ne comporta la costituzione di diritto, superando un’apparenza contrattuale di
diverso segno per la presenza di contratti di lavoro autonomo. (1)
(1) LA PRESTAZIONE DI LAVORO AUTONOMO TRA TRIANGOLAZIONE DEI RAPPORTI SOGGETTIVI E APPARENZA GIURIDICA
1. — La pronuncia osservata ha a oggetto il riconoscimento di illegittima interpo- sizione di manodopera nel caso di prestazione di lavoro autonomo. A una prima let- tura, la quaestio iuris presenta un contenuto apparentemente ossimorico, giacché di fe- nomeno interpositorio (Art. 1, l. n. 1369/1960, ormai abrogato) può parlarsi solo lad- dove un vincolo di subordinazione sia effettivamente sussistente. Il tema è tuttavia più ampio e ha a che vedere con il ricorso sempre più frequente a politiche di esternaliz- zazione che, anche in virtù dei progressi tecnologici, presentano un elevato tasso di in- tegrazione e di interdipendenza fra impresa cliente e impresa fornitrice.
In carenza di interventi recenti da parte del legislatore, la decisione in esame, vale la pena anticiparlo, riconosce la natura subordinata del rapporto di lavoro, ma esclude l’esistenza di un fenomeno di interposizione. Nello specifico, il ricorso è presentato da un lavoratore autonomo, il sig. F.M., per ottenere una pronuncia dichiarativa della sussistenza di un rapporto di lavoro di tipo subordinato relativo a periodi di tempo differenti e nei confronti di due società convenute; la T.I. Spa e la C.S. Spa; in via conseguenziale rispetto al petitum, il ricorrente rivendica altresì il diritto a un corretto inquadramento e al corrispondente trattamento economico.
Tutte le allegazioni probatorie fornite dal lavoratore sono poi finalizzate a dimo- strare la configurazione nel caso di specie di un’ipotesi di interposizione fittizia di ma- nodopera. Il rapporto su cui riposa l’intera vicenda è infatti trilatero: la T.I. Spa è sog- getto appaltante; la C.S. Spa appaltatore; mentre il ricorrente ha svolto la propria at- tività di collaborazione autonoma – con regolare partita Iva – in favore della C.S. Spa (e, prima di questa, della P. Srl), in forza di contratti di appalto (Art. 1655) o di lavoro autonomo (Art. 2222 c.c.). In particolare, F.M. prestava la propria consulenza infor- matica formalmente per la C.S. Spa, percependo una remunerazione proporzionata ai giorni di fornitura di detto servizio e comprensiva di un compenso giornaliero.
Alla luce di tale rapporto in cui il piano formale, di collaborazione priva di subor- dinazione, sembra divergere da quello sostanziale, di effettivo e continuativo svolgi- mento della prestazione eterodiretta dalla appaltante, il ricorrente rivolge la domanda di accertamento dell’esistenza di un rapporto subordinato a entrambi i convenuti.
2. — Il cuore della questione che il giudice è chiamato a sciogliere è rappresen- tato dall’accertamento di eventuali violazioni del divieto di interposizione illegitti- ma di manodopera, che richiede, tuttavia, una essenziale ricognizione normativa.
Come noto, l’art. 1, l. 23 ottobre 1960, n. 1369 («Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi»), inibiva all’imprenditore l’affidamento in appalto, subappalto o in forme equivalenti dell’esecuzione di mere prestazioni di la- voro, mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o dal- l’intermediario, indipendentemente dalla natura dell’opera o del servizio prestato (Commi 1 e 3; Del Conte 2015).
