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6 SONNO E APPRENDIMENTO

6.2 Riattivazione della traccia mnestica, NREM e REM

Negli ultimi anni si sono delineate due ipotesi interessanti e articolate su cui si è concentrata la maggior attenzione della comunità scientifica, la prima che qua verrà descritta è ascrivibile al lavoro di Lisa Marshall e Jan Born.

Prima di tutto è necessario chiarire il modello secondo cui sarebbe strutturata la memoria. Questa è suddivisibile in tre parti: acquisizione, consolidamento e richiamo dell'informazione. Sarebbe proprio la fase di consolidamento quella in cui il sonno gioca un ruolo cruciale, altro protagonista principale del processo per i due autori sarebbe l'ippocampo. I due autori, in primo luogo, focalizzano l'attenzione sul fatto che il sonno NREM apporterebbe maggiori benefici al consolidamento di memorie esplicite (Robertson et al. 2004).mSia la memoria procedurale che quella dichiarativa beneficiano del ruolo del sonno ad onde lente nelle capacità di recupero, ma se messe in competizione, la seconda sembra essere nettamente più rafforzata della prima. Il consolidamento della memoria esplicita sembra tra l'altro legato per (Gais e Born 2004) più fortemente al SWS, infatti deprivazione del primo ciclo di sonno, quello più ricco di attività lenta e più povero di REM, tende a inficiare le prestazioni di rievocazione di apprendimenti espliciti. (Plihal e Born 1999). Al contrario i tipi di memoria implicita, siano essi procedurali o emotivi legati all'azione dell'amigdala, beneficerebbero fortemente degli ultimi cicli di sonno, quelli caratterizzati da una più ampia presenza di attività REM.

Per quanto riguarda la modificazione dell'architettura del sonno J. Born prosegue nel solco della dicotomizzazione tra memorie esplicite ed implicite, “double hipotesis” e tra

funzioni di NREM e REM. Vengono riportati infatti nel suo lavoro dati secondo i quali la SWA aumenterebbe di intensità dopo compiti di learning dichiarativo e al contrario in presenza di compiti procedurali sarebbe la quantità di REM a moltiplicarsi.(Molle et al. 2004) (Smith et al. 2004). Vedremo nel proseguo di questo lavoro come in realtà la ricerca di Huber si opponga a questa dicotomia dell'azione del sonno su memoria dichiarativa e procedurale, portando solidi dati a sostegno di ciò. Marshall e Born partono dal concetto che il consolidamento della memoria poggia le sue fondamenta sul meccanismo di riattivazione neuronale. I networks neurali costituiti in veglia per sorreggere la traccia di una nuova informazione acquisita vengono riattivati per permettere a tali connessioni di essere potenziate a lungo termine.

Esperimenti di esplorazione dell'ambiente, tasks spaziali e prove in labirinto sul topo ci consegnano dati secondo cui sarebbero rintracciabili ampli patterns temporali di riattivazione neuronale durante il sonno ad onde lente, in particolare il primo ciclo. Tali riattivazioni sono collocabili principalmente nell'ippocampo, ma anche nello striato, nel talamo e in parti della neocortex. (Pennartz et al. 2002), ( Wilson et al. 2007). Studi di neuroimaging sull'uomo hanno corroborato i dati sopra descritti: dopo un task di memoria dichiarativa si è osservata una forte riattivazione dei circuiti ippocampali.(Peigneux et al. 2004). Senza dubbio l'esperimento presentato in fig. 19 esemplifica il meccanismo: i soggetti sono sottoposti ad un task di localizzazione spaziale di oggetti conosciuto anche col nome di “concentration”, il gioco richiede la memorizzazione della posizione di coppie di carte con raffigurato lo stesso oggetto, la sessione di apprendimento è poi seguita da una notte di sonno e la capacità di rievocazione è testata la mattina seguente. In uno dei quattro gruppi (Exp 1), di cui costa l'esperimento , il task è associato alla presentazione di un odore di rosa. Lo stesso odore veniva poi ripresentato ai soggetti durante lo SWS. Il risultato sorprendente è che la prestazione di rievocazione la mattina successiva era nettamente superiore a quella degli altri gruppi a cui rispettivamente l'odore o non era stato presentato durante il primo apprendimento (Exp 2) o era stato presentato durante la fase REM (Exp 3) o era stato presentato in fase di addormentamento (Exp 4).

Fig. 19 (Rash et al. 2007) Riattivazione della memoria per mezzo di un segnale di contesto olfattivo durante l'SWS.

