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In età moderna la famiglia si trovava al centro di forti interessi economici, in quanto fulcro dei principali movimenti di trasmissione e di ripartizione dei beni: lo scioglimento della comunità coniugale per la morte di uno dei coniugi, i cambiamenti nella sua composizione dovuti al matrimonio dei figli o delle figlie, al loro ingresso in ordini religiosi, o comunque all’emancipazione dalla patria potestà comportavano una redistribuzione del patrimonio familiare che avveniva principalmente per mezzo delle doti, delle arre, delle eredità ma anche di altre tipologie di donazioni.341 Il diritto castigliano intendeva per famiglia quella basata sul matrimonio contratto secondo le norme canoniche e composta dai genitori e dai figli legittimi; a questo nucleo centrale si relazionavano secondo modalità sempre regolate dal diritto gli altri parenti più o meno lontani.342

Il regime patrimoniale del matrimonio, regolato in Castiglia in particolare dalle Siete

Partidas, dal Fuero Real e dalle Leyes de Toro, fu applicato nel Nuovo Mondo senza

particolari cambiamenti, ma con alcuni accorgimenti legati alle distanze e ad istituzioni specifiche indiane come l’encomienda.343 Si trattava di un sistema detto di sociedad o di

comunidad de gananciales, ovvero un regime di parziale comunione dei beni secondo il quale

le proprietà acquisite durante il corso del matrimonio (gananciales) erano considerate comuni, ma gli sposi avevano ciascuno diritto a possedere beni propri.344 Tra i gananciales erano inclusi tutti i beni che gli sposi acquisivano durante il matrimonio, vivendo de consuno, a

341 Relativamente alla penisola iberica si veda il recente volume Familia, transmisión y perpetuación (Siglos

XVI-XIX), a cura di Antonio Irigoyen López e Antonio L. Pérez Ortiz, Universidad de Murcia, Murcia 2002

342 Enrique Gacto Fernández, El marco jurídico de la familia castellana. Edad Moderna, in «Historia,

Instituciones y Documentos», 11 (1984), pp. 37-66; Enrique Gacto Fernández, El grupo familiar de la España

Moderna en los territorios del Mediterráneo hispánico: una visión jurídica, in La familia en la España mediterránea (siglos XV-XIX), a cura di Pierre Vilar, Crítica, Barcelona 1987, pp. 36-64; Aquilino Iglesia

Ferreiros, Individuo y familia. Una historia del derecho privado español, in Enciclopedia de Historia de España, a cura di Miguel Artola Gallego, Alianza Editorial, Madrid 1988, t. 1, pp. 516-527.

343 Una interessante sintesi della storia del regime economico matrimoniale nella zone iberica dal diritto romano

pregiustinianeo al XIX secolo in Yadira Alarcón Palacio, Régimen patrimonial del matrimonio desde Roma

hasta la Novísima Recopilación, in «Revista de Derecho» (Universidad del Norte, Barranquilla, Colombia), 24

(2005), pp. 2-31; Sull’introduzione del sistema patrimoniale ispanico nelle Indie si veda Carlos Díaz Rementeria,

Derecho de personas y de familia, in Ismael Sánchez Bella, Alberto de la Hera, Carlos Díaz Rementeria, Historia del derecho indiano, cit., pp. 297-340, p. 327.

344 Antonio Dougnac, Esquema del régimen economico matrimonial en Chile indiano, in «Revista Chilena de

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mezzo di acquisto o guadagno con varie modalità,345 mentre erano esclusi quelli ottenuti gratuitamente: le donazioni, le eredità, le proprietà che ognuno dei coniugi riceveva per via di testamento o ab intestato e quelle giunte per donazione regia. In questo ultimo caso rientrava anche l’encomienda che, in quanto donazione regia e quindi indivisibile e inalienabile, non poteva essere considerata come bene comune.346 In caso di scioglimento del matrimonio, i beni comuni erano divisi in parti uguali tra i due coniugi o i loro eredi, ma ciò non avveniva ad esempio nel caso di un matrimonio non consumato o di separazione in cui il coniuge considerato responsabile non aveva apportato nulla al patrimonio.347

Componevano il patrimonio familiare anche i beni parafernali propri della sposa348 e tutti quelli acquisiti tramite donazioni di vario genere come la dote, le arre, le donazioni in ragione di sponsali e altre, cioè quelle donazioni fatte affinché «los que se casan oviessen con que vivir e pudiessen mantener e guardar el matrimonio bien e lealmente».349

