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I cittadini dell'Unione e l'iniziativa legislativa europea.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

TESI DI LAUREA:

I CITTADINI DELL’UNIONE E L’INZIATIVA LEGISLATIVA EUROPEA

Candidato: Matteo Santucci

Relatore: Chiar. mo Prof. Antonio M. Calamia

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Dedicata a Fernando, Giuseppe, Lorenzo, Matteo che adesso percorrono le vie celesti. A Giuseppe e a Cesare che hanno ritrovato la via di casa…

L’Europa è troppo grande per essere unita. Ma è troppo piccola per essere divisa. Il suo doppio destino è tutto qui. (Daniel Faucher)

Intanto voce fu per me udita: "Onorate l’altissimo poeta;

l’ombra sua torna, ch’era dipartita". DANTE ALIGHIERI (1265-1321)

La Divina Commedia -Inferno: C. IV, v. 81

Oseremmo dire che per la prima volta, dopo parecchi anni, in quelle sante relique, ma soprattutto in quella massa organica di uomini, il popolo ha sentito vivere una cosa della quale si era scordato, o si era ricordato solo per irriderla: ha riconosciuto lo Stato. Incredibile a dirsi, ha applaudito lo Stato. La Tribuna 5 Novembre 1921

L’Europa cerca, a ragione, di darsi una politica e una moneta comune, ma essa ha soprattutto bisogno di un’anima.

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Sommario

Introduzione ... 4

Capitolo 1: ... 6

L’introduzione dell’iniziativa legislativa dei cittadini europei ... 6

1. Il deficit democratico nell’Unione Europea ... 6

2. L’introduzione di una base giuridica per disciplinare l’iniziativa dei cittadini europei ... 15

3. L’iter previsto per la presentazione di una iniziativa ... 18

4. I dati raccolti al momento della sottoscrizione di un’iniziativa legislativa europea. ... 25

5. Il tema dell’iniziativa e le criticità emerse. ... 34

6. Il regolamento n° 211/2011 ... 36

Capitolo2: ... 40

L’esame delle iniziative fin qui proposte ... 40

1. Le iniziative presentate ... 40

2. Right2Water ... 41

2. Uno di noi ... 62

3. Stop Vivisection ... 65

5. Le problematiche ancora aperte ... 66

6. Uno sguardo conclusivo alla prassi. ... 73

Capitolo 3: ... 76

1. La garanzia giurisdizionale dei cittadini europei ... 76

2. La Sentenza Efler ... 77

3. Riflessioni sulla sentenza Efler ... 81

5. Il caso Anagnostakis ... 89

Conclusioni ... 101

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Introduzione

L’iniziativa dei cittadini europei, introdotta dal Trattato di Lisbona, è un’importante novità sul fronte del diritto europeo anche se presenta varie problematicità che sono state analizzate in questo scritto.

Soltanto in tredici dei ventotto Stati membri dell’Unione europea esiste, a livello nazionale, il diritto d’iniziativa legislativa per un numero significativo di cittadini, di poter sottoporre una proposta di legge all’attenzione del Parlamento nazionale. Si potrebbe quindi dedurre che l’Unione europea sia più ambiziosa di molti dei suoi Stati membri in materia di partecipazione diretta dei cittadini al processo legislativo.

Esiste però una differenza fondamentale tra il diritto d’iniziativa legislativa europeo e quello in vigore in alcuni Stati membri: nella maggior parte di essi, il diritto di iniziativa legislativa dei cittadini, permette a questi ultimi di sottoporre direttamente una proposta di legge al legislatore, vale a dire al Parlamento nazionale.

Nel caso dell’Unione europea, i cittadini possono solo chiedere alla Commissione europea, che dispone in base ai Trattati del diritto quasi esclusivo di iniziativa legislativa, di presentare una proposta di legge, ma non hanno la garanzia che la Commissione dia una risposta favorevole alla loro richiesta e che quindi il legislatore europeo (vale a dire il Parlamento europeo e/o il Consiglio dei Ministri europeo) sia effettivamente chiamato a discutere una proposta di legge europea richiesta dai cittadini.

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La ragione di tale differenza risiede nella particolarità del sistema istituzionale dell’Unione europea. Mentre negli Stati membri sia l’organo legislativo (il Parlamento) che l’organo esecutivo (il governo) hanno il potere di presentare proposte di legge, nell’Unione europea solo la Commissione europea dispone del diritto di presentare proposte di atti legislativi (salvo le eccezioni espressamente previste dai Trattati istitutivi, quali quelle riguardanti la politica estera e di sicurezza comune, dove la Commissione condivide il diritto di iniziativa con gli Stati membri e con l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza oppure la materia degli affari giudiziari e interni, dove la Commissione condivide il diritto di iniziativa legislativa con un quarto degli Stati membri).

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Capitolo 1:

L’introduzione dell’iniziativa legislativa dei cittadini

europei

1. Il deficit democratico nell’Unione Europea

L’espressione “Deficit Democratico” è stata usata per la prima volta nel 1977 nel Manifesto dei “Jeunes Européen Fédéralites” (Giovani Federalisti Europei)1 redatto da

Richard Corbett.

Questa espressione, coniata da Corbett, si riferiva al Parlamento Europeo che all’epoca era un organo che non veniva eletto in modo diretto dai cittadini europei2.

Il termine, deficit democratico, quindi inizialmente era adoperato in modo molto specifico.

La criticità del sistema europeo dell’epoca spinse a una maggiore partecipazione democratica che culminò con il conferimento della natura pienamente elettiva al Parlamento europeo nel 1979.

1 The first use of the term “Democratic Deficit”, URL:http://federalunion.org.uk/the-first-use-of-the-term-democratic-deficit/.

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Tuttavia le elezioni europee dalla prima edizione del 1979 hanno dimostrato una grande e progressiva disaffezione degli elettori verso l’istituzione fino a culminare nelle elezioni del 2014 con una affluenza, a livello europeo, del solo 43%3 degli aventi

diritto.

La problematica del deficit democratico in Europa è stata affrontata nelle conferenze intergovernative che poi hanno portato alla ratifica dei trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza dando maggiori poteri al Parlamento europeo e facendolo evolvere da assemblea consultiva a colegislatore.

Il trattato di Lisbona ha rafforzato i poteri finanziari, legislativi e di vigilanza del Parlamento europeo che ha acquisito una notevole influenza nella nomina della Commissione e del suo presidente.

In dottrina è stato osservato che l’aumento progressivo delle competenze avvenuto negli anni in favore del Parlamento europeo non ha portato a un suo rafforzamento né tanto meno a una possibile soluzione del deficit democratico4. Il deficit, inoltre,

oltreché democratico è anche rappresentativo ma non riguarda soltanto il Parlamento europeo ma, pur se in misura minore, anche i Parlamenti nazionali nei quali il pluralismo diffuso dei valori favorisce l’astensionismo degli elettori, la

3 URL: https://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/democratic_deficit.html?locale=it

4 Grimm D., Una Costituzione per l’Europa, in Zagrebelsky G. (a cura di), Diritti e Costituzione nell’Unione

Europea, Bari, Editori Laterza, 2005. Zagrebelsky G., Portinaro P.P., Luther J. (a cura di), Il futuro della Costituzione, Torino, Einaudi,1997, pag. 356 e ss.

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tecnicizzazione e l’internazionalizzazione della politica hanno causato uno sbilanciamento nel rapporto tra gli organi tale che il peso si sposta dal potere legislativo a quello esecutivo e giudiziario, con la conseguente sostituzione delle discussioni e delle decisioni con gli accordi e i negoziati.

Tali dinamiche sono presenti anche in ambito europeo ma con l’aggravante della mancanza del nesso, ancora presente nei Parlamenti nazionali, tra le elezioni e il lavoro del Parlamento, ovvero tra delega e responsabilità.

