5. L’ITALIA E IL TURISMO
5.3. La pianificazione del turismo
6.4.3. Ricerca genealogica
Il geneaologista e la sua attività rappresentano il collegamento tra turismo ancestrale e ricerca genealogica, pertanto il “come” e il “perché” vengono introdotti quanto segue.
È una ricerca mirata alla scoperta dei rapporti genealogici degli antenati, il rintraccio delle generazioni precedenti, grazie a quale diventa possibile la dimostrazione dell’albero genealogico. L’attività prende luogo principalmente negli archivi: quelli statali, comunali o parrocchiali, e si tratta della ricerca dei documenti, certificati di matrimonio o di morte, attestati e tanti altri tipi ancora. L’indagine è condotta dal genealogista, figura professionale con autorizzazione di acesso a documenti che non può ottenere chiunque, e tanti anni di esperienza alle spalle. Esistono ed hanno anche un grande successo i siti di ricerca genealogica online. Questi, praticamente, sono banche dati rese disponibili al pubblico, dove in posseso di alcuni dati iniziali si può effettuare la prima ricerca. Ci sono però casi quando le prime tentative online non portano risultati immediati, quando è richiesto un accesso speciale per poter continuare oppure quando uno desidera di trovare i cugini, parenti vivi, e quindi bisogna contattare un esperto.
In Campania, a Padula esiste un luogo, unico nel mondo nel suo genere, dove si insegna come fare ricerche genealogiche. Il Museo del Cognome offre vari servizi, tra quali troviamo, oltre la ricerca, i corsi didattici e anche gli
Ancestors Tour. Essendo un museo, cioè un posto fisico, è diverso dalla maggior parte dei genealogisti che ”lavorano in rete” (Cartusciello). Rete intesa come online e come network, anche se quest’ultimo deve ancora svilupparsi meglio. Oggi in Italia ci sono circa 15 persone che si occupano professionalmente di ricerche genealogiche, con una maggior concentrazione nelle zone di partenza di massa, ossia, la parte meridionale (Campania) e settentrionale (Lombardia, Piemonte e Veneto) della Penisola.
“Perchè in Italia il mercato è ancora poco sviluppato. […] Cioè, in Italia siamo, sì e no, una quindicina. Non siamo chissà quanti, siamo pochi. E non facciamo troppa rete. Cioè, sì, facciamo rete, ma poca, non c’è una coesione nazionale, non c’è un discorso di network a livello proprio governativo nazionale.” (Bovino)
Le richieste che arrivano da loro sono fondamentalmente di due tipi: il primo consiste dei clienti che vogliono scoprire chi erano i loro antenati, quale è il percorso della loro famiglia. Sono presone emotivamente molto coinvolte, nutriscono una pura curiosità per sapere di più sulla storia familiare e risultano di essere molto appassionati. Al contempo, la seconda categoria esprime un altro tipo di interesse, quello per la citadinanza. Oggi in Italia secondo la legge vigente (n. 91. del 1992) hanno il diritto alla cittadinanza italiana coloro che dimostrano che uno degli ascendenti in linea retta (paterna) è stato cittadino per nascita (INPS, Ministero dell’Interno). La domanda può essere presentata sia nei consolati italiani all’estero che in Italia.
La differenza nelle richieste in questo caso è molto importante, perché le motivazioni corrispondono a mercati diversi. Nei paesi sudamericani dove sono stati fondati i primi insediamenti italiani dal fine Ottocento, quindi in Argentina, in Brasile, in Venezuela ma anche in Uruguay, la situazione attuale economica, politica e sociale costringe tanti a trovare modi per “scappare”. Chiaramente, in Argentina, dove circa il 50% della popolazione è di origini italiane, o nella città di San Paolo, in Brasile, che è famosa per il numero assoluto più alto di italiani nel continente sudamericao, prendere la cittadinanza italiana sembra di essere una soluzione valida.
“...quindi hanno meno soldi, ma chi ha i soldi è interessato solo a una cosa. Non al tour, non alla ricerca, ma al passaporto, alla cittadinanza. Perché per loro per scappare via, sopratutto dalla Venezuela, è un’esigenza. È una cosa importantissima. Quindi, non si tratta più di una cosa di passione, ma soprattutto di esigenza per la propria vita.” (Bovino)
Tutti e due i genealogisti intervistati da me mi hanno confermato che ultimamente le richieste, sopratutto dalla Venezuela, sono significativamente aumentate.
Dal 2016 invece sono in continua crescita anche la richieste dal Regno Unito per via della Brexit. Ci sono tanti che optano per la cittadinanza italiana per poter rimanere cittadini europei e non perdere i vantaggi ad esempio della libera circolazione.
Raramente capitano anche alcuni statunitensi che vorrebbero ottenere la doppia cittadinanza. Nel loro caso, però, le ragioni sono diverse. Generalmente fanno la richiesta perché si sentono italiani e vogliono essere riconosciuti anche legalmente come tali (Cartusciello).
