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Riflessioni sulla sentenza Efler

Non tutte le argomentazioni contenute nella sentenza vanno tuttavia nella direzione auspicata dai sostenitori dell’ICE. La sentenza evidenzia l’ampia discrezionalità della Commissione nel decidere se dare o meno seguito ad un’ICE (punto 46), sia pure per riconoscere il diritto dei cittadini di ottenere la registrazione di una proposta di atto che intende impedire la conclusione del TTIP e del CETA.

Il Tribunale respinge l’argomento della Commissione secondo il quale gli atti previsti dalla proposta in questione condurrebbero ad un’ingerenza inammissibile nello svolgimento di una procedura legislativa in corso. L’obiettivo perseguito dall’iniziativa dei cittadini europei è quello di permettere ai cittadini dell’Unione di partecipare maggiormente alla vita democratica europea, in particolare, esponendo in dettaglio alla Commissione le questioni sollevate con l’iniziativa, invitando detta istituzione a sottoporre una proposta di atto giudico dell’Unione dopo aver, se

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necessario, presentato l’iniziativa in un’audizione pubblica organizzata presso il Parlamento, e, pertanto, suscitando un dibattito democratico senza dover attendere l’adozione dell’atto giuridico del quale è in definitiva auspicata la modifica o l’abbandono.

Ammettere una simile possibilità non viola neppure il principio dell’equilibrio istituzionale, poiché spetta alla Commissione decidere se dare o meno seguito ad un’iniziativa dei cittadini europei registrata e dotata delle firme necessarie esponendo, in una comunicazione, le proprie conclusioni giuridiche e politiche sull’iniziativa, l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso.

Secondo il Tribunale, nessun motivo è ostativo all’eventuale azione che la Commissione intende intraprendere e questa potrebbe consistere in una proposta rivolta al Consiglio di adottare gli atti previsti dalla proposta in questione. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, nulla impedirebbe, se del caso, alle istituzioni dell’Unione di negoziare e concludere nuovi progetti di accordi transatlantici di libero scambio dopo l’adozione da parte del Consiglio degli atti che costituiscono l’oggetto di tale proposta.

Si tratta di una delle motivazioni più significative della sentenza che prende chiara posizione sulla delicata e controversa questione del potere della Commissione europea di rigettare un’iniziativa. La sentenza statuisce che proprio la discrezionalità di tale istituzione nella presentazione della proposta consentirebbe di evitare un’ingerenza dell’ICE nello svolgimento della procedura legislativa in corso, sicché

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la registrazione dell’iniziativa non comprometterebbe l’equilibrio istituzionale voluto dai Trattati (punto 47).

Tale orientamento restrittivo non pare condivisibile, perché non vi è alcuna certezza che la proposta della Commissione che recepisce l’iniziativa dei cittadini sia successivamente approvata dal legislatore dell’Unione (Consiglio o Consiglio Europeo o Parlamento europeo). La preoccupazione maggiore consiste nel fatto che l’ampia discrezionalità riconosciuta alla Commissione nel rigettare un’iniziativa popolare può avere un impatto negativo sull’opinione pubblica e far crescere la sfiducia dei cittadini europei verso il sistema istituzionale dell’Unione e della sua legittimità democratica.

Va da sé che la Corte di giustizia, potrebbe discostarsi dall’obiter dictum del Tribunale e approdare a una soluzione che, quanto meno, delimiti la discrezionalità della Commissione, con la prospettiva di rafforzare il binomio cittadinanza europea- democrazia partecipativa.

In realtà, dubbi permangono anche sulla questione connessa dell’ammissibilità di un’impugnazione della decisione finale e sui suoi confini, in mancanza di un’espressa previsione del Regolamento 211/2011, il quale si limita a riconoscere la possibilità di esperire un’azione giudiziaria avverso la decisione preliminare sull’ammissibilità. Dimostrazione eloquente il giudizio pendente dinanzi al Tribunale che ha ad oggetto

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l’impugnabilità della decisione della Commissione di non presentare la proposta relativa all’iniziativa dei cittadini europei denominata “One of us”108.