Il divieto, che si rivolgeva anche alle società cooperative, era accompagnato dalla comminazione di sanzioni civili e penali nei confronti dell’imprenditore e del sog- getto interposto (Art. 2), tra cui quella consistente nella emersione-stabilizzazione del reale rapporto di dipendenza intercorrente tra prestatore e soggetto committente (Art. 1, V), che la giurisprudenza più tardi ha inquadrato nell’istituto della novazio- ne soggettiva e oggettiva del rapporto (Cass. 18.10.2005, n. 20159, in Redazione Giuffrè). Si trattava di una sanzione tipica, in quanto applicata dall’ordinamento in tutte le situazioni caratterizzate da fenomeni di apparenza, nonché espressiva dello sfavore nutrito dal legislatore verso i rapporti soggettivi trilateri, maggiormente ten- denti a fenomeni elusivi. Era frequente, infatti, l’assunzione di lavoratori da parte di imprenditori che però mettevano le loro prestazioni a disposizione di altri soggetti, i quali, nella veste di datori de facto, esercitavano poteri direttivi, gerarchici e disci- plinari sui prestatori (Cass. 27.11.2012, n. 21030, in Redazione Giuffré); inoltre, non era infrequente che lavoratori dipendenti dell’appaltatrice svolgessero mansioni estranee al contratto di appalto e, addirittura, alla stessa attività dell’interposta (Campanella 2013). La situazione ora descritta era percorsa da un’asimmetria di po- sizione non tollerabile dall’ordinamento: il lavoratore si vedeva preclusa qualsivoglia tutela in sede previdenziale, come in quella giudiziale, in cui gli era impedita, ad esempio, qualsiasi azione di responsabilità patrimoniale (Art. 2740 c.c.) per i crediti maturati nei confronti dell’effettivo datore, mentre questi poteva avvalersi di mano- dopera formalmente in carico a terzi e, di conseguenza, di un costo del lavoro con- tenuto.
Entro questo assetto a forte ratio garantista, il legislatore ha a più riprese inserito alcuni elementi di flessibilità, in risposta alle nuove esigenze dettate dalla produzio- ne industriale. Appare pertanto coerente con i nuovi modelli lavorativi la scelta con- tenuta nella l. n. 196/1997 («Norme in materia di promozione dell’occupazione», cd. Pacchetto Treu) di introdurre un modello legale di fornitura di mere prestazioni di lavoro temporaneo da parte di agenzie iscritte ad albo pubblico. In forza di tale contratto, le imprese intermediarie assumevano oneri retributivi e contributivi verso i propri lavoratori dipendenti, i quali erano di fatto inseriti nell’organizzazione dell’utilizzatore. Confermato il divieto di interposizione per i casi in cui l’appalto ex art. 1665 c.c. non fosse considerabile come genuino, nella disciplina del 1997 resta- va invariato anche il previsto regime sanzionatorio di stabilizzazione (giuridica) della situazione (fattuale), mediante instaurazione di un rapporto di tipo subordinato alle dipendenze del soggetto che effettivamente si avvalesse delle prestazioni.
A distanza di sei anni, il legislatore delegato (D.lgs. n. 276/2003: «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30») interviene con un’ulteriore disciplina, che, da un lato, abroga espressa- mente la l. n. 1369 (Art. 85), e, dall’altro, amplia i casi di ricorso alla somministrazio- ne di lavoro (Art. 20).
Per la giurisprudenza (Cass. 7.2.2018, n. 2990, S.U., in Redazione Giuffrè) e per larga parte della dottrina (Del Punta 2006), la compiuta rinormazione della materia non ha tuttavia espunto dall’ordinamento il divieto di interposizione illegittima (In senso difforme, Speziale 2016), che resta in tutti quei casi in cui «l’appaltatore mette a disposizione del committente una mera prestazione lavorativa, riservandosi i compiti di gestione amministrativa del rapporto di lavoro, ma senza un effettivo esercizio dei poteri direttivi nei confronti dei lavoratori e senza una concreta organizzazione della prestazione lavorativa che risulti finalizzata a un risultato produttivo autonomo» (Ministero del Lavoro, nota del 22 ottobre 2009, n. 77). A conforto, la conferma del- l’impianto sanzionatorio già previsto, in virtù del quale il lavoratore, sia nelle ipotesi di somministrazione irregolare sia in quelle di appalto fittizio, può richiedere in via giudiziale la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del committente, con retroazione degli effetti a partire dall’inizio della somministrazione o dell’appalto non genuini.