Questo nesso è stato fondamentale per costruire un sistema democratico perché costituisce uno dei capisaldi per creare un’unità politica dotata di legittimazione democratica.

Un primo problema è rappresentato dalle elezioni europee che in primo luogo non rispecchiano l’estensione demografica dei paesi5 e in secondo luogo vi è il problema

della normativa elettorale nazionale secondo la quale vengono eletti solamente partiti nazionali che incentrano le campagne elettorali per lo più su tematiche nazionali con la conseguenza che tali partiti, quindi, non appaiono affatto come soggetti attivi nel Parlamento europeo. In esso, infatti, sono attivi i partiti europei, ovvero alleanze di

5

Questo problema è stato messo in luce anche da altri osservatori, “Il principio secondo cui la rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale fissato dall'art.14 TUE implica una prima distorsione in conseguenza della quale i Paesi più piccoli sono sovra rappresentati rispetto a quelli di maggiori dimensioni come stabilito dalla decisione del Consiglio Europeo del giugno 2013 che ha definito il numero di parlamentari da eleggersi in ciascuno Stato membro: «di modo che ciascun deputato al Parlamento europeo di uno Stato membro più popolato rappresenti più cittadini di ciascun deputato di uno Stato membro meno popolato ma, al contempo, più uno Stato membro è popolato, più abbia diritto a un numero di seggi elevato»”. Gratteri A., Parlamento e Commissione: il difficile

equilibrio fra rappresentanza e governabilità nell'Unione europea, in La Comunità Internazionale, LXIX, 2, 2014, pag.

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partiti nazionali ideologicamente affini che, però, non hanno radici nella società. Questo è forse il limite principale del Parlamento europeo: la mancanza di relazione tra i partiti europei e la società che li esprime, quindi tra delega e responsabilità. Un altro fattore di debolezza che è quello dell’autonomia del potere esecutivo e giudiziario, fenomeno noto che si verifica anche nei Parlamenti nazionali, ma che nel Parlamento europeo è particolarmente drammatico considerato il livello di autonomia che hanno la Commissione e la Corte di giustizia dell’Unione europea rispetto ai processi democratici ed è inedito per qualunque altro Stato membro.

Vi sarebbero, quindi, due le strade percorribili6 per ovviare a queste problematiche: in

primis, porre fine all’emancipazione della Commissione e della Corte di Giustizia dell’Unione europea rispetto ai processi democratici che si svolgono nell’Unione europea e negli Stati membri e in secundis eliminare, o almeno ridurre, il deficit rappresentativo del Parlamento, mettendolo nelle condizioni di condizionare le decisioni politiche e di soddisfare la necessità di legittimazione democratica propria di ogni unità politica. Per quanto riguarda il primo aspetto il contenuto dei Trattati andrebbe limitato ai profili di natura costituzionale quindi alle competenza degli organi europei e ai diritti fondamentali europei. Quindi le disposizioni sulle politiche dell’Unione europea andrebbero declassate al rango di norme ordinarie affinché all’interno dell’Unione diventi possibile, attraverso la politica, di poter modificare la legislazione.

6 Cantaro A., EUROPA SOVRANA. La costituzione dell’Unione tra guerra e diritti, Bari, Edizioni Dedalo srl, 2003, Pag.53.

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Per il secondo aspetto, invece, per ridurre il deficit rappresentativo del Parlamento europeo è necessario che nelle elezioni europee vi siano dei veri partiti politici europei che, quando si presentano alle elezioni, abbiano dei programmi con ad oggetto gli interessi europei dei loro elettori.

Ultimamente si è parlato molto della contrapposizione tra “Stati Uniti d’Europa”7 e

“Stati Nazione”. Tra queste due alternative Grimm ha individuato una terza via che però non può prescindere dagli Stati nazione in quanto questi sono la condizione necessaria per garantire un fondamento democratico all’Unione europea (democrazia di riflesso) ma, secondo l’autore, non sarebbero sufficienti per contrastare la complessità del mondo globalizzato odierno. L’Europa quindi deve andare avanti solo come un’associazione di scopo tra Stati, al fine di espletare tutte quelle funzioni e quei compiti che gli Stati non sono più in grado di svolgere efficacemente da soli; ma non può ambire a replicare l’ideale di patria, anche emozionale, che esiste soltanto nello Stato nazione.

Si ritiene infine che modificando proceduralmente l’Unione europea alleggerendo i Trattati dalle questioni che devono essere decise a livello politico e limitando il potere

7 Espressione che, richiamandosi all’esperienza degli Stati Uniti d’America, indica tutte quelle proposte attraverso le quali gli Stati europei, mettendo da parte le proprie rivalità, potevano collaborare per la creazione di un’entità di tipo federale (v. Federalismo), capace di garantire lo sviluppo economico e la pace sul continente europeo. Uno dei primi promotori dell’idea degli Stati Uniti d’Europa fu Winston Churchill, che esortava tutti i paesi dell’Europa occidentale ad unirsi al fine di isolare la rivoluzione bolscevica e riavviare la ricostruzione economica dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale. In un suo famoso discorso tenuto all’università di Zurigo nel 1946, Churchill diede un contributo importante al progetto di un’Europa unita, ponendo l’accento sulla necessità di accelerare i tempi per la riconciliazione tra la Francia e la Germania. Il tormento e le devastazioni che l’Europa aveva subito durante la guerra dovevano essere lo stimolo giusto per costruire una struttura sotto la quale potesse regnare la pace e la libertà; il primo passo concreto in questa direzione fu l’istituzione Consiglio d’Europa,

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della Commissione e della Corte di Giustizia europea si avrebbe un miglioramento della democrazia sostanziale. Una semplice associazione di scopo tra Stati, in parte già esistente, rifletterebbe “un regime di mezza luce”.8

Un’altra parte della dottrina9 invece ritiene che la soluzione sarebbe quella della

trasformazione dell’Unione europea in un grande Stato federale ma è concorde con Grimm a proposito dell’eccessiva emancipazione della Commissione e della Corte di Giustizia europea rispetto ai processi democratici che si svolgono all’interno dell’Unione europea e degli Stati membri. Occorre quindi “Rafforzare la governante politica del mondo, quale contrappeso adeguato ad ogni pressione eccessiva dell’economia, è obiettivo urgente”10. Servirebbe quindi più politica soprattutto per le

decisioni di politica economica. Ma l’autore non si limita a constatare ciò ma anzi si chiede in quale momento della storia europea sia iniziata questa crisi democratica, istituzionale ed economica che ha portato, negli ultimi anni 15 anni, aduna strage moderna le cui vittime sarebbero: giovani disoccupati, cassaintegrati, un numero sempre più elevato di imprese fallite, il deperimento di strutture pubbliche che si occupano di servizi per la persona oltreché istituti di istruzione e ricerca e del patrimonio storico e artistico etc. Guarino ritiene che alla base di queste problematiche vi siano alcuni atti normativi europei tra i quali: il Regolamento UE

8 Paciotti E., La Costituzione europea: luci e ombre, Roma, Maltemi Editore, 2003.

9Guarino G., L’Unione europea è uno stato federale, in “Costituzionalismo.it”, Fascicolo 1, 2008, URL: http://www.costituzionalismo.it/articoli/295/.

10 Palma G. (a cura di), Enciclopedia Giuridica della sovranità per un sano patriottismo costituzionale, Milano, Editrice GDS, 2018.