Ad avvalorare la sindacabilità sul piano giurisdizionale dell’operato della Commissione soccorre, in verità, l’art. 10, par. 1, lett. c), del Regolamento, il quale prevede l’obbligo di motivazione della Commissione, in linea con quanto prescritto nell’ipotesi in cui venga rifiutata la proposta richiesta dal Consiglio e dal Parlamento europeo. L’introduzione di quest’obbligo dovrebbe giustificare un’azione in carenza in presenza di una mera inattività della Commissione, mentre un espresso diniego di agire non sorretto da alcuna motivazione dovrebbe aprire la strada a un ricorso di annullamento dell’atto di rigetto. Beninteso, occorre distinguere tra la violazione di questo obbligo di motivazione in quanto formalità sostanziale e il controllo della fondatezza della motivazione (sentenza del 19 aprile 2016, causa T-44/14, Costantini c. Commissione, punto 65).

4. Sentenza “One of us”

L’11 Maggio 2012, la Commissione ha registrato la proposta d’iniziativa dei cittadini europei intitolata «One of us» (Uno di noi). L’obiettivo di tale iniziativa è vietare e porre fine al finanziamento, da parte dell’Unione, delle attività che implicano la distruzione di embrioni umani (in particolare nei settori della ricerca, dell’aiuto allo

108 Sentenza del 23 aprile 2018 della causa T-561/14 European Citizens’ Initiative One of Us e a.

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sviluppo e della sanità pubblica), ivi compreso il finanziamento diretto o indiretto dell’aborto. Dopo la sua registrazione, l’iniziativa ha raccolto il milione di firme necessario prima di essere ufficialmente presentata alla Commissione all’inizio del 2014. Il 28 maggio 2014 la Commissione ha indicato in una comunicazione che non intendeva intraprendere alcuna azione.

Dopo tale comunicazione da parte della Commissione è stata presentato ricorso contro la commissione da Michael Efler in data 29 settembre 2016.109Nella sentenza110, il Tribunale considera, innanzitutto, che gli autori dell’iniziativa – a differenza del soggetto denominato «European Citizens’ Initiative One of Us», privo della personalità giuridica possono, in qualità di persone fisiche, proporre ricorso contro la comunicazione della Commissione del 28 maggio 2014, in quanto essa produce effetti giuridici obbligatori idonei a incidere sui loro interessi modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica.

“Per quanto riguarda il merito, il Tribunale rammenta che i trattati hanno attribuito alla Commissione pressoché un monopolio in materia d’iniziativa legislativa. Secondo il Tribunale, l’esercizio del diritto d’iniziativa dei cittadini europei non può obbligare la Commissione a presentare una proposta di atto giuridico.

109 Consultabile: URL: http://curia.europa.eu/juris/liste.jsf?num=T-754/14&language=it# 110 sentenza del 10 maggio 2017, causa T-754/14, URL:

http://www.dirittounioneeuropea.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=734&catid=81&la ng=it

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Un’interpretazione contraria equivarrebbe a sottrarre qualsiasi potere discrezionale alla Commissione nell’esercizio del suo potere d’iniziativa legislativa a seguito di un’iniziativa dei cittadini europei. Il Tribunale ritiene, inoltre, che la comunicazione della Commissione sia sufficientemente motivata. In particolare, la Commissione ha osservato che, poiché le spese dell’Unione devono essere conformi ai trattati dell’Unione e alla Carta dei diritti fondamentali, il diritto dell’Unione garantisce che tutta la spesa dell’Unione, compresa quella destinata ad attività di ricerca, cooperazione allo sviluppo e sanità pubblica, rispetti la dignità umana, il diritto alla vita e il diritto all’integrità della persona.

La Commissione ha altresì spiegato che la vigente normativa dell’Unione risponde già a molte importanti richieste degli autori dell’iniziativa, nella fattispecie che l’Unionenonfinanziladistruzionediembrioniumaniecheistituiscacontrolliadeguati.Infin e,la Commissione ha affermato che il sostegno fornito dall’Unione nel settore medico-sanitario nei Paesi in via di sviluppo contribuisce in modo significativo a ridurre il numero di aborti mediante l’accesso a servizi sicuri ed efficienti e che un divieto di finanziamento dell’aborto praticato nei Paesi in via di sviluppo limiterebbe la capacità dell’Unione di realizzare gli obiettivi stabiliti in materia di cooperazione allo sviluppo, segnatamente quello relativo alla salute materna.”

