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Riferimenti normativi per la progettazione dei depositi di combustibile

Nel documento Dottorato di Ricerca in Rischio Sismico (pagine 49-53)

Capitolo II. Impianti di deposito combustibili

2.1. Riferimenti normativi per la progettazione dei depositi di combustibile

Le norme per l’impiego e lo stoccaggio degli oli minerali sono contenute nel Decreto Ministeriale del 31 luglio 1934 e nei relativi aggiornamenti. Tale decreto e successivi decreti e leggi tendenti a regolare la manipolazione e lo stoccaggio di queste sostanze, fanno essenzialmente riferimento alla prevenzione di incendi all’interno di tali depositi di stoccaggio. Per citare un esempio, al titolo IV art.39 del D.M. 1934 si legge: “Per gli stabilimenti e i depositi di oli minerali deve ottenersi, con la distanza (di sicurezza), la garanzia che, in caso di incendio, il fuoco non possa propagarsi all’esterno, con pericolo per la pubblica incolumità e per il regolare svolgimento dei servizi pubblici”.

La sicurezza dei depositi di oli minerali, pertanto, sembra a tutt’oggi essenzialmente legata, in termini di legge, al pericolo di incendio, mentre il rischio di esplosione pare attribuito ai soli depositi di GPL, sebbene si faccia cenno alla possibilità che insorgano problemi di diversa tipologia indicati, nel D.M. del 1934, genericamente con il nome di “esplosioni”. Tuttavia dall’analisi storica di incidenti, avvenuti in luoghi in depositi di stoccaggio di liquidi infiammabili, si evince che, pur essendo l’incendio un incidente più frequente, fenomeni di ben altra natura e con conseguenze ben più gravi possono insorgere quando si verifichino determinate condizioni. In Tabella 2.1. si riportano alcune informazioni relative a casi di esplosioni avvenute in depositi di stoccaggio di combustibili liquidi negli ultimi decenni. Tali incidenti sono tutti caratterizzati da fuoriuscite accidentali di benzina con formazione di nuvole di vapore che, in conseguenza di un’ignizione, hanno dato luogo a fenomeni esplosivi, caratterizzati dallo sviluppo di un’onda d’urto e da conseguenti incendi. Uno dei principali

rischi presenti nelle installazioni industriali che prevedono lo stoccaggio, la lavorazione ed il trasporto di sostanze infiammabili è, quindi, rappresentato dall’esplosione di nubi di vapore generatesi a seguito del rilascio accidentale di combustibili liquidi o gassosi (Vapour Cloud Explosion, VCE).

Tabella 2.1. Casi di esplosioni avvenute in depositi di stoccaggio di combustibili liquidi a causa dell’ignizione accidentale di nuvole di vapori di benzina (IChemE, 1990; Lechaudel et al., 1995; Lees, 1996;

Lenoir e Davenport, 1993).

Anno Luogo

1951 Stade, Germania 1953 Campana, Argentina 1962 Houston, Texas, USA 1972 San Paolo, Brasile 1975 Rosendaal, Olanda 1977 Baytown, Texas, USA 1981 Saint Herbain, Francia 1983 Newark, New Jersey, USA 1985 Lyttelton, Nuova Zelanda 1985 Napoli, Italia 1986 Portland, Maine, USA 1987 Lione, Francia 1993 Jacksonville, Florida, USA

I depositi di combustibili sono particolarmente predisposti all’insorgere di VCE. Essi sono infatti in genere caratterizzati da un forte congestionamento geometrico, che facilita lo sviluppo della combustione in regime turbolento ed è, quindi, responsabile della formazione di un’onda d’urto con caratteristiche fisiche (pressione di picco, impulso) tali da provocare un impatto devastante sia all’interno dell’area industriale che sull’ambiente circostante. La particolare rilevanza dei danni e la relativa frequenza delle VCE in aree di stoccaggio di liquidi infiammabili e combustibili rendono quindi evidente la necessità, già nella fase di progettazione, di riferirsi a tale tipo di incidenti (IChemE, 1997; Lees, 1996). Una giusta considerazione di tale problema è d’altra parte presente in molti enti internazionali e compagnie assicuratrici, che hanno elaborato opportune linee guida. Esse forniscono in

