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1 L’acciaio per le costruzioni

1.8 Retrospettiva storica

Il problema della stabilità dell’equilibrio degli elementi strutturali metallici è un argomento estremamente vasto e complesso che ha visto nel corso dei secoli un susseguirsi di teorie sempre più perfette, sorte soprattutto intorno al problema della “colonna”, forse il componente strutturale più studiato nella storia delle costruzioni.

Le primissime osservazioni fatte sulla resistenza e sulla stabilità delle colonne si possono far risalire ad Erone d’Alessandria (75 a.C.), mentre analoghi studi sono stati rinvenuti tra gli schizzi lasciati da Leonardo da Vinci (1452-1519).

Primo a dedicarsi alla ricerca di modelli fisici per i materiali e gli elementi fu P. Van

Musschenbroek (1693-1761), il quale giunse a definire le proprietà costitutive dei materiali

(durezza, elasticità, flessibilità) e attraverso sperimentazioni sistematiche su colonne ricavò alcune formule empiriche, nelle quali il carico critico era valutato come inversamente proporzionale al quadrato della luce.

Successivamente D. Bernoulli (1700-1782) condusse alcuni studi sulla linea elastica, i quali ispirarono L. Eulero (1707-1783) da cui, oltre alla ben nota formula del carico critico elastico, intuì aspetti avanzati come il comportamento inelastico dei materiali o le grandi deformazioni nella fase post-critica.

Nel 1774 Eulero rivolse le sue attenzioni al comportamento post-critico delle strutture, e nel caso particolare della colonna, riuscì ad individuare lo stato limite di servizio nel momento di inizio delle grandi deformazioni, definito come carico critico:

𝑁𝑐𝑟 = 𝜋2𝐵

𝐿2 (1.1) Il termine B, noto oggi come rigidezza flessionale (EI), venne innanzitutto definito come “elasticità assoluta” e solo nel 1775 venne conosciuto come “momento di rigidezza”. Circa la determinazione di EI, la rigidezza, Eulero propose delle prove di flessione sulle colonne con identiche condizioni al contorno, questo può considerarsi il primo tentativo di formulare una teoria inelastica, diretta a fornire il legame costitutivo reale tra momento e rigidezza flessionale. Purtroppo, questo concetto non fu approfondito né da Eulero, né dai suoi contemporanei per i successivi 200 anni, prima di essere riscoperto dai suoi successori.

Nella sua successiva memoria, 1778, Eulero presentò la classica formula elastica 𝑁𝑐𝑟 =

𝜋2𝐸𝐼

𝐿2 (1.2) con I definito come momento d’inerzia ed E modulo elastico del materiale, valori forniti dalle sperimentazioni fatte da Van Musschenbroek.

Bernoulli estese il problema dell’instabilità elastica della colonna ad ulteriori

condizioni di vincolo, introducendo il concetto di lunghezza libera di inflessione, intesa come distanza tra i due punti di flesso successivi dell’asta caricata e deformata elasticamente. Le sperimentazioni condotte su travi di legno dettero però risultati aderenti a quelli teorici.

Navier (1785-1829), attraverso le esperienze condotte dai sui contemporanei, scoprì

che il carico critico di Eulero definisce una limitazione superiore rispetto ai carichi sperimentali, egli quindi definì un limite di validità in relazione al materiale in esame (legno, ghisa, ferro) attraverso la definizione della snellezza limite o snellezza di proporzionalità

𝜆𝑒= 𝜋√ 𝐸

𝑓𝑒 (1.3) con fe limite elastico del materiale che separa le aste snelle (λ>λe) dalle aste tozze (λ<λe), per

le quali il collasso dell’asta avviene principalmente per schiacciamento.

Nel tentativo di spiegare le differenze tra teoria e sperimentazioni, assunsero grande importanza le imperfezioni delle aste nelle capacità resistente. Il primo ad accorgersene fu

Young (1773-1829), il quale rilevò sia la difficoltà di applicare carichi perfettamente centrati

sia la disomogeneità riscontrata nei materiali reali; problemi che generano una colonna già originariamente incurvata piuttosto di una completamente e assolutamente diritta.

Di conseguenza Young abbozzò l’analisi di una colonna con una certa curvatura iniziale ed eccentricità del carico. A questo proposito egli considerò un’asta con imperfezione sinusoidale di ampiezza v0 e sottoposta a carico assiale N.

Nella sua mezzeria l’asta è inflessa da un momento di second’ordine dato da: 𝑀 = 𝑁⋅𝑣0

1−𝑁 𝑁⁄ 𝑐𝑟 (1.4) dove il termine 1 − 𝑁 𝑁⁄ 𝑐𝑟rappresenta il coefficiente moltiplicativo per l’imperfezione iniziale v0, essendo Ncr il carico critico euleriano dell’asta. Young giunse alla conclusione che

il carico limite Ncr di una colonna è raggiunto quando la tensione normale della fibra più

sollecitata raggiunge il valore limite di resistenza:

(

N N

)

W v N A N f cr c c  −  + = 1 0 lim (1.5) in cui A e W sono rispettivamente l’area e il modulo di resistenza della sezione trasversale dell’asta.

