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resecabili relativi

DISCUSSIONE

Numerosi studi hanno dimostrato come la resezione chirurgica rappresenti

l’unica terapia del carcinoma pancreatico [12]. Partendo da tale considerazione,

nel corso degli ultimi anni sono stati compiuti numerosi e notevoli sforzi al fine

di migliorare le tecniche resettive, cercando di attuare sempre più spesso

interventi capaci di garantire la più ampia bonifica neoplastica: esempio è la

introduzione della pancreasectomia allargata o “extended”, finalizzata alla

bonifica del tessuto retroperitoneale, associata a linfadenectomia e la

applicazione di interventi di resezione vascolare [82].

Il progresso medico-scientifico ha infatti reso la chirurgia resettiva pancreatica

più accessibile in termini di morbilità e mortalità perioperatorie, in particolare

grazie allo sviluppo di centri specializzati nella gestione di tali pazienti. Anche

nel nostro studio il tasso di mortalità perioperatoria è risultato in linea con i

risultati chirurgici riportati in letteratura, con una incidenza dell’11%.

In virtù di ciò, alcune scuole hanno forzato le indicazioni della radicalità

chirurgica ricorrendo ad interventi di resezione finalizzati ad ottenere una

bonifica neoplastica sempre più ampia, eludendo talvolta i criteri

precedentemente considerati come criteri di esclusione assoluta dall’intervento

venosa e l’introduzione di protocolli chemioterapici neoadiuvanti al fine di

ottenere un “downstaging” preoperatorio locoregionale nei pazienti con

neoplasia localmente avanzata [83].

Alla luce di queste considerazioni, i criteri di inclusione/esclusione chirurgica

sono stati in parte rivisitati, introducendo il concetto di resecabilità relativa [85]

e palliativa [22]. In effetti, come riportato in larga parte della letteratura dedicata,

se la presenza di interessamento a distanza e carcinosi vengono universalmente

considerati come criterio di esclusività assoluta dalla bonifica chirurgica, è

nell’ambito delle neoplasie con diffusione loco-regionale che emerge la

problematica relativa ai pazienti passibili di resezione terapeutica.

Come riportato dai più recenti sistemi stadiativi, il coinvolgimento neoplastico

della parete duodenale o del coledoco, pur determinando una grading T3 della

neoplasia, non pregiudicano la resecabilità [5], in quanto tali strutture sono

comunemente rimosse nel corso di un intervento di DCP, nel caso invece di

interessamento del tessuto retroperitoneale o di infiltrazione vascolare, la

neoplasia che pur presenta stesso grading, può risultare non resecabile (T3 o T4)

[40]. Tali considerazioni emergono infatti da ampia letteratura che dimostra

come l’interessamento del tessuto adiposo e dei vasi arteriosi e venosi sia

strettamente connesso con limitata sopravvivenza a 5 anni, sovrapponibile sia nei

In base a tali considerazioni, emerge, dunque, come i parametri critici nel

management terapeutico dei pazienti affetti da adenocarcinoma duttale del

pancreas localmente avanzato siano quindi legati all’interessamento del tessuto

adiposo retroperitoneale (strettamente connesso ad eventuale recidiva post-

intervento [39] ) ed al riscontro di invasione vascolare, in particolare arteriosa,

essendo questo aspetto strettamente connesso con la ridotta sopravvivenza a 5

anni [84].

Negli ultimi anni l’atteggiamento riguardo il trattamento delle neoplasie del

pancreas localmente avanzate con interessamento vascolare è cambiato

notevolmente: il coinvolgimento di un grosso vaso della regione peripancreatica,

considerato da molti una controindicazione all’intervento chirurgico è oggi

considerato, in particolare quando il coinvolgimento è limitato esclusivamente

all’asse mesenterico portale, una procedura standard nel trattamento del cancro

del pancreas [22]. Tutto ciò è stato reso possibile dal fatto che i risultati delle

resezioni vascolari e soprattutto di quelle venose sono stati negli anni validati [1,

22]. Tuttavia, ancora oggi, esistono molti punti di dibattito circa l’approccio alle

pancreasectomie con resezione vascolare.

