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CAPITOLO SECONDO

2.3 a REGOLAMENTAZIONE DEI TEST GENETICI DTC

La Privacy è un concetto complesso e “nasce dalla necessità di bilanciare, da un lato, le grandi promesse della ricerca genetica prospettate dallo sviluppo dei test genetici; dall’altro l’esigenza di avvalersi di tali benefici in modo da non ledere i diritti fondamentali della persona” (Casini e Sarpea., 2009).

Le moderne società democratiche, dunque, si trovano a dover gestire l’interesse della comunità per lo sviluppo della ricerca scientifica ed al contempo tutelare il diritto del soggetto alla propria libertà e dignità (UNESCO, 1997).

Tutto ciò si rispecchia anche nella controversia attuale in merito ai test genetici diretti al consumatore resi disponibili da società commerciali private.

I sostenitori di questi test affermano che questo strumento possa migliorare l’autonomia dei consumatori, permettendogli di essere responsabili nella gestione della propria salute, senza avere mediazioni da parte di medici né dover sottostare a lunghe liste di attesa ospedaliere. Inoltre gestire la propria informazione genetica in autonomia, eludendo il sistema sanitario pubblico, li rende meno vulnerabili alle violazioni della privacy dei propri dati e ad assicurazioni o datori di lavoro che potrebbero discriminare la persona con suscettibilità genetica.

Al contrario, l’assenza di una supervisione medica, di una consulenza genetica, di dati scientifici che ne attestino con certezza validità ed utilità clinica, hanno condotto molti a criticare tali test. Anche il consenso informato è stato ampiamente criticato in quanto veicolo d’informazioni frequentemente fuorvianti e inadeguate al fine di rendere il soggetto informato e capace di compiere una scelta consapevole in merito ai test genetici DTC (Kalokairinou et al., 2017). Il rapido sviluppo delle tecnologie di genotipizzazione e i loro costi sempre più bassi hanno reso i test genetici facilmente reperibili dai consumatori, comportando un’adeguata regolamentazione di questi strumenti.

In Europa, al momento, non esiste una legislazione internazionale, né nazionale, che regolamenti i test genomici DTC, ma vengono disciplinati da altre leggi già presenti che, sovrapponendosi, coprono l’area di questo tipo di test.

Un esempio è fornito dalla legge a tutela dei consumatori, nello specifico dalla Direttiva sulle pratiche commerciali sleali 2005/29 CE del Parlamento e del Consiglio Europeo. In essa i soggetti sono tutelati da azioni e omissioni fuorvianti, pressioni emotive e pubblicità ingannevoli delle società commerciali. Un altro riscontro si può rinvenire nella Direttiva 98/97 del Parlamento e del Consiglio

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Europeo riguardante i dispositivi medico diagnostici in vitro, dove si garantisce la sicurezza dei dispositivi che entrano nel mercato europeo.

Con la Convenzione di Oviedo, inoltre, si disciplina il contesto in cui il test deve svolgersi abbracciando questioni di supervisione medica, consulenza genetica e consenso informato.

Il Consiglio d’Europa, limita così l’uso della genetica predittiva, il test del portatore e il test predittivo per scopo sanitario o per ricerca scientifica collegata alla salute e ne sancisce la necessità di consulenza genetica.

In Italia, i test presintomatici e di suscettibilità sono consentiti per finalità di assistenza sanitaria e di ricerca collegata alla sanità, con L’autorizzazione Generale per la lavorazione dei Dati genetici del 2014 (Kalokairinou et al., 2017). Tale Autorizzazione specifica che “nell’esecuzione dei test genetici tale consulenza comprende inoltre informazioni sul significato, i limiti, l’attendibilità e la specificità del test nonché le implicazioni del risultato” (Garante Privacy, 2014).

La questione cruciale per la regolamentazione legislativa dei test genetici diretti al consumatore è se ritenerli un dispositivo medico o meno.

Negli Stati Uniti la FDA nel 2013 ha dichiarato apertamente di considerare i test di genetica personale come un dispositivo medico non classificato che permette la “diagnosi di una malattia o altre condizioni o la cura, miglioramento, trattamento e prevenzione della malattia, o è destinato ad influenzare la struttura o la funzione del corpo.”

In quanto dispositivo medico non identificato necessita perciò dell’approvazione e dell’autorizzazione al commercio o della classificazione de novo (Yim e Chung, 2014).

In Europa, invece, questo argomento risulta maggiormente complicato in quanto attualmente non è presente una definizione condivisa di cos’è la pratica medica. A complicare il quadro si aggiungono una serie di problematiche che contribuiscono a non fare chiarezza.

Il kit per somministrare il test ai consumatori, infatti, può fornire informazioni mediche ma anche genealogiche e ricreative rendendo difficile classificarli come dispositivi medici anziché come strumenti per una scelta di stile di vita.

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Inoltre, la vendita di test genetici DTC su internet permette alle società produttrici di porre la sede legale dell’azienda ovunque nel mondo sia più vantaggioso, contribuendo ad accrescere le problematiche di giurisdizione.

Hauskeller (2011) a tal proposito ha affermato che “un’industria basata su internet non può essere obbligata a conformarsi a leggi o regolamenti vincolanti solo per un Paese” (Hauskeller, 2011 cit. da Kalokairinou et al., 2017).

A fronte di questo, nel 2017 in Europa, si è adottato un nuovo Regolamento sui dispositivi medico (IVD) con il suggerimento di regolare gli aspetti di consulenza genetica, il consenso informato, la supervisione medica, uniformando così la legislatura di tutti gli Stati membri su questi temi. È stato proposto, inoltre, di classificare i test a scopo medico come dispositivo che necessita di prescrizione medica e di cui la pubblicità diretta al consumatore dovrebbe essere vietata. L’approvazione di tale proposta avrebbe limitato fortemente la maggior parte dei test DTC poiché i regolamenti sono direttamente vincolanti per gli Stati membri senza necessità di ratifica nazionale. Questo ha sollevato numerose critiche considerato il fatto che la pratica clinica è organizzata diversamente nei vari Stati europei.

Il testo finale del Regolamento presenta la finalità della sicurezza e le prestazioni dei dispositivi IVD ponendo l’attenzione sulla necessità di consulenza genetica e consenso informato e promettendo di disciplinare i test genetici come prodotti o dispositivi e la loro validità nel prossimo regolamento (Kalokairinou et al., 2017).

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