• Non ci sono risultati.

Un regime normativo speciale per alcune tipologie di armi 504 1 Le armi escluse dall’applicazione della legge 185/

LA LEGISLAZIONE ITALIANA RELATIVA AL COMMERCIO DI ARMI CONVENZIONAL

3. Un regime normativo speciale per alcune tipologie di armi 504 1 Le armi escluse dall’applicazione della legge 185/

Sebbene la legge 185/90 sia idonea a disciplinare il commercio di una porzione importante di materiali militari, è bene precisare che alcune tipologie di armi convenzionali restano escluse dal campo applicativo di questa normativa.

Del resto è lo stesso articolo 1, comma 11 della legge che precisa che “le armi sportive e da caccia e relative munizioni; le cartucce per uso industriale e gli artifizi luminosi e fumogeni; le armi e munizioni comuni da sparo di cui all’articolo 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110 , nonché le armi corte da sparo purché non automatiche” non rientrano nell’ambito di applicazione di questa normativa. Secondo quanto emerge da quanto precede, la legge del 1990

503 Secondo PONTI C., Trasferimenti di materiali di armamento e contrasto al traffico illecito di armi da fuoco nella legislazione italiana, in La comunità internazionale, 2016, fasc. 4, p. 525 ss., p. 538:, “le informazioni pubblicate nelle relazioni

annuali sono scarse e opache e non consentono di fugare il dubbio che talvolta le autorizzazioni ai trasferimenti non siano ispirate al rispetto fedele, rigoroso ed uniforme dei principi e dei divieti sanciti dalla legge (e dalla posizione comune 2008/944/PESC)”.

504 Per approfondimenti su questo argomento, si veda, PONTI C., Trasferimenti di materiali di armamento, cit.;

EMMOLO E., Le modifiche del 2012 alla disciplina sui controlli delle esportazioni di armi della legge 185 del 1990, in Sistema

informativo a schede – Archivio Disarmo, 2013; BONAIUTI C.,LODOVISI A. (a cura di), Il commercio delle armi. L’Italia nel

contesto internazionale, Milano, 2004; SIMONCELLI M., (a cura di), Armi leggere guerre pesanti. Il ruolo dell’Italia nella

produzione e nel commercio internazionale, Catanzaro, 2001. In modo più generale, si rimanda a, BELLAGAMBA G., VIGNA P. L., Armi, munizioni, esplosivi. Disciplina penale e amministrativa, Milano, 2008; MAZZA L., MOSCA C., PISTORELLI L., La disciplina di armi, munizioni, ed esplosivi, Padova, 2002; RUSSO I., Trattazione della normativa penale in

176

non produrrebbe effetti giuridici né rispetto alle armi comuni da sparo di cui all’art. 2 della legge 110/75 né con riferimento alle armi corte da sparo che non sono automatiche505.

A questo punto risulta interessante capire quali sono, nel concreto, le armi escluse dall’applicazione della disciplina.

Avviando la nostra analisi è necessario ricordare che l’ordinamento giuridico italiano, oltre alla nozione di “materiale di armamento”, contempla altre 3 tipologie di armi: le armi comuni da sparo, le armi da guerra e le armi tipo guerra506, pertanto, è con riferimento a tali

categorie che andremo a verificare l’applicabilità della legge 185/90.

Per quanto concerne le armi comuni da sparo, può apparire ridondante ribadire che esse non sono sottoposte al regime giuridico della legge 185/90 in virtù della specifica clausola di esclusione contenuta nell’art. 1, comma 11 della legge507. Analizzando l’elenco di armi

comuni contenuto nell’art. 2, comma 1, della legge 110/75, infatti, possiamo affermare con certezza che la legge 185/90, dal momento che disciplina il commercio di materiale progettato per un prevalente uso militare, non trova applicazione con riferimento a: “a) i fucili anche semiautomatici con una o più canne ad anima liscia; b) i fucili con due canne ad anima rigata, a caricamento successivo con azione manuale; c) i fucili con due o tre canne miste, ad anime lisce o rigate, a caricamento successivo con azione manuale; d) i fucili, le carabine ed i moschetti ad una canna ad anima rigata, anche se predisposti per il funzionamento semiautomatico; e) i fucili e le carabine che impiegano munizioni a percussione anulare, purché non a funzionamento automatico; f) le rivoltelle a rotazione; g) le pistole a funzionamento semiautomatico; h) le repliche di armi antiche ad avancarica di modelli anteriori al 1890, fatta eccezione per quelle a colpo singolo” (art. 2 comma 1 della legge 110/75). Risulta evidente che l’elenco delle armi comuni da sparo non comprende nessuna arma a funzionamento

