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Regolamenti interni e statuti societari.

LE FONTI DI DISCIPLINA DEL CONTRATTO DI LAVORO DEL SOCIO: QUALI TUTELE?

3.5. Regolamenti interni e statuti societari.

Tra le “altre fonti” regolatrici del rapporto tra socio e cooperativa sono, inoltre, da includere anche gli statuti societari.

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Cfr. DONDI, La disciplina della posizione del socio di cooperativa dopo la cd. legge Biagi, cit., 99, il quale sottolinea che “dovrà dubitarsi della genuinità

mutualistica di una cooperativa che sistematicamente riconosca ai soci con rapporto di lavoro subordinato solo il minimo economico costituzionalmente inderogabile”.

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Spesso gli stessi regolamenti interni dispongono che “per quanto non previsto dal regolamento si farà riferimento allo statuto e alle delibere degli organi sociali”.

Non meno rilevante è il rapporto esistente tra il regolamento interno e lo statuto societario, soprattutto a fronte della maggiore autonomia attribuita a quest’ultimo dalla riforma introdotta con il d. lgs. n. 6/2003. E’ necessario, infatti, chiedersi se all’indomani della cd. “ondata riformatrice”, restino ancora “distinti …i piani d’azione dell’atto costitutivo e del regolamento interno”51.

Non è facile distinguere con esattezza il contenuto tipico dell’uno e dell’altro: mentre, infatti, il 2° comma dell’art. 2521 c.c. riconosce espressamente che l’atto costitutivo “stabilisce le regole per lo svolgimento dell’attività mutualistica”, l’ultimo comma della stessa norma prevede che i regolamenti “determinano i criteri e le regole inerenti allo svolgimento dell’attività mutualistica tra la società e i soci” e possono costituire “parte integrante dell’atto costitutivo”. Inoltre, secondo le regole codicistiche, i rapporti di scambio mutualistico tra la società e i soci “possono” essere disciplinati da regolamenti: a differenza di quanto previsto nella l. n. 142/2001, la definizione ed approvazione del regolamento stesso e del suo contenuto diventa una mera scelta, lasciata alla libera discrezionalità dei soci52.

Dubbi e perplessità sono state sollevate, in proposito, sembrando contraddittorio che “il tema dell’attività mutualistica sia nel contempo indicato come contenuto (apparentemente) necessario tanto dell’atto

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Cfr. sul punto ROSSI, Il regolamento interno, in MONTUSCHI –TULLINI (a cura di),

Lavoro e cooperazione, cit., 65, il quale aveva sostenuto la diversa natura e funzione

dell’atto costitutivo e del regolamento interno, posto che l’uno è “destinato a fissare le regole dell’organizzazione sociale”, l’altro, invece, è “tipicamente mirato a restringere la libertà di azione degli amministratori nella stipulazione dei rapporti “ulteriori” con i soci lavoratori.

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Secondo PAOLUCCI, La mutualità dopo la riforma, in Soc., cit., 402, con tale previsione “si è fatto quasi un passo indietro rispetto all’evoluzione legislativa”.

costitutivo che del regolamento, quest’ultimo per di più prospettato come eventuale”53.

L’accentuazione della “intersezione tra il piano dell’ordinamento societario e quello dell’impresa mutualistica”, che si ricava da diverse disposizioni quali il nuovo art. 2533 c.c., ultimo comma, nonché il nuovo art. 5, comma 2, prima parte, l. n. 142/2001, pare riflettersi, come precisato, “nella contaminazione delle funzioni tipicamente attribuite dal legislatore all’atto costitutivo e al regolamento interno della società cooperativa”54.

L’atto costitutivo, infatti, non è più soltanto fonte di disciplina dell’ordinamento societario, destinato a fissare le regole dell’organizzazione sociale, bensì ha acquisito il compito di stabilire le regole per lo svolgimento dell’attività mutualistica, che l’art. 6 della legge n. 142 individua come contenuto tipico e necessario del regolamento interno delle cooperative; ciò denota un “rinnovato interesse del legislatore per la dimensione dell’impresa cooperativa”55. Sicché, si è sottolineato come l’argomento possa essere “alternativamente” oggetto tanto dell’uno quanto dell’altro, mantenendo comunque il regolamento sul punto “valore equivalente” all’atto costitutivo56.

