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8.1 Tematiche di base, tematiche emergenti, research question

L’analisi degli articoli pubblicati nella rivista Research Policy ha consentito di rilevare che la tematica dell’innovazione è stata oggetto di numerosi contributi. Alcuni studi sono risultati più significativi di altri ai fini della presente rassegna critica, in quanto affrontano in modo più specifico e approfondito le modalità mediante le quali l’innovazione tecnologica si attua, influenzando le dinamiche competitive dell’impresa e modificando talvolta gli assetti del settore industriale.

Un contributo interessante è stato elaborato da Van den Ende e Kemp (1999), i quali hanno evidenziato come un nuovo sistema tecnologico tende a svilupparsi e crescere all’interno dei vecchi sistemi attraverso processi di trasformazione, dal momento che le innovazioni sono spesso il risultato di nuove combinazioni di soluzioni tecnologiche già esistenti (Schumpeter, 1939). L’innovazione (vista come evoluzione dell’impresa) si realizza come un processo di sintesi cumulativa (Usher, 1929), dove alcuni elementi della nuova tecnologia sono parzialmente presenti in quella tradizionale; in un secondo momento, questi elementi assumono una forza autopropulsiva, modificando poi l’intero regime tecnologico (“technological

regime”). Le origini del nuovo non sono sempre presenti in modo palese nelle

vecchie tecnologie, ma emergono in seguito ad una loro evoluzione e servono per consentire all’“old regime” di adattarsi a mutate circostanze di mercato, come un incremento della domanda.

Significativo a questo proposito è l’articolo di Dosi (1982) nel quale si evidenzia chiaramente che cambiamenti nelle condizioni di mercato e nuove opportunità

creano pressioni, a vari livelli, sulle “technological trajectories” e sui criteri che ne hanno determinato l’attuazione. Tramite un’analisi critica degli approcci “demand-

pulled” e “technology pushed”, lo studioso ha messo in luce come il progresso

tecnologico si realizzi mediante un percorso di sviluppo “naturale”, caratterizzato da “observable phenomenon of cumulativeness of technical advances”. In particolare, l’emergere di nuovi paradigmi tecnologici non può essere interpretato assumendo il mercato come unico fattore di stimolo. In realtà, una particolare attenzione viene posta sul ruolo di altri fattori ambientali esterni all’impresa, che determinano il percorso del progresso scientifico e tecnologico: il processo innovativo - visto sia in termini di modifiche tecnologiche incrementali sia in termini di cambiamenti radicali - è fortemente influenzato dalle relazioni tra fattori economici e fattori istituzionali.

Un ulteriore aspetto, che emerge nel lavoro di Van den Ende e Kemp (1999), riguarda il momento iniziale del processo innovativo, dove l’applicazione della nuova tecnologia è limitata ad attività specializzate sulla base di determinate caratteristiche. Queste “nicchie” di attività sono importanti, perché rappresentano un “breeding space”, dove la tecnologia cresce e si modifica mediante processi di miglioramento. Successivamente, la nuova tecnologia si diffonde e assume connotati di irreversibilità, relativa ai benefici che le imprese traggono dalle economie di scala e di apprendimento, dallo sviluppo di ulteriori innovazioni complementari e dall’adattamento delle organizzazioni e istituzioni coinvolte. In questi termini, l’innovazione tecnologica modifica le condizioni socio-tecnologiche e diventa a sua volta la base per successive innovazioni, contribuendo al miglioramento delle

performance aziendali.

Gli autori giungono a queste conclusioni, analizzando le modificazioni che hanno caratterizzato il settore dell’elettronica (con particolare riferimento al passaggio dai computer di vecchia generazione ai sistemi digitali) ed evidenziano come ogni transizione da una tecnologia ad un’altra è parte di un più ampio processo evolutivo, contraddistinto da cambiamenti non soltanto tecnologici, ma anche sociali. L’innovazione non è vista come un evento casuale, ma piuttosto come il risultato dell’interazione di organizzazioni e sistemi sociali sulla base delle capacità, delle risorse e delle tecnologie disponibili; il valore economico dell’innovazione dipende poi dal grado in cui questa riesce a soddisfare le esigenze per cui è stata realizzata.

Sembra opportuno ricordare a questo proposito l’interessante contributo di Clark (1985) sull’interazione tra innovazioni tecnologiche ed esigenze del mercato, in una prospettiva evolutiva. Molti studi sull’innovazione hanno ripreso il framework concettuale proposto da Clark, che evidenzia come i problemi relativi alla definizione dei design di prodotto e all’individuazione dei fattori che sottostanno la scelta dei consumatori richiedano una “hierarchical structure” dell’evoluzione attuata dalla tecnologia. Ciò significa che l’innovazione e la sequenza temporale dei cambiamenti nel design dipendono non soltanto dall’impiego di alternative tecnologiche, ma anche dall’interazione tra logiche di sviluppo interne del prodotto e l’evoluzione nelle esigenze dei consumatori.