505 È importante notare la distinzione, contenuta nella norma, tra “arma da sparo” e “arma comune da sparo”. La

prima è utilizzata nell’ordinamento giuridico italiano quale sinonimo di arma da fuoco e si riferisce in modo generico ad ogni arma dotata di canna progettata per espellere un proiettile. La seconda, invece, è precisamente definita nell’art. 2 della legge 110/75, e indica le armi progettate prevalentemente per uso civile (uso sportivo, legittima difesa, bersaglio da sala, ecc. . .). A questo proposito si veda, MORI E., Magistrato di Cassazione, Sintesi

del diritto delle armi, aggiornata al 1° ottobre 2018, pubblicato nel sito www.earmi.it.

506 Tale distinzione la ritroviamo negli artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 18 aprile 1975, recante “Norme integrative

della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi”.

507 La norma afferma testualmente che “Sono escluse altresì dalla disciplina della presente legge . . . le armi e

177

automatico in quanto, tale caratteristica ne aumenterebbe il potenziale offensivo, in modo da renderla da guerra o tipo guerra508.

Se le conclusioni in merito alle armi comuni da sparo risultano piuttosto agevoli, un’analisi più articolata si rende necessaria rispetto alle armi da guerra e alle armi tipo guerra.

Le armi da guerra sono definite nell’art. 1 della legge 110/75 come quelle armi “di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici biologici, radioattivi, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie o gli involucri esplosivi o incendiari”.

Sebbene la legge 110/75 classifichi le armi in base alla loro capacità di offesa e non in base alla loro finalità (come fa, invece, la legge 185/90), la dottrina maggioritaria è concorde nel ritenere che le disposizioni contenute nella legge 185/90 sono applicabili, salvo qualche rara eccezione, alla maggioranza delle armi da guerra509. In considerazione del fatto che le armi

da guerra “sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego bellico”, esse rientrano in modo piuttosto incontrovertibile nella nozione di materiale di armamento contenuta nella legge del ’90 in quanto possono essere qualificate come “materiali . . . che, per requisiti o caratteristiche, tecnico-costruttive e di progettazione, sono tali da considerarsi costruiti per un prevalente uso militare o di corpi armati o di polizia” (art. 2, comma 1 della legge 185/90).

Prima di affermare senza riserve l’applicazione della legge 185/90 a tutte le armi da guerra è necessario analizzare le eccezioni contenute nell’art. 1, comma 11, che esclude dal campo di applicazione della legge, oltre alle armi comuni da sparo anche “le armi corte da sparo purché non automatiche”.

508 A questo proposito, BELLAGAMBA G., VIGNA P. L., Armi, munizioni, esplosivi, cit., p. 213, ha notato che il

funzionamento automatico è “una caratteristica tipica dell’arma da guerra che rende, in tal caso, applicabile la disciplina di cui alla legge 185/1990. Più recentemente, la Suprema Corte di Cassazione, ha affermato che “Sono per contro da ritenersi armi comuni da sparo, quelle che non abbiano spiccata potenzialità e non consentano di sparare a raffica (in modalità cioè automatica), perché in quest’ultimo caso sono da considerarsi sempre armi da guerra”, Corte di Cassazione, I sez. Penale, sentenza n. 34383 del 2 luglio 2018.

509 Ibidem; In aggiunta si veda anche, MAZZA L.,MOSCA C.,PISTORELLI L., La disciplina di armi, munizioni, ed esplosivi,

Padova, 2002, p. 590, secondo cui “nel concetto di materiale di armamento rientrano tutte le armi da guerra”. In maniera sensibilmente diversa, RUSSO I., Trattazione della normativa penale in materia di armi, cit., p. 591 ha sostenuto che il materiale di armamento “è categoria di armi in parte coincidente con quella delle armi da guerra”.

178

Tenendo conto di questa esclusione possiamo affermare con un certo grado di certezza che a rientrare nell’ambito di applicazione della legge 185/90, sono tutte le armi da guerra (dato il loro prevalente uso militare), fatta eccezione per quelle a canna corta con funzionamento non automatico (per via dell’esclusione dell’art. 1, comma 11 della legge 185/90). A conforto di quanto appena affermato è utile consultare la giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione secondo cui l’esportazione della Beretta 9 x 19 parabellum, sebbene si tratti di un’arma in dotazione alle forze armate e dunque potrebbe essere considerata erroneamente “materiale di armamento”, resta disciplinata dalla normativa riguardante le armi comuni, in quanto si tratta di arma da sparo a canna corta semi-automatica (quindi non automatica)510.

