3. La promozione delle residue capacità: obiettivi mancati della riforma italiana e nuove
3.2 Responsabilità aquiliana degli incapaci: prospettive di riforma
Il legislatore italiano del 2004 sembra aver trascurato del tutto alcuni aspetti importanti sui quali la nuova legge veniva ad incidere: basti pensare alle norme relative alla responsabilità civile.
Vale evidenziare che il codice del 1942 ha optato per un sistema improntato ai seguenti principi (le norme di riferimento sono gli artt. 2046 – 2047 c.c.): irresponsabilità dell‟incapace naturale, responsabilità del sorvegliante, sussidiarietà dell‟obbligo indennitario dell‟incapace. Una combinazione di regole che, da più parti, è stata considerato anacronistica specie con riguardo alla regola primaria dell‟irresponsabilità tout court dell‟autore del fatto122.
Del resto, la moderna psichiatria ha più volte evidenziato come qualsiasi forma di deresponsabilizzazione del sofferente psichico, sia essa sociale, morale o giuridica,
120 Prospetta tale soluzione, con riferimento all‟ordinamento francese, G. AUTORINO STANZIONE,
Infermità mentale, cit., 172 ss., la quale configura la legittimazione del soggetto protetto a ricorrere dinanzi al
giudice delle tutele contro le decisioni assunte in materia esistenziale dal consiglio di famiglia. 121 Cfr. P. PERLINGIERI, Gli istituti di protezione, cit., 54.
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determini notevoli riflessi antiterapeutici sul malato; sarebbe, piuttosto, preferibile porre a carico dell‟infermo danneggiante, in via diretta e non sussidiaria, in eventuale concorso in solido con il sorvegliante, le conseguenze risarcitorie del suo fatto illecito, salvo il potere del giudice di moderare l‟ammontare del risarcimento123 in considerazione dell‟età, della gravità
dello stato di incapacità e delle condizioni economiche delle parti.
In tale contesto, occorre affrontare la tematica dell‟illecito civile commesso dal beneficiario dell‟amministrazione di sostegno, coordinando la normativa vigente (artt. 2046, 2047, 2048 c.c.) con la nuova disciplina.
In primo luogo, è necessario chiedersi se il beneficiario possa essere considerato un soggetto incapace: alla luce degli obiettivi della riforma e della lettura del dato positivo, che evidenzia la permanenza della capacità in capo al beneficiario dell‟amministrazione di sostegno, ciò va senz‟altro escluso per coloro che ricorrono all‟amministrazione di sostegno solo per problemi di disagio fisico, mentre per i restanti possibili beneficiari egualmente potrebbe porsi il problema.
Inoltre, nei casi in cui il beneficiario venga ritenuto incapace, occorre domandarsi se l‟amministratore di sostegno possa essere considerato, ed in quali casi, la persona destinata alla sorveglianza dell‟incapace stesso, cui si fa riferimento nell‟art. 2047 c.c.. In altri termini, si dovrà valutare se l‟amministratore di sostegno debba o meno rispondere (ed in base a quale norma) di comportamenti non a lui direttamente imputabili, ovvero dei danni cagionati dal beneficiario a terzi.
Vale precisare che il nuovo istituto si caratterizza per la conservazione della capacità di agire in capo al beneficiario “per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclu- siva o l‟assistenza necessaria dell‟amministratore di sostegno” (art. 409, 1° comma, c.c.). Sicché, tenuto conto di questa premessa, occorre domandarsi se la fattispecie di cui all‟art. 2047 c.c. sia applicabile al beneficiario dell‟amministrazione di sostegno, il quale cagioni un danno a terzi.
Il giudice sarà chiamato a compiere una valutazione del caso concreto: occorrerà, infatti, verificare se il soggetto amministrato fosse o meno capace di intendere e di volere al momento in cui ha commesso il fatto illecito. Si tratterà, quindi, di effettuare un‟indagine sulla capacità naturale del soggetto.: solo nel caso in cui l‟amministrato sia incapace sarà applicabile l‟art. 2047 c.c.; in mancanza, il soggetto beneficiario risponderà secondo gli ordinari principi della responsabilità civile.
