I risultati sperimentali delle prove di flessione a quattro punti sono rappresentati in Figura 4 (a-b-c) per tutte le temperature conside-rate. Tutti i risultati sono espressi in termini di curve sforzo nominale (σN = 6M / bh2; b = larghezza, h = altezza) – apertura di fes-sura all’apice dell’intaglio (CTOD); l’apertura di fessura qui considerata è la media tra le due letture di CTOD effettuate su ciascuna delle due facce del provino.
Analizzando i risultati, è interessante osser-va re come, in tutti i casi analizzati, le due pro ve nominalmente identiche restituiscano ri sultati tra loro molto simili, mostrando uno scarto decisamente basso della risposta del materiale anche ad alte temperature.
Fig. 3 - Strumentazione prova di flessione a quattro punti: (a) schema (b) foto.
Fig. 4 - Risultati sperimentali: curve sforzo nominale – apertura di fessura all’apice dell’intaglio (CTOD).
(a) (b)
I risultati non sembrano es se re in nessun mo do influenzati dalla dif fe renza nella re si-sten za a compressione in pre cedenza di-scus sa.
Lo scarto ridotto può essere principalmente dovuto al piccolo diametro delle fibre [7,8], al conseguentemente elevato numero di fi-bre presente in un determinato volume di materiale ed al peso specifico delle fibre prossimo a quello della matrice che evita fenomeni di segregazione.
In Tabella 2 i risultati delle prove sperimen-tali sono riassunti per tutte le temperature considerate facendo riferimento alle se-guenti resistenze equivalenti:
• fIf: resistenza di prima fessurazione; rap-pre senta la resistenza a trazione della ma trice di calcestruzzo; è lo sforzo no mi-na le associato ad un’apertura di fessura CTOD pari a 25 µm;
• feq1: sforzo nominale medio nell’intervallo di apertura di fessura (CTOD) tra 0.025 mm e 0.625 mm; rappresenta la re si sten za re-sidua allo Stato Limite di Servizio (SLS); • feq2: sforzo nominale medio nell’intervallo
di apertura di fessura (CTOD) tra 0.625 mm e 3.025 mm; rappresenta la re si sten -za residua allo Stato Limite Ulti mo (SLU) dove il comportamento del ma te ri a le è prin ci palmente governato dal mec ca ni-smo di estrazione (pull-out) delle fibre.
* la resistenza equivalente è stata valutata fino alla fine della curva (CTOD < 3 mm).
Tmax [°C] fIf [MPa] fIf medio [MPa] (Scarto %) feq1 [MPa] feq1 medio [MPa] (Scarto %) feq2 [MPa] feq2 medio [MPa] (Scarto %) 200°C 3.749 4.670 4.210 (10.94%) 2.270 1.932 2.101 (8.06%) 0.533 0.461 0.497 (7.24%) 400°C 2.271 3.021 2.646 (14.17%) 1.304 1.560 1.432 (8.94%) 0.102* 0.120* 0.111 (8.27%) 800°C 0.490 0.485 0.487 (0.55%) 0.478 0.412 0.445 (7.41%) 0.055* 0.059* 0.057 (3.68%)
Tab. 2 - Risultati sperimentali delle prove di flessione a quattro punti.
Fig. 5 - Curve medie sforzo nominale – CTOD.
(a)
Le fibre di vetro, anche a causa del loro piccolo diametro e del comportamento fragile del vetro stesso, garantiscono un contributo significativo alla Stato Limite di Servizio e uno trascurabile allo Stato Limite Ultimo.
In Figura 6 si mostra come le resistenze no-minali correlate allo Stato Limite di Servizio (fIf e feq1) variano al crescere della tempe-ratura, mostrando entrambi i parametri un comportamento pressoché lineare.
La variazione delle proprietà meccaniche del calcestruzzo rinforzato con fibre di vetro considerato è confrontata con quella di un calcestruzzo rinforzato con fibre d’acciaio analizzato in una precedente campagna sperimentale [4,9].
Il calcestruzzo rinforzato con fibre d’accia-io usato per il confronto è caratterizzato da una resistenza a compressione pari a 40 MPa, composto da aggregati silicei con un massimo diametro pari a 12 mm e con un contenuto di fibre pari a 35 kg/m3; le fibre in questione sono uncinate, lunghe 30 mm, con un rapporto d’aspetto pari a 45 e
co-stituite da un acciaio a basso contenuto di carbonio.
Semplicemente considerando la resisten-za di prima fessurazione e quella associata allo Stato Limite di Esercizio, è interessan-te osservare come la interessan-temperatura sembra influenzare entrambi i materiali in un modo analogo.
In alcuni casi, come per esempio nel caso della resistenza di prima fessurazione sia a 400 sia a 800°C, il materiale rinforzato con fibre di vetro mostra una perdita di resisten-za minore rispetto al calcestruzzo rinforresisten-zato con fibre di acciaio.
Il comportamento del materiale è stato inol-tre analizzato considerando altri parametri principalmente legati al picco di carico, alla rigidezza iniziale ed alla fase di propagazio-ne instabile della fessura immediatamente susseguente al picco di carico.
La variazione con la temperatura, dello sfor-zo nominale associato al picco di carico è mostrato in Figura 7, dove i risultati delle fi-bre di vetro sono, ancora una volta, confron-tati con i risulconfron-tati ottenuti con il rinforzo in
Fig. 6 -. Variazione delle resistenze residue al crescere della temperatura: (a) valori assoluti (b) valori normalizzati.
fibre di acciaio precedentemente discusso. I risultati mostrano come, anche in questo caso, la perdita di resistenza registrata per il vetro sia inferiore a quella ottenuta nel caso delle fibre di acciaio.
Per meglio capire le variazioni di rigidezza associate all’aumento della temperatura, le Figure 7b ed 8 mostrano l’andamento della posizione del picco in termini di apertura di fessura all’apice dell’intaglio (CTOD) e la ri-gidezza iniziale della curva sforzo nominale – apertura di fessura (CTOD).
Il calcestruzzo rinforzato con fibre di ve tro mostra un maggiore aumento della po si-zione del picco rispetto alla solusi-zione con fibre di acciaio garantendo quindi al rinforzo vetroso una maggiore duttilità pre-picco. Alcune valutazioni della rigidezza iniziale del provino sono state effettuate definendola come la pendenza della retta interpolante la curva sforzo nominale - apertura di fessura (CTOD) nell’intervallo di carico compreso tra zero e il 40% del picco di carico della singola curva.
Tali variazioni di rigidezza sono rappre-sentate in Figura 8 dove sono confrontate
con lo stesso parametro per la soluzione con fibre d’acciaio e con la variazione del modulo elastico proposta dall’Eurocodice 2 per il calcestruzzo ordinario.
Il confronto tra rigidezza e modulo elasti-co qui proposto si basa sull’ipotesi che la variazione del modulo elastico con la tem-peratura sia la stessa in trazione e in com-pressione. Inoltre, al fine di validare il con-fronto in oggetto è necessario osservare che il momento d’inerzia della sezione, nel tratto considerato, è costante per tutti i pro-vini considerati e per tutte le temperature analizzate.
In conseguenza del piccolo intervallo di ca-rico in cui è definita la rigidezza (0-40% del picco) è possibile trascurare ogni influenza del fattore di intensificazione degli sforzi e di conseguenza il contributo dell’energia di frattura alla variazione di rigidezza può es-sere considerato ininfluente.
Alcune esperienze precedenti hanno co-munque mostrato come la variazione del modulo elastico e della pendenza elastica in flessione siano comparabili [10].
Infine, l’ultimo parametro meccanico
con-Fig. 7 - Variazione dello sforzo nominale di picco (a) e della sua posizione in termini di CTOD (b).
siderato nell’analisi del materiale è la va-riazione della pendenza post-picco della curva sforzo nominale – apertura di fessura (CTOD); questo parametro è principalmen-te correlato alla propagazione instabile della fessura e la sua variazione garantisce al ma-teriale un incremento di duttilità al crescere della temperatura.
Tale pendenza è definita come la pendenza
del la linea tangente al tratto softening della cur va sforzo nominale – apertura di fessura nell’intervallo compreso tra il picco e il 60% dello sforzo nominale al picco (Figura 9b). La diminuzione della pendenza con l’au-mentare della temperatura si verifica in en-trambi i materiali anche se la soluzione con fibre d’acciaio sembra incrementare mag-giormente la sua tenacità rispetto alla
si-Fig. 8 - Andamento della rigidezza iniziale al crescere della temperatura: (a) definizione della rigidezza (b) valori normalizzati.
(b) (a)
Fig. 9 - Andamento della rigidezza post-picco al crescere della temperatura: (a) definizione della rigidezza (b) valori normalizzati.
(a)
tuazione di riferimento anche in conseguen-za del fatto che le fibre di grosso diametro, a temperatura ambiente, si attivano per aperture di fessura relativamente grandi.
Conclusioni e sviluppi futuri
La ricerca presentata in questa memoria rappresenta il primo passo di un program-ma più ampio volto ad indagare il compor-tamento al fuoco dei calcestruzzi rinforzati con fibre di vetro.