Per quanto riguarda le “armi tipo guerra”, l’art. 1, comma 2, della legge 110/75 specifica che “sono armi tipo guerra quelle che, pur non rientrando tra le armi da guerra, possono utilizzare lo stesso munizionamento delle armi da guerra o sono predisposte al funzionamento automatico o presentano caratteristiche balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra”. Le armi “tipo guerra”, per essere chiari, sono quelle armi che nascono per usi civili (ad esempio, le armi comuni da sparo) ma sono predisposte per l’utilizzo delle medesime munizioni delle armi da guerra, oppure per il tiro a raffica511.

La prima considerazione che intendiamo proporre è che le “armi tipo guerra” non costituiscono “materiali di armamento . . . che, per requisiti o caratteristiche, tecnico- costruttive e di progettazione, sono tali da considerarsi costruiti per un prevalente uso militare” (art. 2 della legge 185/90). In linea generale, dunque, tali armi dovrebbero essere escluse dal campo applicativo della legge.

510 La giurisprudenza costante della Corte di Cassazione specifica che l’esportazione della Beretta calibro 9 parabellum resta disciplinata dalla normativa relativa alle armi comuni da sparo anche in virtù del suo “basso

potenziale offensivo”. In questo senso, si veda, Corte di Cassazione, Sez. 7 Penale, sentenza n. 6371 del 16 gennaio 2018; Corte di Cassazione, Sez. 1 Penale, sentenza n. 20457 del 6 aprile 2016. A questo proposito, BELLAGAMBA G.,

VIGNA P.L., Armi, munizioni, esplosivi, cit., p. 212, ha sostenuto che l’esclusione esplicita delle armi corte da sparo contenuta nell’articolo 1 comma 11 della legge 185/90 “risponde, a nostro avviso, all’esigenza di chiarire che le armi corte – per alcune delle quali vi è sempre stata discussione se siano da guerra o meno, come per la Beretta cal. 9 – non interessano ai fini della nuova legge”. Ancora con riferimento alla Beretta calibro 9, che rappresenta una peculiarità nel panorama delle armi contemplate nell’ordinamento giuridico italiano, è bene precisare che, sebbene la sua esportazione sia disciplinata dalla normativa inerente le armi comuni da sparo, la sua vendita all’interno dei confini dello Stato è inibita al civile in quanto è considerata arma in dotazione alle forze armate. A questo proposito si veda, Corte di Cassazione, Sez. 7 Penale, sentenza n. 6371 del 16 gennaio 2018. Per essere chiari, oggi la Beretta cal. 9 è considerata un’arma comune da sparo non commercializzabile in Italia.

511 La Corte di Cassazione, Sez. I penale, sentenza n. 19983 del 21.3.2013, ha definito le armi tipo guerra “quelle che

presentano contemporaneamente caratteristiche tecnico/balistiche tipiche delle armi da guerra (perché per esempio sparano a raffica) e delle armi comuni, risultando così eccessivamente pericolose per l’uso civile ma non abbastanza specializzate per la destinazione militare”.

179

Prima di giungere a conclusioni affrettate, però, è utile osservare che l’art. 2, comma 2, lett. b), della legge 185/90 specifica che rientrano nella nozione di materiale di armamento le “armi da fuoco automatiche e relativo munizionamento”. In considerazione di ciò e con riferimento specifico alle armi tipo guerra, si può con ragione sostenere che esse sono generalmente escluse dal campo di applicazione della legge 185/90, fatta eccezione per quelle che sono in grado di espellere proiettili in modo automatico in quanto tale caratteristica, come abbiamo detto in precedenza, le rende a tutti gli effetti armi da guerra rientranti nella nozione di materiale di armamento.

A margine di questa breve analisi del panorama giuridico italiano in materia di armi, possiamo concludere che, mentre le armi da guerra, dato il loro carattere prevalentemente militare, rientrano a pieno titolo nella definizione di materiale di armamento e nel campo applicativo della legge del 1990512, salvo quelle a canna corta non automatiche, le “armi tipo

guerra”, in considerazione del loro impiego prevalentemente civile, sono naturalmente escluse dall’applicazione della legge del 1990, fatta eccezione per quelle in grado di espellere proiettili a raffica.

