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La responsabilità di terzo genere della persona giuridica per i delitti di

ANTINFORTUNISTICHE.

L'art. 300 D.Lgs. 81/2008 ha sostituito il contenuto dell'art. 25 septies del D.Lgs.

231/2001, in materia di responsabilità degli enti, disciplinando la responsabilità della finzione-persona giuridica per i casi di omicidio e lesioni gravi o gravissime commessi con violazione delle norme antinfortunistiche51.

Pur non avendo il D.Lgs. 231/2001 previsto, neppure dopo le modifiche apportate dalla L. 123/2007, una responsabilità in capo all'ente per l'ipotesi di realizzazione del delitto di cui all'art. 437 c.p., tuttavia l'innovazione importante consiste nell'avere

51 Art. 300 D.Lgs. 81/2008 - Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

1. L'articolo 25 septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dal seguente:

“Art. 25 septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro). - 1. In relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione dell'articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote.

Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi”.

previsto per la prima volta la responsabilità della persona giuridica per la realizzazione di un reato colposo, così attuando il contenuto della delega di cui all'art. 11 L.

300/2000.

L'ente datore di lavoro risponde, dunque, direttamente, per le ipotesi di omicidio colposo a danno di uno o più lavoratori, conseguenti alla omessa valutazione dei rischi o ancora alla adozione del documento di valutazione dei rischi in assenza di taluni elementi specificamente indicati, ma anche al non aver adottato appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate potessero causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno, verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio, oppure, ancora, al non aver aggiornato le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, se tali violazioni a norme prevenzionistiche riguardino particolari aziende52.

Le aziende sono quelle elencate nell'art. 31, comma 6, lett. a), b), c), d), f), cioè le aziende industriali in cui siano presenti sostanze pericolose53, le centrali

52 Art. 55 D.Lgs. 81/2008 - Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente.

1. E' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro:

a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettere q) e z), prima parte;

b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), salvo il caso previsto dall'articolo 34.

2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la pena dell'arresto da quattro a otto mesi se la violazione è commessa:

a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f);

b) in aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lettere c) e d), da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da attività di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di amianto;

c) per le attività disciplinate dal titolo IV caratterizzate dalla compresenza di più imprese e la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a 200 uomini-giorno.

53 L'art. 2 D.Lgs. 17-8-1999, n. 334 (ambito di applicazione) dispone che:

1. Il presente decreto si applica agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I.

2. Ai fini del presente decreto si intende per «presenza di sostanze pericolose» la presenza di queste, reale o prevista, nello stabilimento, ovvero quelle che si reputa possano essere generate, in caso di

termoelettriche, gli impianti ed installazioni, le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le industrie estrattive con oltre 50 lavoratori, le aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lett. c) [agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche] e d) [agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche], da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da attività di manutenzione, rimozione smaltimento perdita di controllo di un processo industriale, in quantità uguale o superiore a quelle indicate nell'allegato I.

3. Agli stabilimenti industriali non rientranti tra quelli indicati al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5.

4. Salvo che non sia diversamente stabilito rimangono ferme le disposizioni di cui ai seguenti decreti:

a) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo 1989 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 1989, limitatamente agli articoli 1, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10;

b) decreto del Ministro dell'ambiente del 20 maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 31 maggio 1991, limitatamente agli articoli 1, 3 e 4;

c) decreto dei Ministri dell'ambiente e della sanità 23 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 1994;

d) i criteri di cui all'allegato del decreto del Ministro dell'ambiente 13 maggio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 3 luglio 1996;

e) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 155 del 4 luglio 1996;

f) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 del 9 luglio 1996;

g) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998;

h) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1998;

i) decreto del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 30 marzo 1998;

l) decreto del Ministro dell'ambiente 20 ottobre 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 1998.

5. Le disposizioni di cui al presente decreto non pregiudicano l'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

e bonifica di amianto, attività nei cantieri temporanei o mobili caratterizzate dalla compresenza di più imprese e la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini al giorno.