Il regime di comunione dei beni prevedeva che per tutta la durata del matrimonio il marito fosse incaricato di amministrare l’intero patrimonio familiare. La moglie non aveva capacità giuridica per gestire i propri beni, ma ne restava proprietaria: infatti il marito per disporre dei beni di proprietà della moglie doveva essere da lei autorizzato, anche se sembra che nelle Indie fossero frequenti i casi di uso indebito dei beni della consorte con le conseguenti richieste di annullamento degli atti.350

I giuristi indiani si interrogarono su come affrontare questioni legate alla divisione dei beni dei coniugi: ad esempio, nel caso in cui uno dei coniugi vivesse nelle Indie e l’altro nella Penisola, sorse il problema dell’interpretazione dell’espressione de consuno, se cioè fosse

345 Come ad esempio i frutti di tutti i beni esistenti durante il matrimonio, siano essi propri o comuni, i prodotti

comprati con beni comuni, i beni acquisiti gratuitamente come le donazioni o eredità destinate a entrambi, i beni guadagnati da un coniuge con il concorso dell’altro, come ad esempio la ricompensa per una campagna militare, ed infine i guadagni del marito in occasione di servizi castrensi o simili, come ad esempio l’incarico di giudice o avvocato: Nueva Recopilación, lib. V, tit. IX, l. 1-5

346 Juan de Solórzano y Pereira, Política Indiana, lib. III, cap. XVI, n. 23, 29; José María Ots Capdequí, Manual

de historia del derecho español en las Indias, cit., p. 444.

347 Nueva Recopilación, lib. V, tit. IX, l. 1, 2.

348 Si dicevano beni parafernali o extradotali tutti quei beni che la sposa aportava al matrimonio o acquisiva

durante il suo corso a titolo gratuito, Siete Partidas, P. IV, tit. XI, l. 7. I frutti di tali beni erano considerati comuni ed erano amministrati dal marito: Antonio Dougnac Rodríguez, Manual de historia del derecho indiano, cit., p. 188.

349 Siete Partidas, P. IV, tit. XI, l. 1.

350 José María Ots Capdequí, Bosquejo histórico de los derechos de la mujer casada en la legislación de Indias,

necessaria la convivenza al fine del godimento della metà dei beni comuni; infine, tutti concordarono sul fatto che la moglie aveva diritto alla sua metà dei beni anche se viveva in Spagna e il marito nelle Indie.351

Secondo il diritto castigliano, la dote era quella donazione che «da la muger al marido en razón de casamiento».352 Questa poteva comprendere beni mobili e immobili e poteva essere costituita e aumentata prima o dopo la celebrazione delle nozze.353 Poiché si considerava patrimonio della moglie, in caso di cessazione del matrimonio o di cattiva amministrazione del marito, la dote doveva esserle restituita; la restituzione non era invece dovuta alle mogli adultere.354 La dote, dunque, oltre ad essere un contributo all’economia matrimoniale, era anche una forma di garanzia per il sostentamento della sposa alla morte del marito. Nonostante nelle cartas de dote fosse sempre indicato chiaramente l’obbligo della restituzione e si fissassero a volte pene per i mariti inadempienti, sembra che nelle Indie fossero frequenti i processi per mancata restituzione della dote o per occultamento dei beni dotali.355

Per quanto riguarda in modo specifico la situazione indiana, i giuristi discussero a lungo se l’encomienda potesse essere data regolarmente in dote, finché le cedole reali del 3 febbraio 1537 e del 7 maggio 1574 stabilirono che era legittimo concedere i profitti dell’encomienda «a título de capital o dote en favor del hijo o hija llamado a suceder», ma che la concessione era fatta «por via de permisión» e il titolo dell’encomienda restava al padre fino alla sua morte.356 Questa particolarità della legislazione indiana poneva le figlie di

encomenderos in condizione di essere partiti molto desiderabili: in particolare nel XVI secolo

351 Antonio Dougnac Rodríguez, Esquema del régimen económico matrimonial, cit., pp. 170-171.

352 Siete Partidas, P. IV, tit. XI, l. 2. Il padre era obbligato per legge a dotare la figlia anche se questa possedeva

beni propri, mentre gli altri parenti ascendenti, come il nonno o il bisnonno, erano tenuti a dotarla solo se non godeva di beni propri: Siete Partidas, P. IV, tit. XI, l. 8. Se la dote derivava dai beni dei parenti in linea retta, come appunto il padre o il nonno, si diceva profettizia o volontaria, se invece era costituita da beni di parenti collaterali, da proprietà personali della sposa o da donazioni varie, si diceva avventizia o volontaria.