Nel concreto: ad essere sottratti alla disciplina prevista nella legge 185/90, secondo la dottrina prevalente, oltre alle armi corte da guerra non automatiche, sono anche i cosiddetti “fucili tipo guerra”, in quanto non sarebbero congeniati per uso prevalentemente militare e non sarebbero neppure predisposti per il tiro a raffica (funzionamento automatico), ma sono in grado di utilizzare lo stesso munizionamento delle armi da guerra513. Si tratta, di fatto, di armi

ad uso civile che per la tipologia di munizioni che possono espellere e per il loro

512 Su questo aspetto la dottrina sembra essere concorde. In particolare, MAZZA L.,MOSCA C.,PISTORELLI L., La disciplina di armi, munizioni, ed esplosivi, cit., p. 115, hanno notato: “Con l’entrata in vigore della l. n. 185/1990 le

condotte di importazione e di transito di armi da guerra hanno assunto una più specifica ed autonoma rilevanza, in quanto sono state sottoposte ad una disciplina amministrativa e penale totalmente nuova”.

513 A questo proposito, si veda, BONAIUTI C., La normativa italiana sul commercio delle armi, in SIMONCELLI M., (a cura

di), Armi leggere guerre pesanti, cit., p. 70, secondo cui, “[t]ra le armi tipo guerra ricadono la maggior parte delle carabine da caccia e per uso sportivo che hanno versione per cartucce di dimensioni identiche a quelle militari”; analogamente, PEZZOLI C., La legislazione italiana sul controllo delle esportazioni di armi, cit., p. 4 e RUSSO I., Trattazione

della normativa penale in materia di armi, cit., p. 591, il quale afferma che “[l]’art. 1 della legge n. 895 è, perciò, ancora

applicabile alla fattispecie dell’introduzione delle armi da guerra che non siano anche materiali di armamento, come per esempio le armi corte da guerra o tipo guerra non automatiche”.

180

funzionamento semi-automatico possono avere un alto livello distruttivo non inferiore alle armi da guerra514.

In breve, affinché un’arma possa essere sottoposta al regime giuridico della legge 185/90, secondo la Suprema Corte di Cassazione, “non è sufficiente una meramente potenziale destinazione . . . né l’adattabilità o la trasformabilità mediante modifiche . . . ma bisogna che risulti la già intervenuta apposita costruzione in modo da soddisfare le necessità di un uso militare, perché le armi possano essere ritenute come materiale di armamento”515. Ciò

significa che tutti quei fucili tipo guerra a funzionamento semi-automatico, sebbene possano essere facilmente modificati e resi in grado di sparare a raffica, secondo la Corte di Cassazione non sono sottoposti al regime giuridico della legge 185/90 in quanto non sono stati appositamente costruiti “in modo da soddisfare le necessità di uso militare”.

Questa interpretazione restrittiva della nozione di materiale di armamento offerta dalla Corte di Cassazione, che eccettua dall’applicazione della legge 185/90 tutte le armi tipo guerra, ci induce a condividere l’opinione espressa da alcuni studiosi, secondo cui l’esclusione di tali armi dal campo applicativo della legge “lascia aperta una zona grigia, di sostanziale liberalizzazione”516. Questa affermazione è giustificata dalla circostanza che le armi tipo guerra,

per quanto concerne l’esportazione, l’importazione e il trasferimento, resterebbero regolate da una disciplina molto più permissiva che sarà oggetto di approfondimento nelle righe immediatamente successive.

2. Una disciplina d’eccezione per le armi tipo guerra

514 Si pensi ai cosiddetti fucili antimateria ad alta precisione, utilizzati anche per arrecare danno a carri armati o

equipaggiamenti militari. Essi sono commercializzati in Italia in vari calibri e possono trovare sia un impiego militare sia civile, come, ad esempio, il fucile “Extreme M.A.A.R.”. In aggiunta, come osservato correttamente da TERRERI F. E BONAIUTI C., Le esportazioni di armi italiane, in BONAIUTI C.,LODOVISI A. (a cura di), Il commercio delle

armi. L’Italia nel contesto internazionale, Milano, 2004, p. 47, nei conflitti interni, anche “le armi piccole classificate

come civili (armi semi-automatiche e fucili a canna rigata) possono avere un prevalente uso militare. In altri contesti possono essere utilizzate per repressione interna dei diritti umani”.

515 Corte di Cassazione, Sez. I penale, 18 maggio 1993.

516 BAGNATO R.,VERRINI B., Armi d’Italia: protagonisti e ombre di un made in italy di successo, Roma, 2005, p. 60. In

modo simile, BONAIUTI C., La normativa italiana sul commercio delle armi, in SIMONCELLI M., (a cura di), Armi leggere

guerre pesanti, cit., pp. 89 ss.; BELLAGAMBA G.,VIGNA P.L., Armi, munizioni, esplosivi. Disciplina penale e amministrativa, Milano, 2008, p. 212;

181

Le armi tipo guerra, dal momento che non sono congeniate per un prevalente uso militare e (in alcuni casi) non sono neppure predisposte per il funzionamento automatico517,

sono escluse dall’ambito applicativo della legge 185/90. Le attività di trasferimento, importazione ed esportazione internazionale di queste armi, dunque, restano disciplinate dalla normativa in vigore prima dell’adozione della legge in materia di esportazione di materiale di armamento.