In primo luogo non vi è accordo, all’interno della categoria del così detto

“borderline resectable”, di chi sia il miglior candidato alla chirurgia e comunque

se questa debba o meno essere sempre preceduta da terapia adiuvante o solo in

un’analisi retrospettiva di fattori che non possiamo conoscere prima

dell’intervento e che quindi non possono aiutarci nella selezione del paziente

candidato ad una resezione del pancreas.

Per questo motivo, in questo lavoro, abbiamo deciso di valutare il peso di alcuni

fattori pre-operatori che potrebbero essere di aiuto nello stratificare il significato

biologico delle resezioni vascolari su una base razionale. Per ottenere ciò,

abbiamo correlato con la sopravvivenza i parametri di stadiazione loco regionale

identificabili allo studio TC, metodica che ad oggi rappresenta il gold-standard

nella stadiazione pre-operatoria del cancro del pancreas. A tale scopo abbiamo

inoltre verificato l’accuratezza diagnostica della TC multidetettore

nell’identificare i parametri critici di stadiazione loco regionale (in particolare

infiltrazione vascolare e adiposa nelle diverse sedi) e nel definire il giudizio

finale complessivo di resecabilità/non resecabilità, confrontando i reperti dello

studio TC con quelli definitivi dopo resezione chirurgica con associata resezione

vascolare.

Numerosi studi hanno confrontato differenti tecniche di imaging al fine di

definire tra queste quella più accurata nel predire la resecabilità del tumore; in

tutti gli studi, eseguiti con TC spirale, in confronto alle metodiche di EUS e RM,

la TC ha mostrato valori predittivi positivi del 95-100% nel giudicare la non

90%) [15, 65-68, 81]. La TC multidettore ha permesso negli ultimi anni un

incremento delle capacità di definizione della resecabilità, dimostrando valori

elevati (intorno al 95%) di valore predittivo [64, 77], sicuramente migliori

rispetto agli studio condotti con apparecchi TC spirale a singolo detettore.

Per la valutazione dell’accuratezza diagnostica di infiltrazione vascolare,

abbiamo adottato il grading da noi precedentemente formulato [79], in base al

quale abbiamo considerato come infiltrati vasi in rapporto di grado II o III con la

neoplasia. Sono stati ottenuti valori di sensibilità e specificità complessivi per

arterie e vene del 93% e dell’70% rispettivamente, con un valore predittivo

positivo e negativo rispettivamente del 75 % e dell’ 91% ed una accuratezza

diagnostica complessiva dell’81%, con valori paragonabili al nostro precedente

lavoro condotto con TC multistrato pubblicato nel 2007 [79] e migliori rispetto a

precedenti lavori con TC spirale a singolo detettore [15, 65].

Più in particolare nella valutazione delle arterie sono stati ottenuti valori di VPP

e accuratezza diagnostica lievemente inferiori rispetto alle vene, dato un

maggior numero in proporzione di casi falsi positivi. Tuttavia solo 2 casi falsi

positivi su 13 erano vasi arteriosi (arterie epatiche comuni) resecati d’emblée e

pertanto con certezza sovrastimati nella valutazione TC. In 5 casi invece la

sovrastima è giustificata dalla presenza di ispessimento tissutale perivascolare

interpretato come neoplastico alla TC ma in realtà fibrotico, esito del trattamento

sovrastima nel giudizio di infiltrazione vascolare dopo chemioterapia si è

verificata solo nella valutazione delle arterie, mentre tutte le vene giudicate alla

TC infiltrate dopo trattamento neoadiuvante sono state confermate come tali

all’istologia dopo resezione. Infine in 6 dei 13 casi falsi positivi (6 arterie

mesenteriche superiori) il giudizio di falsa positività è stato dedotto dalla

negatività del margine dell’arteria mesenterica superiore e pertanto è

interpretabile come molto probabile ma non certo, mancando una reale

valutazione istologica della parete vascolare.

