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La prima prova di regionalismo avvenne nel 1948 tramite l’istituzione dell’Organización

de los Estados Americanos (OEA), contrassegnata per la volontà di perseguire obbiettivi

comuni, dato il periodo influenzati dalla retorica statunitense anticomunista delle prime fasi della Guerra Fredda369. Tali obbiettivi andarono caratterizzandosi dalla difesa della libertà di espressione ad un impegno maggiore alla lotta contro il narcotraffico, passando per istanze chiave quali la cooperazione nei settori dell’educazione, della giustizia e della sicurezza, nonché l’obbiettivo comune di porre le basi per un’area comune di libero scambio370. Successivamente, nello stesso anno, venne istituita dall’ONU anche la Comisión Económica para América Latina y el Caribe (CEPAL), con lo scopo di dare alla

regione un sostegno dal punto di vista dello sviluppo economico. La CEPAL divenne molto influente nel pensiero economico regionale sotto la guida del già citato Raúl Prebisch il quale, come spiegato nel primo capitolo, analizzò le relazioni di dipendenza tra il continente ed i centri dell’economia mondiale, giungendo ad elaborare la cosiddetta “Teoria della sostituzione delle importazioni”, innescando in America Latina un processo di industrializzazione, accompagnato da misure commerciali in senso protezionista. Tali misure furono implementate nell’intento di potenziare il settore secondario e ridurre la dipendenza verso i paesi industrializzati371. Andando più in profondità, il pensiero di Prebisch aveva dei risvolti anche dal punto di vista integrazionista: egli era dell’opinione infatti che allo scopo di innalzare la produttività industriale, sarebbe stato molto più

367 Ibidem, pp.15

368 Giorgia Sanchini, Sguardo a Sud Ovest, Aliberti Editore, 2010, pp.39

369 José Antonio Sanahuja, Multilateralismo y regionalismo en clave suramericana: el caso de UNASUR in Los desafíos del multilateralismo en América Latina, Pensamiento Proprio n,33 enero-junio 2011, pp.118 370 Carlos Alcántara Alejo (dir.), Diccionario de Integración latinoamericana, Plaza y Valdés Editores: Madrid,

México, 2008, pp.100

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indicato che i mercati della regione si unissero. Infatti, non tardò a enfatizzare la necessità di affiancare ad una politica commerciale protezionista una integrazione regionale economica372. A questo proposito, gli avvenimenti storici fecero sì che a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, una nuova generazione di leader politici rovesciasse i vecchi populismi, i quali erano contrari ad ogni progetto in senso integrazionista. I più entusiasti risultarono, tra gli altri, l’argentino Arturo Frondizi, il brasiliano Juscelino Kubitschek, contagiati da ciò che stava avvenendo in Europa con la fondazione della CEE. Tale avvenimento fu infatti importantissimo, tanto da essere considerato un modello di integrazione a cui ispirarsi sia per l’aspetto legato alla pacificazione interna al blocco, sia per i possibili risultati economici in termini di diversione commerciale373.

La prima regione a seguire il trend integrazionista, fu quella centroamericana, dalla quale sorsero nel 1951 la Organización de Estados Centroamericanos (ODECA) e nel 1960 il

Mercado Común Centroamericano (MCCA). Lo stesso anno, 11 stati latinoamericani

firmarono il Trattato di Montevideo che implicava la costruzione di una organizzazione di libero scambio chiamata ALALC, Asociación Latinoamericana de Libre Comercio. Gli accordi tra le parti che firmarono il trattato implicavano un tempo di 12 anni per eliminare le barriere commerciali tra di esse, ma al termine del periodo solo il 10% dei prodotti era stato interessato da provvedimenti in tal senso. Era palese che negoziare processi di liberalizzazione del commercio sulla base di liste di prodotti era una scelta poco efficiente; si dovette procedere quindi alla riformulazione del programma, nel 1969374. Il 1969 fu anche l’anno di fondazione del Grupo Andino (GRAN), comprendente una serie di paesi localizzabili geograficamente nell’arco della catena montuosa delle Ande (Bolivia, Colombia, Ecuador, Cile, Peru e successivamente, Venezuela), i quali vedendosi danneggiati dalla liberalizzazione nel confronto con i Paesi più sviluppati (Argentina, Brasile e Messico), decisero di prendere la loro strada. Il Pacto Andino, fu qualcosa di più che un semplice accordo di libero scambio: fu infatti modellato ad immagine della Comunità Economica Europea e perciò fortemente istituzionalizzato anche se, di fatto, poco efficiente nelle sue azioni. Ancora nel 1969, presero la strada dell’integrazione anche le nazioni dell’area caraibica istituendo il Caribbean Free Trade

372 Vedi: CEPAL, Estudio Económico de América Latina 1949, 1950

373 Olivier Dabène, The Politics of Regional Integration in Latin America, Palgrave Macmillan, 2009, pp.17 374 Ibidem, pp.18

131 Association (CARIFTA) poi, rimpiazzato nel 1973 dalla Caribbean Community

(CARICOM)375.