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Ma può l‟amministratore di sostegno essere considerato sorvegliante ai sensi e per gli effetti di cui all‟art. 2047 c.c.? Giova ricordare che per “sorvegliante” si intende il soggetto tenuto ex lege, per attività professionale, per contratto alla sorveglianza dell‟incapace, “quindi quel soggetto che versa in una situazione di così stretto rapporto con l’incapace che
ne deriva a suo carico un compito di vigilanza”124. Ne consegue che la qualifica di sorveglianti
spetta indubbiamente ai genitori, ai tutori del minore incapace (naturale) o dell‟interdetto, al personale medico e paramedico delle strutture sanitarie nei confronti dei soggetti ricoverati. L‟obbligo di sorveglianza può inoltre nascere da una scelta di convivenza, qualora si accolga l‟incapace nella propria sfera personale e familiare assumendo volontariamente il compito di prevenire o impedire che la condotta dell‟incapace degeneri in pregiudizi nei confronti dei terzi.
Così enucleata una limitata casistica con riferimento alla nozione di “sorvegliante” occorre rispondere all‟interrogativo appena esposto e cioè se l‟amministratore di sostegno possa rientrare nell‟ambito operativo dell‟art. 2047 c.c., ossia se l‟amministratore di sostegno possa essere ritenuto sorvegliante secondo la nozione di cui all‟art. 2047 c.c.
Si potrebbe sostenere che sia necessario distinguere a seconda che il soggetto nominato amministratore di sostegno sia soltanto un amministratore “esterno”, il quale si occupi esclusivamente della gestione dei beni del beneficiario ovvero sia chiamato a compiere soltanto atti di rappresentanza dell‟amministrato, o si tratti di un parente del beneficiario convivente col medesimo. Infatti, nel primo caso difficilmente l‟amministratore di sostegno potrà essere considerato responsabile dei fatti illeciti compiuti materialmente dal beneficiario; mentre, ove si tratti di familiare convivente, la maggiore ampiezza dei poteri tutori attribuiti all‟amministratore dal decreto di nomina consentirà con alta probabilità di individuare nel medesimo un vero e proprio sorvegliante nel senso voluto dalla norma dell‟art. 2047 c.c.125.
In altri termini, la responsabilità dell‟amministratore andrà commisurata ai poteri che il giudice tutelare gli abbia concretamente attribuito e, pertanto, non potrà che dipendere, di volta in volta, dall‟esame del caso concreto, dovendosi considerare nel
124 Cfr. testualmente A. BORTOLUZZI, L’amministrazione di sostegno, Applicazioni pratiche e giurisprudenza, Torino, 2005, 222.
125 In tal senso cfr. G. BONILINI, A. CHIZZINI, L’amministrazione di sostegno, cit., 270, i quali sottolineano come non si possa dimenticare che uno dei tratti significativi del nuovo istituto dovrebbe essere proprio la cura della persona.
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contempo il “profilo quantitativo dell’assistenza che viene prestata” e la circostanza che vi sia un‟altra persona destinata alla sorveglianza dell‟incapace126.
Qualora, infine, il beneficiario sia ricoverato presso una struttura di cura, pubblica o privata, il giudice chiamato a pronunciarsi in ordine all‟azione di responsabilità sarà tenuto a valutare ancora una volta la situazione sostanziale (tenendo conto, in particolare, del tipo di struttura, della tipologia di assistenza prestata, dell‟ampiezza dei poteri riconosciuti dall‟amministratore) al fine di decidere se individuare il sorvegliante, e quindi il responsabile
ex lege del fatto illecito, nella struttura stessa, nei singoli addetti sanitari e/o
nell‟amministratore.
