comunitaria.
Tra gli argomenti sollevati a sostegno della cd. duplicità dei rapporti giuridici intercorrenti tra socio e cooperativa ed, in particolare, dell’esistenza e configurabilità di un autonomo rapporto di lavoro subordinato, v’è principalmente quello della necessaria tutela da apprestare al socio lavoratore, soprattutto nelle imprese cooperative di medie e grandi dimensioni, ove l’effettiva partecipazione ed incidenza sulle decisioni della cooperativa è divenuta una possibilità di carattere meramente formale. Si è, infatti, assistito ad un’ assimilazione di fatto di tali società alla generalità delle imprese ed ad una profonda trasformazione del significato stesso della mutualità. Questo
significato pare, tuttavia, destinato nuovamente a mutare, a seguito dei più recenti interventi del legislatore sia nazionale che comunitario.
La dottrina (giuridica e non), “posta di fronte ad una profonda evoluzione del quadro normativo che ha complessivamente ridisegnato il profilo dell’organizzazione cooperativa nell’economia di mercato del nuovo secolo”, dovrà, dunque, di nuovo, confrontarsi “con questa difficile e tormentata nozione di mutualità”94.
Con il d. lgs. n. 6 del 2003 risulta notevolmente accentuato il principio di democraticità interna alle società cooperative, attenuandosi, conseguentemente, l’esigenza che il socio lavoratore sia tutelato quale prestatore di lavoro subordinato, a cui era per solito assimilato95. Ciò si desume, ad esempio, dalle norme che contengono la possibilità per l’atto costitutivo di prevedere lo svolgimento di assemblee separate (che diventano obbligatorie laddove la società cooperativa ha più di tremila soci, ex art. 2540, 1° e 2° comma, c.c.) e il voto espresso per corrispondenza o con altro mezzo di telecomunicazione (art. 2538, ultimo comma, c.c.).
Tra le motivazioni di carattere generale presenti nella relazione di accompagnamento alla riforma del diritto societario, in modo coerente con il dettato dell’art. 45 della Costituzione, si ribadisce la distinzione tra le imprese ordinarie lucrative e le cooperative in virtù della “funzione sociale” di queste ultime, connessa allo scopo mutualistico; dunque si conferma l’importanza del criterio mutualistico, al fine d’identificare la società cooperativa.
Del tutto in linea con la normativa italiana è, più in generale, quella comunitaria, contenuta nel Regolamento CE del 22 luglio 2003, n. 1435, che definisce lo status ed il funzionamento della Società cooperativa europea (operativa dal 18 agosto 2006) e nella Direttiva 2003/72/CE, che completa lo statuto della Società cooperativa europea per quanto riguarda il coinvolgimento
94
TULLINI, Mutualità e lavoro nelle recenti riforme della società cooperativa, in Dir.
rel. Ind., 2005, n. 3, 713. 95
DONDI, La disciplina della posizione del socio di cooperativa dopo la cd. legge
Il rapporto di lavoro del socio di cooperativa: qualificazione e tecniche di tutela ________________________________________
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dei lavoratori96: in particolare, ivi si precisa come ai lavoratori debba essere garantita la condivisione delle decisioni della società attraverso la loro informazione, consultazione e partecipazione97. Principi simili si riscontrano nei “considerata” del Regolamento CE: le cooperative, infatti, sono definite come “persone giuridiche disciplinate da principi di funzionamento particolari e diversi da quelli applicabili agli altri operatori economici” e la Società cooperativa europea “dovrebbe avere per oggetto principale il soddisfacimento dei bisogni dei propri soci e/o la promozione delle loro attività economiche e sociali”. E’, dunque, ribadito a livello europeo che la cooperativa si caratterizza per la gestione dell’impresa verso i soci.
L’obiettivo di questa normativa è quello di creare uno strumento giuridico transnazionale adeguato a rispondere alle sempre crescenti necessità del mondo cooperativo, eliminando gli ostacoli posti dalle diverse e particolaristiche legislazioni nazionali. Così il citato Regolamento, pur dando vita ad una regolamentazione che non sostituisce né modifica le differenti legislazioni degli Stati membri, dovrebbe svolgere l’importante ruolo di armonizzazione delle stesse.
Questo rinnovato valore attribuito alla mutualità98, quale tratto distintivo che caratterizza le società cooperative, compensa, in un certo senso, la (più o meno apparente) minore tutela apprestata al socio in relazione alla prestazione lavorativa quale conseguenza del cd. “neo – predominio” del rapporto associativo (ai sensi delle modifiche introdotte dall’art. 9, l. n. 30/2003). La
96
Cfr. TARTAGLIONE, Il coinvolgimento dei lavoratori nella futura società
cooperativa europea, in Guida al lav., 2003, n. 37, 14 ss. Sulla dimensione
partecipativa delineata dalla direttiva sulla SCE cfr. L. ZOPPOLI, Rappresentanza
collettiva dei lavoratori e diritti di partecipazione alla gestione delle imprese,
Relazione tenuta in occasione delle giornate di studio AIDLASS, Lecce maggio 2005.
