energia dell’onda, secondo alcuni studi (Harris et al., 2004; Harris, 2009; Black, 2001) dovrebbero produrre due effetti:

l’onda viene scomposta in più direzioni e perciò la sua energia viene parzialmente dissipata;

le piccole turbolenze che esse generano inducono la deposizione sul fondo dei sedimenti fini.

Inoltre queste strutture, sono state pensate in modo da resistere alle spinte delle correnti o agli effetti di trascinamento delle reti ed in modo da resistere alle

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sollecitazioni del moto ondoso, contrastare gli effetti di trascinamento delle reti da pesca ed evitare l'affondamento della struttura nel fondale. Infine, esse favorirebbero il ripopolamento ittico dei fondali marini, in quanto forniscono tane, anfratti e vie di fuga per le prede.

Essendo barriere sommerse, generalmente l’attenuazione dell’onda incidente aumenta con l’altezza d’onda, come per le LCS (Mancinelli et al., 2005). Durante i climi d’onda meno energetici, tale attenuazione non avviene oppure è fortemente ridotta, determinando così scarsi disturbi alla circolazione idrosedimentaria. E’ durante periodi con onde alte ed energetiche che tale barriera mostra i suoi effetti, portando le onde al frangimento riducendone il potere erosivo.

Secondo diversi studi (e.g. Ranasinghe et al., 2001; Voorde et al., 2006; Jackson & Corbett, 2007), anche se le onde non frangono sulla barriera in reef, possono comunque favorire una certa stabilità della linea di riva, a causa degli effetti di rifrazione delle onde stesse. Infatti, quando si verifica il frangimento con onde oblique rispetto l’orientazione della linea di riva, la corrente lungocosta che si genera può trasportare del sedimento. Maggiore è l’angolo di incidenza, maggiore sarà l’energia di tale corrente e quindi maggiore sarà anche il trasporto sedimentario. Come le onde arrivano nei fondali meno profondi subiscono rifrazione e la loro direzione diventa pressoché parallela alla linea di riva. Ma per onde che attraversano barriere in reef, sufficientemente ampie e poco profonde, questa rifrazione e “rotazione”può ridurre la velocità della corrente longsore e quindi il trasporto sedimentario (Mead and Black, 2002).

La barriera in reef è progettata con lo scopo di non alterare il fondale creando gradini morfologici come avviene con le barriere tradizionali. Infatti la particolare geometria dei reef artificiali fa sì che grazie alla loro permeabilità il profilo di spiaggia sommersa rimanga piuttosto naturale e stabile.

Per quanto riguarda il loro impiego, generalmente, sono stati utilizzati a scopo turistico, in quanto progettati per favorire la formazione di onde da surf o per il ripopolamento ittico. In realtà ne esistono di svariati tipi tra cui i cosiddetti multi- function artificial reefs. Un esempio è il reef realizzato a Narrowneck, Gold Coast (Australia) con lo scopo di proteggere la costa e garantire onde da surf (Ranasinghe et

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al., 2006) o l’artificial reef installato a Cable Station, Western Australia, costruito con la sola funzione di migliorare le condizioni di frangenza delle onde per il surf, producendo regolarmente onde di qualità per i surfisti. Non è mai stato inteso come struttura di protezione della spiaggia (Ranasinghe et al., 2001).

Il Pratte's Reef (El Segundo, Los Angeles County, USA) (Borrero and Nelsen, 2003) e il Reef di Boscombe (Bournemouth, UK) (Rendle and Esteves, 2010) o le diffuse barriere di Reef BallTM (Cayman Islands, Antigua, o presso la costa della Repubblica Dominicana) (Fig. 5.2) si sono mostrate efficaci nella stabilizzazione della costa e nel miglioramento della qualità dell'habitat marino, ma hanno comportato escavazioni alla base delle strutture (Smith et al., 1998).

In particolare, il primo progetto eseguito mediante Reef BallTM presso la costa sud caraibica della Repubblica Dominicana nel 1998 ha visto l’impiego di 450 Reef BallTM. Tali unità erano alte circa 1,2 m con una base di diametro 1,5 ed un peso di circa 1600 Kg, e sono state istallate alla profondità di 1,6-2 m (sommergenza 0,3-0,8 m). Nonostante l’avvento di ben due uragani, le Reef BallTM non hanno subito danneggiamenti o spostamenti, ma piuttosto è stato osservato un effetto sulla linea di riva, che registrò un avanzamento dopo 3 anni in media di 11 m (Harris, 2009).

Fig. 5.2 – Reef BallTM e foto aerea di una barriera composta da 5 linee di Reef Ball in Antigua (Caraibi) (Harris, 2003).

A Dubai, nel 2002 è stata realizzata una barriera in reef artificiali composta da 66 moduli TecnoreefTM alla profondità di circa -2,5 m.s.l.m con il fine di proteggere la

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costa dall’erosione (Fig. 5.3). I risultati, dopo 9 mesi dalla messa in opera dei moduli del reef, hanno evidenziato la rottura di alcuni moduli e l’instaurarsi di una corrente di rip in grado di erodere il sedimento nella parte protetta dalla struttura e di trasportarlo al largo depositandolo nella zona offshore della barriera in reef.

Il budget sedimentario nel tratto protetto dal reef è risultato dunque negativo, mentre nei fondali al largo è risultato positivo. Tale effetto secondo il monitoraggio condotto per conto dalla ditta sembra essere dovuto proprio alla rottura dei moduli che non sono stati in grado di ostacolare la dispersione del sedimento verso il largo (Fontolan, 2003).

Fig. 5.3 – Messa in opera dei TecnoreefTM presso Jumeira Beach, Dubai, nel 2002.

Sono numerose le ditte che progettano e mettono in vendita le più svariate tipologie di moduli, con forme, pesi e materiali di vario genere. Per lo più utilizzate per ripopolamento ittico o per incentivare la formazione di onde da surf, risulta estremamente necessaria una sperimentazione per capirne gli effetti idrodinamici e morfologici che hanno sul litorale. Come è emerso dal monitoraggio del reef costruito a Boscombe, sembrano sorgere dei problemi relativi a fenomeni erosivi accentuati alla base della struttura. In mancanza di un quadro chiaro della situazione, Rendle &

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Esteves (2010) non hanno potuto constatare se queste escavazioni siano state occasionali, né se abbiano potuto avere degli effetti negativi sulle funzioni del reef.

Ranasinghe et al. (2006) ed Harris (2009) sostengono invece che molti progetti sperimentali abbiano subìto cedimenti della struttura del reef dovuti sostanzialmente all’escavazione alla base.

Per quanto riguarda invece l’effetto sull’evoluzione della linea di costa, Ranasinghe & Turner (2006) sostengono che la risposta della linea di costa a queste opere è un argomento tutt’ora confuso e dibattuto. Sebbene alle barriere coralline sommerse sia spesso associata la formazione di cuspidi e tomboli, indicando un’effettiva protezione della costa (Komar, 1976), le scarse pubblicazioni sulla risposta della linea di costa a queste strutture non permettono di affermarne la reale efficacia.

Da questo emerge la mancanza di dati certi ed un'ampia casistica alle spalle, sostenuta da studi e ricerche e sperimentazioni seguite da monitoraggi di medio-lungo termine.

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