Al riguardo, la giurisprudenza di merito ha posto in luce la circostanza che l‟amministratore di sostegno non riveste di per sé alcun ruolo di “garanzia” con la conseguenza che non incombe sul medesimo, per il solo fatto di ricoprire questo ufficio pubblico, alcun compito di vigilanza o sorveglianza rilevante ex art. 2047 c.c.; ciò, naturalmente, nei limiti in cui le predette responsabilità non siano insite nel ruolo di fatto rivestito dall‟amministratore di sostegno (familiare o meno) di effettivo “controllo” del beneficiario (es. quale genitore o parente presso cui si trovi il beneficiario, o responsabile di servizi o strutture che lo ospitino)127.
Appare evidente che la disciplina cui occorre far riferimento in tema di responsabilità dei soggetti incapaci e limitatamente capaci, come nel caso del beneficiario dell‟amministrazione di sostegno, sarà sempre quella degli artt. 2047 – 2048 c.c.. Tuttavia parte della dottrina, con la dichiarata finalità di sovvenire all‟esigenza di inserimento sociale dei disabili psichici e nell‟intento di superare le negatività della deresponsabilizzazione totale di questi soggetti, ha proposto la sostituzione della regola di responsabilità a quella vigente di irresponsabilità dell‟incapace per l‟illecito commesso128.
Giova evidenziare che la Francia, con la legge 68-5 del 3 gennaio 1968 ha rivoluzionato il tradizionale regime di irresponsabilità civile dell‟infermo di mente – fondato
126 Così G. BONILINI, A. CHIZZINI, Amministrazione di sostegno, cit., pag. 270. In particolare G. BONILINI, rileva che in dottrina, con riguardo ai danni cagionati ai terzi dal beneficiario, si è sostenuta anche l‟applicabilità all‟amministratore di sostegno dell‟art. 2048 c.c., nel caso in cui questi conviva con lo stesso. 127 Così esplicitamente cfr. Trib. Venezia 13 settembre 2005, in www.dirittoediritti.it e in www.ricercagiuridica.com: può anche essere esplicitato nello stesso provvedimento di nomina dell‟amministratore di sostegno che questi non riveste un ruolo di “garanzia”. V. anche Trib. Venezia n. 13 ottobre 2005 n. 2086, in www.edscuola.it.
128 Nella bozza Cendon del 1986 era già contenuta una proposta in tal senso; la medesima proposta viene reiterata in una nuova bozza elaborata nel 2007, con la quale, a un triennio dall‟entrata in vigore della legge n. 6 del 2004 sull‟amministrazione di sostegno, si pongono le basi di un progetto diretto sia all‟abrogazione dell‟interdizione e dell‟inabilitazione che alla riforma di tutti quei settori non toccati esplicitamente dalla legge del 2004: responsabilità civile, capacità d‟agire del minore, filiazione, annullabilità dei contratti, negozi mortis
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ex art. 1382 ss. code civ. sulla sequenza coscienza - imputabilità - faute - responsabilità,
lasciando il posto all‟equiparazione, ai fini della responsabilità aquiliana, dell‟alienè all‟homme
sensè (art. 489-2 code civ.)129.
In Italia non poche riserve sono state manifestate da parte della dottrina nei confronti dell‟opzione francese130: tuttavia, è indubbio che la sopravvivenza di un privilegio
di immunità in favore dell‟infermo di mente finisca col rappresentare un fattore di perpetuazione di meccanismi ostracistici, stigmatizzanti, cosicché la responsabilità potrebbe essere un “prezzo necessario da pagare per l’accettazione sociale” 131.