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1466/199711, il Regolamento UE 1055/200512,il Regolamento UE 1175/201113 e il

Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria” (il cd. Fiscal Compact)14; l’autore ritiene inoltre che la responsabilità sia dei membri della Commissione, dei titolari degli organi dell’Unione e dei governi degli Stati membri che parteciparono alla formazione del Regolamento UE 1466/1997. Tutto questo avrebbe portato alla violazione del diritto costituzionale interno degli Stati membri in materia di ratifica dei Trattati, alla violazione della Costituzione degli Stati in quanto vennero imposti agli organi interni condotte e obblighi non contemplate da queste, alla violazione della sovranità degli Stati membri perché venne tolta, a questi, la possibilità di poter attuare le proprie politiche economiche. L’autore ritiene infine che il Trattato sull’Unione europea non contempla nessuna procedura specifica per le sue variazioni e che quindi quelle realizzate

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Regolamento UE n. 1466/97 del Consiglio 7/07/1997 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche. GU UE L 209 del 2.8.1997, pagg. 1–5.

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Regolamento (UE) n. 1055/2005 del Consiglio, del 27 giugno 2005, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche. GU L 352M del 31.12.2008, pagg. 183–186 (MT).GU L 174 del 7.7.2005, pagg. 1–4.

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Regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche. GU L 306 del 23.11.2011, pagg. 12–24.

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Il trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria” (il cd. Fiscal Compact) è stato firmato in occasione del Consiglio europeo dell’1-2 marzo 2012 da tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione di Regno Unito e Repubblica Ceca. Il trattato incorpora ed integra in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea.

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mediante questi Regolamenti sarebbero non solo illegittime ma anche inesistenti perché realizzate in presenza di una incompetenza assoluta.

La tesi di Guarino, tuttavia, è stata criticata da altri autori15 i quali ritengono che il Regolamento UE 1466/1997 e il Fiscal Compact abbiano dato origine ad accordi extra-UE che hanno introdotto sistemi formalmente autonomi a quello dell’Unione ma sarebbero, tuttavia, formalmente legittimi in quanto ancorati al diritto dell’Unione e delle sue istituzioni. Inoltre il diritto internazionale dei trattati consente la modifica di un accordo multilaterale solo tra alcune delle parti a patto che non si pregiudichino gli obiettivi dell’accordo base e i diritti delle altre parti come sancito all’articolo 41 della Convenzione di Vienna16, quindi anche, giuridicamente, il tutto sarebbe legittimo, restano comunque problemi di coordinamento normativo e istituzionale.

Nel 2011, anche per ovviare a molte delle problematiche sopra menzionate, con l’approvazione del Regolamento n. 211/201117riguardante il “Diritto d’iniziativa dei cittadini europei” è stata data la possibilità a tutti i cittadini europei di chiedere alla Commissione europea di occuparsi di atti legislativi, nei quali essa sia competente, ma con dei limiti molto stringenti.

Anche con questo nuovo istituto l’Unione Europea ha cercato di ovviare al deficit democratico rafforzando il dialogo tra la Società Civile e le istituzioni europee.

15 Tosato G. L., Ue: unità del diritto tra Trattato Esm e Fiscal Compact, in “Affarinternazionali.it”, s.l., 2017,

URL: http://www.affarinternazionali.it/2017/12/ue-unita-diritto-proposte/

16 URL: http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1978-12-21;870!vig=

17Regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, riguardante

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Al giorno d’oggi, però, il deficit democratico è ancora fortemente percepito in molti paesi europei, specialmente quelli del Sud Europa compresa l’Italia, dove negli ultimi anni sono nati, o se già esistenti hanno rafforzato notevolmente il loro consenso, movimenti e partiti politici di forte matrice nazionalista e identitaria che vorrebbero rimettere in discussione molti atti legislativi europei, specialmente in ambito economico-finanziario e monetario, se non addirittura intraprendere la strada dell’uscita dall’Unione Europea.

Magari la strada intrapresa dall’Unione Europea, sul fronte del deficit democratico, è quella giusta ma per far cambiare idea a moltissimi cittadini europei scettici (i c.d. euroscettici18) è necessario continuare, a mio avviso, con riforme che rendano l’Unione Europea sempre più partecipativa ma soprattutto ancor più accessibile da tutti i cittadini.

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2. L’introduzione di una base giuridica per

disciplinare l’iniziativa dei cittadini europei

Il trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, entrato poi in vigore a partire dal 2009, dopo aver modificato l’art 11 del Trattato sull’Unione Europea19, ha introdotto la base giuridica necessaria per disciplinare il diritto d’iniziativa dei cittadini europei (ICE European Citizens’Initiative). All’ultimo paragrafo dell’articolo 11 del Trattato sull’Unione Europea è sancito che: “Le procedure e le condizioni necessarie per la presentazione di una iniziativa dei cittadini sono stabilite conformemente all’articolo 24, primo comma del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”.20

L’articolo 24 del Tratto sul Funzionamento dell’Unione Europea oltre a rinviare al Regolamento 211/2011, per ciò che riguarda l’ICE, comprende anche lo strumento della Petizione e del Mediatore europeo.

La petizione è disciplinata dall’articolo 277 del Trattato sull’Unione Europea il quale stabilisce che: “Qualsiasi cittadino dell'Unione, nonché ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, ha il diritto di presentare, individualmente o in associazione con altri cittadini o persone una petizione al

19 Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità

europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, in GU UE C 306 del 17/12/2007, pag. 1–271.

20Art 24, par 1, TFUE: “Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la

procedura legislativa ordinaria, adottano le disposizioni relative alle procedure e alle condizioni necessarie per la presentazione di un'iniziativa dei cittadini ai sensi dell'articolo 11 del trattato sull'Unione europea, incluso il numero minimo di Stati membri da cui i cittadini che la presentano devono provenire”.

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Parlamento europeo su una materia che rientra nel campo di attività dell’Unione e che lo (la) concerne direttamente”.

L’articolo 228 del Trattato sull’Unione Europea invece disciplina la figura del Mediatore europeo il quale può ricevere, da qualunque cittadino persona fisica o giuridica con residenza o sede in uno Stato membro, le denunce riguardanti i casi di cattiva amministrazione delle istituzioni europee.

Il Mediatore, eletto dopo ogni elezione del Parlamento europeo, può procedere a tutte le indagini che ritiene opportune e nel caso accerti dei casi di cattiva amministrazione ne investe l’istituzione interessata.

Secondo il Comitato economico e sociale (EESC)21, che è intervenuto sul dibattito dell’ICE, l’iniziativa dei cittadini europei rappresenta un superamento dei due strumenti sopracitati e un primo elemento di democrazia diretta a livello transnazionale.

Dall’11 Novembre 2009 al 31 Gennaio 2010 la Commissione Europea ha svolto una consultazione pubblica con alla base un “Libro Verde”22 articolato in dieci punti per raccogliere opinioni in merito al funzionamento e le modalità pratiche di funzionamento di questo nuovo istituto. Esaminati i risultati della consultazione pubblica, la Commissione Europea ha adottato il 31 Marzo 2010 una proposta di

21 Art 300, par 2, TUE: “Il Comitato economico e sociale è composto da rappresentanti delle organizzazioni di

datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile, in particolare nei settori socioeconomico, civico, professionale e culturale”.

