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Studi su caratteristiche morfologiche e funzionali della SSO nel 2009 e nel 2010.

5 REVISIONE DELLA LETTERATURA: RAPPORTO TRA SLEEP SLOW OSCILLATION ED APPRENDIMENTO

5.3 Studi su caratteristiche morfologiche e funzionali della SSO nel 2009 e nel 2010.

Il lavoro del centro Extreme della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa si è sforzato di approfondire caratteristiche morfologiche e funzioni dell'onda lenta sia come fenomeno a sé stante sia attraverso le sue relazioni con gli stadi del sonno nella sua globalità. Partendo dai primi lavori del 2009 si è giunti a conclusioni recentissime che in parte stravolgono la tesi stessa di Massini sulla propagazione dell’onda

I primi risultati del gruppo avevano confermato l'ipotesi secondo la quale ogni singolo evento di iperpolarizzazione originasse da un sito preciso per poi viaggiare lungo lo scalpo e che tali origini si ritrovassero con maggiore probabilità nelle aree frontali, come mostrato in Fig 13

Fig 13 Menicucci et al. 2009 La mappa di posizione dell’ origine e la distribuzione dell’estensione di propagazione.

A) Viene mostrata la media generale della mappa di densità di origine calcolata in base alle mappe individuali. Essa indica la frequenza (riportata in percentuale) dell'origine dell'episodio di SSO per ogni singolo elettrodo

La velocità media di propagazione dell'onda si assestava sul valore medio di 5 m/s, senza essere influenzata da altri fattori esterni. (Menicucci et al. 2009), (Piarulli et al 2010) Elementi assai interessanti emergevano dallo studio sull'ampiezza della propagazione di ogni singola onda. Durante lo stadio 2 del NREM infatti tale ampiezza risulta essere significativamente maggiore rispetto a quella registrata durante SWS (slow waves sleep). Inoltre si osservò come le SSO originate dalle aree occipitali viaggiassero di più rispetto a quelle originate nelle frontali. Il gruppo di ricerca aveva voluto testare quanto l'effetto della propagazione incidesse sulla distribuzione spaziale di detezione delle onde, distribuzione spaziale che aveva tra l'altro confermato i dati di Massimini sulla prevalenza frontale. Dai dati si poteva osservare che l'ampiezza di propagazione per area specifica fosse nettamente maggiore in posizione frontale e centrale rispetto alla posteriore come conseguenza della più alta quantità di SSO originate anteriormente, ma anche per la capacità di quelle occipitali di viaggiare attraverso lo scalpo. Infatti l'ampiezza di propagazione per specifica area è dipendente dal sito di origine di ogni SSO: gli eventi con origine frontale rimangono circoscritti a tale area, quelli occipitali invece vengono riscontrati in maggioranza nelle aree centrali, ma anche seppur in minor rilevanza nelle anteriori come mostrato in Fig 14 (Menicucci et al. 2009). Ci si chiedeva se la divisione dell'encefalo in due emisferi influenzasse la propagazione delle SSO. Dai dati del lavoro di Menicucci e collaboratori emergeva che il 75% degli eventi di SSO viaggiasse nell'emisfero controlaterale. Come conferma di ciò quasi tutti gli eventi che rimangono unilaterali sono quelli localizzati in un minor numero di elettrodi, quelli quindi che si propagano di meno. Il gruppo di Gemignani e collaboratori, dopo la propagazione, ha concentrato i suoi sforzi nella descrizione delle caratteristiche morfologiche degli eventi di SSO. La ricerca si è focalizzata su 7 aspetti ( features) : l'ampiezza è stata scomposta in tre misure, da un lato l'ampiezza generale dall'altro quella specifica del picco negativo e del picco positivo. Poi si è passati ad analizzare la slope, marcando come primo indice il valore assoluto della pendenza della curva tra il primo passaggio dallo zero al picco negativo, come secondo indice il passaggio dal picco negativo allo zero dell'upstate. Infine si sono misurati due indici di tempo, uno dal picco positivo al negativo, l'altro dal primo passaggio allo zero al picco negativo. La fig. 15 mostra perfettamente queste features che risultano cruciali non solo per la morfologia del fenomeno, ma anche per il suo ruolo funzionale.

Fig 14 Menicucci et al. 2009, ampiezza di propagazione nell'area come funzione della posizione di origine e degli stadi del sonno.

In ogni colonna sono mostrati gli eventi originati in un’area per mezzo della relativa mappa. Sulla sinistra sono raffigurate le mappe di detezione (% di eventi che interessa ogni elettrodo); sulla destra sono mostrati i corrispondenti contrasti fra le aree dell’ampiezza di propagazione nella regione.

Fig. 15 (Piarulli 2009) Definizione grafica delle caratteristiche morfologiche estratte.

Ogni onda individuata è stata selezionata per mezzo di sette caratteristiche: tre misure di ampiezza (l’ampiezza dal picco negativo al picco positivo -NP amplitude- , l’ampiezza del picco negativo -N amplitude - , l’ampiezza del picco positivo -P amplitude-), due misure di pendenza (il valore assoluto della slope fra il primo passaggio dopo lo zero e il picco negativo -slope 1- e fra il picco negativo e il secondo passaggio dopo lo zero -slope 2-), e due diverse stime di ampiezza temporale (il tempo dal picco negativo al picco positivo -NP time- e l’intervallo dal primo passaggio allo zero al picco negativo -ZN time-).

Passando all'analisi dei dati veri e propri ricavati dai soggetti, riportiamo la tabella dei valori medi riferiti a ogni singola caratteristica morfologica. ( Table 1) L'interesse del gruppo di ricerca si era per prima cosa focalizzato su come modificazioni delle features potessero intervenire nei differenti stadi del sonno. Merita riportare il fatto che in questo

caso le differenze tra i singoli soggetti hanno dimostrato di avere un ruolo significativamente rilevante. Elementi di grande interesse si rilevano nell'interazione, che risulta significativa all'analisi della varianza, tra gli stadi del sonno, l'origine dei singoli eventi e le caratteristiche morfologiche di quest'ultimi. (Table 2).

Dai dati riportati notiamo come alcuni parametri dei singoli eventi di SSO risultino significativamente più ampli in SWS rispetto allo stadio 2 del NREM a cui sono paragonati. Questo vale infatti sia per l'ampiezza dell'onda che per la durata della transizione dal down-state all'up-state.

Si noti anche dalla terza colonna che il sito d'origine di un ciclo di SSO influenza significativamente i valori inerenti alla slope. Questi dati sono ben esemplificati anche dalla fig 1.9 in cui viene mostrato il rapporto tra le caratteristiche morfologiche e il sito d’origine dell’evento. Ulteriori risultati sono stati ricavati dalla ricerca di una possibile interazione tra le caratteristiche morfologiche di un evento di SSO e il suo sito di detezione, ossia l'area sullo scalpo in cui questo veniva rintracciato. Come ben esemplificato dai dati della tabella l'area di detezione porta a dei mutamenti nelle features dei cicli di SSO.

Le SSO rintracciate nelle regioni frontali hanno la maggior ampiezza e anche il maggior tempo di durata, chiaramente in maniera indipendente dal sito di origine. Al contrario gli eventi rintracciati in corteccia temporale ed occipitale sono i più ridotti, sia per tempo che per ampiezza.

Il lavoro del gruppo di Gemignani focalizzò l'attenzione nella discussione finale del proprio articolo su come i dati sopra-riportati modificassero la nostra visione sulla SSO. Lo studio di Massimini veniva confermato nella tesi secondo la quale un singolo ciclo di SSO non fosse un fenomeno globalmente sincrono, ma al contrario si trattasse di un'onda che viaggia attraverso lo scalpo da un sito d'origine ben preciso. Era confermato anche il dato secondo cui vi sarebbe una maggiore possibilità di rilevare eventi di SSO nelle aree frontali piuttosto che nelle temporali e occipitali. Dai dati dello studio emersero però elementi prima non considerati che modificarono la visione del fenomeno. Si è rilevato che la pendenza (slope1) dell'onda nel passare dallo zero alla fase di down-state è maggiore in tutti i soggetti rispetto alla pendenza della stessa nella fase di passaggio all'up-state (slope2). Questo dato sembrerebbe confermare il lavoro di Volgushev e collaboratori che avevano già rilevato questa caratteristica in registrazioni intracellulari nel gatto. Quindi vi sarebbe maggior sincronizzazione del pool neuronale ingaggiato nell'evento nella fase di silenzio elettrico piuttosto che in quella di attività di scarica. Il cuore dello studio si era inoltre concentrato sull'interazione che lega sia il fenomeno di propagazione dell'onda che le sue caratteristiche morfologiche ad altre variabili quali gli stadi del sonno e il sito d'origine e di detezione dell'episodio SSO rilevato.

Nel lavoro prodotto da Massimini e Ferrandelli nel 2005 si è dimostrato che l'onda lenta indotta da stimolazione magnetica transcranica (TMS) durante il sonno profondo tende a non propagarsi e a rimanere circoscritta. Anche dai dati di Gemignani e collaboratori del 2009 emergeva che l'evento di SSO fosse più facilmente elicitabile in SWS piuttosto che in stadio 2, ma in SWS tendesse a non propagarsi attraverso lo scalpo e a rimanere nell'area in cui è originato. La tendenza alla nascita di un maggior numero di episodi di SSO, tra l'altro caratterizzati da parametri quali ampiezza e pendenza maggiore, durante lo SWS rispetto allo stadio 2 del NREM potrebbe essere dovuta ad un sempre maggior abbassamento, con l'approfondirsi del sonno, del tono di firing della formazione reticolare e dei nuclei colinergici mesopontini.

Fig 16 Menicucci 2009, Le caratteristiche morfologiche come funzione dell’origine.

Per ogni caraterisitica morfologica (feature) che mostra un' effetto sul luogo di origine, come riportato nella tabella 2, sono mostrati i contrasti fra le aree di origine. Ogni fila corrisponde ad una feature. Nella colonna di sinistra sono raffigurate le mappe delle medie generali delle features. Poiché le mappe corrispondono all'effetto sul luogo di origine, gli eventi che compaiono in ogni sito di origine (elettrodo) sono stati selezionati ed è stata derivata la media generale per ognuno degli stessi. Nella colonna destra osserviamo i risultati dei contrasti riportati graficamente con una scala di grigi. Ogni livello nella scala dei grigi indica una differenza significativa fra i toni contigui. La scala adottata è ordinale, cioè i toni più chiari corrispondono a valori relativi molto più alti per la features.

Tale meccanismo abbasserebbe il flusso eccitatorio talamo-corticale favorendo un più alto grado di iperpolarizzazione delle popolazioni neuronali. La difficoltà degli eventi di SSO a propagarsi durante SWS sarebbe invece causato dall'interruzione di ampli patterns di connettività cortico-corticale.

Probabilmente, esattamente come i complessi K in stadio 2, anche gli eventi di SSO durante SWS tendono ad inibire le risposte agli stimoli esterni, aiutando il soggetto a mantenere profondo il proprio sonno.

Dai dati di Menicucci e Piarulli veniva riconfermata la antero-posteriore come direzione prevalente di propagazione degli eventi di SSO. Si deve considerare plausibile l'esistenza di una via mesiale che ingaggerebbe il cingolo anteriore e posteriore e il praecuneo, (Murphi et al. 2009).

Elemento intrigante a cui riporre attenzione è la conferma dai dati del fatto che le aree frontali siano più portate a originare fenomeni di iperpolarizzazione di grandi popolazioni neuronali. Le motivazioni di ciò possono essere molteplici, sicuramente non sfugge il fatto che la frontale è un'area eteromodale massimamente attiva durante la veglia e portata quindi ad accumulare una gran quantità di informazioni e memorie.

Questa visione del fenomeno SSO, come descritta nei lavori del 2009 e del 2010, è stata profondamente rivoluzionata dagli studi di Gemignani e collaboratori del 2012 e da quelli del 2013 di Laurino e di Menicucci. Nel capitolo seguente verrà esposto “lo stato dell’arte” sull’oscillazione lenta del sonno come conseguenza delle ultime scoperte sul campo.

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