Secondo il lavoro di Van den Ende e Kemp (1999), il processo innovativo riguarda inoltre tre diversi livelli: il livello “micro” delle singole imprese o laboratori di ricerca; il livello “meso” dei regimi tecnologici; il livello “macro”, ovvero l’intero contesto costituito da elementi sociali, tecnologici, politici, culturali e istituzionali. Lo studio, che si concentra sul secondo livello, si focalizza sulle modalità con cui il technological regime cambia, modificando quelle conoscenze tecnologiche (di prodotto e di processo) e quelle istituzioni e infrastrutture che supportano lo sviluppo tecnologico (Dosi, 1988; Kemp, 1994; Malerba, Orsenigo, 1997). Il regime tecnologico proposto dagli autori rappresenta quindi un framework cognitivo e normativo, ma anche una “struttura funzionale”, dove si instaurano diverse relazioni infra-organizzative e inter-aziendali, che coinvolgono imprese, operanti a stadi differenti della filiera produttiva, le quali interagiscono nello scambio di prodotti, processi e competenze.

Viene quindi evidenziato che il cambiamento tecnologico non può essere considerato un processo autonomo e deterministico, in cui le vecchie tecnologie sono una semplice base per la realizzazione di tecnologie più sofisticate. Al contrario, l’innovazione viene vista come un processo cumulativo ed endogeno all’impresa e all’ambiente in cui questa opera: in tale contesto, anche il ruolo degli attori (imprenditori, dipendenti, ricercatori), coinvolti nello sviluppo e diffusione dell’innovazione, è visto in senso storico, collegato alle conoscenze e alle capacità, derivanti dall’esperienza e dall’appartenenza ad uno specifico sistema.

A questo proposito, si rileva che il significato dell’innovazione ai fini della competizione dipende dal concetto di “transilience”, cioè la capacità dell’innovazione di influenzare le risorse e le competenze dell’impresa. Tale concetto è stato proposto da Albernathy e Clark (1985), i quali, mediante la costruzione della “transilience map”, hanno evidenziato che il processo innovativo non rappresenta un fenomeno unitario, ma è caratterizzato da momenti di interruzioni, di obsolescenza, di ridefinizione e di miglioramento. Le quattro tipologie di innovazione individuate nella mappa (“Architectural innovations”, “Market Niche innovation”, “Regular innovation” e “Revolutionary innovation”) consentono inoltre di comprendere le modalità con cui i vari tipi di innovazione sono strettamente legati ai differenti ritmi evolutivi del settore industriale e ai diversi ambienti manageriali, nell’ambito dei quali l’innovazione si attua.

La tematica sul ruolo dei soggetti (o delle imprese) coinvolti nel processo di innovazione tecnologica viene ripresa da Douthwaite, Keatinge e Park (2001), i quali hanno pubblicato un significativo contributo sull’evoluzione di alcune tecnologie nel settore meccano-agricolo. In questo lavoro una particolare attenzione è posta sul fatto che, di fronte all’incremento della complessità tecnologica, diventa sempre più importante una stretta interazione tra i soggetti che danno vita all’innovazione e le persone che ne possono beneficiare (utilizzatori e principali

stakeholder).

Nella realtà, una tecnologia di successo rappresenta una sintesi delle conoscenze di chi sviluppa nuove tecnologie e di chi poi applica queste ultime: si crea così una sinergia di saperi ed esperienze. A questo proposito, l’invenzione è stata definita

come “an incremental increase in the total knowledge set of a society” (Mokyr, 1990).

Questi autori hanno riscontrato che, nel caso di alcune tecnologie presenti nel settore meccano-agricolo, la scarsa efficacia nell’applicazione dell’innovazione dipende dal gap di conoscenze che divide i vari soggetti coinvolti nel processo tecnologico, soprattutto nella fase iniziale di adozione della tecnologia da parte degli utilizzatori: il successo deriva da una buona gestione dell’innovazione nei primi momenti di applicazione, dove è opportuna la sintesi delle conoscenze dei ricercatori con quelle degli utilizzatori.