97
Aspetto principale della direttiva 2003/72/CE - nonché della direttiva 2001/86/CE sul coinvolgimento dei lavoratori nella società europea - è rappresentato dalle norme sulla partecipazione organica dei lavoratori alla gestione dell’impresa; cfr. sul tema GUARIELLO, La partecipazione dei lavoratori nella società europea, in Giorn. Dir.
Lav. Rel. Ind., 2003, 12; WEISS, La partecipazione dei lavoratori nella società
europea, in Dir. Rel. Iind., 2003, 119 ss.; PILATI, Prospettive comunitarie della
partecipazione dei lavoratori, in Lav. Dir., 1999, 63 ss. 98
Pessimista sul “reale impatto” dell’intervento comunitario in tema di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa è però PIZZOFERRATO, La fine annunciata del
modello partecipativo nello Statuto della Società Europea, in Riv. it. dir. lav., 2004, I,
novella sembra, pertanto, “muoversi nella prospettiva di un recupero della cooperazione autentica, in armonia, con quanto emerge dalla riforma del diritto societario”.99
Dunque, anche “scontando” una certa subalternità del contratto di lavoro rispetto a quello di società, nonché un probabile arretramento della relativa tutela, “il saldo finale non sarà del tutto negativo se risulteranno valorizzate le opportunità concesse al socio lavoratore dalle regole di funzionamento della cooperativa”100.
Peculiari e “del tutto inediti”101 sono, in proposito, i diritti riservati espressamente ai soci di lavoro ai sensi dell’art. 1, comma 1, l. n. 142 del 2001, concernenti la partecipazione alla direzione e alla conduzione dell’impresa sociale, nonché alle decisioni in merito alle scelte strategiche e alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda.
Da questo punto di vista assume, inoltre, rilevanza l’introduzione per la prima volta nel nostro ordinamento della garanzia della parità di trattamento nella costituzione ed esecuzione dei rapporti mutualistici, sancita dall’art. 2516 c.c.
Si tratta dell’affermazione della necessità di rispettare la parità di trattamento negli scambi mutualistici quale corollario del principio di democrazia presente nelle cooperative, cosicché una medesima prestazione mutualistica non sia offerta a condizioni di favore solo ad alcuni soci.
La norma, che mira ad evitare discriminazioni fra i soci stessi, sancisce definitivamente la regola per la quale “l’attuazione della mutualità passa attraverso un rapporto di scambio ulteriore rispetto al vincolo sociale”102. E’ stato precisato che la parità di trattamento, esulando dalle vicende proprie del
99
Cfr. CESTER, La nuova disciplina del socio lavoratore di cooperativa: una
controriforma? Alcune osservazioni sull’art. 9 della legge 14 febbraio 2003, n. 30,
cit., 7.
100
TULLINI, Mutualità e lavoro nelle recenti riforme della società cooperativa, cit., 719.
101
IBID.; cfr., inoltre, MARESCA, Il rapporto di lavoro subordinato del socio di
cooperativa, cit., 18, che sottolinea “il livello, l’ampiezza e l’intensità della
partecipazione del socio lavoratore alla gestione dell’impresa cooperativa sul piano quali - quantitativo”.
102
Il rapporto di lavoro del socio di cooperativa: qualificazione e tecniche di tutela ________________________________________
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rapporto sociale, si riferisce solamente alla costituzione ed esecuzione dei rapporti di scambio mutualistico - vicende contrattuali ulteriori rispetto al contratto di società - per mezzo dei quali si persegue ed attua lo scopo mutualistico103.
Qualche perplessità suscita, comunque, la perdurante mancanza nelle nuove regole codicistiche di una esatta definizione di “scopo mutualistico”, probabilmente legata al timore, da alcuni manifestato, che una definizione troppo precisa della “mutualità” rappresenti un limite allo sviluppo del movimento cooperativo104.
Sia la revisione generale dell’ordinamento societario (d. lgs. n. 6 del 2003) sia la disciplina della posizione del socio nell’ambito delle cooperative “nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative” (art. 1, comma 1, l. n. 142/2001) “richiamano ed evocano un’idea di mutualità (naturale o “prevalente”: cfr. art. 2512 c.c.) che continua ad essere anzitutto presupposta, più intuita e tacitamente accettata, che realmente esplicitata e condivisa”105.
103
IBID.
104
PAOLUCCI, La mutualità dopo la riforma, in Le Società, 2003, 402 ss.
105
TULLINI, Mutualità e lavoro nelle recenti riforme della società cooperativa, cit., 713.
Capitolo II
I RAPPORTI TRA SOCIO LAVORATORE E COOPERATIVA: