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18 C OMUNICAZIONE DEL R ISCHIO

1.9 LA REVISIONE DELLA DIRETTIVA EUROPEA

La consapevolezza dei limiti delle normative che fino ad oggi hanno regolamentato i campionamenti relativi alla balneazione è il motivo principale che ha spinto l’Unione Europea a proporre una revisione della direttiva sulle acque di balneazione in vigore dal 1976, cercando di rispondere alle problematiche attuali.

Ad oggi la normativa italiana DPR 470/82 (e successive modifiche apportate da leggi come la 422/2000), in applicazione alla Direttiva Europea 76/160, stabilisce che il giudizio di idoneità alla balneazione venga espresso in conformità a valori-limite di una serie di parametri microbiologici e chimico- fisici.

Per la verifica della qualità microbiologica, attualmente si usano parametri indicatori di contaminazione fecale e, per il giudizio di conformità si fa riferimento ai valori limite stabiliti.

I prelievi vengono eseguiti ogni 15 giorni nel periodo compreso fra il 1° aprile e il 30 settembre. Logicamente, per ogni singolo punto di campionamento,nell’arco del mese, i prelievi vengono distanziati in maniera opportuna.

Durante la stagione estiva in corso, per essere considerati idonei alla balneazione, i punti di prelievo dovranno avere i parametri conformi ai valori previsti dal DPR 470/82. Qualora uno o più parametri dovessero risultare non conformi, il punto in questione verrebbe sottoposto a 5 campionamenti suppletivi e, in caso di ulteriore non conformità di almeno 2 di essi, verrebbe emessa ordinanza sindacale di temporanea non idoneità.

L’idoneità all’inizio della stagione balneare viene assegnata sulla base dei risultati di analisi effettuate l’anno precedente. Queste risulteranno conformi se presenteranno il 90% dei campioni in cui tutti i parametri siano rientrati nei limiti di legge (per quelli microbiologici è sufficiente l80%).

Nei casi di non conformità (per colorazione, pH, temperatura, fenoli, oli minerali e sostanze tensioattive) non hanno avuto valori superiori del 50%

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dei limiti (Tabella 1.5). I campionamenti durano per tutta la stagione balneare e questo permette di verificare continuamente la conformità dell’area. Nel caso in cui un punto risultato non idoneo all’inizio della stagione, diventasse idoneo, vi si potrebbe togliere il divieto dopo la conformità di due campionamenti.

Le percentuali di conformità dovranno essere calcolate solo sul totale dei campioni “routinari”(generalmente sono 12 a stagione per ogni punto di prelievo).

Esaminando i parametri della tabella 1.5, si può notare come il legislatore abbia tentato di elaborare un protocollo normativo teso alla tutela dei bagnanti.

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Tabella 1.5 - Quadro riassuntivo dei parametri, dei limiti e dei criteri di determinazione dell’idoneità alla balneazione in base al DPR 470/82 ed alla L. 422/2000

Limiti Parametro Unità Min Max % minima di conformità Scostamento ammesso

dei valori non conformi.

2.000 80% Coliformi totali ufc/100 ml - Se

>10.000 95% 100 80% Coliformi fecali ufc /100 ml - Se

>2.000 95% Streptococchi fecali ufc /100 ml - 100 80% pH 6 9 90% Colorazione 0 90% Trasparenza m 1 - 90% < 50% < 0,5 Oli minerali mg/l 0,5 90% < 50% <0,075 Sostanze tensioattive mg/l 0,5 90% < 50% < 0,075 Fenoli mg/l 0,05 90% < 50% < 0,075 Ossigeno disciolto % saturazione 70 120 90%

Fonte: i dati sono stati forniti da Arpat dipartimento di Firenze

Il problema emerso in varie occasioni nel corso degli ultimi anni, riguardo al controllo dei rischi di natura sanitaria correlati alla balneazione, è l’inadeguatezza di un criterio basato solo sulla valutazione analitica delle acque. Aggiunto a questo problema vi è anche che, i metodi analitici, spesso diversi da paese a paese, non permettono di ottenere risultati completamente