La focalizzazione sull’importanza dell’apprendimento e delle competenze, ai fini della competitività delle imprese, è stato oggetto di analisi da parte di numerosi studiosi. In particolare, la capacità di sviluppare conoscenza e abilità costituisce un fattore determinante per il miglioramento delle performance aziendali. è questo il punto di partenza degli studi svolti da Figueiredo (2002) il quale, esaminando la realtà di due imprese brasiliane operanti nel settore dell’acciaio, ha riscontrato che il processo di acquisizione delle capacità tecnologiche è stato differente nelle due aziende, riguardo alle modalità, ai tempi e alle funzioni coinvolte nell’innovazione. Le differenti performance aziendali dipendono in gran parte dall’efficacia con cui le imprese accumulano e sostengono conoscenze e competenze (non solo tecnologiche) nell’ambito delle varie funzioni gestionali.

Il coinvolgimento in un processo di apprendimento tecnologico può quindi riguardare due aspetti: la traiettoria tecnologica, lungo la quale l’acquisizione delle capacità avanza (in termini di direzione, ritmo e consistenza), e l’insieme dei processi, mediante i quali la conoscenza viene assimilata dagli individui e trasferita all’interno dell’organizzazione.

Mediante il processo di apprendimento l’impresa consegue quelle abilità che le consentono di realizzare attività tecnologiche che prima non era in grado di eseguire. Le differenze nelle performance da impresa a impresa vanno dunque misurate in base al livello in cui le competenze tecnologiche vengono acquisite e mantenute nell’organizzazione (Nelson, Winter, 1982; Dosi, 1988).

L’indagine svolta da Figueiredo (2002) ha messo peraltro in luce che (almeno nel settore dell’acciaio) la possibilità dell’impresa di sostenere nel lungo periodo un livello elevato di “innovative technological capability” dipende dalle modalità e dal grado con cui anche altre abilità e competenze sono state accumulate nel tempo nell’impresa, sia mediante processi di routine che momenti di innovazione.

Tuttavia, altri studi hanno evidenziato che le imprese, dotate delle conoscenze e delle competenze tecnologiche, non sempre riescono a conseguire un miglioramento dei propri risultati economici. Tale situazione viene evidenziata da Gans e Stern (2003) per le piccole imprese ai primi stadi del loro percorso di crescita, le quali, pur creando innovazione con forti potenziali di commercializzazione, non riescono ad imporsi sul mercato, a causa di carenti capacità organizzative e di scarsa conoscenza del mercato stesso: il problema principale non riguarda tanto l’innovazione di per sé, quanto la commercializzazione dell’innovazione stessa.

commercializzazione e alle implicazioni di questi sulle dinamiche competitive, Gans e Stern (2003) ritengono che il fattore critico, nella concorrenza tra le imprese in fase di start-up e quelle già presenti nel mercato, è costituito dalla presenza del “market for idea”. Questa prospettiva costituisce un approfondimento degli studi svolti da Teece (1986) il quale aveva evidenziato che nelle condizioni di mercato in cui i processi imitativi avvengono con facilità, è probabile che i benefici economici derivanti dall’innovazione vengano conseguiti dalle imprese che possiedono i “complementary asset” e non sempre da quelle che sviluppano l’innovazione. Rilevante risulta quindi la capacità dell’impresa innovatrice nel proteggere le proprie conoscenze e i propri prodotti da fenomeni imitativi: i benefici derivanti dall’innovazione saranno minori, quando il grado di protezione dell’innovazione è basso (imitazione dei concorrenti) o quando le risorse specializzate complementari sono controllate da altri attori della catena del valore.

Utilizzando questo approccio, Teece illustra che questi aspetti influenzano le scelte strategiche aziendali e sottolinea il ruolo dell’integrazione tra le imprese innovatrici e le aziende che controllano i “complementary asset”. Partendo da questa prospettiva, Gans e Stern (2003) enfatizzano due aspetti: “the nature of the

appropriability environment” e “the distribution of ownership and control over specialized complementary assets” (ad esempio, le politiche distributive, le

competenze produttive e l’immagine di marca).

La strategia di commercializzazione delle imprese innovatrici in fase di start-up viene in sostanza caratterizzata da un trade-off tra due scelte:

- competere autonomamente sul mercato, confrontandosi con imprese che già vi operano da tempo (approccio product market);

- inserirsi in una filiera mediante rapporti di collaborazione con altre imprese (approccio market for idea).

Nella prima scelta strategica il livello di profittabilità dipenderà da diversi fattori, quali la necessità di sviluppare tutte le competenze utili per commercializzare un prodotto percepito come innovativo dal consumatore, oltre che la capacità di affrontare una price competition. L’impresa innovatrice si trova a gestire una serie di difficoltà, relative agli investimenti in marketing e in produzione, alla

multidimensional uncertainty, nonché alle scarse risorse necessarie per affermare la

propria presenza nel mercato.