353 Siete Partidas, P. IV, tit. XI, l. 14; Nueva Recopilación, lib. V, tit. II, l. 1; Antonio Dougnac Rodríguez,

Esquema del régimen económico matrimonial, cit., pp. 182-185.

354 Siete Partidas, P. IV, tit. XI, l. 23, 29.

355 Antonio Dougnac Rodríguez, Esquema del régimen económico matrimonial, cit., pp. 165-206, 186-187. 356 Recopilación de Indias, lib. VI, tit. XI, l. 13; Antonio Dougnac Rodríguez, Esquema del régimen económico

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non sono rari gli esempi di figlie di proprietari sposate ripetutamente.357 La dote nelle Indie assumeva anche un forte valore sociale, infatti, nonostante non esistessero norme che obbligavano la sposa a portare una dote in caso di matrimonio, questa era la garanzia di una buona unione, mentre la sua mancanza poteva favorire le unioni libere, i matrimoni diseguali e clandestini. Per questa ragione fiorirono nella Nuova Spagna gli istituti pii per dotare fanciulle orfane e povere.358

Un altro tipo di donazione tra gli sposi era costituito dalle arre, istituzione nata dalla fusione delle donazioni propter nuptias del diritto romano e di quelle in ragione della ricezione della dote del diritto germanico.359 Si trattava di beni mobili o immobili che lo sposo donava alla sposa in ragione della contrazione del matrimonio e potevano essere versati prima o durante il matrimonio. Le arre divenivano di proprietà della moglie dopo la consumazione, ma erano amministrate dal marito insieme con la dote e come questa dovevano essere restituite alla moglie o ai suoi eredi in caso di scioglimento dell’unione. Nel caso in cui fossero nati figli dal matrimonio la donna aveva diritto alle arre solo in usufrutto e alla sua morte dovevano passare ai figli,360 mentre nel caso di mancanza di discendenza la donna poteva disporne liberamente.361 A causa degli eccessi verificatisi nella donazione delle arre e

357 Carlos Díaz Rementeria, Derecho de personas y de familia, in Ismael Sánchez Bella, Alberto de la Hera,

Carlos Díaz Rementeria, Historia del derecho indiano, cit., pp. 297-340, pp. 328-330. Silvio Zavala ripercorre le discussioni sulla possibilità di trasmettere l’encomienda come dote a partire dall’opinione di Antonio de León Pinelo fino trattamento della questione nella Recopilación de Indias del 1680: Silvio Zavala, La encomienda

indiana, Porrúa, México, 1992, pp. 185 e 211. Sulla stessa questione in Perù si veda José de la Puente Brunke, Encomienda y encomenderos en el Perù. Estudio social y político de una institucion colonial, Excelentísima

Diputación Provincial de Sevilla, Sevilla, 1992. Sui frequenti matrimoni delle donne proprietarie di encomiendas si vedano i numerosi esempi riferiti alle prime generazioni di conquistadores e pobladores riportati da Baltazar Dorantes de Carranza, Sumaria relación de las cosas de la Nueva España: con noticia individual de los

decendientes legitimos de los conquistadores y primeros pobladores españoles, Imprenta del Museo Nacional,

México 1902.

358 Josefina Muriel, Las mujeres de Hispanoamérica. Época colonial, Mapfre, Madrid, 1992, p. 315.

359 La parola «arra» deriva dal latino arra e dal greco αρραβών e indicava in origine la caparra, ovvero la parte di

pagamento che il venditore ha diritto di trattenere nel caso in cui il compratore si rifiuti ingiustamente di ricevere la merce. Nella tradizione giuridica ispanica la parola ha acquisito diversi significati: si chiamavano arre le donaciones propter nuptias, ovvero i doni fatti dallo sposo alla sposa in occasione degli sponsali in pegno del futuro matrimonio; allo stesso modo si dicevano arre le donazioni fatte dallo sposo in cambio della dote, oppure la pena comminata allo sposo nel caso in cui non avesse restituito la dote; infine ricevono il nome di arre anche le tredici monete che lo sposo consegnava alla sposa durante la cerimonia delle benedizioni nuziali, cfr. Antonio Dougnac Rodríguez, Esquema del régimen económico matrimonial, cit., pp. 189-190.

