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Capitolo III Sposarsi a Città del Messico, secoli XVI-

III. 4 Sposarsi a Città del Messico: le informationes matrimoniales

Allo scopo di evitare per quanto possibile i matrimoni clandestini, le unioni tra consanguinei e affini e i casi di bigamia, ma anche per affermare il concetto di matrimonio

54 L’importanza della dote come essenziale elemento di equilibrio e garanzia di un matrimonio tra eguali è stato

messo in luce da Pilar Gonzalbo Aizpuru, Las cargas del matrimonio. Dote y vida familiar en la Nueva España, in Familia y vida privada en la historia de Iberoamérica, a cura di Pilar Gonzalbo Aizpuru e Cecilia Rabell, El Colegio de México-Centro de Estudios Históricos-Universidad Nacional Autónoma de México-Instituto de Investigaciones Sociales, México 1996, pp. 207-226, p. 208.

55 Si tratta ad esempio del 34% dei casi studiati da Lourdes Villafuerte García nell’articolo precedentemente

citato. La stessa autrice analizza i numerosi espedienti messi in atto dalle famiglie per impedire ai figli di contrarre matrimoni poco vantaggiosi: Lourdes Villafuerte García, Casar y compadrar cada uno con su igual:

casos de oposición al matrimonio en la Ciudad de México, 1628-1634, in Seminario de Historia de las

Mentalidades, Del dicho al hecho. Transgresiones y pautas culturales en la Nueva España, Instituto Nacional de Antropología e Historia, México, 1989, pp. 77-98. Il tema dei matrimoni diseguali è stato analizzato per quanto riguarda il continente americano principalmente in relazione alla prammatica sui matrimoni del 1778 che accordava alle famiglie una maggiore possibilità di intervento nelle scelte matrimoniali dei figli. In particolare si rimanda ai lavori di José Antonio Rodríguez sul Venezuela: José Antonio Rodríguez, Babilonia de pecados.

Norma y transgresión en Venezuela, siglo XVIII, Universidad Central de Venezuela, Caracas, 1998; José

Antonio Rodríguez, Voluntad contra calidad. De los matrimonios diseguales en el siglo XVIII venezolano, in

Familia y vida cotidiana en América Latina, siglos XVIII-XX, a cura di Scarlett O’Phelan Godoy, Fanni Muñoz

Cobrejo, Gabriel Ramón Joffré, Mónica Ricketts Sánchez Moreno, Pontificia Universidad Católica del Perú- Instituto Riva Agüero-Instituto Francés de Estudios Andinos, Lima 2003, pp. 253-272. La questione dei matrimoni disuguali è stata studiata per l’Italia da Daniela Lombardi, Matrimonio di antico regime, cit., pp. 375- 391; Lucia Ferrante ha studiato i matrimoni diseguali di Bologna e la rilevanza durante i processi delle figure degli avvocati che si pongono come intermediari tra le due famiglie: Lucia Ferrante, Matrimoni diseguali e

avvocati nella Bologna del Cinquecento, in I tribunali del matrimonio, cit., pp. 431-457.

56 L’espressione è naturalmente mutuata dal famoso lavoro di Giovanni Levi, L’”eredità immateriale”: carriera

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come sacramento cui i futuri sposi dovevano prepararsi anche spiritualmente, dopo il Concilio di Trento le istituzioni ecclesiastiche imposero ad ogni coppia che intendeva sposarsi l’apertura di un fascicolo presso il Tribunale diocesano mediante il quale si intendeva verificare la libertà degli sposi per contrarre il vincolo.57 Mentre i registri matrimoniali erano in uso in alcune zone già prima del Concilio, questi documenti – detti in spagnolo

informaciones matrimoniales, in latino positiones e il italiano «processetti matrimoniali»58 -