Nel caso dei clienti del Museo del Cognome, per ogni statunitense che desidera la cittadinanza ci sono 99 che sono invece interessati alle ricerche genealogiche. Questa proporzione cambia seriamente nelle richieste dal Sudamerica: il 25% opta per la ricerca genealogica guidato dalla curiosità e passione, ma la maggior parte, il 75%, è attirato dalla cittadinanza (Cartusciello). In questi casi la ricerca è mirata ad un determinato antenato che consente di avere il riconoscimento della domanda per la cittadinanza.
L’altro tipo di ricerca invece è motivata dalla sete di conoscenza delle proprie radici. Solitamente sono persone provenienti da paesi benestanti che possono permettersi di fare un’indagine. Molti, se non tutti, i genealogisti hanno scoperto il potenziale di questo mercato, ovvero la propensione dei clienti di non fare solo una ricerca degli antenati, ma andare al paese di origine in persona e camminare dove hanno camminato gli ascendenti. Ed è proprio qui dove la ricerca genealogica e il turismo si incontrano.
6.4.4. Turismo delle radici
La forma di turismo in ricerca alle radici spesso e volentieri viene chiamato anche come turismo genealogico. Gli attori più importanti di questo settore sono i genealogisti, che offrendo un tour nel paese di orgine, nell’archivio comunale e in altri luoghi legati alla storia degli antenati, diventano loro stessi operatori del turismo. Tramite la loro attività sarà possibile di ottenere alcuni numeri di un segmento al momento difficilmente esprimibile in termini numerici. I dati del signor Bovino dimostrano che incirca il 30-40% di quelli che precedentemente hanno fatto la ricerca decidono di partecipare ad un viaggio più ampio verso le proprie terre ancestrali.
I partecipanti di questa tipologia di viaggio di solito non sono di prima generazione, non sono gli emigrati stessi. Il desiderio di conoscere meglio la propria storia di famiglia, i popri antenati compare generalmente dalla terza generazione in poi. Questo emerge anche dalle risposte basate sull’esperienza dei due genealogisti intervistati:
“...pronipoti, quindi la terza generazione. Perché il senso è quello: più va avanti il tempo, più perdi il legame, più l’interesse cresce. E questo è importante nella valutazione poi del mercato turistico che vai a stabilire.” (Bovino)
“Di solito la ricerca genealogica salta qualche generazione, nel senso che la curiosità non viene alla prima generazione10, perché la prima generazione sente i racconti del papà. La seconda sente quelli del nonno. Man mano che si va avanti nelle generazioni aumenta la curiosità e, quindi, aumenta la voglia di conoscere i posti di [...] antenati.” (Cartusciello)
Praticamente, meno che uno sa delle proprie origini, più alta è la probabilità che un giorno va a fare un tuffo nella ricerca genealogica. La maggior parte dei clienti sono anziani, intorno ai 60 anni, che possono arrivare in coppia. Loro sono i ”Baby Boomers”, quelli che magari dopo esser andati in pensione hanno la possibilità sia economica che temporale a dedicarsi alle ricerche
10 La prima generazione è intesa come la prima generazione nata dopo quella degli emigrati.
genealogiche. Alcune volte si tratta della realizzazione di un sogno da bambini, a trovare i posti mitici raccontati dai nonni o bisnonni, a risentire il loro dialetto conosciuto ma mai capito. I principali mercati da dove arrivano i clienti sono gli Stati Uniti, l’Australia, l’Argentina, e il Brasile. La presenza degli europei è molto minore, quasi quasi trasculabile tra i partecipanti dei tour. Il motivo probabilmente può essere ritrovato nell’osservazione del signor Cartusciello.
“Si sono persi meno i contatti in quando non si viaggiava più con la lettera che arrivava dall’olteroceano, ma semmai girate le prime telefonate, o si ritornava in macchina verso il paese natio. Quindi le generazioni aumentano ancora di più, prima di esserci una voglia di ritornare, in Europa, ritornare nel paese natio per conoscerlo.” (Cartusciello)
Il programma dei tour di solito consiste da elementi, come la ricerca precedentemente condotta dal genealogista o la consultazione di documenti originali negli archivi comunali o parrocchiali, con lo scopo di far valorizzare il lavoro effettuato e rendere tangibile in qualche modo l’esperienza. Sebbene queste gite non siano improntate sull’aspetto tipico turistico ma più sulla visita dei luoghi collegati con la famiglia, è frequente la richiesta anche in questo senso, almeno per quanto riguarda il paese di origine.
Il problema è che i genealogisti, che si ritengono genealogisti e non guide turistiche, non hanno la qualifica e la conoscenza di esercitare il lavoro professionale turistico. Pertanto si fanno aiutare dagli enti locali di turismo, in questo caso si rivolgono ai pro loco, anche se l’informarsi richiede più tempo. Questa collaborazione, al momento sviluppato soltanto a livello locale, comporta una grande opportunità per le destinazioni meno conosciute, per i borghi più piccoli. Uno dei modi possibili è quello di lasciare i biglietti di visita negli alberghi, che è una pratica molto diffusa in Irlanda o in Scozia.