Ammettendo il valore limite di resistenza flim uguale al limite elastico del materiale

in esame fe ed indicando con σcr la tensione critica euleriana e con σc la tensione massima di

compressione l’espressione (1.5) si può scrivere come: 𝑓𝑐 = 𝜎𝑐+

𝜎𝑐⋅𝑣0 1−𝜎𝑐⁄𝜎𝑐𝑟

𝐴

𝑊 (1.6) oppure con il parametro

𝜂 = 𝑣0 𝐴

che rappresenta l’effetto della sola imperfezione geometrica dell’asta; la (1.6) si scrive diversamente come:

𝜂 ⋅ 𝜎𝑐⋅ 𝜎𝑐𝑟 = (𝑓𝑐− 𝜎𝑐) ⋅ (𝜎𝑐𝑟− 𝜎𝑐) (1.8) Al concetto di imperfezioni, ripreso in tempi più moderni, venne dato poi con R. H.

Smith (1886) un’interpretazione probabilistica, non basandosi su una scienza esatta.

Dello stesso parere le espressioni pratiche di imperfezioni generalizzate o equivalenti, formulate da Ayrton e Perry (1886) e riprese da A. Robertson (1925). Essi proposero di adottare per il parametro di imperfezione η l’espressione:

𝜂 = 𝑘 ⋅ 𝜆 (1.9) parametro in tal modo definito proporzionale alla snellezza dell’asta.

Successivamente J. Dutheil (1946) assunse alla base della sua teoria un parametro di imperfezione del tipo

𝜂 = 𝑘 ⋅ 𝜆2 𝑓𝑐

𝜋2⋅𝐸 (1.10) Il quale, riprendendo gli studi di Smith, volle darne una formulazione statistica.

L’impostazione data da Dutheil segnò la filosofia della sicurezza attualmente adottata dal regolamento francese (Règles CM - 1966) ed influenzò le basi della ricerca per la

ECCS-CECM (Convenzione Europea della Costruzione Metallica).

Bisogna inoltre osservare che, in un’ottica generale, il parametro η utilizzato nella (1.8) può essere utilizzato non solo per esprimere un’imperfezione geometrica, come la curvatura iniziale presa per la prima volta da Young, ma anche l’effetto delle imperfezioni meccaniche, quali tensioni residue o la dispersione del limite elastico lungo la sezione trasversale. In tal modo la (1.8) può essere riscritta in modo adimensionale, più generale e moderna 𝜂 ⋅ 𝑁̄ = (1 − 𝑁̄) ⋅ (1 − 𝑁̄ ⋅ 𝜆̄2) (1.11) Dove si ha: 𝑁̄ =𝜎𝑐 𝑓𝑦 (1.12a) 𝜆̄ =𝜆𝜆 𝑐 (1.12b) 𝜆𝑐 = 𝜋√ 𝐸 𝑓𝑦 (1.12c) considerando come limite elastico la tensione di snervamento.

La relazione (1.11) è tutt’oggi utilizzata per interpretare numericamente le curve d’instabilità attraverso la scelta di un opportuno η che tenga conto di tutte le imperfezioni dell’asta.

Ricollegandosi al filone della formula di Eulero, le ricerche successive furono volte ad introdurre nel fenomeno critico anche gli effetti elasto-plastici. La prima proposta è di

Engesser (1889), che introdusse il calcolo della tensione critica anche per le aste tozze (λ < λe) (per le quali il collasso dell’asta avviene principalmente per schiacciamento). Egli pensò di sostituire al modulo elastico E, definito come:

𝐸 =𝜎 𝜀 = 𝑡𝑔𝛽 (1.13) un modulo istantaneo 𝐸𝑡 = 𝑑𝜎 𝑑𝜀 = 𝑡𝑔𝛽1 (1.14) detto modulo tangente, per cui il valore del carico critico ultimo in campo elasto-plastico risulta semplicemente dato da

𝑁𝑐 = 𝜋2𝐸𝑡𝐼

𝐿2 (1.15) Questa procedura venne però criticata da Considere (1889) e Jasinski (1895) i quali sostennero la necessità di introdurre un modulo effettivo, intermedio tra quello elastico e quello tangente, che prendesse in conto gli scarichi elastici. Infatti, a causa dello sbandamento laterale dell’asta, parte di questa risulterà ulteriormente compressa mentre parte risulterà scarica. La prima seguirà la legge del modulo tangenziale; la seconda avrà un modulo pari a quello elastico. Da ciò ne deriva un comportamento governato da un modulo intermedio tra E (1.13) ed Et (1.14).