costituiscono una totale novità per la burocrazia ecclesiastica. Il Concilio di Trento non aveva però stabilito delle norme precise sulla stesura delle informaciones, delegando quindi alle diocesi il compito della loro regolamentazione. Questo fatto provocò inevitabili ritardi nell’applicazione delle norme conciliari e differenze da luogo a luogo per quanto riguarda lo svolgimento dei colloqui con gli sposi, le modalità di stesura degli atti e la tipologia dei dati inseriti. Non era neanche ben chiaro se la redazione delle carte prematrimoniali fosse obbligatoria per tutti o solo per alcune categorie della popolazione come i senza fissa dimora,59 gli immigrati o chi aveva di recente cambiato parrocchia di residenza. Per portare

un esempio di una realtà molto distante dal continente americano, nella penisola italiana la situazione era molto varia: infatti mentre a Livorno e Pisa dovevano produrre questi documenti solo le coppie in cui almeno uno dei coniugi fosse forestiero,60 a Roma61 e nel

57 Daniela Lombardi, Matrimoni di antico regime, cit., p. 114.

58 In Italia le ricerche basate su queste fonti iniziano negli anni Settanta e riguardano principalmente la storia dei

mestieri e della famiglia: Claudia Petraccone, Napoli dal ‘500 all’800. Problemi di storia demografica e sociale, Napoli, Guida, 1974; Claudia Petraccone, Fonti e prime ricerche sui mestieri a Napoli alla vigilia della rivolta

antispagnola, in «Quaderni storici» 26 (1974), pp. 501-522; Gérard Delille, Classi sociali e scambi matrimoniali nel salernitano: 1500-1650 circa, in «Quaderni storici» 33 (1976), pp. 983-997; Giovanni Levi, Terra e strutture familiari in una comunità piemontese del ‘700, in «Quaderni storici» 33 (1976), pp. 1095-1118. Negli ultimi

anni sono comparsi alcuni articoli che hanno fatto ricorso a questo tipo di fonte volti soprattutto all’approfondimento dei fenomeni dell’immigrazione: Andrea Menzione, Immigrazione a Livorno nel secolo

XVII attraverso i processi matrimoniali. Alcune note, in «Bollettino di Demografia Storica» 12 (1990), pp. 97-

102; Tiziana Avolio, Stefano Chianese e Nicola Guarino, Una città senza immigrati? Caratteri e mobilità a

Napoli tra Settecento e Ottocento, in L’Italia delle migrazioni interne, a cura di Angiolina Arru e Franco

Ramella, Donzelli, Roma 2003, pp. 111-130; Domenico Rocciolo, Roma patria di tutti. I matrimoni degli

immigrati fra identità cittadina e identità sociale (secc. XVI-XIX), in «Annali del Dipartimento di Storia»

(Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Lettere e Filosofia), 4 (2008), pp. 61-94. I processetti matrimoniali romani sono stati la fonte principale della mia tesi di laurea nella quale ho approfondito l’applicazione dei decreti tridentini circa il matrimonio nella città di Roma: Benedetta Albani, Matrimoni e

società a Roma nel primo Seicento attraverso i processetti matrimoniali, Tesi di Laurea, Università degli Studi

di Roma «La Sapienza», a.a. 2003-2004, relatore: Maria Antonietta Visceglia, correlatore: Renata Ago, pro

manuscripto.

59 Daniela Lombardi, Matrimoni di antico regime, cit., p. 114.

Mezzogiorno l’obbligo era esteso a tutti.62 A Città del Messico, come nel resto delle Indie spagnole,63 tutte le coppie dovevano presentarsi presso la diocesi per i colloqui.64 Infine, anche i tempi di applicazione di tale norma sono discordanti: mentre a Roma i primi processetti risalgono al 1608 – ben quarantacinque anni dopo l’emanazione del decreto tridentino sul matrimonio – nella Nuova Spagna l’uso delle informaciones matrimoniales è attestato già nel 1574, appena dieci anni dopo l’entrata in vigore del Concilio di Trento nei domini spagnoli.65