Per concludere, il Tribunale rileva che la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione. Infatti, la Commissione non ha commesso un errore del genere allorché ha preso in considerazione il diritto alla vita e alla dignità umana

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degli embrioni umani prendendo al contempo in considerazione anche le esigenze della ricerca sulle cellule staminali, che può servire al trattamento di malattie attualmente incurabili o potenzialmente mortali, quali la malattia di Parkinson, il diabete, gli ictus, le malattie cardiovascolari e la cecità. Pertanto, la Commissione ha dimostrato il collegamento esistente tra gli aborti non sicuri e la mortalità materna, cosicché essa ha potuto concludere, senza commettere errori manifesti di valutazione, che il divieto di finanziamento dell’aborto ostacolerebbe la capacità dell’Unione di raggiungere l’obiettivo relativo alla riduzione della mortalità materna.

Con l’Ordinanza del 16 Marzo 2016 del Presidente della Prima Sezione del Tribunale111 si è rilevato che l’iniziativa legislativa del caso “One of us” ha la finalità di chiedere all’Unione europea la fine dei finanziamenti a tutte le attività, nelle quali, si distruggono embrioni umani nel settore della ricerca e della sanità pubblica.

Gli organizzatori, dell’iniziativa, hanno proposto tre modifiche legislative e ciò si pone in conflitto con l’IPPF112 e i suoi membri, in quanto costoro prestano servizi di interruzione della gravidanza e promuovono la pianificazione familiare e i diritti sessuali e riproduttivi.

La presente causa, quindi, solleva da un lato questioni relative all’impugnabilità della controversia ai sensi dell’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione

111URL:http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=9ea7d2dc30dd2bab8bf679c94a31b

d16ccc8ff9fd0ad.e34KaxiLc3qMb40Rch0SaxyOa390?text=&docid=175234&pageIndex=0&doclang=IT&mod e=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=569127

112 URL: https://www.ippf.org/. E’ un’organizzazione in favore della legislazione abortista, dell'educazione

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europea e dall’altro le questioni che riguardano la natura e il contenuto degli obblighi della Commissione ai sensi dell’articolo 10 paragrafo 1 lettera C del Regolamento UE 211/2011.

Quindi la presente causa non riguarda questioni legate alla politica dell’Unione europea in materia di libertà riproduttiva di conseguenza l’intervento dell’IPPF non contribuirebbe per il Tribunale al fine di valutare meglio il contesto della causa.

In conclusione, a prescindere che l’IPPF sia un’associazione rappresentativa di interessi per i suoi membri, tali interessi non possono essere pregiudicati dalla sentenza ai sensi della precedente giurisprudenza; pertanto l’istanza di intervento dell’IPPF deve essere respinta.

L’ordinanza ha, infine, così stabilito e sancito:

1) Le istanze di intervento presentate dall’International Planned Parenthood Federation e dalla Marie Stopes International sono respinte.

2) L’International Planned Parenthood Federation e la Marie Stopes International sopporteranno un quarto delle proprie spese.

3) L’Iniziativa dei cittadini europei «One of Us» e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sopporteranno le proprie spese relative alle istanze di intervento dell’International Planned Parenthood Federation e della Marie Stopes International, nonché i tre quarti delle spese di tali due entità.

4) La Commissione europea sopporterà le proprie spese relative alle istanze di intervento respinte.113

113 Testo citato da URL:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=9ea7d2dc30dd2bab8bf679c94a31bd16ccc 8ff9fd0ad.e34KaxiLc3qMb40Rch0SaxyOa390?text=&docid=175234&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst& dir=&occ=first&part=1&cid=569127

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In seguito la sentenza del 23 Aprile 2018114, della Corte di Giustizia, ha confermato

la decisione della Commissione di non presentare una proposta legislativa nell’ambito dell’iniziativa dei cittadini europei “One of us”. Secondo la Corte, la Commissione ha motivato la sua decisione e non ha commesso errori manifesti nella valutazione della situazione giuridica ad oggetto.

La sentenza ha così sancito:

1) Il ricorso è respinto.

2) La European Citizens’ Initiative One of Us e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sopporteranno le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3) La Repubblica di Polonia, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno le proprie spese.115

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