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regolamento. Il 16 Febbraio 2011 è stato approvato il Regolamento n. 211/2011 riguardante il “Diritto d’iniziativa dei cittadini europei”. Tale diritto consente ai cittadini europei di chiedere che la Commissione europea proponga un atto legislativo su questioni nelle quali l’Unione Europea ha il potere di legiferare e che sia una materia di competenza della Commissione. Un’iniziativa deve essere sostenuta da almeno un milione di cittadini europei e questi devono far parte di almeno sette Stati dell’Unione e per ogni Stato è previsto un numero minimo di firme:

23Tabella numero minimo di firmatari per Stato membro:

23 Tabella tratta da: ALLEGATI della Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l’iniziativa dei cittadini europei{SWD(2017) 294 FINAL}. Bruxelles 13/09/2017 COM (2017) 482

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Per far partire un’iniziativa deve essere costituito un “Comitato dei cittadini” composto dal almeno sette cittadini europei residenti in almeno sette Stati membri diversi. I membri del comitato devono aver raggiunto l’età del diritto di voto (18 anni in tutti i paesi, eccetto l’Austria dove l’età è di 16 anni) e non è necessario che siano iscritti a liste elettorali.24

3. L’iter previsto per la presentazione di una iniziativa

L’iniziativa presentata può essere gestita solo ed esclusivamente dal Comitato e dai suoi membri; non vi può essere la gestione da parte di un’organizzazione. Le organizzazioni possono comunque promuovere o sostenere una o più iniziative a patto che il tutto venga svolto in maniera trasparente.

Gli organizzatori sono tenuti, prima di iniziare la raccolta delle dichiarazioni di sostegno, a registrare l’iniziativa presso il “Registro Ufficiale del Diritto d’iniziativa

dei cittadini europei” al seguente indirizzo:

http://ec.europa.eu/citizens-initiative/public/basic-facts.

Dopo la presentazione per via elettronica della richiesta di registrazione, gli organizzatori saranno invitati a fornire, entro un mese, una copia dei documenti che confermano l'identità, la data di nascita, la nazionalità e il luogo di residenza di ciascuno dei sette membri del comitato dei cittadini.

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Se la prima fase della procedura dell'ICE si presenta come una semplice forma di compilazione e caricamento di dati online, il sistema di raccolta online delle sottoscrizioni è più complesso e prevede tre passaggi fondamentali:

1) La scelta del software: gli organizzatori possono scegliere di usare il software open source elaborato dalla Commissione che è disponibile gratuitamente ed offre tutte le funzionalità necessarie per raccogliere online le dichiarazioni di sostegno, archiviare in modo sicuro i dati personali dei firmatari ed inviare i dati alle autorità nazionali competenti;

2) La ricerca di un provider che possa ospitare il sistema: gli organizzatori sono tenuti a trovare un provider che ospiti il sistema di raccolta online e che archivi i dati raccolti nel territorio di uno Stato membro, devono inoltre assicurarsi che il fornitore di hosting e i server usati per ospitare il sistema rispondano ai requisiti del Reg. (UE) n. 1179/201125;

25 Regolamento di esecuzione (UE) n. 1179/2011 della Commissione, del 17 novembre 2011, che fissa le

specifiche tecniche per i sistemi di raccolta elettronica a norma del regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l’iniziativa dei cittadini. GU UE L 301 del 18.11.2011, pagg. 3–9.

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3) La certificazione del sistema di raccolta online: gli organizzatori sono tenuti a richiedere alle autorità competenti dello Stato membro26 in cui il fornitore di hosting archivierà i dati raccolti la certificazione del sistema di raccolta online e devono fornire a quest'ultima un'adeguata documentazione (che è quella prevista dal Reg. (UE) n. 1179/2011).

La possibilità di raccolta online delle sottoscrizioni, che oltre ad essere certamente un elemento di grande interesse per quanto attiene ad una semplificazione del procedimento ed a una celerità nonché semplicità della procedura di raccolta delle sottoscrizioni, risulta anche essere coerente con l'impegno dei governi degli Stati membri dell'Unione di favorire politiche per un'accelerazione dei processi di digitalizzazione dell'amministrazione e di sempre maggiore garanzia nella trasparenza delle informazioni.

Tutti questi aspetti raffigurano una procedura basata principalmente sulle tecnologie digitali a portata dei e-cittadini europei e imposta l'ICE quale strumento elettronico della partecipazione popolare europea.

A registrazione avvenuta il comitato ha un anno di tempo per raccogliere le dichiarazioni di sostegno. Inoltre, i firmatari devono essere cittadini europei provenienti da almeno un quarto di Stati membri, ovvero sette Stati.27

I firmatari di una ICE devono essere cittadini dell’UE che godano del diritto di voto

26 Ad esempio, in Austria, il “Bundeswahlbehorde p.A. Bundesministerium fur Inneres”, in Italia,

“l'Agenzia per l'Italia Digitale”; in Spagna, “l'Oficina del Censo Electoral”.

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alle elezioni al Parlamento europeo; l'identità del firmatario e la sua capacità deve essere verificata da parte delle autorità nazionali competenti. Il cittadino quindi, al momento della dichiarazione, deve affermare che “ha sostenuto una sola volta con la propria firma la presente iniziativa popolare proposta”. Qualsiasi sia il modo impiegato per appoggiare un'iniziativa popolare a livello europeo, le firme devono essere riportate su appositi moduli previsti. Oltre ai requisiti generali, i sistemi di raccolta firme per via elettronica dovranno garantire:

a) che solo le persone fisiche possano sostenere una ICE;

b) la sicurezza dei dati e l’adeguatezza alle finalità, così come la protezione dei dati personali da distruzione accidentale, dolosa o da perdita accidentale, alterazioni o da diffusione e accesso non autorizzati;

c) che si attenga all’apposito formulario presente nell’allegato III28 del regolamento riguardante l'iniziativa dei cittadini.

Gli organizzatori, dopo aver raccolto le dichiarazioni di sostegno necessarie, devono chiedere alle autorità nazionali competenti di ogni Stato membro in cui le dichiarazioni sono state raccolte, di certificare il numero delle dichiarazioni valide per ciascun paese.29 La certificazione deve essere richiesta separatamente, e soltanto una volta, per ciascuno Stato membro per il quale sono state raccolte le firme.

28Art. 6, comma 4, Reg. (UE) n. 211/2011. 29 Art. 15, Reg. (UE) n. 211/2011.

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Le dichiarazioni di sostegno online possono essere stampate e inviate su carta oppure inviate su supporto elettronico con mezzi sicuri.30 Il tempo messo a disposizione dalle autorità competenti per certificare il numero delle dichiarazioni valide è di tre mesi.

Per la verifica, le autorità nazionali possono procedere seguendo le tecniche che ritengono più adeguate, ma l'operazione deve essere svolta previa fissazione, a livello europeo, di alcuni requisiti minimi che riguardano, da una parte, la verifica e l'autenticazione delle firme e, dall'altra, l'obbligo di agevolare il processo di raccolta e di eliminare condizioni eccessivamente restrittive in modo da ottenere il rispetto di procedure comuni nell'intera Unione, ma anche una certa flessibilità a vantaggio dei singoli Stati. Quest'ultimi si avvalgono di appositi strumenti, fra cui i controlli a campione.31 Il consiglio è quello di raccogliere più firme del necessario perché le verifiche da parte delle autorità nazionali potrebbero comportare la certificazione di un numero di dichiarazioni di sostegno inferiore a quello fornito dagli organizzatori. A seguito dell'emendamento proposto dal Parlamento europeo, al dettato dell'articolo 8 del Regolamento 211/2011 venne aggiunto che “non verrà richiesta l'autenticazione

30 Il software messo a punto dalla Commissione consente l'invio delle dichiarazioni in formato XML.

31 D.P.R. 18 ottobre 2012, n. 193, Regolamento concernente le modalità di attuazione del regolamento (UE)

n. 211/2011 riguardante l’iniziativa dei cittadini, G.U. n. 267 del 15 novembre 2012, art. 1:

1. Il Ministero dell’interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali è autorità competente per la verifica e la certificazione delle dichiarazioni di sostegno delle iniziative dei cittadini registrate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, di seguito denominato regolamento.

2. La verifica delle dichiarazioni di sostegno raccolte su carta o in formato elettronico è effettuata mediante il procedimento di campionamento casuale semplice [...]. Si veda inoltre allegato A per la procedura a campione e l'art. 3 relativo alle competenze dell'autorità nazionale nella verifica delle dichiarazioni di sostegno.