Nella valutazione di infiltrazione del tessuto adiposo peripancreatico abbiamo

preso in considerazione solo le sedi realmente critiche di infiltrazione o perché

causa di problematiche tecniche di resezione in fase di intervento (radice

mesocolica e mesenteriale, la cui infiltrazione si associa quasi inevitabilmente

all’interessamento delle diramazioni vascolari viscerali) o perché causa di

frequente recidiva loco-regionale, per difficoltà a realizzare una bonifica

completa (tessuto adiposo retroperitoneale dove viene realizzato il margine di

resezione della lamina retroportale o come definito nelle recenti linee guida

americane dell’arteria mesenterica superiore). Infatti, come dimostrato in

molteplici studi, nel caso dei tumori localizzati alla testa ed al processo uncinato

del pancreas, la prognosi dopo resezione è fortemente influenzata dalla presenza

Luttges [39], determina una riduzione della sopravvivenza a circa la metà (R0 =

22.7 mesi; R1/R2 = 10.6 mesi).

L’infiltrazione del tessuto retroperitoneale rappresenta un’evenienza frequente

nelle neoplasie pancreatiche. In uno studio condotto da Harada nel 2000,

valutando una serie di 356 DCP, l’infiltrazione retroperitoneale è stata

evidenziata all’esame istologico in circa 8 pazienti su 10. L’importanza della

valutazione del retroperitoneo è enfatizzata anche nei recenti sistemi studiativi,

quali il già citato JPS, che lo introduce quale parametro indipendente

determinante lo stadio di malattia e pertanto la prognosi. Sebbene l’infiltrazione

adiposa non costituisca un criterio assoluto di esclusione dalla resezione

chirurgica, la conoscenza della presenza di segni macroscopici di invasione

tumorale indirizza il chirurgo verso un intervento quanto più possibile

demolitivo, al fine di ottenere margini di resezione liberi da malattia.

Nel nostro studio per la valutazione dell’infiltrazione adiposa ci siamo avvalsi

dei segni di possibile infiltrazione descritti in un nostro precedente lavoro [80],

rappresentati dall’obliterazione e dell’alterata densità. In particolare per la sede

retroperitoneale della lamina retroportale tali segni nel nostro precedente lavoro

avevano dimostrato un VPP di infiltrazione rispettivamente del 94% e del 50%.

Nella nostra casistica la sede più frequente di sospetta infiltrazione alla TC è

risultata quella corrispondente alla lamina retroportale, essendo presente in 31

mesenteriale e mesocolica era presente rispettivamente in 17 (32%) e 6 (11%)

pazienti.

Nella valutazione dell’infiltrazione del tessuto adiposo nelle diverse sedi la TC è

risultata essere molto attendibile con valori di sensibilità pari a 96%, specificità

91%, VPP 85%, VPN 97% ed accuratezza diagnostica pari al 91%; i

corrispondenti valori nella valutazione del tessuto retroportale (la sede più

frequentemente interessata nella nostra casistica) sono stati del 93%, 84%, 87%,

91% e 89%, lievemente migliori rispetto al precedente lavoro pubblicato [80].

Considerando il margine di resezione dell’arteria mesenterica superiore, i casi

con margine di resezione infiltrato (R1) sono stati 9, tutti giudicati

macroinfiltrati alla TC, mentre in tutti i 9 casi di sospetta microinfiltrazione il

margine di resezione è risultato indenne (R0). Riguardo alla valutazione

dell’infiltrazione retroperitoneale, quindi, la TC si è dimostrata metodica capace

di fornire indicazioni al fine di ottenere un maggiore radicalità chirurgica a

livello loco-regionale.