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compatibili. La molteplicità dei fattori dell’ambiente acquatico e l’associazione tra uso ricreativo delle zone adibite alla balneazione e patologie specifiche possono infatti rendere complicata l’interpretazione dei dati ricavati dalle indagini di controllo. Col tempo ci si è accorti anche che i parametri dell’attuale normativa sono poco significativi, sia per la valutazione della qualità delle acque, sia per l’analisi del rischio. Può accadere che a causa della variabilità temporale e spaziale degli ambienti acquatici vengano dati giudizi sbagliati ad alcuni siti, magari assegnando una non conformità ad aree idonee ed una conformità ad aree non salubri. Questo potrebbe accadere con i criteri utilizzati attualmente, a causa della molteplicità degli elementi che possono interagire con l’area in esame. Tra questi vi sono tutti quei parametri che sono funzione della pressione antropica, legati all’uso che si fa del territorio. L’urbanizzazione, la presenza di fonti potenziali di contaminazione legata ad attività industriali, agricole e zootecniche, l’immissione nei corpi idrici recettori e in mare di fonti puntiformi di contaminazione (fiumi, scarichi diretti, ecc..) e non puntiformi, nonché la presenza di impianti di trattamento delle acque reflue e il grado e la tipologia di trattamento che esse subiscono, ma anche la configurazione fisica dell’area, il clima, le caratteristiche idro-geologiche e meteo-marine (livelli di marea, moto ondoso, ecc..), gli eventi meteorologici e tutti quegli elementi biotici e abiotici che caratterizzano un ecosistema possono influenzare e contribuire alle modifiche e/o al deterioramento della qualità igienico-sanitaria e ambientale dell’acqua.

Queste osservazioni hanno fatto si che in questi anni si formulassero dei principi di programmazione e di gestione integrata che hanno portato infine alla proposta che da poco è stata approvata.

Non esistendo una formula gestionale da poter usare universalmente per l’analisi del rischio, tutti i parametri dovranno tenere conto di ogni fattore ambientale che caratterizzi un dato ambiente o territorio, ma anche gli aspetti sociali, economici, culturali e tecnici. La conoscenza di tutti questi fattori e di ogni aspetto che possa avere effetto sulla qualità dell’ambiente può

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avvicinarci a delle più appropriate misure di prevenzione e tutela della salute pubblica.

Nel corso degli anni la direttiva sulle acque di balneazione del 1976 (76/160/CEE), è stata oggetto di critiche sempre più estese sulla base delle osservazione sopraccitate e di problemi di ordine tecnologico. Nel 1994 la Commissione Europea ne ha iniziato un processo di revisione e aggiornamento. Il momento che ha dato la svolta è stato quello dell’emanazione della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE), atta a cambiare approccio della materia e a rendere tutte le direttive sulle acque esistenti, attuabili in maniera coerente. Sulla base dei progressi ottenuti dal nuovo approccio combinato, la Commissione, alla fine del 2000 ha presentato una comunicazione relativa ad “Una nuova politica per le acque di balneazione” (COM(2000)860 def.). Questo enuncia i suoi principi ispiratori, che staranno alla base anche di successive revisioni:

- gli standard di qualità delle acque sono elementi indispensabili e devono

essere ambiziosi e giuridicamente vincolanti;

- la gestione della qualità delle acque di balneazione non è solo una

questione di controllo della qualità;

- è necessario disporre di informazioni di buona qualità sulle zone di

balneazione, per i cittadini che devono fare scelte informate e per le autorità competenti per adottare decisioni di lungo termine sulla gestione della qualità delle acque.

Tali considerazioni sono il frutto di studi specifici condotti tra il 1999 ed il 2002 in varie parti d’Europa, tra cui anche l’Italia. Grazie a questi studi si ebbero molte informazioni importanti, ha consentito di ottenere un quadro d’insieme, elaborato sulla base dei vari elementi, delle diverse aree considerate e di individuare le potenziali fonti di contaminazione, nonché ha permesso di verificare la fattibilità e la congruenza della nuova metodologia di controllo e gestione delle acque di balneazione.