Poiché la regolamentazione delle informaciones matrimoniales dipendeva direttamente dalle diocesi, a seconda del luogo si rilevano differenze sostanziali nella composizione dei documenti. I processetti romani, ad esempio, sono molto brevi, in media due fogli, e il procedimento di indagine non risulta sistematico, infatti la presentazione di testimoni, in particolare nei primi anni, non era richiesta a tutte le coppie. Spesso, però, nei fascicoli si conservavano anche l’atto di battesimo dei richiedenti e, nel caso di vedovi, l’attestato di morte del coniuge defunto. Le informaciones messicane sono invece più omogenee, e in questo più simili ai documenti napoletani.66

Tutte le coppie che intendevano sposarsi dovevano aprire un procedimento presso l’Audiencia arcivescovile di Città del Messico.67 Dagli studi di Jorge Traslosheros e di Patricia Seed, che entrambi, seppur da punti di vista distinti, hanno approfondito l’intervento del Tribunale diocesano nella contrazione dei matrimoni, emerge che una delle principali preoccupazioni della Chiesa indiana era che il matrimonio venisse contratto liberamente, evitando per quanto possibile le pressioni delle famiglie, ragione per cui si promuovevano 61 Benedetta Albani, Matrimoni e società a Roma nel primo Seicento, cit., p. 36. Sui libri parrocchiali romani si

rimanda al fondamentale volume di Carla Sbrana, Rosa Traina e Eugenio Sonnino, Gli “stati delle anime” a

Roma dalle origini al XVII secolo, La Goliardica, Roma 1977.

62 Claudia Petraccone, Napoli dal ‘500 all’800, cit., pp. 56 e 111. Gérard Delille, Classi sociali e scambi

matrimoniali, cit., p. 984 n. 3.

63 Daisy Rípodas Ardanaz, El matrimonio en Indias, cit., pp. 69-75.

64 Si delinea forse una certa omogeneità nel mondo spagnolo in merito agli strumenti ecclesiastici di controllo

del matrimonio che accomuna l’Italia spagnola, la Penisola ed il Nuovo Mondo. Ulteriori ricerche potranno verificare se si può parlare di una comune politica della Corona che sulla base dei diritti di patronato aveva ampio margine di movimento nelle direttive e circolari da trasmettere ai vescovi.

65 Patricia Seed, Amar, honrar y obedecer, cit., p. 104. A Napoli le carte più antiche risalgono all’ultimo

ventennio del Cinquecento, mentre a Pisa e Livorno le raccolte iniziano solo nel 1630.

66 Claudia Petraccone, Fonti e prime ricerche sui mestieri a Napoli, cit., p. 502.

67 Nel caso di coppie residenti fuori dalla città, il processetto si apriva a carico del delegato del provveditore di

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verifiche approfondite delle intenzioni dei nubendi. Nel caso di manifeste intromissioni delle famiglie di origine o di altri generi di violenze era prevista una serie di misure volte a garantire che il consenso matrimoniale venisse dato liberamente. In particolare, durante tutto il periodo vicereale si fece ampio uso del deposito della sposa in un luogo sicuro, di solito un convento, in modo che lontano dalle pressioni familiari potesse decidere autonomamente.68

Il procedimento delle informaciones matrimoniales constava di diverse tappe: in primo luogo il fidanzato presentava una petitión al giudice provveditore e vicario generale dell’arcivescovo69 nella quale indicava l’intenzione, sua e della fidanzata, di contrarre matrimonio «para servicio de Dios Nuestro Señor» e forniva altre informazioni come i nomi dei genitori dei contraenti, il carattere di figli legittimi o illegittimi, la località di origine e di residenza; chiedeva infine di essere ascoltato dal provveditore per verificare la libertà di entrambi a contrarre il matrimonio e la mancanza di impedimenti per sposarsi. Se la richiesta veniva accolta, si apriva la vera e propria informazione matrimoniale, detta información. Si passava quindi agli interrogatori dei testimoni, di solito due per parte, i quali fornivano le proprie generalità e rispondevano a una serie di domande standardizzate: l’origine della conoscenza dei candidati, la conferma dello stato libero e l’assenza di impedimenti. Concludevano dichiarando la propria età e a volte la professione.70