La disciplina applicabile al commercio internazionale delle armi tipo guerra è contenuta in una serie di norme che sono puntualmente richiamate nell’art. 31 della legge 185/90. La norma citata stabilisce che “[r]estano in vigore, ove non incompatibili con la presente legge, le disposizioni del regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni, della legge 2 ottobre 1967, n. 895 , della legge 14 ottobre 1974, n. 497, della legge 18 aprile 1975, n. 110”.

Il commercio internazionale delle armi tipo guerra, dunque, risulta disciplinato dalla normativa appena citata, di cui proponiamo una breve analisi.

A questo proposito, è utile richiamare, in primo luogo, l’art. 28 del Testo Unico delle Leggi sulla Pubblica Sicurezza (TULPS) che introduce norme di carattere generale in materia. Più precisamente, l’art. 28 del TULPS stabilisce dapprima che “sono proibite la fabbricazione, l’assemblaggio, la raccolta, la detenzione e la vendita, senza licenza del Ministro per l’interno, di armi da guerra e di armi ad esse analoghe”, poi precisa che “La licenza è altresì necessaria per l’importazione e l’esportazione delle armi da fuoco diverse dalle armi comuni da sparo non comprese nei materiali di armamento”.

La prima considerazione da proporre a margine di questa breve citazione è che il controllo dell’esportazione/importazione delle armi tipo guerra che non costituiscono materiale di armamento ai sensi dell’art. 2 della legge 185/90, non è affidato al Ministero degli esteri bensì al Ministero dell’interno518. In aggiunta, specifica l’art. 41 del regolamento attuativo

517 Si ricorderà che il funzionamento automatico di un’arma la rende, indipendentemente dalle finalità per cui è

stata progettata, arma da guerra. Tale qualificazione comporta l’applicazione del regime normativo previsto nella legge 185/90.

518 Il ruolo dominante affidato al Ministero dell’interno nella normativa precedente all’adozione della legge

185/90, denota come il commercio di armi, prima del 1990, assumesse rilevanza soprattutto in una prospettiva interna, al fine, cioè, di tutelare la sicurezza dello Stato. Per essere chiari: secondo tale normativa, il commercio internazionale di armi necessitava di regolazione non tanto per garantire la conformità delle operazioni commerciali alla politica estera dell’Italia (obiettivo dichiarato, invece, della legge 185/90), ma piuttosto per salvaguardare la sicurezza interna dello Stato. In questo senso, si è espressa anche parte della dottrina che,

182

del T.U.L.P.S., che “[l]a licenza per l’esportazione, per l’importazione o per il transito di materiali da guerra deve essere rilasciata per ogni singola spedizione e deve essere esibita agli uffici di dogana”.

Rispetto a tale disposizione, si offrono due riflessioni: in primo luogo, l’art. 41 estende l’obbligo di ottenere la licenza anche alle attività di mero transito, ossia a quei trasferimenti di materiale militare che, pur coinvolgendo il territorio nazionale, provengono da un Paese estero e sono diretti verso altro Stato estero; in secondo luogo, la norma precisa che per le armi da guerra, così come per le armi tipo guerra, l’autorizzazione deve essere rilasciata per ogni singola spedizione519.

Con riguardo specifico alle attività di importazione di materiale da guerra, l’art. 38 del regolamento attuativo del T.U.L.P.S. stabilisce che la domanda per l’autorizzazione deve indicare, oltre alle generalità del richiedente, anche: “a) lo Stato da cui i materiali sono importati e la ditta, persona od ente, che li fornisce; b) le generalità e la residenza del destinatario, nonché il luogo dove i materiali devono essere ricevuti; c) la specie e la quantità dei materiali”520.

Analogamente, per ottenere l’autorizzazione all’esportazione di armi da guerra e tipo guerra è necessario indicare, oltre alle generalità del richiedente, anche: a) lo Stato a cui i materiali sono diretti e la ditta, persona od ente, cui sono ceduti; b) la fabbrica o il deposito da cui partono; c) la specie e la quantità dei materiali”.

Ancora sugli aspetti autorizzativi: la normativa in commento è stata aggiornata dal decreto del ministero per il commercio con l’estero del 4 dicembre del 1986 concernente la “Disciplina relativa al rilascio delle autorizzazioni all’esportazione e al transito di materiale di