(a) Procedura sperimentale. I soggetti sono stati sottoposti ad un task di disposizione spaziale di oggetti bidimensionali (gioco conosciuto con il nome di "concentration") che richiede la memorizzazione delle posizioni di coppie di carte con lo stesso disegno (15 paia di carte). All'esperienza seguiva una notte di sonno e il giorno seguente veniva testato il ricordo. (b) mostra lo schema dell'esperimento, (c) mostra i risultati. Nell'esperimento principale (exp. I) veniva presentato ripetutamente uno stimolo olfattivo (fragranza di rosa) mentre il soggetto memorizzava le disposizioni, in modo da formare un'associazione dovuta al contesto. Quando lo stesso stimolo olfattivo veniva presentato nuovamente durante SWS seguente, la memoria per le disposizioni spaziali era notevolmente potenziata al recupero successivo rispetto ai soggetti non sottoposti e al richiamo olfattivo durante l'SWS successiva all'apprendimento.

Al fine di produrre un potenziamento della memoria era indispensabile la formazione dell'associazione fra lo stimolo olfattivo e la disposizione delle coppie di carte, poiché nei casi in cui lo stimolo non era stato presentato durante la fase di apprendimento ma solo durante l'SWS (exp.II) il consolidamento della memoria rimaneva invariato. Il secondo richiamo dopo l'apprendimento durante la fase REM (exp. III) o durante la veglia (exp. IV) si è dimostrato altrettanto privo di effetto. In combinazione con i dati fMRI (non in figura), che mostravano una distinta attivazione dell'ippocampo in associazione al segnale olfattivo presentato durante l'apprendimento e richiamato nella fase SWS, i risultati rinforzano la nozione che la riattivazione di nuove memorie acquisite dell'ippocampo durante l'SWS ha un ruolo causativo per il consolidamento di tali memorie.

I dati sono stati poi messi in parallelo a rilevazioni fatte con fMRI: Il primo gruppo esposto all'odore di rosa durante il sonno ad onde lente mostrava una distinta attivazione dell'ippocampo. Per comprendere l’esperimento è importante sottolineare come l’olfatto sia l’unico senso, essendo molto antico, a non passare dal talamo per arrivare in corteccia. Quindi la processazione degli stimoli olfattivi durante il sonno non è bloccata dal “gate” talamico. L’odore di rosa ripresentato al soggetto addormentato può così modulare la SWA.

L'affascinante lavoro di Rash corrobora quindi l'idea che la riattivazione da parte dell'ippocampo di tracce mnesiche codificate durante la veglia giochi un ruolo cruciale nel consolidamento della memoria. Troviamo conferma del ruolo di riattivazione delle tracce mnesiche ad opera dell'ippocampo anche in studi di neurochimica dei processi cerebrali. Il neurotrasmettitore acetilcolina è un importante regolatore dei meccanismi sopra descritti. L'attività colinergica sostenuta dal tronco encefalico raggiunge i suoi massimi livelli durante veglia e stadio REM, i minimi durante il sonno ad onde lente. Un elevato tono colinergico sostiene, a livello dell'ippocampo, la codifica di nuove memorie, invece il minimo tono permette il processo di riattivazione e consolidamento delle tracce durante SWS (Hasselm et al. 2006). A dimostrazione di ciò la somministrazione di fisostigmina, un farmaco che provoca un innalzamento del tono colinergico, durante il sonno ad onde lente, blocca il processo di consolidamento di memorie dichiarative, (Gais e Born 2004). Al contrario antagonisti muscarinici e nicotinici, atti ad abbassare il tono colinergico, implementano la capacità di mantenere

memorie esplicite acquisite in veglia, (Rasch et al. 2006).

Anche alti livelli di cortisolo sembrano inibire il processo di consolidamento delle memorie esplicite, i corticosteroidi legandosi ai recettori per glucorticoidi inibiscono l'attività dell'ippocampo, (Gais e Born 2004), (Plihal e Born 1999).

Per affrontare il cuore dell'ipotesi di Marshall e Born è necessario inquadrare con precisione i meccanismi attraverso cui i nuovi apprendimenti entrano a far parte del bagaglio delle nostre memorie a lungo termine.

Per prevenire la possibilità che le nuove tracce mnestiche interferiscano con le memorie preesistenti, le informazioni sono temporaneamente codificate in un buffer intermedio dal quale vengono poi gradualmente trasferite nel magazzino a lungo termine. Si pensa che il lobo temporale mediano, struttura in cui è indovato l'ippocampo, sia essenziale per la ritenzione delle memorie recenti, memorie recenti che vengono poi trasferite nei magazzini a lungo termine della neocorteccia, (Frankland e Bontempi 2005).

Il modello proposto dai due autori prende le mosse proprio da questo schema di strutturazione della memoria: Il sonno rappresenterebbe quel momento off-line durante il quale avverrebbe il trasferimento delle informazioni, recentemente acquisite, dall'ippocampo alla neocorteccia. In tale stato sussiste un vero e proprio dialogo tra ippocampo e neocorteccia dialogo durante il quale quest'ultima, servendosi della SSO, orchestra il processo di trasferimento, (Steriade et al. 2006).