Questa prima ondata di regionalizzazione del secondo dopoguerra ebbe la caratteristica, comune a tutti gli organismi creati, di perseguire politiche di complementarietà industriale, le quali erano volte ad una specializzazione industriale tra i vari membri dei vari raggruppamenti e ad una riduzione della vulnerabilità esterna delle economie latinoamericane. Con tali obbiettivi il regionalismo tra gli anni ’60 e ’70 veniva concepito niente di più che come uno strumento atto allo sviluppo industriale dei paesi più in difficoltà rispetto alla politica ISI, in maniera particolare per quelli più piccoli, i cui mercati di modeste dimensioni non avrebbero potuto generare una domanda sufficiente per giustificare la produzione nazionale di beni industriali. Ragion per cui, di fatto, lo schema integrazionista utilizzato fu quello di favorire la liberalizzazione degli scambi commerciali attraverso l’abbattimento delle barriere doganali interne al gruppo, alzando invece i dazi doganali verso i paesi terzi376. Nonostante ciò, dal punto di vista dei risultati, essi non furono molto positivi sia per ragioni interne ai paesi, legate all’opposizione dei governi autoritari che non volevano cedere la propria sovranità nazionale, sia per ragioni esterne, dovute all’opposizione degli Stati Uniti a quello che, per Washington rappresentava un impedimento alla libertà delle forze del mercato377, sia per ragioni economiche: Giorgia Sanchini ben evidenzia che,

nel lungo periodo la protezione dalla concorrenza internazionale generò […] delle distorsioni e delle inefficienze produttive, conseguenti al fatto che i prodotti “protetti” mancavano completamente di competitività al di fuori del blocco378.

Ancor di più, nel corso degli anni ’70, i promotori dei progetti di integrazione dovettero ammettere che, di fatto, i processi non erano andati come avevano pianificato. Create infatti con l’ambizione di rappresentare costruzioni politiche, strumenti di sviluppo economico oppure semplici mezzi per l’aumento dei commerci, le organizzazioni presenti fallirono nel centrare tali aspirazioni iniziali379. Ciò dipese dal fatto che non sia mai stata individuata una strategia vincente per poter fondere i diversi nazionalismi di cui si

375 Ibidem, pp.18

376 Giorgia Sanchini, Sguardo a Sud Ovest, Aliberti Editore, 2010, pp.42-43

377 Olivier Dabène, The Politics of Regional Integration in Latin America, Palgrave Macmillan, 2009, pp.18-19 378 Giorgia Sanchini, Sguardo a Sud Ovest, Aliberti Editore, 2010, pp.43

379 Gert Rosenthal, Un informe Crítico a 30 años de Integración en América Latina, Nueva Sociedad n.113, 05-

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compone lo scacchiere latinoamericano, in un unico nazionalismo di respiro continentale380. A tutto ciò bisogna altresì notare che sia il contesto internazionale che quello nazionale dei primi anni’70 non furono dei più facili, né dei più favorevoli per un qualsivoglia ulteriore tentativo integrazionista. Come già evidenziato del primo capitolo infatti la fine del regime monetario di Bretton Woods e il primo Oil Shock, fecero precipitare molti paesi in una severa crisi economica, tutto questo mentre all’interno di gran parte degli stati latinoamericani, si andava sempre più sospendendo la democrazia a favore di governi autoritari di stampo militare. Nonostante ciò i regimi militari vollero cooperare attivamente, nel tentativo di supportare la modernizzazione (in senso neoliberista) e la sicurezza (dagli attacchi del comunismo)381. Per quanto riguarda le istanze che riguardano l’integrazione economica, durante questo periodo, che Dabène chiama, di riadattamento382, si giunse alla creazione, nel 1975, del Sistema Económico Latinoamericano y del Caribe (SELA) e, successivamente, nel 1980, alla sostituzione