genere suggerimenti relativi alla configurazione e valori delle distanze minime tra le varie unità e componenti dell’impianto industriale. E’, inoltre, sempre presente un esplicito richiamo al fatto che, nel caso venga eseguita un’analisi “ad hoc” per il progetto in questione, i valori delle distanze sono da considerarsi come indicativi. Lo studio delle esplosioni gassose è pertanto di grande interesse nell’ambito della sicurezza civile ed industriale ed una descrizione dettagliata di questo tipo di fenomeno è indispensabile al fine di prevedere e, per quanto possibile, mitigare le conseguenze di esplosioni gassose derivanti da rilasci accidentali di sostanze infiammabili. La valutazione delle conseguenze di VCE è oggi generalmente effettuata ricorrendo a metodologie di calcolo semplificate quali i metodi TNT-equivalente e Multi-Energy (van den Berg, 1985). Questi metodi, come descritto nel precedente capitolo, forniscono risultati spesso approssimati in quanto sono basati sull’equivalenza tra l’energia generata dalla combustione di un gas miscelato con aria e l’energia rilasciata puntualmente da una carica di Trinitrotoluene (TNT). Più recentemente, per lo studio di tali fenomeni, sono stati utilizzati modelli fluidodinamici computerizzati basati sulla risoluzione delle equazioni di conservazione di massa, energia e quantità di moto nelle tre dimensioni. Tali codici, denominati Computational Fluid Dynamics (CFD), sono integrati con modelli per la descrizione della turbolenza e della combustione e consentono di studiare la propagazione del fronte di fiamma in sistemi complessi aperti o confinati dalla geometria del sito e dalla reattività della miscela aria-combustibile.

Nell’ambito di questa tesi di dottorato ci riferiremo ad una installazione tipica della realtà italiana dal punto di vista delle caratteristiche climatiche e topografiche2, e progettata seguendo le indicazioni della vigente normativa nazionale. Si è supposto, inoltre, che l’impianto sia un deposito costiero di combustibili liquidi di tipo commerciale, non collegato, cioè, ad alcuna attività produttiva e/o di trasformazione presente nello stesso sito. L’installazione è quindi essenzialmente costituita da serbatoi (tanks) e dalle strutture necessarie alla manipolazione ed alla distribuzione dei prodotti. Il trasporto dei prodotti da e per il deposito avviene attraverso i collegamenti ad una darsena petroli e ad una linea ferroviaria. Il deposito considerato è di forma rettangolare con superficie totale di circa

2

L’impianto si intende localizzato nel sito di Altavilla Irpina (AV). Tale sito è all’interno dell’area test del progetto V.I.A. èd è classificato in prima categoria sismica nel 2003.

30000 m2, di profilo topografico pianeggiante e con direzione prevalente del vento verso Nord-Est. La capacità complessiva del deposito è pari a circa 60.000 m3 mentre i combustibili da depositare e le relative quantità sono riportate in Tabella 2.2.

Tabella 2.2. Tipologia e quantitativi dei combustibili presenti nel deposito.

Liquido depositato Categoria Classe NFPA Capacità totale (m3)

Benzine A I 20000

Petrolio B II 10000

Kerosene B II 2000

Gasolio C III 12000

Oli combustibili C III 20000

La normativa italiana relativa alle norme di sicurezza per la lavorazione, l’immagazzinamento, l’impiego, la vendita ed il trasporto degli oli minerali fa riferimento, ancora oggi, al Decreto Ministeriale del 31/7/1934 e successive modifiche e deroghe. Tale Decreto fornisce anche indicazioni particolari circa la disposizione relativa e le distanze tra diverse unità (“spacing”) di un’area di stoccaggio, allo scopo di garantire un adeguato livello di sicurezza nei confronti di incendi. Numerosi enti e istituti nazionali ed internazionali quali NFPA (National Fire Protection Association), IRI (Industrial Risk Insurers), IP (Institute of Petroleum), API (American Petroleum Institute), VV.F. (Vigili del Fuoco), compagnie petrolifere (MOBIL, SHELL ARAMCO, EXXON) e società di ingegneria (SFPE, Society of Fire Protection Engineers) hanno, d’altra parte, elaborato un elevato numero di standard, codici e linee guida per la determinazione, tra l’altro, delle distanze minime da adottare tra le diverse strutture di un impianto. Successivamente, quindi, pur avendo considerato le prescrizioni fornite dalla normativa italiana, si farà cenno ai punti comuni e alle differenze con le indicazioni fornite da codesti enti internazionali.

Nel documento Dottorato di Ricerca in Rischio Sismico (pagine 49-53)