I risultati sperimentali mostrano chiaramen-te come il calcestruzzo rinforzato con fibre di vetro qui considerato sia in grado di ga-rantire, almeno per le piccole aperture di fessura, degradi della resistenza compara-bili con quelli delle fibre di acciaio.
I risultati qui presentati confermano inoltre il significativo contributo offerto dalle fibre di vetro allo Stato Limite di Servizio anche quando la struttura è sottoposta a condizio-ni climatiche estreme come per esempio la condizione di incendio.
Al fine di convalidare i risultati qui presentati è comunque necessario focalizzare l’atten-zione su alcuni punti chiave.
Innanzitutto la necessità di indagare più approfonditamente sull’interazione tra fibre di vetro e di polipropilene: a tal proposito è stata programmata una campagna spe-rimentale volta a determinare il comporta-mento del materiale con la sola presenza di fibre di polipropilene (2 kg/m3) o di fibre di vetro (8 kg/m3).
Questo costituisce un punto cruciale poi-ché l’interazione tra le due tipologie di fibra è attiva solo a temperatura ambiente men-tre alle alte temperature il polipropilene su-blima e di conseguenza il progettista non può fare affidamento su nessuna possibile interazione.
Un altro punto fondamentale da considerare è la dipendenza delle proprietà meccaniche
del calcestruzzo rinforzato con fibre di vetro dalla temperatura istantanea del materiale. Nella campagna sperimentale qui proposta le proprietà del materiale sono state deter-minate a temperatura ambiente dopo ciclo termico; un’opportuna campagna speri-mentale è stata programmata per confron-tare il comportamento del materiale a caldo e dopo essere stato riportato a temperatura ambiente.
Ringraziamenti
La ricerca qui presentata è stata finanziata dalla Vetrotex – Saint Gobain.
Gli autori ringraziano sentitamente il Dott. Cavaggioni e il suo staff per i loro preziosi consigli.
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Memoria tratta dagli Atti del
17° Congresso C.T.E.
Roma, 5-8 novembre 2008, per gentile concessione degli autori
L’industria del calcestruzzo preconfezio-nato ha avuto come obbiettivo negli ultimi decenni quello di poter dare al mercato un prodotto realmente affidabile e in particola-re duparticola-revole e di facile utilizzo.
Se la durabilità è ormai da considerare un valore acquisito, grazie anche alle indicazio-ni normative e legislative, l’idea di utilizzare un prodotto estremamente modellabile, af-fidabile e che richieda poche energie uma-ne uma-nella messa in opera, è un campo d’ap-plicazione e di ricerca costante per il nostro settore. Il nome ormai lo conosciamo, o per lo meno glielo abbiamo dato (autocom-pattante) e grazie al suo acronimo inglese “scorre bene” (SCC). Le sue caratteristiche sono delineate, ma alcune di esse sono in fase ri-definizione come quelle di un diciot-tenne che cerca la giusta strada per diven-tare un uomo. La scorrevolezza, la capacità di deformarsi, di autocostiparsi senza farsi intimorire da fitte schiere di armature dis-seminate lungo il suo percorso sono pregi misurati e valutati con metodi ormai norma-lizzati da tempo.
In alcuni campi si è già affermato con suc-cesso come nella prefabbricazione, dove non se ne può più fare a meno, avendo in
molti casi eliminato i problemi legati alla vi-brazione di ostici calcestruzzi a consistenza umida. In altri settori, pur suscitando l’atten-zione dei soggetti presenti non ha raggiunto ancora il consenso che si merita.
Vanno conosciute e limate alcune caratte-ristiche tipiche di soggetti giovani ed entu-siasti, quali il “vizio” di spingere sui casseri cagionevoli in maniera eccessiva o di fare innervosire gli operatori delle pompe e chi lo mette in opera per qualche eccesso di viscosità. Nel suo processo di evoluzione l’autocompattante sta trovando una nuo-va dimensione soprattutto nella capacità di proporsi con caratteristiche diverse in fun-zione degli specifici utilizzi allargando il suo raggio d’azione con fluidità diverse.
Il nuovo autocompattante, pur rimanendo fedele ai principi progettuali e prestazionali che lo hanno contraddistinto dai tradizio-nali calcestruzzi, è diventato più affabile e disponibile a meglio adattarsi a molteplici situazioni.
Vi sono attualmente produzioni con spandi-menti poco maggiori di 50 cm, quindi stretti parenti degli S5, ma che non presentano alcun problema di segregazione.
Vi sono anche versioni più impegnative per soluzioni estreme con slump-flow superiori ad 80 cm. Detto questo penso che sia un prodotto che non può non affascinare per le capacità di arrivare dove altri non osano, mostrando la sua robustezza strutturale e la bellezza delle sue superfici.