Per la verità non è del tutto chiara la natura giuridica del regolamento interno e soprattutto la sua partecipazione o meno alla natura dello statuto societario. Secondo le norme codicistiche, i regolamenti possono, infatti, costituire parte integrante dell’atto costitutivo e, in tal caso, ne seguiranno le regole; laddove, invece, costituiscano documenti autonomi, “la legge detta una disciplina di base per quanto riguarda il loro contenuto e la loro introduzione”, attribuendo “stabilità alle regole in essi contenute, attinenti ad aspetti particolarmente delicati, perché coinvolgenti il rapporto

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DONDI, La disciplina della posizione del socio di cooperativa dopo la cd. legge Biagi, cit., 87; cfr., nello stesso senso, MARASÀ, Caratteri essenziali della

cooperativa dopo la riforma, in La riforma del diritto societario, Giuffrè, 2004, 86. 54

Così ROSSI, Il regolamento interno…due anni dopo, in MONTUSCHI –TULLINI (a cura di), Le cooperative ed il socio lavoratore. La nuova disciplina, cit., 61.

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ROSSI, Il regolamento interno…due anni dopo, cit., 62.

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DONDI, La disciplina della posizione del socio di cooperativa dopo la cd. legge Biagi, cit., 88.

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mutualistico”57. Ad essi sarebbe, comunque, attribuito “valore di fonte di regolamentazione negoziale subordinata all’atto costitutivo e allo statuto”58.

Anche in ordine a questo profilo sembra necessario che i regolamenti interni già approvati prima della riforma vengano successivamente corretti ed “aggiornati” sulla base delle indicazioni contenute negli statuti (per l’adeguamento degli statuti alla riforma del diritto societario - introdotta con il d.lgs. n. 6/2003 e modificata con il d. lgs. 28 dicembre 2004, n. 310 - da parte delle società cooperative, il termine previsto, in seguito a successive proroghe, era il 31 marzo 2005).

Alcune questioni non possono, dunque, esaurirsi unicamente nel regolamento interno ma richiedono un coordinamento con quanto disposto nello statuto.

Verificando concretamente le previsioni ivi contenute, si possono notare alcune sovrapposizioni, come accennato, quanto ai contenuti, nonché divergenze, quanto alle soluzioni adottate.

In particolare, viene in rilievo l’aspetto dello scioglimento del rapporto sociale e delle sue ripercussioni sul collegato rapporto di lavoro.

Sul punto, gli statuti societari sembrano chiari nel disporre la reciproca interdipendenza tra rapporto associativo e di lavoro. E’, al riguardo, precisato, negli articoli riservati al recesso ed alla esclusione del socio, che la deliberazione di esclusione è obbligatoriamente pronunciata nei confronti del socio, il quale “nell’esecuzione del rapporto di lavoro subordinato subisca un provvedimento di licenziamento per motivi disciplinari, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, ovvero per la sua collocazione in mobilità o ammissione al trattamento speciale di disoccupazione”. Più in generale, il socio potrà essere escluso “quando il rapporto di lavoro venga a cessare per qualsiasi ragione e causa”. Ciò, del resto, confermerebbe lo stretto legame esistente tra i due rapporti, di lavoro e associativo; anche la sorte di quest’ultimo dipenderebbe, infatti, dalle vicende di quello lavorativo, posto

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Cfr. in proposito PAOLUCCI, Le società cooperative dopo la riforma, Cedam, 2004, 35 ss.

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che la prestazione di lavoro del socio costituisce l’oggetto stesso del rapporto sociale, ovvero lo strumento che consente di realizzare lo scopo sociale.

Più caute sono invece le regole dettate, in materia, dai regolamenti interni, ove è disposto che l’interruzione del contratto di lavoro “può” essere causa di esclusione da socio, “salvo che il consiglio di amministrazione non provveda all’iscrizione del socio stesso in altra sezione del libro soci”.