Dopo le deposizioni dei testimoni si passava alle dichiarazioni dei contraenti. Dopo aver prestato giuramento «por Dios Nuestro Señor y por la señal de la Cruz», il dichiarante doveva rispondere a una serie di quesiti specifici. Gli veniva chiesto se avesse intenzione di

68 Jorge Traslosheros, Iglesia, justicia y sociedad, cit., pp. 134-135; Patricia Seed, Amar, honrar y obedecer, cit.,

pp. 80-86. Osservazioni simili emergono dallo studio condotto da Enric Porqueres i Gené sull’isola di Maiorca nel XVII e XVIII secolo. L’Autore ha messo in luce, infatti, il sostegno che le istituzioni ecclesiastiche locali fornivano alle coppie che intendevano sposarsi senza il consenso dei genitori, difendendo così il principio del libero consenso: Enric Porqueres i Gené, L’autonomia dei figli minorenni. Matrimoni cum fuga a Maiorca tra

Seicento e Settecento, in Generazioni. Legami di parentela tra passato e presente, a cura di Ida Fazio e Daniela

Lombardi, Viella, Roma, 2006, pp. 223-240.

69 Sulla figura del provveditore e vicario generale si veda Antonio Dougnac Rodríguez, Manual de historia del

derecho indiano, cit., p. 300.

70 Il Sant’Uffizio si occupò frequentemente degli interrogatori dei testimoni per le informationes matrimoniales:

il 13 luglio 1630 venne inviata una circolare a tutti i vescovi italiani nella quale si ordinava tra le altre cose che gli interrogatori avvenissero in presenza dell’ordinario o del suo vicario «proibendosi omninamente il far tal esame dali soli norarii» e si suggeriva particolare prudenza nell’ammissione dei testimoni: Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede (ACDF), Instructiones pro matrimonio, 1. Il fascicolo è privo di foliazione. Le parole riportate provengono dai primi fogli, poi, fin oltre f. 250, il fascicolo contiene una lunga serie di risposte alla missiva del 13 luglio provenienti da numerose diocesi italiane.

contrarre matrimonio con la persona che si presentava come futuro coniuge, se avesse ricevuto minacce, pressioni, promesse o premi per contrarre o non contrarre il matrimonio, se avesse fatto promesse di matrimonio ad altri, se presentasse un qualche impedimento di consanguineità o affinità entro il IV grado con l’altro contraente e se avesse fatto voto pubblico o segreto di castità o di religione. Infine il candidato doveva dichiarare la sua età e firmare la deposizione.71

Se gli interrogatori dei testimoni e le deposizioni dei contraenti non rivelavano l’esistenza di impedimenti matrimoniali, il procedimento presso l’Audiencia durava pochi giorni; se invece l’unone risultava impedita o uno dei contraenti si ritirava, non si dava seguito al processo. Erano inoltre frequenti i casi di informazioni matrimoniali rifiutate a causa di errori nella forma di presentazione.72

Dopo aver verificato che la coppia in questione non presentasse alcun tipo di impedimento, in pochi giorni il provveditore rilasciava la licenza di matrimonio (licentia

nubendi) necessaria per la celebrazione delle nozze. Questa era consegnata al parroco che

poteva così iniziare le pubblicazioni matrimoniali con la registrazione dei nomi dei contraenti nell’apposito libro.73 Secondo quanto stabilito dal Concilio di Trento, le pubblicazioni matrimoniali dovevano essere lette nelle parrocchie di residenza degli sposi per tre volte in tre

71 Il tema dell’interrogatorio dei contraenti è curato con attenzione nella trattatistica dell’epoca, in particolare nei

manuali dei parroci. Andrés Saenz de la Peña scrive ad esempio: «lo primero [el sacerdote] averigue, quien sean, y que calidades tengan las personas que se quieren contraher, si ay entre ellos algun canonico impedimento, si contrahen libremente, y segun los requisitos del sacramento, si tienen edad legitima, el varon por lo menos catorze años cumplidos, y la muger doze, y si saben ambos los rudimentos de la fee, que despues deben enseñar a sus hijos», Andrés Saenz de la Peña, Manual de los santos sacramentos, conforme al ritual de Paulo Quinto.