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La Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/CE ha avuto perciò un ruolo decisivo nell’unificazione di tutte le normative ambientali di settore a livello europeo, sebbene presenti alcune difficoltà.

Nei vari tentativi di creare un’unica matrice relativamente agli studi del rischio di acque di balneazione, emerge che l’idoneità alla balneazione, cioè la possibilità stabilita per legge di utilizzare la risorsa marina a fini ludico- ricreativi, è sostanzialmente diversa dalla qualità delle acque di balneazione. Si può infatti notare come l’Idoneità venga determinata da una particolare successione di condizioni, attraverso un meccanismo normativo di non immediata e facile comprensione per i non addetti, mentre la Qualità rappresenta l’espressione diretta (eventualmente mediata dall’uso di indicatori) dei risultati analitici. Può accadere che un’acqua risulti non balneabile anche se la sua condizione attuale lo consentirebbe o che, viceversa, sia considerata idonea nonostante una o più analisi siano non conformi ed in attesa di conferma da parte delle analisi supplementari. Si possono trovare esempi significativi di quanto appena detto negli “elenchi dei divieti di balneazione” stilati dagli ARPA e gestiti a livello nazionale.attraverso il loro inserimento in un sito internet consultabile da tutti.

Da questo emerge che, per tentare di inserire a pieno titolo le acque di balneazione nel quadro più generale della tutela delle acque e del controllo ambientale, si deve poter valutare lo stato della risorsa (qualità), a prescindere dai limiti sanitari, o quantomeno non basandosi esclusivamente su questi.

Riportiamo qui di seguito gli elenchi riguardanti i divieti delle coste toscane della stagione balneare 2005.

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I limiti che hanno un peso maggiore sia sull’idoneità che sulla qualità delle acque di balneazione, sono quelli batteriologici, perché più direttamente legati alla contaminazione da parte di apporti terrigeni, in quanto non sono presenti nelle acque marine. Un esempio di quanto detto lo si può trovare osservando il grafico riportante le percentuali dei campioni non conformi per i parametri microbiologici, raccolti lungo le coste italiane (Figura 1.2).

Tali microrganismi in verità, non sono direttamente responsabili di patologie legate ad attività balneare, ma servono per valutare la potenziale pericolosità delle acque per la salute pubblica, in quanto legati alla presenza di contaminazione civile e fecale delle acque. Se si utilizzassero solo i limiti normativi come criteri per definire la qualità delle acque di balneazione, analogamente alla determinazione dell’idoneità, si avrebbe solo un aspetto di tipo sanitario e riferibile solo ad un numero limitato di situazioni. Coliformi fecali e Streptococchi fecali, insieme, sono i responsabili di quasi il 90% dei casi di non conformità nei campioni di acque marine (Figura 1.3). Questi due valori sono pertanto, dal punto di vista sanitario, i più rilevanti, per cui sono maggiormente influenzati dalle condizioni ambientali e possono essere scelti come indicatori privilegiati di contaminazione.

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Figura 1.2 – Campioni non conformi (%) per i parametri microbiologici sul totale di quelli analizzati per il controllo delle acque di balneazione nelle regioni costiere (anno 2001)

Fonte: i grafici sono stati forniti da Arpat dipartimento di Firenze

Figura 1.3 – percentuali di valori non conformi dei diversi parametri microbiologici nei campioni di acque marine non conformi del 2001

Fonte: i grafici sono stati forniti da Arpat dipartimento di Firenze 0% 20% 40% 60% 80% 100% LIG URIA TOS CAN A LAZI O CAM PAN IA CAL ABR IA BASI LIC ATA PUG LIA MO LISE ABR UZZ O MA RCH E EM ILIA -RO MA GNA VEN ETO FRIU LI-V GIU LIA SAR DEG NA SIC ILIA Tota le IT ALIA Acque marine 2001 0% 20% 40% 60% 80% 100%

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