dell’inefficiente ALALC, con l’Asociación Latinoamericana de Integración (ALADI): Mentre quest’ultima fu pensata solo per lo sviluppo di un’area di libero commercio383, SELA fu concepita invece in maniera più ambiziosa; cioè come una organizzazione regionale permanente avente lo scopo di promuovere e fomentare la cooperazione interna al continente ed accelerare così lo sviluppo sociale ed economico dei suoi membri nonché di fornire un sistema di consultazione permanente atto all’adozione di posizioni e strategie comuni nei campi economico e sociale nell’ambito di organizzazioni internazionali384. Gli anni ’80 videro un cambio radicale delle condizioni politiche nel continente: l’ondata di democratizzazione che seguì la fine delle dittature accadde parallelamente a due altre crisi, le quali posero le basi per un approfondimento della cooperazione e per una improvvisa riattivazione del processo di integrazione regionale385.

380 Vedi: CEPAL, Exposición del Secretario ejecutivo de la CEPAL en el Decimotercer Periodo de Sesiones, 21

aprile 1969

381 Olivier Dabène, The Politics of Regional Integration in Latin America, Palgrave Macmillan, 2009, pp.19 382 Ibidem, pp.19

383 Miguel Wionczek e Ramón Mayorga Quirós, Intentos de integración en el marco de la crisis Latinoamericana, México, El Colegio de México, 1981

384 Panama convention establishing the Latin American Economic System(SELA), 17 Ottobre 1975

385 Olivier Dabène, La dimensión política de Los Procesos de integración Latinoamericana, in Georges Couffignal

e Germán de la Reza (eds.), Los Procesos de Integración Regional en América Latina. Enfoques y Perspectivas, Stockholmm ILAS, 1996

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La prima di queste crisi riguardò la già affrontata questione del debito pubblico. Tale crisi avrebbe potuto mettere in serio pericolo la transizione democratica del continente, così, per iniziativa di Argentina, Colombia, Messico e Brasile, si pensò di organizzare una conferenza a Cartagena allo scopo di richiamare l’attenzione dei paesi creditori sull’effetto potenzialmente devastante che la crisi del debito avrebbe avuto dal punto di vista sociale e politico386. Tuttavia, una gestione comune dell’indebitamento era di difficilissima attuazione, dato che ogni paese era provvisto di una struttura debitoria peculiare ed era altresì orientato a negoziare singolarmente l’alleggerimento dell’importo dovuto con i creditori. Nonostante ciò, il Consensus of Cartagena ebbe un notevole influsso nel modo in cui i paesi possedenti il debito latinoamericano, le banche e le multinazionali coinvolte trattarono il problema da quel momento in avanti. I Paesi dell’America Latina ebbero quindi la possibilità di rimborsare le cifre previste, ma non ad ogni costo sociale e politico che fosse, questo attraverso una flessibilità da parte delle banche, prevista dal Plan Brady nel 1989387.

La seconda crisi riguarda una questione politica, ossia l’offerta di mediazione diplomatica da parte di Messico, Venezuela, Colombia e Panama prima (1983) e di Argentina, Brasile, Peru ed Uruguay dopo (1985) nel contesto della guerra che si stava sviluppando nel Centro America: el Acta de Paz y Cooperación de en Centroamérica de Contadora. Tale impegno da un lato ebbe poca fortuna (i governi centroamericani non accettarono la mediazione, eccezion fatta per il governo del Nicaragua), dall’altro lato servì come modello per il successivo piano di pace, firmato nel 1987388.

Le due iniziative appena commentate, non solo andarono in opposizione all’amministrazione Reagan, ma contribuirono a creare un nuovo clima in America Latina. I nuovi leader democratici infatti si dimostrarono pronti per costruire una collaborazione duratura la quale cercasse di consolidare le rispettive transizioni verso la piena democrazia. Essi erano altresì pronti ad istituzionalizzare tali collaborazioni, mettendo come base l’esistenza di una comunità di interessi e di valori tra gli stati dell’area. Questa fu una presa di coscienza che, negli anni ’90, sfociò in una proliferazione di nuove iniziative comuni, tra le quali spiccarono, per iniziativa di Argentina e Brasile, l’istituzione del Mercado Común del Sur (MERCOSUR) nel 1991, del North American Free Trade

386 Olivier Dabène, The Politics of Regional Integration in Latin America, Palgrave Macmillan, 2009, pp.20 387 Ibidem, pp.20

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Agreement (NAFTA) nel 1992,389 del Área de libre Comercio de las Américas (ALCA) nel

1994 e della Comunidad Andina de Naciones (CAN), nel 1997390.