Formado por mandado del Rever.mo Illustriss.mo y Excell.mo Señor D. Juan de Palafox y Mendoça, Obispo de la Pueba de los Angeles, por Francisco Robledo, México, 1642. D’altronde era una questione di fondamentale

importanza per il Concilio di Trento e anche la Curia romana vi prestava particolare attenzione. Tanto le dichiarazioni dei testimoni che quelle degli sposi erano rilasciate in presenza del provveditore e vicario generale del vescovo il quale si incaricava di porre le domande che venivano registrate da un notaio e firmate dai dichiaranti, se sapevano scrivere, altrimenti apponevano una “x”.

72 Juan Javier Pescador, De bautizados, cit., p. 150. nota 9.

73 Negli archivi parrocchiali messicani è comune trovare, oltre agli abituali libri parrocchiali di battesimo,

confermazione, matrimonio e sepoltura, anche i registri delle pubblicazioni matrimoniali (libros de

amonestaciones) nei quali venivano inseriti i nomi degli sposi e dei genitori, il luogo di origine o residenza e le

date delle pubblicazioni e raramente la professione: Patricia Rodríguez Ochoa, Jorge Garibay Alvarez e Glafira Magaña Perales, Manual para la organización de los Archivos Parroquiales en México, Archivo General de la Nación, México, 1987, pp. 17, 25-27. Per quanto è a mia conoscienza, in Europa non esistevano registri di questo genere.

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giorni di festa continui.74 La formula delle pubblicazioni in uso nella Nuova Spagna è riportata in numerosi manuali per i parroci. Eccone un esempio:

«Sepan todos los presentes, que Fulano (aquí su nombre) hijo de tal padre, y de tal madre (aquí se nombran estos), vecino de tal casa y parrochia: y Fulana (el nombre de ella) hija de tal padre y madre, vecina de tal casa y parrochia, pretenden con el favor de Dios, contraer entre sí matrimonio. Por tanto, a todos y cada uno amonestamos que si alguno supiere que ay entre ellos algun impedimento de consanguinidad, o affinidad, o perentesco espiritual, o qualquiera otro que le impida contraer el matrimonio, nos lo debe avisar quanto antes».75

I registri delle pubblicazioni matrimoniali sono estremamente utili in quanto, riportanto gli avvenimenti del periodo immediatamente precedente allo scambio dei consensi, contengono informazioni preziose sugli impedimenti apposti dalla comunità ai matrimoni pubblicati ma non ancora celebrati e su i matrimoni contratti con dispensa matrimoniale. Nel caso in cui qualcuno presentasse al parroco un impedimento, questi doveva notificarlo al provveditore il quale doveva compiere gli accertamenti necessari e decidere di conseguenza. Dallo studio dei registri delle pubblicazioni matrimoniali della parrocchia del Sagrario

Metropolitano si rileva che nella maggior parte dei casi il procedimento veniva bloccato, in

altri invece, se non si provava l’impedimento, le nozze potevano essere celebrate senza problemi. Ne è un esempio il caso di Juan de Montes, originario di Madrid, figlio di Diego de Montes e di Maria de Morale, il quale intendeva sposarsi con Catalina de Xorez di Città del Messico, figlia di Pedro de Xorez e Gertrudis de Espinosa: dopo la prima pubblicazione avvenuta il 22 luglio 1653, qualcuno denunciò al parroco la presenza di un impedimento, che venne infatti registrato nel volume con la frase «ojo impedimento», ma poiché non fu possibile provarlo, la coppia venne sposata («no se provo y se desposaron»).76

74 Concilium Tridentinum, sess. XXIV, cap. 1 De ref. mat.

75 Miguel Venegas, Manual de párrocos, para administrar los santos sacramentos y exercer otras funciones

eclesiásticas conforme al Ritual Romano, por Joseph Bernardo de Hogal, México, 1731, p. 112.