Relativamente al giudizio globale di resecabilità, la TC ha ottenuto una

sensibilità del 85%, una specificità del 60%, un valore predittivo positivo pari al

68%, un valore predittivo negativo del 80%, con una accuratezza diagnostica del

72%. Nel giudizio di non resecabilità i corrispondenti valori sono risultati

dati della letteratura che riportano un’accuratezza superiore della TC nella

valutazione di non resecabilità.

Più in particolare, nel giudizio di resecabilità/non resecabilità la TC ha

dimostrato una tendenza più alla sovrastima che non una sottostima, con 11 casi

sovrastimati e 4 sottostimati; ciò che è interessante notare è che tutti gli 11 casi

di sovrastima erano dovuti ad un giudizio falsamente positivo di infiltrazione

vascolare (rispettivamente 3 vene e 8 arterie), così come 3 dei 4 casi falsi

negativi erano dovuti a un errato giudizio di non infiltrazione vascolare (3 vene).

Nella nostra casistica la sopravvivenza è risultata dell’84% a 6 mesi e del 57% a

1 anno, con differenze significative tra i tre gruppi identificati in base al giudizio

TC; infatti la sopravvivenza ad 1 anno è risultata del 100% per i pazienti

giudicati resecabili, 75% per i pazienti con giudizio di resecabilità relativa e

28% per quelli con giudizio di resecabilità palliativa.

Nella correlazione con la sopravvivenza dei singoli fattori di stadiazione

locoregionale, non sono risultati significativi la dimensione (fig. 6.1a) e sede

(fig. 6.2) della lesione. Data la scarsa correlazione (R=0,5) tra la misura della

lesione ottenuta allo studio TC rispetto all’istologia, è stata effettuata una

correlazione anche della misura all’istologia con la sopravvivenza (fig. 6.1b),

risultando tuttavia anch’essa non significativa (p=0,5). Riguardo alla sede della

potuto tuttavia osservare come le neoplasie del corpo siano associate a peggiore

prognosi probabilmente in virtù di una manifestazione clinica più tardiva.

Riguardo il parametro infiltrazione vascolare, è risultato significativamente

correlato (p=0,03) alla sopravvivenza il tipo di struttura vascolare infiltrata

(arteria, vena, arteria e vena) con pazienti con lunga sopravvivenza solo nel

gruppo con infiltrazione venosa isolata (fig. 6.3). L’estensione longitudinale del

contatto vascolare (considerando quale cut-off un valore di 20mm) invece non è

risultato significativo (p=0,75) (fig. 6.4).

Riguardo il parametro infiltrazione adiposa, sono risultate correlate in modo

significativo con la sopravvivenza la presenza o meno di infiltrazione alla TC sia

nella sede della lamina retroportale (p=0,03), che nella radice

mesocolica/mesenteriale (p=0,02) (figg. 6.5 e 6.7). Inoltre è risultata

significativa dal punto di vista statistico (p=0,03) anche la presenza di

infiltrazione del margine di resezione della lamina retroportale all’istologia

(figg. 6.6), in accordo con i dati riportati dalla letteratura.

Infine il giudizio globale di resecabilità espresso alla TC è risultato

significativamente correlato con la sopravvivenza (figg. 6.8), con un valore di

significatività statistica massimo (P=0,0008).

In conclusione, dai risultati del nostro lavoro emerge come la TC sia accurata

pazienti ritenuti classicamente resecabili/non resecabili, che nel terzo gruppo di

pazienti in esame, generalmente considerati i più critici, in quanto in avanzato

staging locale. Inoltre, considerando che i reperti TC indicativi di uno stato

localmente avanzato della neoplasia sono secondo i nostri risultati possibili

fattori prognostici di sopravvivenza, si può confermare il forte ruolo del giudizio

di resecabilità espresso allo studio TC nella decisione chirurgica.

Studi più ampli potranno confermare o meno il ruolo dei criteri TC nella

stratificazione pre-operatoria della operabilità di pazienti con cancro del

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