360 Siete Partidas, P. V, tit. XIII, l. 26.

361 Questo principio era già presente nel Liber Iudicum, lib. III, tit. I, l. 6, e passò Fuero Juzgo, lib. III, tit. I, l. 5;

Fuero Viejo, lib. V, tit. I, l. 1; Fuero Real, lib. III, tit. II, l. 1; Leyes de Toro Nueva Recopilación, lib. V, tit. II, l.

allo scopo di proteggere il patrimonio dello sposo a beneficio dei figli, fu stabilito che le arre potevano ammontare solo alla decima parte dei beni dello sposo, norma che a quanto pare fu strettamente osservata nelle Indie.362

Le donazioni in occasione di sponsali erano quelle che faceva lo sposo alla sposa prima del matrimonio a causa della stipulazione degli sponsali e nelle Indie si dicevano generalmente donas. Erano costituite esclusivamente da beni mobili, in particolare gioielli, vestiti e oggetti preziosi.363 Anche le donazioni pro sponsalibus erano regolate in Castiglia e non potevano superare l’ottava parte della dote apportata dalla donna.364 Dopo la consumazione del matrimonio, la donna entrava in pieno possesso dei beni ricevuti in occasione degli sponsali che in caso di morte del marito dovevano esserle restituiti immediatamente, mentre la restituzione della dote poteva essere dilazionata nel tempo. Nel caso in cui avesse ricevuto tanto le donazioni pro sponsalibus che le arre, la donna doveva scegliere quale delle due donazioni tenere.365

La distinzione tra beni propri di ciascuno degli sposi e beni comuni era essenziale ai fini della successiva divisione delle proprietà per morte di uno dei coniugi o per distribuzione ereditaria. Di qui la particolare attenzione, tanto in Europa che nelle Indie, posta nella stipulazione di accordi economici matrimoniali affinché risultassero ben chiare le rispettive posizioni economiche degli sposi al momento del matrimonio.366

362 Leyes de Toro, l. 50; Nueva Recopilación, lib. V, tit. II, l. 2; Asunción Lavrin e Edith Couturier, Dowries and

Wills: a View of Women’s Socioeconomic Role in Colonial Guadalajara and Puebla, 1640-1790, in «The

Hispanic American Historical Review», 59 (1979), pp. 280-304, p. 296; Antonio Dougnac Rodríguez, Esquema

del régimen económico matrimonial, cit., p. 193.

363 Siete Partidas, P. IV, tit. XI, l. 2. 364 Nueva Recopilación, lib. V, tit. II, l. 1.

365 In caso di morte del fidanzato o di mancata celebrazione del matrimonio per palabra de presente esistevano

norme che regolavano la restituzione delle donazioni alla famiglia dell’uomo: ad esempio se i fidanzati si erano baciati, la sposa doveva restituire solo una parte delle donazioni, se invece non era avvenuto alcun contatto tra i due la restituzione doveva essere totale: Fuero Juzgo, lib. III, tit. I, l. 5; Fuero Viejo, lib. V, tit. I, l. 4; Fuero

Real, lib. III, tit. II, l. 5; Leyes de Toro, l. 51; Nueva Recopilación, lib. V, tit. 2, l. 4. Sull’applicazione delle

norme in Cile e su casi specifici in cui le donas sono gestite Antonio Dougnac Rodríguez, Esquema del régimen

económico matrimonial, cit., pp. 193-194.

366 Ibid., p. 172. Per questa ragione nelle Indie gli accordi economici tra le famiglie si solevano stendere per

scritto, in caso di matrimonio si usava stendere un atto, detto capital, nel quale si chiariva la posizione economica degli sposi al momento del matrimonio e si distingueva tra proprietà comuni e non. Tali documenti erano di fondamentale utilità in caso di scioglimento del matrimonio, morte di uno dei coniugi e conseguente trasmissione dei beni agli eredi le donazioni in caso di sponsali, la dote e le arre ed infine la trasmissione dei beni della società coniugale agli eredi. Un altro modo per chiarire la posizione economica al momento del matrimonio era nei testamenti, dove spesso si trovano indicazioni sui beni posseduti al momento del matrimonio.