Nella seconda scelta strategica l’interazione con altre imprese si costruisce mediante rapporti collaborativi, quali contratti di licensing, acquisizioni, joint venture e altre forme di alleanze. Il market for idea permette di conseguire numerosi benefici, collegati alla riduzione della concorrenza/conflittualità tra imprese operanti all’interno della filiera produttiva, alla mancata duplicazione degli investimenti e ad un maggiore coinvolgimento nello sviluppo di tecnologie complementari.

Non può sfuggire comunque che la struttura del settore industriale e le dinamiche competitive influiscono sullo sviluppo dell’innovazione. A questo proposito, Utterback e Suarez (1993) hanno spiegato che il grado di concentrazione e il livello

di competizione in un settore industriale rappresentano elementi determinanti non soltanto per comprendere le opportunità di sopravvivenza delle imprese che vi operano, ma anche per individuare le possibilità di successo per quelle che intendono entrarvi. In questi termini, le innovazioni di prodotto e di processo consentono all’impresa innovativa di conseguire benefici di breve periodo e di sfruttare una condizione di monopolio temporanea, in seguito ai fenomeni imitativi e all’entrata di nuovi competitor, che avvengono con la diffusione dell’innovazione. La tecnologia finisce dunque per influenzare il grado di concentrazione, la forma e il livello della competizione e l’attrattività del mercato.

Nonostante i numerosi vantaggi delle forme cooperative tra imprese, Gans e Stern (2003) mettono in luce il problema della protezione della proprietà intellettuale: per l’impresa diventa rilevante non soltanto realizzare una cooperazione, ma anche verificarne i tempi e le modalità di attuazione. Due sono gli elementi posti in evidenza:

- quando il livello di protezione dell’innovazione è forte e i complementary asset sono controllati dai partner, le imprese in start-up possono raggiungere

performance migliori nel realizzare forme di collaborazione;

- le politiche di protezione dell’innovazione limitano la possibilità che si verifichino situazioni di diffusione e imitazione e rappresentano una garanzia per le imprese in fase di start-up nell’ambito degli accordi inter-aziendali.

La protezione della proprietà intellettuale rappresenta dunque uno dei principali problemi del fenomeno dell’innovazione, insieme all’incertezza nella fase di realizzazione, all’asimmetria informativa e alle divergenze tra gli attori coinvolti direttamente o indirettamente nel processo.

8.2 Call for research

I lavori analizzati in questa breve review critica non soltanto hanno arricchito gli studi sul rapporto tra innovazione e competizione fra imprese, ma hanno anche consentito di identificare interessanti filoni di ricerca meritevoli di approfondimenti, tra i quali si possono ricordare i seguenti.

- L’innovazione è considerata come un processo di sintesi cumulativa, dove i nuovi elementi tecnologici si sviluppano all’interno di quelli già esistenti, fino al momento in cui assumono una forza autopropulsiva, modificando l’intero regime tecnologico. Un problema direttamente collegato è l’analisi dei fattori interni all’impresa che sono determinanti per l’implementazione dell’innovazione e che favoriscono il processo di sostituzione della vecchia tecnologia.

- Essendo l’innovazione vista come il risultato dell’interazione tra organizzazione aziendale e sistemi sociali, ulteriori approfondimenti potrebbero riguardare lo studio delle variabili esterne all’impresa (sociali, economiche, politiche, ed etiche) che vanno ad influire su tale relazione. Questi aspetti diventano più critici

in considerazione del fatto che oggi le imprese si trovano a gestire una concorrenza globale e a confrontarsi con imprese operanti in paesi tra loro molto diversi.

- L’efficacia nell’applicazione dell’innovazione dipende dall’interazione tra le conoscenze e l’esperienza di chi genera l’innovazione e quelle di chi ne deve beneficiare. Decisamente utile sul piano analitico e su quello operativo appare l’esame degli elementi che influenzano questa relazione e che possono facilitare il livello di comunicazione tra i vari soggetti coinvolti nel processo innovativo. - La capacità di innovazione tecnologica dipende dall’efficacia con cui l’impresa

acquisisce e sviluppa le proprie competenze durante il percorso di crescita aziendale. Un ulteriore obiettivo conoscitivo in questo contesto può essere lo studio delle modalità con cui l’impresa riesce a mantenere internamente le conoscenze assimilate, le quali possono rappresentare una fonte del vantaggio competitivo. In realtà, non appare ancora sufficientemente sviluppata la conoscenza degli strumenti e delle politiche in grado di proteggere la proprietà intellettuale dell’impresa, soprattutto quando questa instaura rapporti di collaborazione con altre imprese a livello internazionale.