3. — Tutti i passaggi normativi richiamati paiono riposare su un elemento uni- forme, ovvero l’erogazione di una prestazione di lavoro a carattere subordinato, come normativamente cristallizzato già all’art. 1 della legge del 1960, dopo l’estensione dell’originaria previsione ex art. 2127 c.c. per i soli lavori a cottimo. In quest’ottica, il problema relativo a eventuali schermi soggettivi, di cui il legislatore si è fatto carico a più riprese, postula uno scarto tra dato reale e forma giuridica del rapporto di lavoro che sembrerebbe escluso nel caso di una mera collaborazione, priva di subordinazione. Sulla base di tale argomentazione, e forse in modo eccessivamente veloce, il Tribunale di Torino ritiene incompatibile lo svolgimento della prestazione autonoma di servizi informatici resa dal sig. F.M. con una fattispecie di illecita interposizione. E, invece, l’accertamento della genuinità o meno del contratto di appalto (Del Punta 2008; Zilio Grandi, Sferrazza 2012) riveste importanza centrale non solo per il giudizio de quo, ma anche per l’attuale fase delle relazioni produttive. In questo senso, una disamina processuale che non si fosse arrestata alla natura formalmente autonoma della presta- zione del ricorrente, ma avesse guardato anche alla realtà sostanziale della stessa – co- me il Tribunale è sembrato fare ai fini del riconoscimento della natura subordinata del rapporto intercorso tra il sig. F.M. e la T.I. Spa –, fino a contestualizzara entro un rap- porto trilatero, avrebbe agevolato la puntuazione degli indici sintomatici del fenome- no interpositorio mediante appalto, da tempo avviata dalla giurisprudenza (Ex multis: Cass. 6.4.2011, n. 7898, sull’imprenditorialità dell’appaltatore; Cass. 16.10.2013, n. 23522, sul suo potere direttivo; Cass. 31.12.1993, n. 13015, sulla non riferibilità al committente di mezzi e strumenti utilizzati nell’appalto, in Redazione Giuffré).
L’autonomia nella prestazione di lavoro costituisce, infatti, un tratto comune al contratto di appalto endoaziendale, che consente l’affidamento a un appaltatore ester- no di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente. In questo quadro, l’appaltatore gode di ampia autonomia organizzativa nell’esercizio
della sua attività imprenditoriale, tra cui la direzione del personale e la decisione sulle modalità della prestazione; laddove tale coordinamento difetti, l’apporto dell’appalta- tore è destinato ad assumere rilievo meramente superfluo, determinando, in definiti- va, una incompatibilità tra i due contratti sottoscritti. Perché si realizzi un’ipotesi di intermediazione vietata, non occorre che l’impresa appaltatrice sia fittizia, giacché, una volta accertata l’estraneità dell’appaltatore all’organizzazione e direzione del pre- statore di lavoro nell’esecuzione dell’appalto, rimane priva di rilievo ogni questione inerente il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo (Cass. civ. 24.11.2015, n. 23962, in Redazione Giuffrè). La incompatibilità tra fenomeno inter- positorio e prestazione di lavoro può determinarsi pertanto solo in esito a un esame fattuale, come rileva nel 2017 la Corte di Cassazione (Cass. 26.1.2017, n. 1997, in Redazione Giuffrè), che condanna una nota società cooperativa-interponente per aver tenuto una condotta direttiva e organizzativa – assimilabile a quella normalmente esercitata da un datore di lavoro – nei riguardi di una lavoratrice collaboratrice a pro- getto, dunque priva di vincolo di subordinazione.
4. — Resta da chiarire il punto relativo alla natura sostanziale dei rapporti inter- correnti tra il ricorrente e le società committenti, sebbene la domanda sia incentrata sulla interposizione fittizia. Sul punto, il percorso motivo seguìto non presenta parti- colari innovazioni: fermo, infatti, il discrimen tra lavoro autonomo e subordinato rap- presentato dal vincolo di soggezione, il giudice valuta le condotte complessive adottate dalle parti anche nella fase successiva alla conclusione del contratto tra la società ap- paltante e quella appaltatrice. Nell’eseguire questo accertamento, l’organo giudicante si avvale di taluni indici sintomatici, tra cui l’esercizio del potere disciplinare e di quel- lo di organizzazione delle attività lavorative, che, nella visione costituzionalmente orientata ex art. 41 Cost., spetta al datore (in questo caso appaltante).