Il downstate dell'oscillazione lenta è solitamente seguito, nella fase di firing, da un forte rimbalzo di attività spindle (Gemignani et al 2012). È altamente probabile che tale attività influenzi, attraverso i collegamenti passanti per la corteccia entorinale, l'attività di

Sharp wave-ripple, un particolare tipo di firing neuronale a carico dell'ippocampo. (Molle

et al. 2006), (Isomura, et al. 2006).

Durante il periodo di riposo nelle cellule dello strato piramidale CA1 dell'ippocampo hanno luogo episodi di breve ma intensa attività di scarica, intorno alla frequenza oscillatoria di 100- 150 Hz

.

Il pattern di scarica di questi gruppi di neuroni dello strato piramidale dell'ippocampo riflette la struttura temporale di firing esperita durante gli apprendimenti in veglia. Quindi l'attività ripples rappresenterebbe quel processo di riattivazione delle tracce mnestiche fondamentale per l'immagazzinamento a lungo termine delle informazioni. Gli eventi

ripples risultano soppressi durante il downstate della SSO in corteccia prefrontale e

mostrano un forte rimbalzo durante l'upstate coordinato, come sopra descritto, con l'attività spindle. Di contro il ripetersi intermittente della fase di silenzio elettrico della SSO fornisce uno spazio temporale per il processamento, si può dire “offline”, delle informazioni.

A supporto dell'idea che sia l'oscillazione lenta del sonno a sostenere il processo di consolidamento delle memorie apprese in veglia si riportano i dati di un esperimento compiuto dalla stessa L. Marshall nel 2006.

Dal lavoro riportato in Fig 21, presentato nella pagina seguente, viene effettuata stimolazione transcranica durante SWS a frequenza di 0,75Hz. Si osserva non solo un miglioramento delle prestazioni in un compito di memoria appreso precedentemente in veglia, ma anche un incremento della SSO endogena e degli spindles.

Fig. 21 (Born et al. 2007) La stimolazione transcranica dell’oscillazione lenta incrementa il consolidamento della memoria esplicita

(a) procedimento. Prima del sonno notturno, i soggetti sono stati sottoposti ad un task dichiarativo (associazioni di coppie di parole) e procedurale (sequenze di tamburellate delle dita). Il recupero di entrambi i task è stato testato la mattina successiva. I soggetti sono stati testati su due notti sperimentali nelle quali sono stati applicati o la stimolazione di potenziale oscillatorio lento (freq. Cicra 0.75 Hz) o una finta stimolazione con elettrodi attaccati bilateralmente sopra la corteccia prefrontale e i mastoidi. La stimolazione è stata applicata durante il primo “SWS-rich” sonno per cinque intervalli di cinque minuti separati da un minuto di stop.

(b) performance di recupero. La stimolazione di oscillazione lenta ha potenziato specificatamente il mantenimento del task dichiarativo delle coppie di parole (numero delle parole ricordate meno le parole imparate), mentre la velocità e la precisione del tamburellare le dita sono rimaste inalterate, indicando che la simulazione ha incrementato per mezzo del meccanismo sottostante il consolidamento della memoria dichiarativa dipendente dall’ippocampo.

(c) attività EEG. La stimolazione dell’oscillazione lenta (barre piene), comparata alla stimolazione finta (barre vuote), ha significativamente potenziato l’oscillazione lenta endogena del cervello (< 1 Hz) e l’attività del fuso frontale (8-12 Hz; vedi le aree ombreggiata nello spettro EEG sotto) durante i break di un minuto fra i periodi di stimolazione, particolarmente durante i primi tre delle cinque stimolazioni, suggerendo che la stimolazione transcranica ha

potenziato l’attività oscillatoria fisiologica nella corteccia sottostante inducendo risonanza. Poiché la stimolazione ha indotto un campo potenziale approssimato nello spazio extracellulare molto simile che accompagna le oscillazioni lente neocorticali generati in maniera endogena, i rilevamenti indicano che gli effetti del campo che contribuiscono alla sincronizzazione influenzano le oscillazioni lente nella neocorteccia (*: P < 0.05; **: P < 0.01). (d) il dialogo cortico-ippocampale sottostante al consolidamento della memoria dipendente dall’ippocampo durante il sonno. La fase di depolarizzazione “up” delle oscillazioni lente (sia endogene che indotte da stimolazione) guida la ripetizione delle nuove memorie codificate nell’insieme dei circuiti dell’ippocampo (la quale è accompagnata da onde ripple – SPW) e, parallelamente, la generazione di fusi talamici e l’attività esplosiva del locus coeruleus.

6.3 Funzioni della Slow Wave Activity nel consolidamento delle memorie:

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