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delle firme”. Logicamente gli opportuni controlli sono diversi a seconda che si tratti di un controllo di firme cartacee, firme elettroniche con certificato riconosciuto e i sostegni via web senza firma avanzata. E’ indubbio che i sostegni elettronici di una ICE possono contare su una maggiore affidabilità nella loro autenticazione rispetto a quelli cartacei; tutto questo, chiaramente, a scapito dei rischi informatici che si possono incorrere alla luce dell'esperienza.

In questa fase di controllo delle dichiarazioni di sostegno da parte dell'autorità nazionale potrebbero sorgere difformità e disfunzioni riguardanti la piattaforma usata. Bisogna ricordare che lo Stato che deve verificare le firme ricevute si vede obbligato a riconoscere un sistema di raccolta di firme accreditato in un altro Stato membro dell'Unione europea. Inoltre, nel riconoscere i sostegni effettivi dovrà attenersi alla propria legislazione e pratica nazionali e tale rinvio non permette negare la validità dei sostegni ricavati con un sistema web accreditato in un altro Stato membro.

Una volta controllate le dichiarazioni di sostegno, le autorità nazionali dovranno rilasciare un apposito certificato circa il numero di firme valide. Il rilascio del certificato non comporta nessun onere finanziario a carico degli organizzatori dell'ICE. Tale certificato deve essere conforme al modello previsto nell’allegato VI del regolamento.32 Se le autorità nazionali non rilasciano il certificato entro il termine massimo previsto, gli organizzatori, come nel caso della certificazione del sistema di raccolta online, potranno impugnare la decisione e presentare denuncia alla Commissione europea per mancata applicazione del diritto dell'UE.

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Dopo aver ottenuto dalle autorità nazionali competenti (che devono essere almeno sette) i certificati che attestano l'avvenuta raccolta del numero di dichiarazioni di sostegno necessarie, l'iniziativa può essere presentata alla Commissione europea, allegando assieme ad essa, le informazioni circa i costi della campagna di raccolta firme e i finanziamenti ricevuti. La Commissione, una volta che l'iniziativa sia stata correttamente presentata, è tenuta a renderla pubblica sul proprio sito web, a esaminarla e a fornire una sua valutazione. Riscuote vasto sostegno nella dottrina il fatto di aver stabilito l'obbligo e il limite temporale di tre mesi entro il quale la Commissione è tenuta ad adottare una comunicazione in merito all'iniziativa popolare europea33. Entro tale termine la Commissione quindi può: incontrare gli organizzatori dell’iniziativa e chiedere loro di spiegarne nel dettaglio i contenuti; invitare gli organizzatori a esporre la loro iniziativa in un’audizione pubblica del Parlamento europeo; e infine, può inviare una risposta scritta agli organizzatori illustrando quali azioni intraprenderà in merito all’iniziativa e le motivazioni per agire o meno in tal senso.

33 Bova C., L’iniziativa legislativa popolare nell’Unione Europea, in “democraziaesicurezza.it”, anno II, n. 4,

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4. I dati raccolti al momento della sottoscrizione di

un’iniziativa legislativa europea.

Il terzo comma dell’articolo 5 del Reg. (UE) n. 211/2011 dispone che potranno essere richiesti “unicamente” i dati inseriti nel formulario dell’allegato III. Ed è opportuno ricordare che nove tra gli Stati membri che non richiedono che i cittadini siano identificati mediate l’esibizione di un numero personale di identità o di un documento d'identità personale per appoggiare una ICE.34 Ciò che sarebbe da rivedere nella procedura è proprio la tipologia dei dati necessari per sottoscrivere una proposta. Il fatto che alcuni Stati riescono ad identificare un cittadino ed autenticare la sua firma funge da esempio per gli altri Stati nella semplificazione di questa fase della procedura.

Nella maggior parte degli Stati vengono richiesti dati riguardanti il nome e il cognome; l'indirizzo di residenza (via, numero, codice postale, città e stato); data e luogo di nascita e nazionalità. Inoltre, viene richiesta la firma, salvo “quando il formulario sia in formato elettronico senza firma elettronica”. Inizialmente la Commissione incluse anche l’indirizzo di posta elettronica, ma successivamente venne considerato eccessivo dal Garante europeo per la protezione dei dati personali (GEPD) e quindi rimosso nella versione finale.35

Negli Stati in cui viene richiesto il numero personale di identità o numero di un

34 Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia.

35 Parere del Garante europeo della protezione dei dati sulla proposta di regolamento del Parlamento

europeo e del Consiglio riguardante l’iniziativa dei cittadini, 2010/C 323/01, GU UE. 30 novembre 2010, art. 59, disponibile a

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documento d'identità personale, come in Italia, i dati richiesti sono sproporzionati e non si intravede nessuna ragione nel richiedere il domicilio, data e luogo di nascita. Paragonato al procedimento a livello nazionale in caso di una iniziativa legislativa popolare, indubbiamente vengono richiesti dati superflui che rende più lenta la procedura, per non parlare del fatto che, data la dimensione transnazionale di tale strumento, sarebbe più opportuno semplificare il modulo per le dichiarazioni di sostegno, pur sempre assicurando l'affidabilità della procedura.

Si dovrebbero richiedere soltanto i dati necessari, solamente per verificare l’identità del firmatario, ossia nome, cognome, indirizzo, data di nascita e cittadinanza, aggiungendo la dichiarazione del firmatario di aver sottoscritto l’iniziativa soltanto una volta.36

I dati di coloro che sostengono una ICE servono per rendere effettiva la proposta avanzata nella fase di verifica e certificazione del numero di dichiarazioni valide di sostegno ricevute dalle autorità nazionali.37 Il riferimento alle finalità dei dati raccolti durante la campagna di sostegno di una ICE è presente in diverse disposizioni del Reg. (UE) n. 211/2011 (art. 4, c. 2, lett. b); art. 6,c. 4, lett. b); artt. 3 e 4; Allegato III e Considerando 13). Conseguentemente, gli organizzatori non possono far uso improprio dei dati personali raccolti in occasione di una proposta avanzata, così come non possono riutilizzarle per riproporre un'ulteriore ICE o creare qualsiasi tipo di

36 Si veda anche il Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento

del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l’iniziativa dei cittadini COM(2010) 119 definitivo - 2010/0074 (COD), 14 luglio 2010, p.to 3.2.1. rubricato “Numero di identità personale”, disponibile a URL: www.eesc.europa.eu/resources/docs/ces993-2010_ac_it.doc.

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mailing list sulla base dei dati raccolti a scopi diversi da quello dell'iniziativa presentata. Allo scopo di collegare le finalità dei dati raccolti alla sola iniziativa avanzata, il Regolamento prevede operazioni di distruzione dei dati raccolti sia da parte degli organizzatori che da parte delle autorità nazionali competenti. Gli organizzatori sono tenuti a distruggere tutte le dichiarazioni di sostegno ricevute per l'iniziativa in questione e le eventuali loro copie entro un limite temporale prestabilito.38 La stessa disposizione è rivolta anche alle autorità nazionali competenti che provvederanno alla distruzione dei dati raccolti entro un mese dal rilascio del certificato.39 In riferimento alla sottoscrizione in forma anonima, si potrebbe affermare che, in base alla Direttiva 95/46/CE, oggi sostituita dal Regolamento (UE) 2016/679 (applicabile a decorrere dal 25/05/2018)40, in materia di protezione dati e la sua trasposizione nell'ordinamento italiano, dati anonimi o pseudonimi in caso di dichiarazioni a sostegno di una ICE potrebbero essere usati solamente a “fini storici, statistici e scientifici”. Il regolamento n. 211/2011 stabilisce quali responsabili del trattamento dei dati “gli organizzatori di un’iniziativa popolare europea gli organizzatori e le autorità nazionali competenti per la verifica e la certificazione delle dichiarazioni di sostegno.41 Con questa disposizione si scioglie ogni tipo di dubbio

38 Art. 12, comma 3, Reg. (UE) n. 211/2011: “gli organizzatori [...] distruggono tutte le dichiarazioni di sostegno ricevute per l'iniziativa in questione e le eventuali loro copie entro il termine più breve tra i seguenti: un mese dopo aver presentato tale iniziativa alla Commissione a norma dell'articolo 9 oppure diciotto mesi dopo la data di registrazione di una proposta d'iniziativa dei cittadini”.

39 Art. 12, comma 4, Reg. (UE) n. 211/2011

40 Si vedano art. 6, comma1, lett. b) della Direttiva 95/46/CE e Titolo VII d.lgs. n. 196/2003. 41 Art. 12, comma 2, Reg. (UE) n. 211/2011.

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rispetto a chi deve essere considerato responsabile del trattamento dei dati personali dei sottoscrittori. Inoltre, “gli organizzatori saranno responsabili dei possibili danni arrecati in fase di organizzazione di un’iniziativa popolare europea in conformità del diritto nazionale applicabile”.42 Tale responsabilità viene rinforzata inoltre dalla disposizione circa il ruolo degli Stati membri nell’” assicurarsi che gli organizzatori siano sottoposti alle sanzioni adeguate per ogni infrazione del regolamento e, in particolare, per false dichiarazioni [...] o l’utilizzo fraudolento di dati”.43 Di fatto, le sanzioni dovranno essere “effettive, proporzionate e dissuasive”.44

Si rammenta che gli organizzatori e le autorità nazionali competenti debbano assumersi tutte le responsabilità nel trattamento dei dati personali raccolti e nella sua qualità di “responsabile del trattamento” determina le finalità e gli strumenti di trattamento dei dati cosi come risultano dalle disposizioni legislative nazionali o europee. Ad ogni modo le responsabilità non saranno solo per i “danni”, bensì anche per qualsiasi atto illegale di carattere civile, amministrativo, penale, secondo le rispettive legislazioni applicabili.

Le operazioni di raccolta delle dichiarazioni di sostegno e della loro verifica e certificazione da parte delle autorità nazionali impongono un trattamento adeguato dei dati personali; perciò, è pienamente applicabile il sistema di protezione dei dati

42 Art. 13, Reg. (UE) n. 211/2011. 43 Art. 14, Reg. (UE) n. 211/2011 44 Art. 2, lett. d), Direttiva 95/46/CE.

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personali previsto dalla normativa nazionale ed europea.45

Come sancito dall'articolo 6 del Reg. (UE) n. 211/2011, gli organizzatori dovranno ottemperare ad una sola legislazione nazionale di protezione dati in modo da poter utilizzare un unico sistema di raccolta di sottoscrizioni via web sul territorio dell'UE. La normativa applicabile sarà quella dello Stato scelto, dato che il sistema sarà certificato nello Stato membro dove saranno archiviati i dati raccolti tramite il sistema stesso. Di conseguenza, farà fede il luogo dell'archiviazione dei dati nello Stato membro scelto ai fini della legge applicabile e della definizione delle competenze e responsabilità dell’autorità nel proteggere i dati raccolti.

Le autorità alle quali spetta la verifica delle dichiarazioni di sostegno saranno considerate responsabili del trattamento dei dati e dovranno rispondere dell'archiviazione di suddetti dati. In tal senso, in Italia, l'Ente nazionale per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (DigitPA) dovrà creare, pubblicare e registrare un archivio del sistema di gestione della verifica dei sostegni ricevuti.46 Il Reg. (UE) n. 211/2011 prevede che se le dichiarazioni di sostegno sono raccolte per via elettronica, il sistema utilizzato a tal fine deve soddisfare determinati requisiti tecnici e di sicurezza e deve essere certificato dall'autorità competente dello Stato membro interessato.

Nel corso della raccolta delle dichiarazioni di sostegno per via elettronica gli

45 Art. 12, comma 1, Reg. (UE) n. 211/2011.

46Per la configurazione di sicurezza che rispetta i requisiti minimi si veda Determinazione Commissariale n. 168-2013 DIG riguardante “Modalità di presentazione della domanda per la certificazione dei sistemi di raccolta elettronica per le iniziative dei cittadini europei — applicazione del Regolamento (UE) n. 211/2011” disponibile su

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organizzatori di un'iniziativa popolare europea, in qualità di responsabili del trattamento dei dati, attuano le specifiche tecniche di cui al Reg. di esecuzione n. 1179/201147 al fine di garantire la protezione dei dati personali trattati. Qualora il trattamento sia effettuato da un responsabile del trattamento, gli organizzatori garantiscono che l'incaricato agisce soltanto su loro istruzioni e attua le specifiche tecniche stabilite nel Regolamento in questione.

Il sistema di raccolta per via elettronica è costituito da un'istanza applicativa basata su web creata allo scopo di raccogliere le dichiarazioni di sostegno per un'unica iniziativa dei cittadini; inoltre tale sistema rileva e impedisce la duplice trasmissione delle dichiarazioni di sostegno. Oltre ai requisiti funzionali indicati, per assicurare un livello di sicurezza adeguato, il sistema è adeguatamente protetto contro le vulnerabilità e gli attacchi da iniezione (injection flaws), ad esempio attraverso interrogazioni SQL (Structured Query Language), LDAP (Lightweight Directory Access Protocol), in linguaggio XML Path (XPath), i comandi del sistema operativo o gli argomenti del programma, contro il Cross-Site Scripting (XSS).48

Il Reg. (UE) n. 211/2011 prevede chiaramente disposizioni relative ai requisiti di sicurezza necessari per l'archiviazione dei dati personali raccolti: ai sensi degli articoli 6, comma 4, lett. b) e 12, comma 6, i dati devono essere protetti contro distruzioni, perdite, alterazioni accidentali o illecite, la diffusione o l'accesso senza autorizzazione da parte dei terzi qualora il trattamento implichi la trasmissione dati

47 Regolamento di esecuzione (UE) n. 1179/2011, GUUE L301/6, 18 novembre 2011, disponibile su URL:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2011:301:0003:0009:IT:PDF.

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all’interno di una rete.

I dati personali raccolti in caso di sostegno espresso per una ICE, così come quelli degli organizzatori, sono da considerare categorie particolari di dati in quanto rivelano “opinioni politiche, convinzioni religiose o filosofiche”49; di conseguenza, sia gli organizzatori che le autorità nazionali, in qualità di responsabili del trattamento, sono tenuti a verificare la veridicità delle firme raccolte e a tutelare suddetti dati con mezzi di sicurezza di alto livello. Di fatto, il rispetto dei principi relativi alla legittimazione del trattamento dei dati raccolti — e le sanzioni previste in caso di inosservanza — possono prefigurare una barriera materiale nell'articolazione del sostegno di una ICE. Cionondimeno, è necessario contrastare il possibile fenomeno di dumping nella protezione dei dati e la ricerca di Stati rifugio dove la normativa e i controlli siano meno esigenti.