L'importo della sanzione, pur prevista in misura fissa di mille quote, varierà da un minino di 258.000 ad un massimo di 1.549.000 euro, in ragione del valore di una singola quota che, ai sensi dell'art. 10, comma 3, D.Lgs. 231/2001, va da 258 a 1.549 euro, da commisurare in relazione alle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente (art. 11, comma 2, D.Lgs. 231/2001).

Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.

Ai sensi dell'art. 10 D.Lgs. 231/2001, per l'illecito amministrativo dell'ente dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria.

La sanzione pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento nè superiore a mille.

L'importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.

Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.

Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice deve tenere conto, ai sensi dell'art. 11 D.Lgs. 231/2001, del numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.

L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente. Ciò allo scopo evidente di assicurare l'efficacia della sanzione.

Altra ipotesi di responsabilità diretta dell'impresa concerne l'omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Infine, la terza ipotesi di responsabilità diretta dell'ente concerne ancora la materia della sicurezza del lavoro ed in particolare i delitti di lesioni colpose con violazione

delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. La sanzione è ancora una volta prevista dall'art. 25 septies, comma 3, D.Lgs. 231/2001.

L'addebito della responsabilità di terzo genere in capo all'ente richiede che il delitto commesso dal rappresentante o, comunque, da chi abbia operato esercitandone di fatto la gestione od il controllo sia stato realizzato nell'interesse od a vantaggio della persona giuridica. E per interesse si intende il riferimento al la conseguenza del reato, per vantaggio l'utilità concretamente conseguita dal reato.

Significa che, con riferimento ai reati ad evento naturalistico causalmente orientati di omicidio e lesioni colposi aggravati dalla violazione delle norme antinfortunistiche, il vantaggio ex post e l'interesse ex ante riguarderanno essenzialmente risparmi di spesa forti e maggiore conseguente competitività dell'impresa in ragione dell'abbattimento dei costi per interventi e misure di prevenzione e protezione.

Tuttavia, dispone l'art. 6, comma 1, D.Lgs. 231/2001, in tema di soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente, che se il reato è stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, l'ente non risponde se prova che:

a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli, nonché quello di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

È bene però sottolineare come l'adozione di modelli organizzativi (compliance programs) idonei da parte dell'ente non impedirà, nonostante la funzione liberatoria in astratto, di procedere all'accertamento delle responsabilità penali personali rispetto ai delitti colposi di evento casualmente orientati. Ciò consentirà di applicare comunque le sanzioni interdittive nei confronti dell'impresa datore di lavoro soltanto ove l'ente abbia tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed il reato sia stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato sia stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative ovvero, anche alternativamente, in caso di reiterazione degli illeciti.

Le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni.

Le sanzioni interdittive non si applicano se l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo ovvero se il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.

L'art. 14 D.Lgs. 231/2001 disegna come adeguata certamente la più grave sanzione dell'interdizione dall'esercizio dell'attività, ma solo quale extrema ratio. Nell'effettuare la scelta delle misure interdittive occorre, poi, considerare che esse hanno ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l'illecito dell'ente. Il giudice ne determina il tipo e la durata tenendo conto dell'idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso.

Il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione può anche essere limitato a determinati tipi di contratto o a determinate amministrazioni. L'interdizione

dall'esercizio di un'attività comporta la sospensione ovvero la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali allo svolgimento dell'attività.

Se necessario, le sanzioni interdittive possono essere applicate congiuntamente.

Come detto, l'interdizione dall'esercizio dell'attività si applica soltanto quando l'irrogazione di altre sanzioni interdittive risulti inadeguata.

In ogni caso, ferma l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano, a termini dell'art. 17 D.Lgs. 231/2001, quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni:

a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

2.3. I SISTEMI DI VALUTAZIONE E DI GESTIONE DEI RISCHI: IL DOCUMENTO DI