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Nelle Indie Occidentali la dote era un’usanza quasi esclusivamente legata alla popolazione non indigena, in particolare spagnola o criolla; infatti sono scarsi gli esempi di doti di donne indigene o appartenenti alle castas.367 Il processo che portava le famiglie dei futuri sposi a concludere le trattative economiche legate all’unione era molto simile a quello peninsulare ed europeo: generalmente al momento degli sponsali, la famiglia della sposa faceva una promessa di dote allo sposo, promessa che poteva essere espressa verbalmente di fronte a testimoni o più frequentemente in forma scritta. Al momento del matrimonio, invece, veniva stipulata una carta de dote dove erano elencati in modo specifico i beni che la sposa portava in dote, che costituiva una garanzia del futuro pagamento. Contestualmente si stabiliva l’ammontare delle arre donate dal fidanzato.368

In genere, le norme che regolavano il regime dotale e la separazione dei beni degli sposi erano rigorosamente rispettate nella Nuova Spagna, come si osserva ad esempio negli studi condotti su testamenti, dove sono chiaramente definite le proprietà dei contraenti e si distingue tra gananciales, beni parafernali e dote.369 Nella Nuova Spagna in alcuni casi le doti

venivano versate ai mariti successivamente al matrimonio, in particolare nelle famiglie di proprietari terrieri o di chi aveva proprietà vincolate in quanto non era sempre facile disporre in tempi brevi dei propri beni. Lo stesso avveniva nelle famiglie di mercanti, presso le quali spesso si usava dare in dote denaro impegnato e quindi non disponibile immediatamente.370

Le doti erano costituite prevalentemente da beni mobili, in particolare vestiti, arredi, gioielli e oggetti per uso domestico, ai quali spesso si aggiungevano un piccolo capitale liquido in forma di denaro o cambiali, e, in misura minore, schiavi e beni immobili.371 Inoltre,

367 Asunción Lavrin e Edith Couturier, Dowries and Wills, cit., p. 294

368 Sulla formula usuale della stesura delle cartas de dote si rimanda al prezioso formulario notarile di Nicolás de

Yrolo Calar pubblicato a Città del Messico nel 1605, Nicolás de Yrolo Calar, La política de escrituras, a cura di María del Pilar Martínez López-Cano, Instituto de Investigaciones históricas, Universidad Nacional Autónoma de México, México, 1996, pp. 133-135. Altri esempi in Antonio Dougnac Rodríguez, Esquema del régimen

económico matrimonial, cit., pp. 200-206.

369 Asunción Lavrin e Edith Couturier, Dowries and Wills, cit., pp. 283-284 370 Ibid., cit., p. 283.

371 Alcuni esempi di doti dei viceregni americani si possono leggere in Eugene H. Korth e Della Flusche, Dowry

and Inheritance in Colonial Spanish America. Peninsular Law and Chilean practice, in «The Americas», 43

(1987), pp. 395-410; Asunción Lavrin e Edith Couturier, Dowries and Wills, cit., pp. 288-289 e 291; John E. Kicza, Colonial Entrepreneurs. Family and Business in Bourbon Mexico City, University of New Mexico Press, Albuquerque, 1983, p. 178. Per la situazione a Lima cfr. Paul Rizo-Patrón Boyan, Linaje, dote y poder. La

nella Nuova Spagna la composizione delle doti dipendeva direttamente dall’economia della regione: ad esempio nelle zone di campagna, si usava inserire nelle doti un certo numero di animali sia per la produzione di carne che per il lavoro agricolo, nelle zone minerarie era frequente la donazione di barre di ferro o di rame, mentre nelle zone urbane il capitale liquido era più usuale così come alcune merci provenienti dai magazzini di famiglia nei casi di commericianti.372 Nelle famiglie di grandi mercanti, di importanti proprietari terrieri o di miniere la dote costituiva una delle principali forme di trasferimento e redistribuzione della ricchezza e comprendeva spesso anche beni immobili come case in città, terreni agricoli, fattorie e haciendas, che scarseggiavano invece nelle doti di altre fasce della popolazione.373 Nonostante l’ammontare delle doti fosse stato regolato in ripetute occasioni tra i secoli XVI e XVII, nella Nuova Spagna raggiunse livelli ben più elevati che in Europa.374

Strettamente legato al regime patrimoniale del matrimonio, il diritto successorio castigliano si sviluppò dall’incontro, spesso contraddittorio, tra il diritto di tradizione germanico sancito dal Fuero Real e il diritto romano giustinianeo elaborato nelle Siete

Partidas. Trovò una sistemazione omogenea nelle Leyes de Toro del 1505 che rimase vigente

per tutto l’Antico Regime, con minimi ritocchi, e fu ratificato nella Novísima Recopilación.375

presenza di schiavi nelle doti americane si veda Frederik Bowser, El esclavo africano en el Perù colonial, 1524-

1650, Siglo XXI, México, 1977, p. 103, nota 65.

372 Asunción Lavrin e Edith Couturier, Dowries and Wills, cit., pp. 288-291.

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