Unitamente a tali presunzioni di carattere relativo, il giudice in sede di istruttoria acquisisce varie testimonianze comprovanti lo stabile ed effettivo inserimento del ri- corrente entro la realtà produttiva della società T.I. Spa, e non semplicemente il suo sottoporsi a direttive impartite dall’imprenditore sotto forma di meri suggerimenti o indicazioni per «ottimizzare il risultato del prodotto facente comunque capo all’orga- nizzazione e gestione proprie dell’appaltatore» (Cass. 27.3.2017, n. 7796, in Redazione Giuffré).
Il Tribunale ritiene invece insufficienti le prove fornite a supporto della costituzio- ne di un rapporto ex art. 2094 c.c. fra il ricorrente e l’altra società convenuta, la C.S. Spa, anche alla luce della impossibilità di vantare la medesima pretesa avverso entram- bi i soggetti appaltanti.
5. — In via conclusiva, la decisione si inserisce nel filone giurisprudenziale sempre più nutrito che verte sul ricorso a esternalizzazioni mediante collaborazioni di lavoro autonomo. I poli del dibattito sono ampiamente noti e tendono a informare il ragio- namento degli organi giudicanti: da un lato, la posizione ancora legata al concetto tra- dizionale di subordinazione; dall’altro, quella più attenta alla natura sostanziale dei rapporti contrattuali, in coerenza con il principio di apparenza giuridica. Nel caso del- le esternalizzazioni di servizi, la specifica esigenza di superare il contrasto persistente tra la forma (legale) e la sostanza (fattuale) dei modelli di lavoro si traduce sul piano
processuale in un duplice aggravio, consistente, per il giudice, nello sciogliere in sede interpretativa l’aporia esistente tra la figura di un lavoratore formalmente autonomo ma sostanzialmente subordinato all’interno di una triangolazione soggettiva, e, in mo- do speculare, per le parti, nel coadiuvare il relativo accertamento con una robusta e quanto più circostanziata allegazione probatoria.
Al riguardo, come si è tentato di porre in risalto, la sentenza osservata mostra un impianto argomentativo non immune da illinearità, specie nella parte relativa alla in- sussistenza di una fattispecie interpositoria illecita. Purtuttavia, la pronunzia consente, nella sua incompletezza, di ricavare a contrario i passaggi logici su cui deve fondarsi il giudizio in merito alla natura delle forme contrattuali a subordinazione attenuata. Il relativo accertamento si snoda, infatti, attraverso un percorso bifasico, e logicamente conseguenziale, che mira in primo luogo a verificare l’esistenza di un rapporto subor- dinato, quindi a individuare il soggetto che abbia conseguito un effettivo vantaggio economico dalla prestazione, valutabile anche in termini di risparmio del costo del la- voro, come detto. Solo in esito a siffatto giudizio l’apparente discrasia tra lavoro auto- nomo e interposizione di manodopera è destinata a trovare una soluzione sul piano fattuale, come tutte le ipotesi di apparentia iuris richiedono.
Riferimenti bibliografici
Campanella P. (2013), Attività estranea all’oggetto dell’appalto tra interposizione illecita e prestazione di fatto, in ADL, n. 4-5, II, 1040 ss.
Del Conte M. (2015), Vicende del rapporto di lavoro, in Aa.Vv., Fondamenti di Diritto del lavoro, II ed., Vicenza, cap. VI, sez. III, 227 ss.
Del Punta R. (2006), Le nuove regole dell’outsourcing, in Serra C. (a cura di), La rifor- ma del mercato del lavoro: deregolazione o riregolazione?, in Studi in onore di Giorgio Ghezzi, Padova, I, 625 ss.
Del Punta R. (2008), Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, in RIDL, n. 2, I, 129 ss.
Speziale P. (2016), Contratto di appalto, in Rotondi F. (a cura di), Diritto del lavoro e delle relazioni industriali, I ed., Milano, 447 ss.
Zilio Grandi G., Sferrazza M. (2012), Solidarietà e tutele nell’intermediazione di lavoro, in RIDL, n. 1, I, 129 ss.
Oscar Genovesi Dottore di ricerca in Business, institutions, markets presso l’Università di Chieti-Pescara «G. d’Annunzio»
CORTE COSTITUZIONALE, 19.4.2018, n. 77 – Pres. Lattanzi, Est. Amo - ro so – B. (avv.ti Martino, Andreoni), R. (avv.ti Piccinini, An dreoni) c. Rear Scarl (avv. Frus) – Avv. Stato Rago.