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Ricerca e sviluppo – sfide e barriere all’applicazione

Nel documento INCONCRETO n.86 (pagine 56-59)

L’interesse della comunità scientifica verso tale materiale è stato sin dall’inizio

impor-Fig. 1 - Immagini della fondazione della Chicago Trump Tower (a - courtesy ACI 237) e facciata del National Museum of American Indians di Washington (b - foto dell’autore).

Fig. 2 - Accettazione della tecnologia SCC da parte dei diversi operatori del mercato delle costruzioni in Nord-America (a – courtesy Joe Daczko) e ruolo della ricerca e sviluppo per la diffusione nel mercato di una nuova tecnologia (b – courtesy Prof. Kamal H. Khayat).

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tante, come testimoniato dalla numerosità dei convegni di portata internazionale ad esso dedicati e dal progressivamente cre-scente numero di lavori scientifici presentati in tali rassegne: dal primo simposio tenu-tosi a Kochi, in Giappone, nel 1998, fino alla citata terza conferenza nord-americana SCC2008 tenutasi a Chicago lo scorso no-vembre 2008, che ha segnatamente fatto il punto sulle sfide che l’utilizzo di tale mate-riale pone a ricercatori, ingegneri progettisti, costruttori e sulle barriere che tuttora per-mangono per una sua più ampia diffusione nel mercato delle costruzioni. Tali iniziative hanno nel tempo dato una significativa ac-celerazione al processo di crescita delle co-noscenze, nonché al loro consolidamento ed alla loro progressiva diffusione, anche grazie all’opera di Comitati ad hoc costituiti da organizzazioni tecnico scientifiche inter-nazionali (ACI Committee 237- Self con-solidating concrete; RILEM TC Durability of self-consolidating concrete, RILEM TC Mechanical properties of self consolidating concrete). Allo stato attuale può ben dirsi che si sia raggiunto un grado di maturità tale da concretizzarsi in linee guida proget-tuali, quali quelle a cui sta lavorando il neo costituito TG Fib 8.8 Design with highly flo-wable concrete.

Il progressivo svilupparsi della tecnologia del calcestruzzo autocompattante ha dato impulso a significativi progressi nel campo della scienza e della tecnologia del cal-cestruzzo. Ciò ha riguardato in principio aspetti di base, quali ad esempio la messa a punto di nuovi additivi e nuovi leganti ce-mentizi, e lo studio dei loro meccanismi di azione e interazione, per poi estendersi ad aspetti applicativi, quali la messa a punto di metodologie per progettare la composi-zione della miscela (mix-design) basate su concetti di meccanica dei fluidi plurifase

(modelli reologici per il comportamento del calcestruzzo fresco) e dei materiali granu-lari, per quanto riguarda lo scheletro solido costituito dagli aggregati o da una frazione di essi.

Certamente uno degli aspetti che ancora costituiscono un ostacolo alla più ampia diffusione della tecnologia del calcestruzzo autocompattante riguarda proprio le proble-matiche di mix-design, per le quali l’utilizza-tore si trova spesso di fronte alla dicotomica scelta fra linee guida puramente empiriche (limitare il massimo diametro degli aggrega-ti, aumentare il rapporto fra aggregato fine e aggregato grosso, limitare il contenuto di aggregati e proporzionalmente accresce-re quello di pasta cementizia o malta, faaccresce-re uso di superfluidificanti e viscosizzanti …) ovvero raffinati modelli che sembrerebbe-ro appannaggio unicamente di colosembrerebbe-ro che possono disporre di adeguata (e costosa) strumentazione di laboratorio (e del relati-vo personale) o che spesso si traducono nell’utilizzo di software proprietari. Peraltro, ciò che più interessa, e spesso preoccupa, l’utilizzatore di calcestruzzo autocompat-tante, per applicazioni tanto gettate in ope-ra quanto prefabbricate, è la robustezza del mix-design, ossia la sua capacità di fornire prestazioni sostanzialmente stabili nel tem-po, a fronte della variazione delle condizioni ambientali e degli accadimenti legati ai cicli di produzione in cantiere ed in stabilimento (tolleranze nei rapporti acqua-legante, gra-do di umidità degli aggregati, stabilità nelle caratteristiche dei materiali costituenti fra una fornitura e l’altra etc.). A ciò si aggiunga il fatto che tradizionalmente il mix-design e le prestazioni allo stato fresco sono sempre state viste come competenza pressoché esclusiva del tecnologo del calcestruzzo, mentre il progettista focalizzava la sua at-tenzione sulla resistenza meccanica, non

di rado guardando alla elevata fluidità della miscela allo stato fresco come il frutto di un eccessivo rapporto acqua/cemento o di un alto dosaggio in superfluidificanti, a detri-mento dunque della stabilità della miscela stessa (segregazione, bleeding, effetto ve-spaio in presenza di dettagli di armatura congestionati) e del successivo sviluppo delle resistenze.

Il consapevole utilizzo del calcestruzzo auto-compattante pone dal canto suo la neces-sità di quello che, nell’ambito della comu-nità scientifica internazionale, viene definito come un “approccio olistico” alla progetta-zione. Questo mira, mediante la selezione dei costituenti della miscela, supportata da una solida comprensione a livello micro- e nano-meccanico dei loro meccanismi di azione ed interazione, e la definizione del processo costruttivo (metodologia e pro-cedimenti di getto etc.), a controllare non solo le prestazioni allo stato fresco, come ovvio, ma anche tutta una serie di proprie-tà ingegneristiche del materiale (tixotropia e pressione sulle casseforme, ritiro, sviluppo delle resistenze meccaniche, viscosità, re-sistenza alla penetrazione di agenti esterni e durabilità) quali vengono richieste dalla specifica applicazione e dalle prestazioni strutturali attese in fase di progetto.

In tale ottica, onde fugare le ovvie e ben note perplessità, vanno dunque analizzate anche le problematiche legate al maggior costo del materiale, che deve essere inse-rito ed analizzato nel più ampio contesto dei costi di costruzione, esercizio e manu-tenzione della costruzione (costo del ciclo di vita), ma anche, ad esempio, alla sua re-sistenza meccanica che spesso, a motivo dell’elevato quantitativo di legante e fini ri-chiesto per garantire la prestazione allo sta-to fresco, potrebbe sembrare ridondante ai fini del mero calcolo strutturale.

Accademia e industria: le sinergie

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