Il Concilio di Trento aveva insistito molto sulle pubblicazioni matrimoniali77 rendendole obbligatorie per tutte le unioni, ma, nell’intento di salvaguardare la libertà degli sposi, aveva delegato al vescovo la facoltà di dispensare da una o tutte le pubblicazioni nel caso in cui queste rappresentassero un rischio per la libertà dei contraenti. In questi casi nella

petitión gli sposi chiedevano al provveditore di dispensare dalle pubblicazioni e corredavano

la loro richiesta specificando le ragioni. Se il provveditore considerava opportuno accogliere la domanda, allora il matrimonio veniva celebrato senza le pubblicazioni alla presenza del sacerdote e di due testimoni. Di solito, in seguito venivano comunque lette le pubblicazioni in parrocchia per verificare l’esistenza di impedimenti, mentre gli sposi erano ammoniti a non vivere insieme fino al giorno della solenne benedizione nuziale. Gli studi condotti da Patricia Seed sui conflitti prematrimoniali a Città del Messico hanno rilevato un numero estremamente altro di dispense dalle pubblicazioni.78 Infatti dei 389 casi studiati dall’Autrice tra il 1574 e il 1689, i due terzi si conclusero con la concessione di una dispensa dalle pubblicazioni. Le ragioni apportate dagli sposi per richiedere l’esonero erano legate in particolare alla contrarietà al matrimonio delle famiglie di origine (2/3 dei casi); altre cause sono state riscontrate nella necessità di lasciare la città a causa di importanti impegni, nella prossimità dei periodi dell’anno liturgico durante i quali non si potevano celebrare nozze solenni, nella grave malattia o rischio di morte imminente del compagno e nella protezione dell’onore della donna.79

77 Nella Nuova Spagna le pubblicazioni matrimoniali erano conosciute come proclamas, amonestaciones, vanas

o bandos.

78 Patricia Seed usa l’espressione “matrimonio segreto” per indicare i matrimoni contratti senza che precedano le

pubblicazioni, ma si tratta di un uso errato, in quanto in diritto canonico il matrimonio segreto è quello contratto senza che sia preceduto dalle pubblicazioni e alla solo presenza del parroco e dei testimoni, ma obbliga gli sposi a mantenere il segreto anche dopo la contrazione del vincolo, per questa ragione si dice anche “matrimonio di coscienza”. L’espressione “dispensa dalle pubblicazioni” è a mio giudizio più corretta in quanto rende esplicita la relazione tra l’impedimento impediente costituito dalla mancanza delle pubblicazioni e la dispensa concessa.

79 Patricia Seed, Amar, honrar y obedecer, cit., pp. 104-105. Lourdes Villafuerte García ha studiato un campione

di 79 dispense dalle pubblicazioni concesse dall’arcivescovo di Città del Messico tra il 1628 e il 1634 per ovviare all’opposizione al matrimonio delle famiglie di origine degli sposi. L’autrice ha riscontrato che le ragioni della resistenza familiare non erano sempre manifeste, ma ciononostante le autorità ecclesiastiche sostenevano e proteggevano i contraenti: Lourdes Villafuerte García, Casar y compadrar cada uno con su igual, cit., pp. 86-98. Per l’area peruviana cfr. Pilar Latasa Vassallo, Publicidad y libertad en el matrimonio: autoridad paterna y

dispensa de amonestaciones en Lima, 1600-1650, in Padres e hijos ante el matrimonio: España y el Mundo hispánico (siglos XVI-XVIII), a cura di Jesús María Usunáriz Garayoa e Rocío García Bourrellier, Visor Libros,

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