Prima dell‟entrata in vigore della succitata legge, infatti, l‟ordinamento francese nulla diceva a proposito della responsabilità civile dell‟infermo di mente e, di conseguenza, la giurisprudenza non poteva che applicare le ordinarie regole fissate dagli artt. 1382 e ss. del
code civil che ancoravano (ed ancorano) la risarcibilità del danno extracontrattuale alla sussi-
stenza di un comportamento colposo dell‟agente. Fino al 1968 la maggioranza degli autori, restando fedele ad una concezione soggettiva della colpa civile, riteneva che un soggetto incapace di intendere e di volere non dovesse essere obbligato al risarcimento in quanto non poteva versare in uno stato di colpa, presupposto della responsabilità, e la percezione dell‟obbligo avrebbe potuto comportare riflessi antiterapeutici. Altra dottrina, invece, sosteneva il principio della totale responsabilità dell‟individuo privo di ragione, sia esso infermo di mente o minore132.
A seguito dell‟introduzione della nuova norma, che segna il netto mutamento di rotta rispetto al passato, la querelle si riaccende. La dottrina maggioritaria, comunque, individua in essa il trionfo della teoria oggettivistica della colpa, secondo la quale, al fine di valutare come giuridicamente colposa l‟azione del danneggiante, è sufficiente riscontrare la semplice realizzazione di un errore nella condotta, o verificare la trasgressione di un obbligo imposto dalle regole giuridiche, senza indagare sulle condizioni psichiche in cui versava il soggetto al momento della produzione del danno.
129 Sul punto funditus cfr. A. VENCHIARUTTI, La responsabilità civile degli infermi di mente in Francia, in Riv. crit.
dir. priv., 1986, 507 s.
130 Si veda G. AUTORINO STANZIONE, op. ult. cit., 369.
131 Così P. CENDON, La tutela civilistica dell’infermo di mente, cit., 40 ss., il quale tuttavia evidenzia che il recupero di esigenze equitative dovrebbe restare affidato al giudice, a quel suo pouvoir de moderation la cui assenza dal testo dell‟art. 489 -2 code civ. costituisce elemento di eccessiva rigidità del sistema francese.
132 Dettagliatamente riepiloga gli orientamenti dottrinali francesi ante riforma del 1968 A. VENCHIARUTTI,
La responsabilità civile degli infermi di mente in Francia, cit. 493. Più di recente, per il seguito della querelle post
riforma cfr. A. VENCHIARUTTI., La protezione civilistica del sofferente psichico, in Ferrando - Visintini (a cura di),
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Tuttavia, l‟introduzione tout court della regola di responsabilità nel nostro ordinamento sarebbe stata probabilmente una scelta azzardata: in realtà, la valvola di sfogo, attraverso la quale operare una responsabilizzazione, ove possibile, dell‟incapace al fine del suo reinserimento sociale è già presente nel nostro ordinamento ed è rappresentata dalla cd. capacità naturale o di discernimento. Presupposto della responsabilità è la capacità naturale, ovvero quella di orientare con un minimo di discernimento le proprie azioni e non piuttosto la capacità di agire: ne deriva di conseguenza che, specie in seguito alla novella legislativa, il giudice sarà chiamato a verificare, laddove ricorra una fattispecie di illecito aquiliano posta in essere da un soggetto dichiaratamente incapace, perché assoggettato ad uno dei provvedimenti interdittivi tradizionali, ovvero limitatamente incapace (negli spazi individuati dal decreto di nomina dell‟amministratore di sostegno), se in concreto l‟autore del fatto era in grado di comprendere le conseguenze del proprio agire ovvero se, sempre nell‟ottica della riforma del proteggere ma non troppo e soprattutto non inutilmente, abbia agito in dipendenza della propria disabilità o infermità mentale arrecando pregiudizio a terzi. Soltanto attraverso un approccio concreto si potrà realizzare la finalità di non ostracizzare il diverso, non stigmatizzare l‟incapacità, valorizzando ogni aspetto della persona e della personalità del disabile che consenta di ricondurlo ad una condizione di normalità, ivi compresa l‟assunzione di responsabilità per i fatti dei quali l‟incapace è in grado di percepire l‟ingiustizia.
Le regole ci sono, ma sono talmente flessibili, talmente volte a cucire l‟abito sulla persona, che le vere regole dovranno farsi nella loro concretezza ad opera di quello che si chiama diritto vivente.
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