L’effettiva garanzia della distruzione delle dichiarazioni di sostegno ricevute e di tutte le copie da parte degli organizzatori è espressamente sancita dal Regolamento europeo: il terzo comma dell'articolo 12 vincola gli organizzatori a distruggere i dati raccolti entro un “termine più breve”, lasciando alla loro discrezione di scegliere tra “un mese dopo aver presentato tale iniziativa alla Commissione [...] oppure diciotto mesi dopo la data di registrazione di una proposta d'iniziativa dei cittadini”. Dall'altra parte anche l’autorità nazionale competente per la verifica e la certificazione delle sottoscrizioni deve provvedere alla loro distruzione “al più tardi un mese dopo aver

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rilasciato il certificato”50. Lo scopo della raccolta è circoscritto alla sola iniziativa europea presentata e tali operazioni di distruzione dei dati raccolti sono vincolanti salvo procedimenti giudiziari e amministrativi necessari, e in ogni caso, “al più tardi una settimana dopo l'adozione di una decisione definitiva a conclusione di tali procedimenti”.

Recentemente sono state introdotte delle novità con il regolamento 2016/679/UE inerente la protezione delle persone fisiche in merito al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (General Data Protection Regulation) imponendo a molti atti UE dei cambiamenti. Tra questi il regolamento in materia di iniziativa dei cittadini europei. Pertanto è stato adottato il nuovo regolamento delegato (UE) 2018/1239 della Commissione, del 9 luglio 2018, che modifica l’allegato III del regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l’iniziativa dei cittadini, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 234 del 18 settembre 2018 (2018:1239). Con il nuovo testo sono state modificate le dichiarazioni di riservatezza incluse nei moduli di dichiarazione di sostegno (parte A e parte B) ed è stato fissato un termine di conservazione dei dati non superiore ai 18 mesi a partire dalla data di registrazione della proposta d’iniziativa dei cittadini o di un mese dopo aver presentato l’iniziativa della Commissione. Se l’interessato ritiene che i dati siano stati trattati in modo illecito, è prevista la possibilità di un reclamo a un’autorità di protezione dei dati, in

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particolare nello Stato di residenza abituale, nel luogo di lavoro o nel luogo della presunta violazione.51

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5. Il tema dell’iniziativa e le criticità emerse.

Il tema dell’iniziativa dei cittadini europei (ICE) negli ultimi anni ha suscitato una notevole attenzione ed un acceso dibattito dottrinale, culturale e politico.52

Comunque tale interesse è sensibilmente aumentato dopo l’approvazione del Regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha dato concreta attuazione agli artt. 11, par. 4, TUE e 24, comma 1, TFUE ed ha dotato l’ICE di una più precisa fisionomia.

Ciò trova riscontro con il numero elevato di iniziative presentate dimostrando che i cittadini europei ripongono molte aspettative in tale strumento di democrazia partecipativa53, che è una vera novità di assoluta importanza e che non ha precedenti e non trova confronti negli omologhi istituti nazionali.

Purtroppo, le criticità emerse nell’applicazione pratica e la progressiva diminuzione, in termini percentuali, del numero delle iniziative presentate nell’ultimo periodo stanno portando a ridimensionare la portata. Ciò trova fondamento se si considera che finora nessuna iniziativa si è tradotta in una vera e propria proposta legislativa da

52 cfr., Mastroianni R., L’iniziativa dei cittadini europei, Maffeo A. (a cura di), in “I Quaderni del Corso di perfezionamento in Diritto dell’Unione europea dell’Università di Napoli Federico II”, Napoli, 2015; v. inoltre

la Risoluzione del Parlamento europeo del 28 ottobre 2015 sull'iniziativa dei cittadini europei, consultabile sul sito URL: http://www.europarl.europa.eu

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parte della Commissione europea54. Quest’ultima ha riconosciuto alcune lacune nel funzionamento dell’ICE e si sta impegnando ad apportare dei correttivi, avviando anche una consultazione pubblica per raccogliere suggerimenti55, spesso sono venute fuori delle differenze di vedute rispetto alla gestione delle proposte di ICE tra la Commissione e i comitati dei cittadini, dando origine a un ampio contenzioso dinanzi al Tribunale dell’Unione.

In particolare, il giudice dell’Unione recentemente ha accolto il ricorso introdotto da un comitato promotore contro il rifiuto della Commissione di registrare un’iniziativa denominata “Stop TTIP”56. La sentenza, che segue a breve distanza un’analoga pronuncia dello stesso Tribunale57, segnando così una nuova “sconfitta” della Commissione. Ciò merita un’attenta riflessione.

54 sul punto, si permetta di rinviare a F. Ferraro, “L’iniziativa dei cittadini europei alla prova dei fatti”, in

Mastroianni R., L’iniziativa dei cittadini europei, Maffeo A. (a cura di), in I Quaderni del Corso di

perfezionamento in Diritto dell’Unione europea dell’Università di Napoli “Federico II”, Napoli, 2015, pag. 57. 55 URL: http://ec.europa.eu/info/consultations/public-consultation-european-citizens-initiative_it

56 sentenza del 10 maggio 2017, causa T-754/14, Efler c. Commissione.

57 sentenza del 3 febbraio 2017, causaT-646/13, Minority SafePack – one million signatures for diversity in Europe c. Commissione.

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6. Il regolamento n° 211/2011

Il Regolamento n. 211/2011 disciplina un procedimento amministrativo “su misura” per l’ICE, che rivela la sua natura complessa e sui generis. Tale procedimento può essere convenzionalmente suddiviso in diverse fasi:

1) nascita dell’iniziativa e costituzione del comitato dei cittadini;

2) registrazione formale dell'iniziativa;

3) raccolta delle dichiarazioni di sostegno (eventuale certificazione del sistema on-line per la raccolta stessa);

4) verifica delle dichiarazioni di sostegno;

5) presentazione della proposta;

6) esame e risposta da parte della Commissione.

In via generale possiamo affermare che le disposizioni del Regolamento e, conseguentemente, del relativo procedimento possono essere influenzate dal concetto più tradizionale dell’equilibrio istituzionale dell’Unione che attribuisce alla Commissione la competenza esclusiva di verificare l’oggetto, le finalità e il contenuto delle proposte legislative, in quanto rappresentatrice generale dell’Unione, «salvo che i Trattati non dispongano diversamente»(art. 17, par. 2, TUE).L’orientamento manifestato dalla Corte di giustizia in ordine all’equilibrio istituzionale dell’Unione

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conferma questo monopolio – o quasi monopolio - dell’iniziativa legislativa della Commissione, e riconosce a tale istituzione la prerogativa generale di ritirare le sue proposte fino a che il Consiglio non abbia deliberato58.

I cittadini dell’Unione (attraverso l’ICE) in sostanza non possono direttamente proporre l’adozione di un atto giuridico dell’Unione, ma sono solo legittimati a chiedere alla Commissione di presentare eventualmente una proposta.

Nonostante la concreta qualificazione giuridica dell'ICE, le stringenti condizioni previste nel Regolamento rendono praticamente molto improbabile che un'iniziativa possa essere realizzata dal basso senza coinvolgere gruppi di interesse organizzati, lobby o associazioni. Pertanto, l’iniziativa di invitare la Commissione a presentare una proposta è subordinata non solo al sostegno di un milione di cittadini provenienti da almeno sette Stati membri e di un numero di firme minime in ogni Stato membro, ma anche al rispetto di addizionali obblighi stabiliti nel Regolamento.

Prima di iniziare la raccolta delle dichiarazioni di sostegno dei firmatari per un’ICE, il Comitato deve presentare una specifica richiesta di registrazione alla Commissione europea e fornire alcune informazioni fondamentali (inerenti il titolo dell’iniziativa, la descrizione dell’oggetto, gli obiettivi, i dati necessari per contattare i membri del Comitato e le forme di finanziamento dell’iniziativa).

58 Sentenza del 14 aprile 2015, causa C-409/13, Consiglio dell’Unione europea c. Commissione europea; cfr.

R. ADAM, Il potere d’iniziativa della Commissione e il processo decisionale: il difficile equilibrio tra ritiro della

proposta e potere decisionale, in Tizzano A. (a cura di), Verso i 60 anni dai Trattati di Roma, Stato e prospettive dell’Unione europea, Torino, Giappichelli, 2016, Pag. 21.