Questa intuizione trovò definizione precisa nel modulo ridotto proposto da Th.Von

Kàrmàn (1910), la cui espressione del carico ultimo fu proposta nella forma

𝑁𝑐 = 𝜋2𝐸𝑟𝑒𝑑𝐼

𝐿2 (1.16) Proprio in base alle scoperte di Von Kàrmàn si è evidenziata l’influenza della sezione trasversale (effetto-forma) sul fenomeno d’instabilità.

L’utilizzo del modulo tangenziale fu ripreso e rivalutato successivamente da

F.R.Shanley (1947), che ne diede una nuova giustificazione teorica, basata sulle valutazioni

rispetto all’atto di biforcazione, durante il quale il processo incrementale del carico continua senza scarichi elastici e il fenomeno è retto essenzialmente dal modulo tangente, mentre il modulo ridotto non può mai essere raggiunto.

La teoria di Shanley venne successivamente estesa alle travi a doppio T, idealizzate a due masse concentrate, da Duberg e Wilder (1950).

Le conclusioni di Shanley sembrano rappresentare un punto di arrivo rispetto alla via tracciata anni prima da Eulero, e l’uso di questa teoria “finale” sembra giustificato dalla possibilità di poter tenere conto delle imperfezioni strutturali dell’elemento reale (tensioni residue, disomogenea distribuzione delle caratteristiche meccaniche), imperfezioni che sono caratteristiche dei profilati metallici prodotti industrialmente. Il Column Research Council (CRC) seguì la strada tracciata da Shanley e nel periodo 1949-1966 si impegnò in una vasta sperimentazione mirata all’analisi delle imperfezioni strutturali, inaugurando la prova di compressione globale sui tronchi di profilato (stub column test) un sistema di sperimentazione, sostitutivo della prova a trazione sui provini, con lo scopo di fornire una risposta carico-deformazioni relativa a tutte le sezioni per coglierne le imperfezioni realmente esistenti. Il modulo tangente medio ottenuto dalle sperimentazioni stub column test venne utilizzato nella teoria di Shanley per lo studio biforcativo della stabilità delle colonne.

Da questa panoramica è possibile riconoscere lo sviluppo di differenti filoni, sviluppati spontaneamente ed indipendentemente, da autori o da enti o organizzazioni internazionali (CRC, CECM) al fine di ricerca, implementazione di raccomandazioni o di normative.

I concetti emersi indicano i principali problemi nell’attuale costruzione di strutture metalliche: comportamento inelastico, comportamento post-critico, imperfezioni geometriche, imperfezioni strutturali, approccio probabilistico.

In questa prospettiva i successivi studi sulla progettazione hanno abbandonato l’idea di aste teoriche, perfettamente rettilinee, materiale isotropo e omogeneo a favore della visione di aste industriali, caratterizzate da imperfezioni casuali e inevitabili, la cui utilizzazione deve tenere conto di analisi probabilistico-simulativo.

Per quanto riguarda i metodi di calcoli, in alternativa alle diverse interpretazioni dei metodi basati sulla biforcazione dell’equilibrio, trovano sempre maggiore importanza e successo i procedimenti incrementali basati sulla simulazione numerica, meglio conosciuta come metodo o analisi degli elementi finiti, FEM (Finite Elements Methods). L’interesse dimostrato verso l’utilizzo del metodo degli elementi finiti è giustificato dalla possibilità di ottenere risposte e simulazioni riguardo agli attuali problemi di progettazione, come l’interpretazione del comportamento inelastico e l’effetto incrudente del materiale, senza

tuttavia tralasciare l’idea di asta industriale, caratterizzata da imperfezioni geometriche e strutturali le quali ne influenzano significativamente il comportamento in opera.

Riguardo a queste necessità i metodi di simulazione offrono una maggiore versatilità nei confronti dei metodi biforcativi; questi ultimi sono infatti inadeguati a interpretare la reale geometria delle aste, mentre si limitano a tenere conto di un valore media rispetto alle disomogeneità del materiale, valore dipendente dalla scelta di un opportuno modulo tangenziale medio.

I metodi di simulazione utilizzano sostanzialmente modelli matematici ad elevato grado di discretizzazione, che consentono di inserire nella caratterizzazione dell’asta tutte le sue imperfezioni. Se i dati utilizzati in ingresso a questo processo vengono forniti da un’interpretazione statistica di sperimentazioni fatte su larga scala, i valori in uscita ottenuti nella simulazione possono ritenersi attendibili, equivalenti ad una prova di laboratorio e, in ultima analisi, di natura semi-sperimentale (poiché virtuale). Con questo potente strumento sono stati diretti ed orientati i lavori della Commissione 8 della CECM, nell’ambito della quale il metodo di simulazione proposto nel 1970 da Beer e Schultz ha portato all’elaborazione delle curve critiche regolamentari, adottate nei regolamenti di molti paesi europei.