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La Commissione deve registrare l’iniziativa entro due mesi dalla data di ricevimento delle informazioni, salvo che decida di rifiutarla perché non sono rispettate le condizioni preliminari, previste dall’art. 4, par. 2, del Regolamento 211/2011.

In pratica, è stato creato un filtro che consiste nel delegare alla Commissione il compito di adottare una decisione preliminare sull’ammissibilità dell’iniziativa, in modo da evitare che l’istituto sia utilizzato illegittimamente o al solo fine di ottenere una visibilità pubblica.

C’è da sottolineare che la Commissione ha rigettato diverse iniziative in base a un’interpretazione molto restrittiva del Regolamento, che rende inutile lo sforzo partecipativo di molti cittadini dell’Unione. C’è da dire che a volte la responsabilità va condivisa con gli stessi promotori, che hanno presentato iniziative lacunose, incomprensibili e poco motivate.

Superato lo scoglio della registrazione i promotori iniziano a raccogliere su carta e/o on-line le dichiarazioni di sostegno dei cittadini entro 12 mesi, con le modalità stabilite dai paesi di appartenenza. Dopodiché gli organizzatori devono chiedere alle autorità nazionali delegate da ogni Stato di certificare le dichiarazioni valide.

Successivamente si passa alla presentazione dell’iniziativa alla commissione con il valore del sostegno e dei finanziamenti ricevuti.

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La Commissione pubblica la proposta, e convoca gli organizzatori che presentano la loro iniziativa, entro 3 mesi espone una comunicazione che motiva le conclusioni raggiunte e le eventuali azioni da intraprendere (art. 10, par. 1).

Gli organizzatori possono esporre l’iniziativa con un’audizione pubblica presso il Parlamento Europeo, e nel caso con la Commissione ed altri organi interessati.

L’audizione rappresenta uno dei punti più significativi del procedimento ed anche se attenua i dubbi della Commissione non risolve i dubbi espressi in merito al doppio ruolo esercitato dalla Commissione prima per la valutazione dell’ammissibilità e successivamente sul seguito da dare all’iniziativa.59

59 Ponzano P., L’initiative citoyenne européenne : la démocratie participative à l’épreuve, in “Revue du droit de l’Union Européenne”, n°4/2012, p. 615.

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Capitolo2:

L’esame delle iniziative fin qui proposte

1. Le iniziative presentate

In allegato si riportano le tabelle pubblicate da ECI Centre (The ECI support Centre is a joint initiative of the European Citizen Action Service, Democracy International and Initiative and Referendum Institute Europe)60 dove sono elencate tutte le iniziative in ordine temporale a partire dal Maggio 2012 fino al 15 Febbraio 2018.

Su un totale di 74 iniziative presentate si ha la seguente situazione:

 20 iniziative rifiutate dalla Commissione  22iniziative ritirate per sostegno insufficiente  22 iniziative accettate, di cui 4 riuscite 61

 10 iniziative open di cui 9 aperte alla firma62 ed una a fine campagna

Ciò fa capire che un forte squilibrio tra il totale di iniziative presentate e quelle accettate.

Quello dell’ICE è dunque un nuovo strumento democratico a disposizione della

60 Consultabile: URL: https://ecas.org/services/eci-support-centre/

61 Consultabile: URL: http://ec.europa.eu/citizens-initiative/public/initiatives/successful 62Consultabile: URL: http://ec.europa.eu/citizens-initiative/public/initiatives/open

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cittadinanza, che offre la possibilità di creare sinergie di intenti con persone che in tutta Europa condividano le stesse opinioni su tematiche di rilevante attualità. Ad oggi, sono state ricevute dalla Commissione 51 richieste di registrazione delle petizioni, di cui 31 hanno ricevuto la conferma per l’inizio della raccolta firme, che deve avvenire entro un periodo di 12 mesi. In base ai dati del primo rapporto 2015 sull’ICE della Commissione europea, le iniziative che hanno terminato correttamente l’iter previsto sono state 18, ma di queste solo 3 hanno raggiunto il milione di firme necessario. Si tratta di tre petizioni su temi di attualità piuttosto controversi:

 Right2Water, sul diritto alla gestione pubblica delle risorse idriche;  Uno di Noi, sul diritto alla vita di ogni embrione umano;

 Stop Vivisection, per la sostituzione dei test su animali in campo biomedico e tossicologico.

2.Right2Water

Il 28 luglio 2010 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha finalmente riconosciuto l’acqua come diritto umano: un atto politico reclamato da più parti e da molto tempo.63 Il 28 Luglio rappresenta dunque una svolta epocale nella questione dell’accesso all’acqua, ma un evento politico di questo genere ha un prima e un dopo entrambi molto significativi: in primis, la storia del riconoscimento di questo

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controverso diritto, copre naturalmente un arco storico piuttosto lungo (in questo contesto ci concentreremo sulle “tracce” del diritto umano all’acqua a partire dalla Dichiarazione del 194864, ma la questione potrebbe essere estesa indietro fino al giusnaturalismo e oltre). Il dopo, dal 2010 al 2013, è certamente un lasso di tempo assai più breve durante il quale tuttavia sono accaduti alcuni episodi salienti rispetto al diritto all’acqua e dunque interessanti nel quadro di questa ricostruzione.

Cominciamo dunque con il passato: ripercorreremo le tappe che hanno portato al riconoscimento del diritto all’acqua nel 2010 attraverso dichiarazioni, accordi e analisi politiche a livello internazionale. Per fare questo divideremo gli anni che vanno dal 1948 al 2010 per periodi, analizzando i documenti maggiormente rappresentativi per ogni periodo storico. Fra gli atti cui faremo riferimento molto pochi sono quelli che possono essere considerati atti vincolanti, in quanto aventi natura di accordo internazionale; la maggior parte invece sono atti non vincolanti. D’altronde, anche la stessa risoluzione delle Nazioni Unite sul diritto all’acqua che si pone al centro di questa analisi è in quanto tale un atto di soft law65.

Inoltre il diritto all’acqua è implicito all’interno di riflessioni relative ad altre categorie di diritti e soltanto per via interpretativa è possibile cogliere eventuali riferimenti a tale diritto.66

64 Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo Convenzione adottata dall'Assemblea Generale delle

Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948 Assemblea Generale delle Nazioni Unite 1948.

65 Norme prive di efficacia vincolante diretta.

66 Particolarmente rilevante da questo punto di vista è l’interpretazione dell’International Covenant on

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La Dichiarazione universale dei Diritti umani del 1948 non parla, naturalmente, di diritto all’acqua: un concetto di questo tipo era infatti completamente estraneo alle preoccupazioni dell’epoca, concentrate sulla tutela diritti individuali, connotati quali diritti civili e politici.

Tuttavia, adoperando un canone interpretativo più ampio, un implicito riferimento all’acqua potrebbe essere colto in alcuni passaggi della Dichiarazione: l’articolo 25, per esempio, recita:

“Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari.”

Evidentemente non si parla di acqua e la formulazione in se stessa non denota certamente un carattere perentorio, ed è anzi piuttosto vaga, ma il riferimento a uno standard di vita adeguato e al cibo implicano in un modo o in un altro un riferimento anche all’acqua, necessaria per poter godere del diritto a un “tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere”, questo è effettivamente riconosciuto dalla Dichiarazione universale.

Analogo riferimento allo standard di vita appare a distanza di quasi vent’anni nell’International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights del 1966. In questo caso la possibilità di intravedere nelle parole della Convenzione un implicito riconoscimento di un diritto all’acqua non si limita ad essere un’interpretazione ipotetica ma fu confermata nel 2002 dal General Comment No. 15 di cui parleremo

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